Si dice che per un libro avere una bella copertina rappresenti una sorta di biglietto da visita. Insomma l’immagine, anche nell’editoria, è importante alla stregua d’una buona reclame. E già, perché per attirare il lettore non basta un titolo d’effetto: anche l’occhio vuole la sua parte.
E allora ecco che gli editori s’ingegnano e cercano d’assicurarsi la collaborazione dei migliori professionisti in modo d’ottenere copertine dotate del giusto appeal.
Tra gli autori di maggior interesse in questo campo si segnala l’abruzzese Vincenzo Bosica, un digital artist e graphic designer di talento, che ha al suo attivo numerose produzioni grafiche, e che si dedica con successo anche alla narrativa. Per scoprire il segreto che si cela dietro la realizzazione d’una copertina di successo gli abbiamo proposto la seguente intervista.
Partiamo da Degas: condivide il suo parere?
Si, e potremmo associare tale massima ad ogni espressione artistica. Tuttavia, anche un neofita senza adeguato bagaglio tecnico e culturale può produrre ottime opere, perché non tutte le conoscenze si acquisiscono. La vena artistica, la creatività, l’originalità, la sensibilità estetica, sono doti innate che non si apprendono, ma possono solo essere, eventualmente, affinate. Tornando all’aforisma di Degas, la reputo valida finché ci riferiamo ad artisti “tecnici”, ovvero tutti coloro che antepongono la tecnica al genio.
Lei ha una grande esperienza come artista digitale, grafico pubblicitario e art director: com’è cambiato nel corso del tempo tale ruolo?
L’avvento della tecnologia digitale ha modificato radicalmente la comunicazione, in ogni settore. Mentre prima i lavori venivano realizzati manualmente, per questioni di tempi, costi e richieste, oggi ci si affida quasi esclusivamente al computer. Per questo è avvenuto un generale impoverimento artistico. Prima i poster, le copertine, le pubblicità, i fondali teatrali e cinematografici, gli effetti speciali, fino agli intagli di un mobile o ai decori di una stoffa erano delle vere e proprie opere d’arte, pezzi unici frutto di settimane di lavoro. Oggi la grafica digitale ha sostituito quasi tutta la manualità, raschiando via tutte le piccole ma importanti imperfezioni derivanti dal lavoro artigianale, ma facendo scivolare la comunicazione su binari più standardizzati, veloci ed economici. La globalizzazione della rete ha dato infine il colpo di grazia: il confronto, la ricerca, il misurarsi con altre realtà è importantissimo, ma ha finito per creare anche un appiattimento generale dovuto al generarsi di tendenze grafiche. Oggi pochi riescono ad emergere e a creare qualcosa che abbia il sapore artistico di una volta.
Cosa vuol dire lavorare come copertinista?
Significa raggiungere un delicato compromesso estetico, funzionale e commerciale in grado soddisfare chiunque. L’autore del libro preme sul lato estetico, desidera una copertina che rappresenti una “finestra” aperta sulla propria opera. Spesso non ha un’idea precisa, più spesso ancora ha tante idee confuse e totalmente discordanti tra loro: tocca al copertinista riuscire a dar forma a quel caos. Poi c’è l’editore, che osserva la funzionalità della copertina, esigendo un profilo univoco e ben identificabile nel guazzabuglio delle proposte editoriali. Poi ci sono coloro che acquistano, i lettori, che devono essere attirati dalla copertina, attraverso i colori, le immagini, il packaging o semplicemente dall’originalità della composizione. Infine, ma non per ultimo, anche chi realizza la copertina deve essere soddisfatto del proprio lavoro. Riuscire a trovare un equilibrio non è sempre facile.
La copertina per un libro di successo: arte o mestiere?
Arte, mestiere e, immancabilmente, fortuna. Benché importante, una copertina non determina mai il successo di un libro.
Quali sono i pittori o i movimenti artistici che più l’hanno influenzata? Ha un pittore preferito?
Più che da un singolo pittore sono affascinato dai grandi artisti surrealisti come Salvador Dalì, René Magritte e Max Ernst, solo per citarne alcuni. Non tralascio le prospettive impossibili dell’incisore Maurits Cornelis Escher, mentre tra i moderni adoro le composizioni di Robert Parkeharrison, le opere aliene di Hans Ruedi Giger, la scultura di Arnaldo Pomodoro e quella di Igor Mitoraj.
Come nasce un progetto grafico efficace?
Principalmente da un’attenta osservazione di tutto ciò che ci circonda e dall’amore per il proprio mestiere. Con la giusta passione e una buona esperienza tutti possono realizzare progetti grafici efficaci e funzionali al messaggio che bisogna trasmettere.
Lei è anche autore di due romanzi e di molti racconti: scrittura e grafica quali le reciproche influenze?
Non so distinguere bene dove collocare i confini delle due forme di espressione e le relative influenze. Galleggiano nel mio personalissimo calderone mentale come elementi distinti, ma danno entrambi sapore alla mia vita.
Il suo primo libro Irregolare (Solfanelli, 2010) è di genere fantascientifico, mentre il secondo L’uomo perfetto (Tabula Fati, 2013) è a metà strada fra l’ironico e lo psicologico: tematiche assai distanti, non trova?
Si… e non escludo che in futuro non possano arrivare opere con tematiche ancora più distanti. Non sono mai stato una persona facile da categorizzare, non lo sarò neppure come scrittore. Amo troppe cose differenti per ridurmi a un solo genere e voglio sentirmi sempre libero di esprimermi senza badare alle etichette.
Da dove nasce l’ispirazione?
Non nasce, esiste. Bisogna solo saperla cogliere.
Lo scrittore che più ama?
Essendo un famelico divoratore di libri, sono molti gli scrittori che mi hanno regalato emozioni, e molti altri continuo a scoprirne, lettura dopo lettura. Elencarli tutti sarebbe un lavoro immane e rischierei sicuramente di dimenticarne qualcuno.
Il libro dei sogni per cui vorrebbe realizzare la copertina?
Cambio le carte in tavola, e confesso, invece, la copertina che mi sarebbe piaciuta realizzare, nonostante non abbia nulla di grafico e sia totalmente concettuale. È semplicemente geniale. È stata realizzata da Elizabeth Perez per un grande classico della letteratura: Fahrenheit 451 di Ray Bradbury.
Le regalano una macchina del tempo: quale epoca sceglierebbe, e chi vi vorrebbe incontrare?
Cinicamente ed egoisticamente sarei tentato di tornare indietro di poco per giocare dei numeri vincenti; razionalmente scelgo il futuro, lontano, con l’interesse di osservare la nostra evoluzione sociale e tecnologica.
Chi è a suo avviso l’artista che maggiormente ha influenzato la narrativa dell’immaginario?
Più di un singolo artista, ovvero tutti coloro che hanno composto i testi sacri. Più vicino a noi cito Jules Verne e Mary Shelley.
Futurismo e fantascienza: quali i punti di contatto?
Di certo la velocità, la tecnologia, l’automatizzazione, la libertà fuori dagli schemi e il trionfo dell’uomo sulla natura. Ma il futurismo bandiva il passato, se ne discostava quasi in maniera patologica, e questo ha creato un colosso dai piedi d’argilla. Senza passato non esiste futuro. La Fantascienza trae molti spunti dal passato, si ancora saldamente al passato prima di spiccare il volo verso mete sconosciute.
Facciamo un gioco: pensi a un quadro famoso, e lo abbini a un libro altrettanto celebre.
La nascita di Venere di Botticelli con Lolita di Vladimir Nabokov.
Strofini la sua palla di cristallo e ci dica come sarà il futuro dell’illustrazione nell’editoria.
Ci saranno copertine olografiche composte da sottilissimi schermi flessibili che mostreranno scritte, immagini e video in 3D quando verranno attivate. Il libro diventerà sempre di più un’esperienza interattiva multimediale.
Max Gobbo
L’ARTISTA: Vincenzo Bosica (Pescara, 1977) è un autore la cui creatività ricca e sfaccettata lo spinge spesso ad approfondire aspetti dell’esistenza tutt’altro che banali. Sostenuto da un percorso di studi scientifici e filosofici, è attratto da quanto è misterioso, eccentrico e indecifrabile; dagli sviluppi spesso straordinari a cui potranno condurre le scoperte scientifiche; dalla direzione che prenderà il futuro; da quanto e come l’uomo sarà capace di adattarvisi. Il suo primo racconto, Capsule (“IF-Insolito e Fantastico”, n. 2/2009), è quasi un saggio sulla scienza moderna. declinato con ironia e uno stile personalissimo, che gli giova grandi consensi di pubblico e di critica. È autore di due romanzi: Irregolare(Solfanelli, 2010), eL’uomo perfetto (Tabula fati, 2013), e di vari racconti pubblicati su riviste e antologie.