La Val di Comino, amena località ai piedi dei monti d’Abruzzo è luogo misterico di cui già si favoleggiava ai tempi dei Romani. Boschi impenetrabili e oscuri discendono dalle cime innevate nascondendo segreti antichi e inconfessabili. In questo luogo arcano ricco di suggestioni abbiamo raggiunto Luca Leone l’editore di Psiche e Aurora, la dinamica casa editrice che da alcuni anni, grazie alla sua capillare attività all’interno delle scuole del centro Italia, sta contribuendo, fra l’altro, alla diffusione della narrativa fantastica. Ed è proprio alle pendici d’un monte altero e maestoso, tra le pietre squadrate d’un antico borgo, in un cornice assai consona ai temi dell’immaginario, che l’abbiamo incontrato per intervistarlo.
Potrebbe parlarci un poco di Psiche e Aurora?
Psiche e Aurora è un progetto editoriale nato nel 1907 in seno al movimento dannunziano e alle avanguardie d’inizio Novecento. Tra i collaboratori di allora vanno ricordati Ada Negri e Trilussa; non mancavano scambi con il movimento futurista. La storia della casa editrice è ancora adesso studiata soprattutto dall’Università di Trento attraverso il Progetto CIRCE.
Quali sono gli obiettivi che vi proponete?
Psiche e Aurora editore si rivolge a un pubblico prevalentemente giovane e giovanile, offrendo collane dal forte appeal sia nei contenuti che nella grafica. Le collane sono dedicate alla narrativa, ai generi letterari, alla poesia e alla saggistica universitaria. Attenzione particolare è riservata al fantastico e alla fantascienza, sia come riscoperta di classici della tradizione italiana e sia come valorizzazione di giovani talenti.
La vostra casa editrice è nota per il grande impegno nelle scuole: cosa significa per un editore lavorare con i ragazzi, abbattendo le barriere normalmente esistenti tra colui che edita un’opera e i suoi fruitori?
Sono diversi anni che i nostri testi fantastici e di fantascienza circolano nelle scuole italiane. Superata l’iniziale diffidenza, possiamo dire che oggi riusciamo a veicolare questo tipo di letteratura con molta più facilità rispetto al passato, grazie anche a supporti particolari, come la realtà virtuale proposta in un laboratorio studiato con Vigamus e la creazione di supporti on-line come Aurorapedia, che sarà operativa dall’autunno.
Una delle vostre caratteristiche risiede nel ricorso a progetti mirati: le va di spiegarci esattamente di che si tratta?
Ogni storia ha un’anima e una potenziale forza narrativa. Di norma una casa editrice, essendo punto di contatto tra chi crea le storie e chi le legge, conosce gusti, stili, tendenze. Attraverso indagini conoscitive riesce a capire quando è il momento di innovare, sperimentare o semplicemente riproporre cose già fatte. Nel nostro caso, in virtù anche delle nostre “origini futuriste”, cerchiamo di percorrere sentieri inesplorati e di guardare oltre. Non è un caso che Nicola Lagioia, in questi giorni vincitore del Premio Strega, noi l’abbiamo pubblicato nel 2005. Oppure che nel 2011 abbiamo realizzato il primo supereroe della letteratura italiana, Capitan Acciaio, in omaggio al centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia e alla storia del fantastico tricolore.
Come fa, in questo periodo di grave crisi per il settore, un editore a raggiungere e interessare i più giovani? Esistono delle strategie particolari, o bastano l’impegno e la passione?
Innanzitutto bisogna parlare lo stesso linguaggio, capirsi, starci in mezzo. Per i “nativi digitali”, molte cose che a noi appaiono interessanti, a loro rischiano di diventare banali. Un po’ come quando da ragazzini – nei primi anni Ottanta – alle più tranquille storie dell’Orso Yoghi preferivamo i superobot come Goldrake e Mazinga. L’impegno e la passione sono solo il punto di partenza, per il resto serve tanta ricerca, sforzarsi di essere originali, dar vita a trame e linguaggi narrativi al passo con i tempi.
Secondo la sua esperienza sul campo quanto interessa oggigiorno la letteratura fantastica ai ragazzi?
Interessa tanto perché, fruendo molto di tecnologia avanzata, hanno acquisito una forma mentale molto razionale e scientifica. Di conseguenza l’approccio narrativo della fantascienza, come la logica del thriller o i mondi virtuali creati dalla letteratura fantastica, sono qualcosa di molto vicino al loro cervello. Si tratta di una generazione 2.0 attenta al mondo che cambia, concreta, distante anni luce dalle miriadi di “chiacchiere e teoria” fatta dai loro nonni, cresciuti a pane e contestazione sessantottina.
Riguardo la fantascienza, sappiamo che state portando avanti un’importante iniziativa nel solco d’un festival di caratura internazionale: potrebbe fornirci qualche dettaglio in merito?
Da un paio di anni con Armando Corridore e il Festival di Bellaria stiamo portando avanti un’apertura speciale verso i giovani e la scuola, incidendo soprattutto sulla didattica. Da quest’esperienza nascerà una collana dedicata a racconti di fantascienza, ordinati per temi, in un mix che coniuga i classici con gli emergenti, gli americani con gli italiani. Un progetto bello e soprattutto divertente per chi ci sta lavorando.
Veniamo all’argomento che più interessa gli aspiranti autori: come deve essere un romanzo o un racconto per catturare la vostra attenzione?
Innanzitutto scritto bene, avvincente e non “italicamente” contorto e provinciale. Come dicevamo prima, ogni storia ha una sua anima. Premesso che ogni storia a modo suo è interessante e meritevole, il problema è capire il momento in cui una certa storia deve venire fuori. Tenute conto di alcune variabili (gusti, mercato, produzione, distribuzione), oggi, estate 2015, una storia ambientata su Urano potrebbe interessare? Sicuramente no. A questa, ad esempio, i lettori preferirebbero un thriller ambientato sulla nostra stazione orbitante. Per capirci, parafrasando Expo e il cibo, un libro fuori tempo è come mangiare il panettone di Natale a Ferragosto. Male non fa, però…
Uno dei vostri assiomi editoriali nonché punto di forza è il così detto Glocal: vuole spiegarci meglio?
Partendo dal territorio si racconta il mondo. La microstoria che incontra la macrostoria. Faccio l’esempio di Battleskate, un nostro romanzo fantastico. La storia è ambientata a Cassino durante la guerra. “Locale” per noi ma “globale” perché la battaglia di Cassino la conoscono anche in Cina e Nuova Zelanda. Se a questa storia ci aggiungiamo un viaggio nel tempo, Carlo Rambaldi il creatore di Alien ed ET, azione e avventura… il nostro romanzo diventa Glocal: i dettagli del locale per una storia di respiro internazionale.Da evitare sono le trappole del “provincialismo narrativo” tipico di molti scrittori italiani. La domanda che uno scrittore deve porsi è: come posso interessare un americano, un paraguaiano o un finlandese a una storia che parla di Cassino o del lago di Garda?
Lei sostiene che Psiche e Aurora utilizza, nella lavorazione d’un libro, un modello operativo simile a quello “cinematografico”americano: di cosa si tratta per l’esattezza?
Psiche e Aurora individua un tema o un argomento. Successivamente si individua l’autore giusto per una certa tipologia di storie. Accanto a lui, come supporto e consulenza, si individuano – a seconda dell’argomento – esperti che lo coadiuvano nelle ricerche e nella stesura: archeologi, storici, naturalisti, chimici, ecc.Mano a mano che lo scrittore lavora al testo, la casa editrice gli è vicina, lo supporta in ogni necessità e si confronta con lui. Dire “modello operativo “cinematografico” è un po’ questo: lo scrittore è come il regista del film, un archeologo è come uno scenografo… Il vero deus ex machina resta sempre lui, lo scrittore.
Tante collaborazioni talora assai prestigiose: ci fa qualche nome?
Nicola Lagioia, Filippo Bologna, Gianfranco Calligarich, Max Gobbo, Massimiliano Santini, Angela Generali, Giuseppe Paone, Vittorio Macioce per citarne alcuni. A breve pubblicheremo anche un interessante lavoro di Donato Altomare. Tra gli illustratori vorrei ricordare Marco Turini della Marvel. Una menzione speciale, invece, ad Adamo D’Agostino, art director della casa editrice, nonché sceneggiatore Disney.
Rimanendo alla letteratura di genere; voi date una grande importanza agli autori italiani, una scelta un po’ controcorrente, specie se pensiamo alla grande editoria. Non si tratta d’un caso, vero?
Il problema sta tutto nelle elite italiane soprattutto del dopoguerra. Hanno promosso, esaltato e spinto solo il loro mondo, quel “piccolo salotto antico” di amici e cortigiani. Basta scorrere l’elenco dei grandi premi letterari, i cataloghi di ieri e di oggi delle case editrici e ci si fa un’idea. Il tanto disprezzato “genere” è qualcosa di strettamente italiano. Nel mondo anglosassone un libro o un film sono considerati belli o brutti indipendentemente se dentro si parla di astronavi o trentenni in crisi esistenziale. Da noi viene prima il genere. Sedici “Di fantascienza”, oggi vedrai i sorrisini, ieri sentivi le prese in giro. Le cose sono cambiate perché il “piccolo salotto antico” è stato superato da internet grazie a pubblicazioni e distribuzioni on-line. Oggi tutti possono tutto. Chi comanda non è più il libraio o l’intellettuale con la puzza sotto il naso (di solito un regista o uno scrittore mancato), ma il lettore. Ognuno ha possibilità di scrivere e pubblicare il proprio lavoro. Se piace vendi e ti apprezzano. Se non piace, pazienza. Ci si impegna di più e si ritenta. Il mondo globalizzato è grande e per tutti.
Un sogno cassetto?
Far conoscere il Fantavapore, il fantastico dei nostri giorni che cita e rielabora quello italiano di fine Ottocento. Più Salgari e meno Verne.
Max Gobbo