Recensione: “Gli Universi di Ailus, Heroic Fantasy vol. 1” AA.VV. – a cura di Alessandro Iascy e Francesco La Manno (2016)

  • Introduzione, di Donato Altomare
  • Il canto dell’ultima primavera, di Donato Altomare
  • Ridi, luttuosa, e io verrò da te, di Francesco Brandoli
  • L’orrore volante, di Paolo Motta
  • L’uomo dal pugnale d’oro, di Mauro Longo
  • La cripta dell’arcimago, di Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini
  • Vittime imperiture, di Alessandro Forlani
  • Il cavaliere decollato, di Massimiliano Gobbo
  • Il tempio di Premaliuk, di Francesco La Manno
  • Il Signore delle Tempeste di Tanith Lee, recensione di Stefano Sacchini
  • Med-Fantasy, ricapitolando, di Francesco Coppola

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Titolo: Gli Universi di Ailus, Heroic Fantasy vol. 1 | Curatori: Alessandro Iascy; Francesco La Manno | Editore: Ailus Editrice | Data di pubblicazione: Ottobre 2016 | Pagine: 192 | Formato: Copertina flessibile. | Prezzo di copertina: 13 €

Se avete fame di Med-Fantasy e Sword&Sorcery, siete nel posto giusto.

Il primo volume della raccolta Gli Universi di Ailus, curato da Alessandro Iascy e Francesco La Manno riporta alla luce (e ad altissimi livelli) un genere che negli ultimi anni è stato bistrattato, trascurato e deformato in ogni modo.

L’articolazione del volume, nell’accattivante copertina di Marco F. Caporale, segue il modello della celebre Enciclopedia della Fantascienza pubblicata da Fanucci negli anni ’80: un’introduzione che definirei “d’autore”, otto racconti di genere Med-Fantasy, e un’appendice di chiusura composta da due saggi; il tutto impreziosito dalle bellissime illustrazioni di quattro artisti nostrani di grande talento (Serena Binotto, Mariacristina Denicolai, Mauro dell’Orto e il già citato Marco F. Caporale), che aiutano il lettore (se mai ve ne fosse bisogno) a calarsi nella magia del racconto.

Ma, senza rivelarvi troppo ed evitando accuratamente di fare troppi spoilers, diamo un’occhiata più da vicino.

La Presentazione è a cura di Donato Altomare, pluripremiato narratore e saggista, che firma anche uno dei racconti della raccolta. Nel suo saggio di apertura, Non vorrei Morire, Altomare fornisce un esame dello stato dell’arte del Fantasy nostrano, che correda di una serie di consigli lucidi e preziosi per ogni aspirante autore del genere. Li potremmo sintetizzare nell’imperativo categorico: leggete, studiate, leggete. Il messaggio di Altomare, aderente a quello del movimento fondato da Iascy e La Manno (Italian Sword&Sorcery), è quello di far risorgere come un’araba fenice quel «fantastico abbandonato che va vivificato e riportato in auge».

Certamente Altomare non ingrossa le fila di quella numerosa schiera di gente che predica bene e razzola male.

Nel suo racconto «Il canto dell’ultima primavera» non solo mette subito in pratica le dieci regole dell’ottimo scrittore fantasy appena illustrate, ma dà anche un saggio di scrittura fantastica di grande fascino.

Il giovane Diego, nel tentativo di salvare la madre, ritenuta una strega e intrappolata nell’Antro di Gelo, si mette alla ricerca di Occhi di Luna, la temibile Strega del Monte Corvo, assieme a un compagno di ventura, abile affabulatore chiamato Ugo delle Ciance.

Tra storie ed enigmi, vendette e menzogne, Guardiani “vomitati dalla terra” come i giganti del mito e un duca sanguinario da uccidere, la trama ricca e ingarbugliata del racconto si dipana sotto gli occhi del lettore, accompagnandolo sapientemente al colpo di scena finale.

Il primo racconto della raccolta, però, è a firma di Mauro Longo: «L’uomo dal pugnale d’oro», ed è certamente uno dei testi più belli del volume: un testo maturo, intrigante, gustoso, da cui emerge con chiarezza lo studio e le competenze “tecniche” e storico-letterarie dell’autore. Ambientato in un’epoca storica che recupera usi e costumi delle antiche civiltà mediorientali (cananee, semitiche, e fenici su tutte), il racconto narra la vicenda di Sheban Due piastre, uno dei figli bastardi di Melkaton, un Re del Mare, e del misterioso Uomo dal pugnale d’oro.

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Le descrizioni dettagliatissime, i personaggi ben caratterizzati, il lessico sapiente e adatto all’uso, sono solo alcuni dei meriti della storia. Le ambientazioni sono originali, pittoriche, disegnano nella mente del lettore la città bassa, le mangrovie che si attorcigliano intorno alle galee, le onde del Mare di Ponente e la Fenice che circumnaviga l’isola della Fortezza. Si può quasi vedere il tempio di Moloch, dalla protome taurina, ergersi grigio nel cuore di una necropoli di urne.

Sapiente anche la riscrittura del mito: dall’uso raffinato delle citazioni omeriche (“il mare color del vino” riprende la formula omerica epì oínopa pónton, così come “l’aurora dalle dita di rosa”, il rhododáktulos Hōs del sommo poeta greco), alla riscrittura del mito delle Moire, della nozione dell’Ananke, la greca Necessità; del rito fenicio dei Tofet e di Moloch, celebre dio cui, secondo la tradizione, si sacrificavano infanti. Il tutto ben bilanciato per un racconto godibilissimo. Di questo autore sentiremo parlare a lungo.

«L’orrore Volante» di Paolo Motta è un racconto sorprendente e piacevolissimo, di grande arguzia, scritto con l’ironia tipica di un certo ben noto filone dell’Heroic fantasy, ma con un tratto personale di grande originalità: le protagoniste sono due amiche, che non disdegnano la compagnia di altre donne in pagamento del loro aiuto contro il temibile “Orrore Volante”, un mostro bitorzoluto e sputafuoco che attacca il villaggio di Ofir.

La narrazione procede dal punto di vista di Belthor, il falco della ladra Innara, che comunica con lei telepaticamente. Tra streghe guerriere, negromanti e sacerdotesse della fecondità, il segreto del villaggio verrà presto svelato. Sicuramente si tratta di uno dei racconti più spassosi e originali della raccolta, che coniuga con maestria il tono comico-realistico all’ambientazione fantasy-futuristica.

«La cripta dell’Arcimago» è un’opera a quattro mani, firmata da Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini. Il racconto è ambientato nella città di Larisa, la Fiordisogno di una leggendaria età dell’oro, ora popolata dalla feccia dell’umanità. In questo scenario, Tages è un ambizioso giovane mago che ama definirsi “cacciatore della sapienza”. Il suo obiettivo è quello di entrare nella cripta del defunto arcimago Avernus e violarne i segreti. Per raggiungere questo scopo, il giovane negromante non si farà alcuno scrupolo, pronto a pagare ogni prezzo. La caratterizzazione del personaggio, in genere difficile nel breve spazio di un racconto, è qui gestita con grande maturità e compiutezza, come viva e ricca è la descrizione della cripta, che ricorda, a chi scrive, i cunicoli delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, con la giusta dose di oscurità, magia e crudezza. Un’ottima prova di collaborazione, senz’altro riuscitissima. La presenza di due autori diversi non si avverte, il racconto è omogeneo e lo stile, uniforme e piacevole, si adegua con arte alla materia trattata.

La cripta dell’Arcimago sviscera così i temi, gli elementi e il lessico della stregoneria fantasy stile e il finale, beh… è tutto da leggere!

Art-by-Ken-Kelly«Vittime Imperiture» di Alessandro Forlani è uno di quei racconti che cattura dall’inizio alla fine.

Un uomo scheletrico, vestito di una sindone, barcolla in avvicinamento al castello del Barone Menandro e della Baronessa Enide, sua moglie. La creatura in questione è una Vittima che ritorna ciclicamente a reclamare un sacrificio per lasciare in pace il regno. Un motivo mitico e favolistico ben noto, calato in un’atmosfera cristianeggiante, e riscritto con una variante fondamentale, che il lettore gusterà solo alla fine, quando l’alchimista Clodio userà le sue arti per porre rimedio al problema che angustia i suoi signori. Un racconto intuitivo e di grande atmosfera, che cela più di quello che mostra a una prima lettura. Da leggere e rileggere.

Ci si cala nuovamente nel Med-Fantasy per così dire “classico”, folto di richiami e ricco di immagini ed elementi ben armonizzati, con «Il Tempio di Premaliuk», scritto da uno dei curatori del volume: Francesco La Manno.

«Il Tempio di Premaliuk» è un lungo racconto affascinante e misterioso, che vi terrà attaccati alle pagine fino alle fine. Di tutti, questo è forse il racconto più “ricco” della raccolta. Lasciando emergere la lezione dei grandi modelli del genere, esso mescola insieme un alto numero di componenti fantastiche gestite con grande naturalezza e perfettamente incastrate tra loro: dèi della guerra, crudeli e sprezzanti, ambasciatori e re di grandi imperi, rituali sanguinari, libri di Morte vergati con sangue umano, donne voluttuose e incantatrici, creature umanoidi irsute e ferine, asceti e meravigliose città incantate, tributi da pagare, intrighi e segreti millenari, tradimenti e assassinii, La Manno dà vita a un caleidoscopio di immagini di cui tira abilmente le fila nel perfetto finale. Se siete in cerca di una lettura nella quale immergervi totalmente, senza eroi dal sapore manicheo, ma piena di antichi misteri, azione e avventura, Il Tempio di Premaliuk non vi lascerà delusi.

Un vero e proprio gioiellino della riscrittura fantasy è «Il Marchese Decollato» di Max Gobbo, che rielabora con esiti di estrema godibilità Il Visconte Dimezzato di Calvino e, per certi versi – mi si passi la citazione – Il Mistero di Sleepy Hollow. Cioè che rende ammirabile questo racconto (uno dei migliori, a gusto di chi scrive), è, oltre all’intuizione geniale della storia, davvero spassosa, il sapiente uso della lingua, e quella gustosa ironia letteraria che nasce dallo scarto fra un linguaggio aulico, adeguato all’epoca di ambientazione (uno dei personaggi è Carlo V di Spagna) e la materia a volte bassa e colloquiale, che dà risultati esilaranti e mostra la grande competenza non solo stilistico-formale, ma anche storico-letteraria dell’autore. Non perderemo di certo le prossime fatiche di Gobbo, che non ha nulla da invidiare agli autori d’oltreoceano o a certi scrittori nostrani che campeggiano, spesso meno meritatamente, negli scaffali delle più importanti librerie di catena.

Dulcis in fundo, «Ridi, Luttuosa, e io Verrò da Te…» di Francesco Brandoli, cui darei già una menzione d’onore per il titolo, inizia come la storia di avventura e spada di Eric, uno dei più potenti guerrieri della sua tribù, e della sua battaglia contro i Maskara, ombre spettrali partorite dalla terra, e i temibili e famelici Signori della Guerra, divoratori di anime. Per Eric cambierà tutto dopo l’incontro con un misterioso figuro, «colui che parla con una sola voce, ma ha quattro file di denti e tre lingue», che gli farà una proposta allettante, ma oscura e pericolosa, che lo trasformerà un vero e proprio cacciatore di anime. Una storia di amore e avidità, di guerra e violenza, di potere ed espiazione. Un racconto così ben orchestrato, tra azione e interiorità, e un personaggio così ben riscritto, nel rispetto dei forti modelli fantasy alle spalle, che ci si chiede se, prima o poi, non lo rincontreremo di nuovo, magari in un volume tutto per lui…

Infine, l’appendice è il perfetto corollario alla raccolta.

Stefano Sacchini firma una bella recensione critico-ragionata a Il Signore delle Tempeste di Tanith Lee, che testimonia così un occhio fermo e lucido al passato, che si conferma quale faro da cui partire per navigare nel futuro.

Di Francesco Coppola è il saggio critico di chiusura, un altro saggio d’autore di altissimo livello,, che, come da titolo (Med-Fantasy – Ricapitolando), non si limita a spiegare (o a ricordare) origine e significato del Med-fantasy, ma analizza anche, con dati statistico-scientifici documentati, la situazione editoriale generale del fantasy in Italia (e all’estero).

A chiusura di questa lunga recensione (ma insomma, avrete capito che la raccolta merita e riempie di entusiasmo e di speranza), faccio mia una frase di Coppola, che sia di buon augurio per tutti, autori e lettori [e che le due cose non siano mai (più) sperate, ma anzi la seconda preceda, come è giusto, la prima]:

«Occorre una vita di passione tanto forte da abnegarsi nel cimento contro ogni quadro scoraggiante. Occorre saper far gruppo, non per elemosinare una segnalazione, o un like, (con risultati esiziali), ma per far rivivere da noi una sorta di Inklings Italici. Occorrerebbe anche non limitarsi a sodalità fra soli scrittori, ma cercare di coinvolgere anche gli appassionati delle altre forme di creatività. Per far massa critica. D’intelligenza e Capacità rivoluzionarie».

Lavinia Scolari

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