Recensioni: “Il Viandante in nero” (1986) di J.Brunner

 

Il Viandante in Nero (The compleat Traveller in black – John Brunner)

Indice:

 “L’impronta del Caos

“Sfonderò la porta dell’inferno”

“La scommessa persa vincendo”

“Cosa sono gli Dèi”

“L’Impero del Terrore”

Sinossi: mosso da forze senza nome, uno stregone immortale è condannato a vagare per il mondo, esaudendo i desideri degli uomini. Ma le conseguenze di ogni desiderio sono spesso diverse da quanto ci si aspetta, generando realtà nuove e imprevedibili.

 

John Brunner è un nome la cui notorietà è oggi ristretta per lo più ai soli fedelissimi del Fantastico.

Una cerchia invero troppo angusta per l’autore britannico che, durante la sua carriera, ha potuto fregiarsi di premi illustri come Hugo e Nebula, e ha prodotto opere di cupa fanstascienza distopica come Dramma d’avanguardia e Tutti a Zanzibar.

Fra le sue gemme nascoste, quelle quasi dimenticate, spicca Il Viandante in nero, probabilmente la sua migliore incursione nel fantasy in senso stretto.

Composto com’è da cinque racconti più o meno lunghi, Il Viandante in nero non è un vero e proprio romanzo, ma più una sorta di ciclo, per quanto il termine non sia probabilmente il più calzante.

Si tratta comunque di una storia la cui evoluzione e significato, allusi in vario grado in tutti e cinque i capitoli, si comprendono solo nel tratto finale, quando tutte le fila della narrazione vengono ricondotte ad unico epilogo.

Il protagonista di questi racconti non ha nome, o meglio “Ha molti nomi, ma una sola natura“, come egli stesso afferma, sebbene dai più sia conosciuto come Il Viandante in nero, o anche solo il Viandante.

Inizialmente, la sua figura appare quella di un sinistro genio della lampada, un misterioso e sconosciuto operatore di prodigi; il Viandante infatti, al sorgere di una costellazione a lui solo nota e che ciclicamente riappare nel cielo, si aggira per le contrade del mondo non visto, ascoltando i desideri – anche quelli inespressi – degli uomini. E, spesso, li realizza.

Ma cosa accade quando parole improvvide o pensieri istintivi danno voce a desideri non meditati? Le conseguenze – è facile osservarlo – sono quasi sempre infauste, e  causa di rovina per coloro che hanno incrociato il cammino del Viandante. Eppure il suo compito non è quello di arrecare disgrazia e lutto; egli, pur non potendolo rivelare, porta avanti un’opera che da ere un fato soprannaturale gli impone, al pari di una maledizione o un destino.

Nonostante infatti gli eventi si pieghino ad un semplice cenno del Viandante – “sia come desideri“, mormora, e tutto accade – questo non succede in virtù di una sua onnipotenza. Egli sa, e anche alcuni intuiscono, di essere strumento di qualcosa di più grande.

E così, via via che i racconti scorrono, scopriamo che le vicende degli uomini e del Viandante si incrociano sempre lasciando dietro di sé un sedimento di conseguenze che, un giorno o l’altro, avranno il loro peso sulla bilancia del Fato.

Ideati e scritti lungo il ventennio che va dagli anni Sessanta alla fine dei Settanta, e pubblicati successivamente, i racconti del Viandante in Nero paiono su questo fronte affiancarsi, in una certa misura,  allo scenario moorcockiano in cui Legge e Caos si fronteggiano per decretare le sorti del Multiverso. Nel cosmo del Viandante, i cui viaggi valicano i millenni, il Caos perde via via vigore, lentamente annegato in quell’Ordine da cui ha preso vita il nostro mondo. Sono gli stessi desideri degli uomini, per quanto disordinati, assurdi o crudeli – in sè caotici – a generare misteriosamente la stabilità da cui è nato l’Universo attuale, da cui gli antichi dèi, prima dormienti, poi dimenticati, scompaiono.

Finchè l’unica scintilla dell’antico disordine a restare non è proprio il Viandante.

Animata da uno stile vivido e suggestivo, che richiama negli scenari fiabeschi la penna di Tanith Lee, Il Viandante in nero è un’opera che anche se non figura tra i capisaldi del genere, ha comunque tutte le carte in regola per affascinare e incantare ancora oggi, in cui i suoi enigmi risultano ancora più arcani ai digiuni di Fantastico classico. I suoi mondi primevi animati da forze elementali, dèi incarnati e uomini ignari sono pregni di un sense of wonder di primissima classe, che rende credibile e avvincente la cupa fiaba del Viandante.

Purtroppo, l’ultima edizione italiana de Il Viandante in nero risale ai primi anni 90’, ad opera di Fanucci, ma il libro è ancora relativamente reperibile sia su Ebay che altre piattaforme on line dedicate ai libri. In attesa di una doverosa ristampa, mettevi in cerca della vostra copia, e approfittatene per godervi un fantasy d’autore come non leggete da tempo!

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