Quando è opportuno porre la data di nascita del genere fantasy e il suo riconoscimento letterario, anche se come letteratura di consumo e di “evasione” (etichetta che ancora, ahimè, il nostro amato genere si trascina dietro)?
Il fantasy come oggi lo conosciamo, fatto di mondi fantastici paralleli o distinti dal nostro, abitato da creature magiche, da Elfi, Stregoni e stirpi di eroi predestinati, nasce e si diffonde nella sua forma di fantasy epico e moderno con il Professor Tolkien. Siamo negli anni ’50 del Novecento quando J. R. R. Tolkien dà alle stampe, dopo molta fatica, il suo Il Signore degli Anelli. Ma questo di certo non è il primo lavoro letterario fantastico. Come collocare un inizio e fare una distinzione tra antenati del genere e fantasy vero e proprio?
Ci viene in aiuto Wikipedia, che ci dice sinteticamente che cosa renda il fantasy moderno diverso dai suoi predecessori: “Le caratteristiche che distinguono il genere moderno da storie che contengono semplicemente elementi fantastici sono la logica dei funzionamenti del fantasy, la natura di riconosciuta finzione dell’opera e la paternità dello scrittore degli elementi, piuttosto della loro fonte nel folclore.”
Tre elementi dunque: la “logica del funzionamento” non meglio specificata, la “finzione dichiarata” e riconosciuta da chi scrive, il quale non crede davvero ai “miti” o alle “fantasticherie” che racconta, e la “paternità dell’opera”, che è di invenzione dell’autore e non coincide con una leggenda o una credenza popolare.
Ricordatevi dell’opinione di Wikipedia, perché ci torneremo, e ci torneremo dopo aver illustrato il primo antenato del fantasy di questa nascente rubrica, un romanzo “misterioso” dal titolo “Una Storia Vera”. Si tratta di un racconto elaborato e scritto prima della nascita di Tolkien. Il titolo sembra venire meno alle prescrizioni di Wikipedia: “una storia vera” dichiara l’autenticità del racconto, e non la sua finzione! Ma è davvero così? Scrive l’autore:
“E così anch’io nel desiderio di lasciare – per vanità naturalmente – qualche messaggio ai posteri, per non restare il solo privo della sua parte di libertà assoluta nell’inventare favole, siccome non avevo nessun avvenimento reale da descrivere – purtroppo non mi è mai successo niente che meriti di essere raccontato – sono ricorso al falso, ma a un falso molto più onesto di quello dei miei predecessori, perché almeno in una cosa sono sincero: dichiaro ad alta voce che mento.” (traduzione dalla lingua d’origine di M. Matteuzzi)
Beh, il nostro autore dichiara la sua finzione, primo punto che distingue un racconto di “fantasy moderno” da una semplice storia fantastica. Riguardo alla paternità dello scrittore? Il racconto è suo, lo inventa e lo narra in prima persona e nessuno dubita che sia tutto farina del suo sacco! Un altro punto a favore della sua elezione a genere fantasy. Manca solo la questione più spinosa: la logica del funzionamento, in altre parole, la trama. Diamo insieme uno sguardo…
Il protagonista del “romanzo” in questione è l’autore stesso, che per adesso chiameremo solo L.
L. decide un bel giorno di intraprendere un viaggio avventuroso per mare e così arma una nave, arruola una ciurma di compagni e salpa dalla sua città. Primo elemento: il viaggio, un viaggio per mare. Come i Numenoreani del Professore? Forse un po’ diverso… ma solo un po’! A un tratto scoppia una tempesta, la nave viene travolta dalla bufera e dal vento e… si solleva dalle onde e inizia a elevarsi in cielo, sempre più in alto, fino alla stelle! Ebbene sì, una nave volante, come quella di Shannara e di Stardust o, per citarlo ancora, come nel viaggio di Eärendil narrato ne Il Silmarillion. Questo L. sa il fatto suo!
Per sette giorni L. e i suoi volano nel cielo finché non arrivano in un’isola nello spazio, difesa da alcuni cavalieri che montano degli enormi avvoltoi, i Cavalcavvoltoi, e governata dal re Endimione: si tratta della Luna, che è in guerra con il Sole, su cui governa sire Fetonte. E nella terribile guerra (un altro elemento dello epic-fantasy) viene coinvolto anche L. con i suoi amici. Ragni giganti (ragni giganti, proprio così!) intessono una tela che unisce la Luna al Sole e permette lo svolgersi della battaglia. La Luna ha la meglio, e i nostri eroi, al fianco di re Endimione, festeggiano la vittoria.
Ma sentite un po’ che cosa racconta di aver visto sulla Luna il buon L.:
“Ho scoperto anche un’altra meraviglia nella reggia: un enorme specchio copre la bocca di un pozzo non troppo profondo. Se uno si cala nel pozzo sente tutto quello che si dice da noi sulla terra, se guarda nello specchio riesce ad abbracciare con lo sguardo tutte le città e i popoli come se fosse a due passi da ciascuno…” (traduzione dalla lingua d’origine di M. Matteuzzi)
Il pozzo e lo specchio, altri due elementi di quella che il nostro amico di Wikipedia chiama “logica del funzionamento”. Il pozzo è un elemento tipico del fantastico, dalla favolistica all’ horror (come dimenticare “Il pozzo e il pendolo” di Edgar Allan Poe? E il molto più recente pozzo dell’anime di Rumiko Takahashi Inu Yasha, che permette a Kagome di raggiungere l’epoca Sengoku?). Riguardo allo specchio, scomoderei ancora e volentieri il nostro Tolkien con lo specchio di Galadriel, ma anche Lewis Carroll con il suo “Alice nel paese delle meraviglie”, o meglio ancora con il suo “Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò”, che ha segnato un’epoca e influenzato molti autori successivi. E se L., questo furbacchione, avesse copiato l’idea di Carroll? Magari si conoscevano! Beh, Carroll pubblica il suo “Attraverso lo specchio” nel 1872. Mi spiace deludervi, ma quando “Una storia Vera” veniva inventata e fissata per iscritto, il piccolo Lewis non era ancora nato!
Andiamo avanti, solo un altro po’, non voglio rivelarvi il finale, magari qualcuno di voi vorrà leggere “Una Storia Vera” per sé e non vuole che gli rovini la sorpresa!
L. e i suoi compagni continuano il viaggio, vedono Lucernopoli, la città delle Lucerne, fiumi di vino, e molte altre meraviglie, tra cui dei mostri marini e delle enormi balene. E, udite udite, nello stomaco della balena L. verrà intrappolato a lungo. Viene subito in mente Collodi, autore italiano di uno dei più celebri romanzi fantastici per ragazzi. Che ci sia il suo zampino? Ma Collodi pubblicò il suo romanzo nel 1883 e non era ancora nato quando L. redigeva il suo! Il racconto continua e il nostro autore-protagonista finirà per vedere il paese degli Eroi e quello dei Sogni. Non c’è che dire, ha toccato quasi tutti gli elementi del fantasy e del fantastico, dal viaggio alla guerra epica, dagli specchi magici alla Luna. E se, ripensando alla Luna, vi viene in mente Astolfo e “L’Orlando Furioso” di Ariosto, sappiate che Ariosto ancora non era nato quando L. morì.
Il vero nome del nostro scrittore misterioso era Luciano, la sua città d’origine era Samosata, così la chiamavano ai suoi tempi, nell’odierna Turchia. Ma Luciano viaggiò molto, e venne perfino in Italia, per poi fermarsi ad Atene, in Grecia. Luciano, infatti, scrisse in greco la sua storia, e la scrisse prima della nascita di Tolkien, e di quella di suo padre, e del padre di suo padre, e così via per molte generazioni. La scrisse nel II secolo d. C., circa milleottocento anni fa, e oggi tiene a battesimo questa rubrica in qualità di uno dei primi scrittori fantastici della storia, cui si ispirarono Verne, Swift e Collodi, e nel cui solco, di certo, molti scrittori, magari senza saperlo, si sono inseriti.
Lavinia Scolari