Sword & Soul

Condividiamo un articolo di Davide Mana, apparso su Strategie Evolutive otto anni or sono, dedicato allo sword and sorcery.

Buona lettura.


Strane connessioni.

La cosa comincia con una e-mail di Charles de Lint, che segnala l’uscita di un nuovo volume di Charles R. Saunders – autore che all’origine ebbe poco successo, secondo de lint perché classificato come “sword & sorcery“, un genere “che non ha grande mercato”.
Mah.
Rosaspina-1Ignoto al pubblico nazionale, Saunders è stato uno dei primi (se non il primo) autore di fantasy di colore, ed a cavallo fra gli anni ’70 e gli anni ’80 pubblicò una serie di romanzi imperniati su un personaggio, sospeso fra Conan e Tarzan, di nome Imaro.
Gli exploit di Imaro, se prevedibili per certi canoni della Sword & Sorcery, sono particolarmente interessanti per il modo in cui incorporano il paesaggio e l’immaginario africano.

Saunders li definisce Sword & Soul, perché l’azione avventurosa è imperniata sui tratti specifici dell’anima di un popolo.
Pur restando Imaro un outsider, un uomo senza tribù in un mondo tribale.

Il che mi porta a ragionare lungo una tangente: certo l’Africa è, con l’area maediterranea e – in misura minore – l’oriente, uno dei luoghi che paiono fatti apposta per la sword & sorcery e che sono stati finora trascurati.
Se non dagli autori, certo dagli editori.

Bello sarebbe sfruttare un falso passato mediterraneo per ambientarci delle storie di avventura e magia.
Pochi hanno sfruttato l’arsenale omerico – c’è qualcosa del solito Sprague de Camp, c’è qualcosa di Avram Davidson, un paio di cose di Poul Anderson, poco altro.

Sarebbe bello farci qualcosa di nuovo – anche per sfuggire alla zuppa pseudoceltica e medioevaleggiante che imperversa sugli scaffali e che onestamente dopo un po’ stanca.
Il Mediterraneo offre ampi spunti – civiltà di mercanti, imperi perduti, città-stato, creature sovrannaturali originali (meglio i satiri degli elfi), pirati…

Col suo mosaico di culture, il Bacino Mediterraneo delle epoche leggendarie ha in fondo le stesse caratteristiche del mondo pret-a-porter dell’era Hyboriana, con una omogeneità di default che potrebbe facilitare il lavoro allo scrittore.

Si potrebbe creare un eroe che incarni l’anima dei popoli mediterranei – più portato alla discussione che al combattimento, più astuto che eroico, amantre della buona cucina e delle belle donne, pronto alla risata ma feroce nella vendetta, che si muova con ritmi lenti in un paesaggio fatto di capre, ulivi, pietraie e ampi tratti di mare.

Non sarebbe male, no?

Il problema, piuttosto, è che la sword & sorcery mal si adatta alle millanta pagine standard dell’epica fantastica che ora pare sia la norma.
Difficile reggere con un buon livello per più di duecento pagine, se non ricorrendo ad espedienti che, nelle mani di autori meno che eccelsi, rischiano di mostrare rapidamente la corda.
Vengon bene i racconti – ma chi li pubblica, poi?

E poi c’è la questione dello status di outsider dell’eroe della sword & sorcery – che nonimaro2 parla per una nazione o una fede (come l’eroe della High Fantasy), ma spesso per entità sociali più moderne.
Difficile incastrare un simile personaggio nell’antichità classica tout court.
A meno di essere Omero.
Tocca inventarsi un mondo – o si finisce a scrivere certe mediocri saghe pseudostoriche più vicine al rosa-hard che non alla letteratura fantastica.
E inventarsi un mondo nuovo dai sapori mediterranei non è affatto facile: sulle coste del Mediterraneo, per ciò che riguarda la sword & sorcery, siamo prigionieri della nostra storia.

Però c’è da pensarci…

Davide Mana

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