Nel terzo appuntamento della rubrica “I racconti di Satampra Zeiros”, che sta ottenendo ottimi riscontri da parte della critica e dei lettori, abbiamo il piacere di ospitare Yuri Zanelli, indefesso collaboratore di Italian Sword&Sorcery, studioso di fantasia eroica (in particolare di Clark Ashton Smith ed Abraham Merrit) e valente scrittore, che ci presenta La foresta delle ombre striscianti, short story di appena 16.000 battute spazi inclusi.
Buona lettura.
Sinossi: Il racconto è ambientato in Giappone (provincia di Kozuke, nella parte centrale del paese) all’inizio del XV secolo, un’epoca in cui molti signori locali, i daimyo, esercitavano un dominio tirannico sui loro feudi.
Le ispirazioni principali per la trama sono state il racconto di Clark Ashton Smith “The Black Abbot of Puthuum”appartenente al ciclo di Zothique e il romanzo incompiuto di Abraham Merrit “The Fox Woman”. La donna volpe che appare nella vicenda è realmente presente nel folklore di Cina, Corea e Giappone, dove è chiamata Kitsune-Onna(letteralmente Volpe-Donna). La falsa badessa e le sue novizie spettrali sono invece ispirate alle spaventose Onibaba (strega demoniaca) e Kage-Onna (Donna d’ombra) delle leggende giapponesi.
Si è scelto di limitare i nomi giapponesi di oggetti comuni nel testo, preferendo parlare di spade invece che di tachio katana e di armature invece di yoroi e chiamando la responsabile del monastero badessa, per rendere chiara la sua posizione nella gerarchia religiosa. Si sono usati i termini giapponesi per rendere titoli specifici del paese asiatico come samurai o daimyo.
Autore: Yuri Zaneli è nato a Genova il 20 Luglio del 1979. Nel 1989 gli viene regalato il librogame Il Castello di Tenebra, responsabile della passione per librogame, romanzi fantastici e giochi di ruolo che lo accompagna tuttora. A 18 anni legge la raccolta dei racconti di Zothique di Clark Ashton Smith, che cambia il suo modo di concepire la letteratura fantastica. Oltre a CAS i suoi autori preferiti sono Fritz Leiber e Jack Vance.
Altri suoi interessi includono il teatro (visto e recitato), la storia militare, la scherma antica (soprattutto del XV secolo anche se è da un po’ che non la pratico) la danze rinascimentali (XV XVI e XVII sec.) l’illustrazione fantasy, (purtroppo ammirata e non prodotta) soprattutto quella vintage in bianco e nero e la storia dell’arte.
Ha studiato Lingue Straniere presso l’Università di Genova, in seguito ha svolto i mestieri di tuttofare in una casa editrice, insegnante e ha curato animazioni didattiche a tema storico per adulti e bambini. Attualmente lavora presso una società di servizi e insegna calligrafia antica e medievale all’interno dei corsi di arte antica curati dall’Associazione Culturale genovese Ianua Temporis. Vive nel centro storico di Genova.
La foresta delle ombre striscianti
di Yuri Zanelli
Il daimyo della provincia di Kozuke udì alcuni viaggiatori che parlavano della figlia di un mercante di stoffe, lodandone la bellezza. Colpito dalla descrizione che aveva sentito, inviò i suoi due guerrieri più fidati nel villaggio indicato dai viandanti per accertarsi se le voci fossero vere. Ciò provocò una certa agitazione a corte; infatti prendere come concubina una donna di origini tanto basse avrebbe rappresentato una grave violazione della consuetudine. Tuttavia nessuno si sognò di criticare la decisione del nobile: la sua parola era legge. Giunti al piccolo insediamento i samurai Tatsuo e Hisashi non ebbero difficoltà a trovare la casa del bottegaio. Lì si resero conto che le dicerie non erano esagerate: gli abiti da popolana della fanciulla contrastavano con la grazia e la pelle di porcellana degne di una dama di corte. La ragazza, di nome Toshiko, accolse la proposta con sorpresa, cercando di nascondere la paura. Aveva sentito molte storie sulle relazioni del daimyo con le donne; racconti di ragazze drogate per simulare la morte e portate nei cimiteri, dove il signore indulgeva in pratiche a cui perfino i cortigiani più debosciati alludevano solo vagamente. Rigidi nelle loro armature laccate, con la coppia di spade al fianco, i samurai non erano neanche scesi da cavallo per trattare con la famiglia della ragazza. Tatsuo, il più grosso dei due, completava il suo armamento con un bastone di ferro irto di borchie mentre Hisashi portava arco da guerra e faretra appesi all’arcione.
A Toshiko fu lasciato giusto il tempo di prendere le poche cose che riteneva utili per il viaggio, soprattutto un sacchettino di seta verde ricevuto in dono anni prima. Ricordò cosa le aveva detto suo nonno quando glielo aveva portato dalla lontana isola del nord: “Qui dentro è conservata una ciocca dei capelli di una Donna Volpe. Portandolo con te sarai accompagnata dalla benevolenza di questo spirito, che ti difenderà da malvagità e stregonerie”.
I genitori, più spaventati dai soldati che convinti dalla modesta somma che avevano ricevuto si limitarono ad assistere in silenzio. Prima di salire sulla giumenta che le era stata riservata, la giovane li salutò, poi montò in sella aiutata dai guerrieri e il trio si allontanò dal villaggio.
Durante il percorso i samurai trattarono Toshiko cortesemente, cercando di intrattenerla raccontandole delle loro molte battaglie. Nel tardo pomeriggio, dopo aver attraversato distese di risaie, arrivarono in vista di una grande macchia di alberi e bambù. “Questo è il bosco che i vecchi chiamano Foresta delle Ombre” disse Tatsuo “ secondo alcuni abitato da spiriti maligni. Però passarci attraverso è un’ottima scorciatoia per arrivare al palazzo del Daimyo. Hisashi e io l’abbiamo percorsa all’andata e non ci siamo imbattuti in nessuno spettro!”. Una volta imboccato il viottolo la vegetazione divenne ben presto molto fitta, tanto da formare una sorta di tetto che lasciava passare ben poca luce. Toshiko iniziò a sentirsi a disagio: l’ambiente le sembrava pervaso da un silenzio innaturale. Si trovò a pensare a come sarebbe stato quel luogo di notte, perché non sembrava mancare molto al tramonto. Per darsi coraggio aprì il sacchetto donatole dal padre: conteneva una ciocca di colore ramato. Non peli di volpe ma nemmeno capelli umani; almeno non come lei ne aveva mai visti. In qualche modo si sentì più sollevata e riuscì a dare voce alla domanda che la tormentava. “Ditemi, è vero quello che si dice sul daimyo e le sue concubine?” Hisahi non si degnò di rispondere e Tatsuo esitò prima di affiancarsi a lei con il cavallo e replicare: “ Non c’è niente da temere, farai una vita che finora hai solamente sognato!”
Ma lo disse senza allegria: nella sua espressione Toshiko lesse orrore e vergogna. Il samurai parlava di sogni, ma stava pensando a immagini da incubo.
La ragazza non voleva finire così. Spronò il cavallo fuggendo in mezzo alla foresta, cadendo quasi di sella perché non era avvezza a cavalcare. I suoi custodi, colti di sorpresa, si riscossero quando lei aveva già un discreto vantaggio.
Incurante dei rami che la sferzavano, Toshiko continuò a galoppare tra la vegetazione, sentendo dietro di sé le imprecazioni dei samurai. I due non riuscivano a accorciare la distanza: il bosco sembrava quasi ostacolarli con radici e alberi che minacciavano di azzoppare i loro destrieri ad ogni passo. L’oscurità scese rapidamente, cogliendola alla sprovvista. Il cavallo di Toshiko si fermò da solo; non si vedeva quasi più nulla. La ragazza scese di sella, provando a condurre la bestia per le briglie. Era immersa nel buio ma almeno non udiva più i suoi inseguitori. Stava pensando che probabilmente era riuscita a seminarli quando apparve una luce che prese ad avvicinarsi: sembrava una lanterna retta da una figura umana. Dietro alla prima uscirono dalla vegetazione altre apparizioni dotate di lumi. La processione si rivelò composta da una decina di donne con il capo rasato e le vesti ampie delle monache. Quella che guidava la fila sollevò la lanterna rivelando un volto attraente a dispetto della tonsura.
“Ti saluto. Sono Haruka, la madre badessa del monastero della Collina dei Salici” esordì con voce giovanile “è assai inusuale per una fanciulla errare da sola nei boschi di notte. Possiamo prestarti aiuto?”
“Sì per favore” rispose Toshiko” Sono inseguita da due malintenzionati! Vi prego, nascondetemi!
“Seguici” disse la badessa, e ritornò sui suoi passi seguita dalla processione di novizie.
Dopo un breve tratto su un sentiero in salita arrivarono ad una costruzione circondata da una muraglia di pietra.
La badessa guardò la sua ospite: “Starai pensando che assomiglia più a una fortezza che a un monastero. In effetti, prima che le mie sorelle e io ci insediassimo qui, apparteneva a un ordine di monaci guerrieri che sentivano il bisogno di mura robuste. Non devi avere timore, qui nessuno potrà recarti danno”.
Altre religiose aprirono cancelli dell’eremo senza dire una parola e presero in consegna la cavalcatura di Toshiko, mentre la madre la scortò verso l’edificio principale. Qui la giovane venne fatta accomodare nel refettorio dove furono serviti riso e verdure. Ad accompagnare il cibo c’era una bevanda che dall’odore parve a Toshiko un vino di riso molto forte: preferì non berlo. Il pasto di svolse in silenzio finché nella sala non entrarono due monache seguite da Hisashi e Tatsuo. Toshiko e i guerrieri fecero per iniziare a spiegare le loro ragioni ma la badessa li zittì alzando una mano. “Ora siete sotto il mio tetto e nulla deve turbare la pace di questo luogo. La ragazza per adesso è affidata alla mia custodia, ma vi invito a sedervi e accettare la mia ospitalità. Domani potremo parlare più serenamente”. Toshiko notò che mentre parlava la madre badessa continuava a sorridere e a squadrare i due uomini ammirando le loro figure aitanti. Un atteggiamento ben poco monacale secondo la ragazza. I samurai accettarono di buon grado e iniziarono a fare onore alla cena, tracannando il vino di riso.
Mentre le monache si aggiravano intorno a loro in assoluto silenzio la madre badessa iniziò a conversare con i samurai, chiedendo notizie delle loro imprese e delle terre del daimyo. I due sembrarono rapiti dalle attenzioni della religiosa e dimenticarono Toshiko. Passato un certo tempo a bere e a parlare i guerrieri cominciarono a sembrare decisamente assonnati. Dopo aver chiamato una novizia che provvedesse alle necessità di Toshiko la badessa si alzò, offrendosi di accompagnare Tatsuo e Hisashi alla loro stanza. I samurai le barcollarono dietro sotto lo sguardo preoccupato della fanciulla, che chiese a sua volta di poter andare a riposare, pensando di fuggire durante la notte. La giovane monaca guidò Toshiko per un corridoio flebilmente illuminato. All’interno del passaggio l’ambiente subì una trasformazione: le ombre proiettate dai lumi si ingigantirono, cominciando a dimenarsi come anguille fuori dall’acqua. La stessa novizia divenne una figura indistinta che prese a scivolare lungo la parete, protendendo le mani fatte di tenebra verso la giovane. Toshiko scappò terrorizzata, schivando i filamenti d’ombra che cercavano di afferrarla. Oltrepassò il refettorio, uscì nel cortile e si trovò davanti la porta principale sbarrata. La monache le furono addosso da tutti i lati, alcune sbucando dagli angoli bui, altre arrivando in forma di donna e riducendosi a ombre che si dimenavano sul pavimento cercando di afferrarle le caviglie. Le appendici di oscurità la ghermirono, suscitando in lei un senso di spossatezza che la fece cadere in ginocchio. Provò un gelo mortale al cuore e portandosi le mani al petto sentì sotto le dita il sacchetto donatole dal padre. Con l’ultima briciola di vitalità che le rimaneva sussurrò una preghiera alla Donna Volpe, poi chiuse gli occhi, crollando distesa. Era così stanca…
Un urlo le lacerò i timpani, subito seguito da altri. Aprì gli occhi, libera dal freddo che le toglieva le forze e alla luce delle lanterne vide che il cortile era pieno di volpi rosse a decine, che balzavano addosso alle monache straziando a morsi visi e gole. Molte caddero sotto quell’assalto, altre riuscirono a aprire il portone e fuggirono nella foresta. Toshiko si alzò, trovandosi davanti una donna come non ne aveva mai viste: alta, avvolta in una veste di seta bianca, con il viso ovale dal naso lungo e i capelli rossi come il manto di una volpe. Non avrebbe saputo dire se era bella o no, tanto era lontana dai canoni estetici della sua gente, ma da lei emanava un’aura di sicurezza che la mise a suo agio. La figura parlò con voce ferma: “Mi hai chiamato e sono accorsa in tuo aiuto con le mie sorelle. In verità hai fatto bene, perché stavi per cadere nelle mani della badessa, che in realtà è una strega che si nutre della forza vitale delle fanciulle per mantenersi giovane, trasformandole in spettri asserviti alla sua volontà. A volte si diverte a far smarrire i viandanti nella foresta confondendoli con la stregoneria, per poi offrire loro ospitalità. Se le prende il capriccio usa gli uomini per il suo piacere; quando ha finito con loro sono ormai cadaveri”.
Toshiko si sentì pervadere dalla rabbia: che diritto avevano il daimyo e questa fattucchiera di farla soffrire per appagare le loro perversioni? Quante donne avevano sofferto e avrebbero patito ancora a causa loro? Non poteva permetterlo.
“Ti ringrazio per avermi salvata” disse alla Donna Volpe guardandola negli occhi d’oro “però ti chiedo di aiutarmi a sconfiggere questa falsa monaca: non voglio che faccia più male a nessun innocente, non importa quanto mi costerà”.
“Sei molto coraggiosa ragazza” le disse la Donna Volpe” quindi voglio farti un altro dono: chiudi gli occhi”. Toshiko sentì che veniva baciata sulle palpebre e quando riaprì gli occhi la sua salvatrice continuò: “Con questo sono andata oltre a quanto ti dovevo come detentrice dell’amuleto. Chiamarmi ancora comporterà un prezzo”. Appena ebbe finito di parlare la donna sparì. Al suo posto Toshiko vide una grossa volpe che si dileguò uscendo dal portone.
La ragazza tornò verso la costruzione principale del monastero. Aveva paura, ma era anche determinata a porre un termine alle nefandezze della falsa badessa. Rientrata nel refettorio si guardò intorno in cerca di un’arma, ma non ne trovò. Allora prese una lanterna e si inoltrò nel corridoio, ora buio: si sentivano respiri e gemiti sommessi. Avvicinandosi alla fonte dei rumori, si trovò davanti all’ingresso di una stanza. Alla luce della lanterna vide la badessa sdraiata a letto insieme ai due samurai, le cui armi e armature erano disposte in bell’ordine vicino all’ingresso. Presa dai suoi giochi lussuriosi la strega non si era accorta di niente. “Peggio per lei” pensò Toshiko e si introdusse furtivamente nella stanza afferrando una delle spade corte. Mentre la sfoderava sentì un urlo e vide la badessa alzarsi dal giaciglio, scagliando di lato Hisashi che si accasciò inerte. “Tatsuo prendila!” urlò la falsa monaca con il viso stravolto dalla rabbia. Il Samurai si alzò muovendosi lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto. Cercò di afferrare Toshiko ma lei era pronta e avventò la lama, costringendo l’uomo a ritirare la mano per non farsela tagliare. La ragazza non aveva mai usato una spada in vita sua ma era decisa a vendere cara la pelle. Contemporaneamente si accorse che la badessa non era più sola: altre quattro figure identiche alla sua si stavano muovendo per circondarla. Hisashi era a terra e non si muoveva. Toshiko continuò a sventolare la spada per tenere a distanza gli avversari, quando notò che riusciva a vedere attraverso le immagini della badessa. Tranne in un caso: si rese conto che quella che appariva solida era la vera strega. Poteva distinguerla grazie alla Donna Volpe ma doveva agire velocemente. Continuando a agitare l’arma per difendersi dalla badessa schivò l’ennesimo assalto del malfermo Tatsuo e poi si buttò contro l’uomo con tutto il proprio peso, cercando di farlo cadere addosso alla falsa monaca. Rovinarono sul pavimento tutti e tre: la fattucchiera, colta di sorpresa, rimase bloccata sotto la mole del samurai e Toshiko le tagliò la gola con un colpo di spada. La strega emise un grido disumano e si accasciò, cominciando immediatamente ad avvizzire. In un battito di ciglia il suo corpo si ridusse a un mucchietto di polvere. Tatsuo si bloccò, portandosi le mani alla testa: emise un gemito e ricadde senza vita, con il sangue che gli usciva da naso e bocca. Toshiko era senza fiato: aveva sconfitto la badessa-strega e i suoi tirapiedi! Ancora incredula si chinò a esaminare il corpo dei due guerrieri, trovando sia Hisashi che Tatsuo inequivocabilmente defunti. Uscì da quella stanza impregnata di morte e raggiunse il refettorio. Seduta sul pavimento per recuperare le forze si mise a pensare al proprio futuro. Cosa poteva fare? Di certo non tornare al suo villaggio: non vedendoli arrivare Il daimyo avrebbe di sicuro mandato altri soldati. Inoltre non aveva una gran voglia di tornare dai genitori, che l’avevano venduta a un tiranno depravato. Demoralizzata e sfinita dalla lotta, si distese a terra e si addormentò.
La mattina seguente si svegliò e uscì dal monastero: guardò l’alba che strappava bagliori ramati al fogliame della foresta e chiamò la donna volpe. Passò un momento e la donna dai capelli fulvi apparve al suo fianco.
“So che mi chiederai un prezzo, ma non mi importa” le disse Toshiko. “Devi aiutarmi a uccidere il daimyo. Domandami quello che vuoi, tanto con quel mostro in vita non sarò mai al sicuro. Se riuscirò nel mio intento almeno saprò di aver vendicato molte innocenti”.
Un sorriso si disegnò sulle labbra della donna volpe: “Sei coraggiosa ragazza. Avrai la tua vendetta; poi verrai con me”.
Quella notte il sonno dei servitori del daimyo fu interrotto dalle urla di una donna. Le guardie si precipitarono verso stanza del loro signore con le spade snudate, trovando la sua concubina del momento appena fuori dalla camera, intenta strillare incoerentemente. Entrarono scostandola con rudezza e videro il loro signore che giaceva in un lago di sangue tra le sete costose. Aveva la gola squarciata, ma non sembrava il lavoro di una lama: era come se fosse stato morso da un animale. In seguito la concubina si calmò un po’, ma continuò a farfugliare per giorni di due volpi che avevano lacerato la gola al daimyo.
Ti faccio i miei più sentiti complimenti per questo racconto, ambientato in una terra e riguardante una cultura meravigliosa a cui io personalmente guardo con ammirazione da anni.