Gli Antenati del Fantasy: La Strega – breve storia di una creatura perturbante (Parte prima)

BrujaIl termine Epifania, che significa “manifestazione”, ha seguito un percorso di trasformazione linguistica nel corso dei secoli che ha dato vita a questa nome, “Befana”, e a una figura del folclore di grande fortuna: una vecchia, per molti una strega, brutta e rugosa, che durante la notte tra il 5 e il 6 Gennaio vola a cavallo della sua scopa portando doni o carbone.

Una strega, dicevamo, dunque una figura cristallizzata da sempre nel ruolo del “cattivo”.

Ho sempre avuto la convinzione che la completezza artistica di un libro, di un film o di un’opera teatrale dipendesse in buona parte dal fascino e dalla sfaccettatura del personaggio antagonista, colui che si oppone all’eroe di turno. Nel fantasy, in particolare, esistono alcune forme ricorrenti entro le quali le figure dei “cattivi” vengono plasmate, dei “ruoli tipici”, che, pur nelle divergenze, si ripropongono e diventano personaggi pertinenti del genere fantastico. Una di queste figure di antagonista ricorrenti è senz’altro quella della strega (da Morgana alla strega del “Mago di Oz” o a quella di Lewis).

Ma come nasce questa figura fiabesca e da quali altre creatura più o meno mitiche si è sviluppata?

Per prima cosa, quando si vuole conoscere l’identità di qualcuno, si chiede il nome. E se il nome lo conosciamo già, occorre risalire al suo significato. I nomi sono importantissimi (lo sanno bene lettori e scrittori), perché ci dicono qualcosa sul personaggio che li porta, anche quando sono nomi comuni.

La parola strega deriva dal latino (ahimè, è quasi sempre così!): strix, che significa “civetta”. La strega in origine era una civetta? Attenzione, non si tratta di una civetta qualsiasi. Faccio qualche ricerca e un buon dizionario mi dice che la strix è “una civetta che, secondo le credenze degli antichi, succhiava il sangue dei bambini”. Di male in peggio! Adesso sappiamo che la strega in origine era un qualcosa a metà tra una civetta e un vampiro!

Per conoscere la sua “rappresentazione”, ovvero il modo in cui parlavano di lei e la descrivevano i latini tra il I sec. a. C. e il I d. C., mi affido alla penna di uno dei miei autori prediletti: Ovidio, autore delle “Metamorfosi”, il più grande repertorio di miti antichi che sia pervenuto, ma anche di un’altra opera importante: “I Fasti”(6, 131 ss.)

“Vi sono ingordi uccelli, non quelli che rubano il cibo

dalla bocca di Fineo (le Arpie), ma da essi deriva la loro razza:

grossa testa, occhi sbarrati, rostri (becchi) adatti alla rapina,

penne grigiastre, unghie munite di uncino;

volano di notte e cercano infanti che non hanno accanto la nutrice,

li rapiscono dalle loro culle e ne straziano i corpi;

si dice che coi rostri strappino le viscere dei lattanti,

e bevano il loro sangue fino a riempirsi il gozzo.

Hanno il nome di Strigi: origine di questo appellativo

è il fatto che di notte sogliono stridere orrendamente.

Sia che nascano dunque uccelli, sia che lo diventino per incantesimo,

e null’altro siano che vecchie tramutate in volatili da una nenia (…)” (trad. L. Canali)

Tramutatasi in volatile per via di incantesimi oppure tale dalla nascita, la strix è una vecchia che ricerca neonati non custoditi per rapirli e divorarli, come nella migliore tradizione favolistica. In più, questo essere, simile alle Arpie, orribili creature mitologiche metà donne metà volatili, succhia il sangue dei bambini.

Che orrore! Una donna, l’essere per eccellenza caratterizzata dall’istinto materno, che si riduce a vampiro dei fanciulli! Eppure la civetta, cui la strega viene associata, aveva anche un altro nome, più popolare, con cui gli antichi la chiamavano: amma, che significa nutrice. Ma questa strix è una nutrice al rovescio, il suo latte è quasi veleno per qualsiasi neonato e la sua propensione è quella di stanare i piccoli per berne il sangue che li rende vivi. Dunque si tratta di una “nutrice cattiva” che ribalta il suo ruolo: da balia che allatta si tramuta in balia che prosciuga, che invece di dare il latte, toglie il sangue. Una creatura che sovverte i caratteri positivi di donna e di madre, e che si colloca a metà tra umano e bestiale.

La strega, sin dalle sue origini, è venefica, pronta a corrompere e avvelenare col suo tocco malefico, ma anche con i suoi sortilegi.

Ora possiamo aggiungere un secondo tassello: tra la parola strix e la parola ‘strega’ sta di forest_witch_stock_by_nerium_oleanders-d74cp9v1mezzo un termine del latino volgare: striga. Dizionario alla mano, controlliamone subito il significato: la striga è “una donna (rigorosamente) che fa del male ai bambini”. L’esatto contrario della visione positiva della donna, che per i Romani è principalmente moglie e madre. La Strega – lo dice benissimo Laura Cherubini, autrice di uno splendido volume sull’argomento (“Strix. La Strega nella cultura romana”) – è una creatura del perturbante, che corrompe i tratti dei personaggi femminili “buoni” e positivi, ed è caratterizzata da una forma di conoscenza che le deriva da una doppia vista.

Il passaggio dalla strix come ibrido tra umano e civetta-succhia-sangue alla striga come donna che fa del male ai bambini si verifica nel romanzo di uno scrittore un po’ più giovane di Ovidio: Petronio.

Nel suo Satyricon (cap. 163) così Petronio descrive le Streghe secondo le credenze del suo tempo: “(…) esistono femmine che la sanno lunga, creature della Notte, e quello che sta in su lo fanno andare in giù.” (trad. A. Aragosti)

Creature della notte, come la civetta. Capaci di far andare in giù quello che dovrebbe stare in su: detto altrimenti capaci di operare dei rovesciamenti. E le loro maledizioni, le loro corruzioni, il loro desiderio di cibarsi di bambini e richiamare in vita i morti, come Petronio racconta nella sua opera, non è forse un terribile atto di rovesciamento dell’ordine?

La strega prende in eredità questa raffigurazione latina, che la lega al veneficio, ai bambini, al sangue e alla morte, e ne fa un bagaglio da portare con sé, fino nel mondo delle fiabe…

Continua…

Lavinia Scolari

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