Come Game of Thrones danneggerà il fantasy

Pubblichiamo un articolo di Davide Mana, apparso tre anni or sono su Strategie Evolutive, in cui si parla di George R.R. Martin e de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco.


Questo è una specie di post del piano bar del fantastico, nel senso che viene fatto per scommessa, e già presagendo almeno parte delle conseguenze.
Ma perché preoccuparsi.

Vediamo – è agli atti il mio scarso apprezzamento per il ciclo A Song of Ice and Fire di George R.R. Martin.
9780007448036Fin dove l’ho letto, ho ritrovato i tratti caratteristici di Martin (buona, ottima costruzione dei personaggi e dei dialoghi, buona tecnica per tenere il lettore desto), sposati ad una narrazione prolissa e troppo scopertamente aderente a elementi storici noti per riuscire a catturarmi.
Ora, badate, questo non significa che voi, ai quali questi libri piacciono, siate degli idioti o dei malvagi – e gradirei se voi voleste concedere la stessa fiducia al sottoscritto; si tratta semplicemente del fatto che non è il tipo di fantasy che mi interessa al punto da investirci del tempo.
A voi sta bene?
Perfetto.

Allo stesso modo, trovo la serie della HBO prolissa, farcita di gratuità e sciocchezze, e sostanzialmente noiosa.
Vale, credetemi, il discorso di cui sopra.
Il fatto che io dica che non mi piace non deve essere inteso come una minaccia al fatto che a voi, invece, piaccia.
Se a voi piace, spero non abbiate bisogno della mia conferma (anche perché non l’avreste).

Mi domando però – e così arriviamo al tema di questo post – quanto danno riuscirà a recare il successo del ciclo di Martin e, ancora di più, della serie televisiva, al genere?

Perché, credetemi, sono fermamente convinto che il successo planetario e “popolare” di Game of Thrones avrà sullo sviluppo del fantastico – o per lo meno di una parte del fantastico – un effetto catastrofico, e tutt’altro che positivo.

La vittima sarà ancora una volta il medio livello, il fantasy commerciale da diporto, quello che potrebbe contribuire a creare un gusto ed una curiosità nel pubblico, ma che ormai da due generazioni pare lavorare ad un progetto opposto.

Questo ragionamento non nasce dalla mia disumana malizia e radicata perfidia, ma dadark-elf-tri-big una semplice osservazione informata dell’effetto che tutti i grandi successi hanno avuto nell’ambito del fantasy, dal 1954 ad oggi.
Senza il successo colossale de Il Signore degli Anelli (rafforzato dal successo dei film di Peter Jackson) e senza l’altrettanto colossale successo di Dungeons & Dragons, i nostri scaffali non sarebbero invasi da dozzine e dozzine di orridi fantasy di infimo ordine, ambientati in un mondo medievale pseudoceltico e farciti di nani, orchi, elfi e oscuri signori.
O penso al successo – molto meno “popolare”, e ignorato in Italia – di una cosa come la Black Company, di Glen Cook, che ha generato quel colossale polpettone che è il ciclo di Malazan(ben scritto, eh, interessante – ma dannatamente dispersivo).

Prodotti di qualità e successi meritati, tanto Il Signore degli Anelli quanto Dungeons & Dragons e la Black Company – ma successi che hanno avuto effetti nefasti.
E potremmo elencare altri titoli, altri successi, e i loro illegittimi figli deformi – Elric non è forse colpevole dell’esistenza del francamente insopportabile, ripetitivo Drizzt?

200px-sword_of_shannara_hardcoverEd è interessante notare come, se il successo deltesto di Tolkien è responsabile di una cosa come il Ciclo di Shannara – i romanzi che i tolkieniani amano odiare – è innegabile che la gran parte della narrativa fantasy perpetrata sull’onda del successo dei film tratti da Tolkien sia a tal punto scadente da elevare anche il più trito dei titoli di Terry Brooks al rango di classico.
Beh, ok, quasi.

Ora, dunque – potrà The Game of Thrones portare sui nostri scaffali carta straccia peggiore di quella scaturita dal successo di Tolkien e D&D (o di Black Company)?

Di sicuro, è lecito aspettarsi che elementi che Martin e i gentiluomini della HBO hanno inserito nel proprio prodotto a ragion veduta e sulla base di scelte precise, diventino elementi di default del genere “a prescindere”.
È già successo con gli elfi biondi e coi nani con l’ascia mutuati da Tolkien
E con le orecchie ipertrofiche degli elfi dei manga, che sono diventati la norma.
È successo con gli orchi, che sono diventati la manovalanza standard degli Oscuri Signori che sono la minaccia abituale nella gran parte dei mondi fantasy di medio livello.
È successo con il lessico pseudoceltico, fitto di Caer e Lynathos e Aleyren e Aber-Istwith.
È successo col concetto di “trilogia” – che pare essere la condizione fisiologica dell’high fantasy (con gran piacere di autori ed editori).
È successo con il taglio cupo e violento e la mistica dell’antieroe (Abercrombie, anyone?) e coi cast di decine di personaggi.
Qualcuno ha venduto un sacco di libri – qualcun’altro ha pensato di estrarre una formula e vendere un sacco di libri a sua volta.

Cosa dobbiamo aspettarci, dunque, dalla Guerra delle Due Rose con le targhe cambiate a-web-of-thrones-game-of-thrones-30670278-1280-1055da George R.R. Martin?
Cosà conterranno i fantasy che verranno?
Beh, certamente molto più sesso esplicito, e molta più complessità per il gusto della complessità.
Un incremento negli elementi espliciti piace a chi vuole sentirsi “adulto” – e si innesta in una generale tendenza alla popolarità ed allo sdoganamento del soft-porn nella narrativa popolare e mainstream.
Ci saranno un sacco di donne che faranno sesso con altre donne, perché – ci spiegheranno gli esperti che sono tali perché hanno visto tutto Game of Thrones – il sesso fra donne è un classico del fantasy. E anche perché, se devi segnalare al pubblico – specie se è un pubblico poco sofisticato – che il tuo personaggio femminile è forte e dominante, il sistema più rapido è scriverlo come se fosse un uomo, e farlo comportare come un uomo (Xena docet), fino alle estreme conseguenze.
E poi piace al pubblico maschile.
Ci saranno un sacco, ma proprio un sacco di ravanamenti politici e dinastici la complessità dei quali richiederà tabelle, alberi genealogici e altri sussidi. L’elemento dinastico diventerà probabilmente la modalità di default del genere – come la quest lo è stata per gli anni ’70 e ’80, e la guerra lo è stata dal ’90 in poi*.
Ci sarà un certo fastidio per la magia vecchia maniera, quella per intenderci da libro di incantesimi e Palla di fuoco da 12D6 – anche perché il pubblico sarà prevalentemente composto da persone che hanno scoperto il genere attraverso la serie TV, che hanno scarsissima o nulla frequentazione del genere, e in generale hanno finora evitato il genere in quanto sciocco o infantile, e preferiscono un polpettone storico coi nomi cambiati a un bel duello fra spellcaster a base di fuilmini e saette, che sa tanto di Serie B (o di D&D!)

Incoerenze, buchi logici, trame traballanti e riempitivi vari verranno giustificati con una spallucciata – “È fantasy, mica tutto deve avere senso!”
Ma quello succede già adesso.

E poi ci saranno quelli che “Sì, ok, Leiber, Howard, Tolkien, Moorcock… ma se non ci fosse stato Martin…”
E che alla domanda “Ma tu li hai letti, Leiber, Howard, Tolkien e Moorcock?” risponderanno con una spallucciata, “No, tanto non mi piacciono.”
Ma anche questo, succede già adesso.

E sì, naturalmente, prima che me lo diciate voi nei commenti  – la colpa non è di Martin, non è della HBO, non è di Tolkien, di Cook, di Gary Gygax…
La colpa casomai è del pubblico – che odia rischiare e vuole qualcosa che assomigli a ciò che ha già letto – ed è degli autori e degli editori, che sono ben felici di soddisfarlo, quel pubblico.

Conviene comunque aspettarsi il peggio.
Non è l’inverno, la cosa peggiore che sta per arrivare.

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* Interessante notare che per la quest fantasy era fondamentale la mappa, per il fantasy dinastico lo è l’albero genealogico.

Davide Mana

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