Le CRONACHE DELL’ASSASSINO DEL RE comprendono:
Il nome del vento, (The Name of the Wind, 2007)
Titolo: Il nome del vento | Titolo originale: The Name of the Wind, 2007 | Autore: Patrick Rothfuss | Anno pubblicazione in Italia: 2008 | Collezione fantasy | Editore: Fanucci | Pagine: 852 | Traduttore: G. Giorgi
La Pietra Miliare, una locanda come tante, nasconde un incredibile segreto. L’uomo che la gestisce, Kote, non è davvero il mite individuo che i suoi avventori conoscono. Sotto le sue umili spoglie si cela Kvothe, l’eroe che ha fatto nascere centinaia di leggende. Il locandiere ha attirato su di sé l’attenzione di uno storico, che dopo un lungo viaggio non privo di pericoli e avventure riesce a raggiungerlo e convincerlo a narrare la sua vera storia. Il nostro eroe muove i suoi primi passi a bordo dei carri degli Edema Ruh, un popolo di attori, musicisti e saltimbanchi itineranti che, nonostante le malevole credenze popolari, si rifanno a ideali nobili e tengono in gran conto arte e cultura. Kvothe riceve i primi insegnamenti dall’arcanista Abenthy, e viene poi ammesso all’Accademia, culla del sapere e della conoscenza. Qui egli apprenderà diverse discipline, stringerà salde amicizie e sentirà i primi palpiti dell’amore, ma dovrà anche fare i conti con l’ostilità di alcuni maestri, l’invidia di altri studenti e l’assoluta povertà; vivrà esperienze rischiose e incredibili che lo aiuteranno a maturare e lo porteranno a diventare il potentissimo mago, l’abile ladro, il maestro di musica e lo spietato assassino di cui parlano le leggende.
La paura del saggio, (The Wise Man’s Fear, 2011)
Titolo: La paura del saggio | Titolo originale: The Wise Man’s Fear, 2011 | Autore: Patrick Rothfuss | Anno pubblicazione in Italia: 2011 | Collezione fantasy | Editore: Fanucci | Pagine: 1152 | Traduttore: G. Giorgi
Il giovane Kvothe è ancora alle prese con gli studi all’Accademia e con i suoi esperimenti, ma il carattere, focoso e ribelle quanto la sua chioma, e una lingua tagliente, affilata come una spada, gli hanno procurato diversi nemici. La rivalità crescente con un influente membro della nobiltà lo costringe a lasciare l’Accademia e a cercare fortuna altrove. Solo, alla deriva e senza un soldo, si reca nel regno di Vintas, dove si lascia coinvolgere dagli intrighi di corte, scopre il fallito tentativo di un assassinio e, a capo di una truppa di mercenari, indaga sul mistero di chi, o cosa, minacci i viaggiatori della King’s Road. Nel frattempo, prosegue la sua incessante ricerca su Amyr e Chandrian. Dopo la morte dei genitori, infatti, questo è diventato l’unico scopo della sua vita. E mentre Kvothe muove i suoi primi passi come eroe, scopre quanto sia difficile la vita per un uomo che, dopo aver acquisito poteri strabilianti grazie alle esperienze rischiose e straordinarie che ha vissuto, sta diventando una leggenda del suo tempo.
Il Fantasy contemporaneo ha svariati nuovi Alfieri nati negli anni Settanta. A mio gusto ce ne sono tre che spiccano e non per gli stessi motivi: oltre a Joe Abercrombie (che con un parallelo matematico sta a Sergio Leone dove David Gemmell è John Ford) e a Brandon Sanderson, che scrive a ritmi pazzeschi, c’è anche Patrick Rothfuss. Rispetto a Sanderson, epigono di Robert Jordan e degno “finitore” delle sue vicende Fantasy, Rothfuss ricorda per certi versi George R.R. Martin, sia nell’aspetto “dovizioso” e pingue sia nello stile. Ed anche per il fatto che tende a non concludere le sue storie.
Vi parlerò quindi della Trilogia de “Le Cronache dell’Assassino del Re” che a tutt’oggi comprende solo due corposi volumi: IL NOME DEL VENTO e LA PAURA DEL SAGGIO entrambi editi da Fanucci.
Come dicevo, Patrick Rothfuss ha dalla sua un bello stile di scrittura ed i suoi corposi volumi (716 pagine il primo, 1140 il secondo) si leggono in modo scorrevole, grazie anche ad un buon livello di traduzione. Certo, considerando che tutto il SIGNORE DEGLI ANELLI si sviluppa in circa 1200 pagine e nei libri di Rothfuss siamo ancora in una fase introduttiva della saga, sorge il dubbio che l’Autore americano, trovato il filone del successo, stia un po’ allungando il brodo. In effetti, in modo cinico e forse anche un po’ cattivo, il parallelo più azzeccato con Rothfuss non sarebbe tanto con Martin ma più con la J. K. Rowlings e i suoi sette libri di Harry Potter (e su questo è d’accordo anche Orson Scott Card).
Perché i romanzi di Rothfuss parlano appunto della crescita e del viaggio dell’eroe di un “Quasi” Harry Potter, che in questo caso si chiama Kvothe e non abita a Londra ma in un mondo Fantasy. Per il resto i paralleli sono molti, forse troppi, e in un campo dove gli esperti si lamentano della mancanza di originalità nelle trame, questa è forse la colpa principale. Rothfuss sceglie di far raccontare la storia al protagonista stesso: Kvothe, dopo anni di avventure in cui è divenuto leggendario adesso si è ritirato sotto le mentite spoglie di un semplice Locandiere in un paesino sperduto. Nessuno sospetta della sua identità finché al villaggio non arriva un Cronista (questo il suo nome proprio…..) che invece lo ha riconosciuto e pretende di narrare la sua vera storia, dato che sul suo conto vengono narrate leggende apparentemente esagerate e inverosimili. Kvothe si convince a raccontare a Cronista la sua vera storia, a patto che lui non metta in dubbio la veridicità del racconto e concedendogli solo tre giorni di tempo per trascrivere la narrazione.
Ed è qui che, dopo il prologo, inizia il racconto vero e proprio: Kvothe fa parte degli Edema Ruh, una razza di girovaghi versione idealizzata dei nostri Zingari di epoca tardo-medievale e rinascimentale. Gli Edema Ruh sono Cantori e attori e Kvothe è figlio del Capo di una di queste Compagnie di artisti girovaghi: Vive una giovinezza idilliaca, amato da tutti, acquisendo abilità come attore e suonatore di liuto. Con l’aiuto di un anziano vagabondo di nome Abenthy accolto nella Compagnia, inizia anche ad acquisire i rudimenti della Magia, dove quello che conta è conoscere il vero nome delle cose, per poterle richiamare al proprio servizio. L’idillio viene ad un certo punto interrotto da un errore involontario del padre di Kvothe, che componendo una canzone evoca un gruppo di esseri spietati e potentissimi conosciuti come i Chandrian. Così come per Harry Potter l’Innominabile Voldemort è causa della morte dei genitori e motore di partenza dell’avventura, anche i Chandrian sterminano la compagnia di Kvothe, di cui lui rimane unico sopravvissuto. L’elaborazione del lutto sarà parte della crescita di Kvothe, costretto a diventare ladro e mendicante (qui il libro si rifà molto a Twain e a Oliver Twist) fino a realizzare che per vendicarsi dei Chandrian deve scoprire chi sono e soprattutto come sconfiggerli e ucciderli. Per questo motivo il suo obbiettivo diventa quello di farsi ammettere all’Accademia di Magia: durante il viaggio verso l’Accademia Kvothe incontrerà e si innamorerà di Denna, una misteriosa ragazza dal misterioso passato. Le schermaglie amorose fra Kvothe e Denna e le sue tribolazioni amorose adolescenziali sono fra le parti migliori dei libri, probabilmente perché almeno in parte autobiografiche.
Kvothe riuscirà a farsi ammettere all’Accademia perché, sebbene sia squattrinato, è abile e geniale: riuscirà ad avere un suo gruppo di amici e collaboratori (alla Luna Hapgood, Hermione Granger e Ron Weasley per intenderci) ed anche la sua Nemesi a scuola, ovvero Ambrose (che sarà il suo Draco Malfoy). La permamenza all’Accademia, le schermaglie amorose, i contrasti con i “nemici” ricordano troppo Harry Potter per piacermi davvero. Quello che manca è il fattore de “L’Adolescente Predestinato” a salvare il mondo che c’è nelle storie della Rowlings, ma Kvothe rimane un personaggio privo di veri difetti (a parte un certo grado di arroganza e orgoglio) che lo rendono eccessivamente perfetto per un Fantasy contemporaneo. Rothfuss coinvolge Kvothein mezzo a mille peripezie per avvicinarlo al cuore del pubblico e nel secondo Romanzo (La Paura del Saggio) lo allontana in parte dalle tematiche potteriane coinvolgendolo maggiormente nella “Quest” dei Chandrian e della conoscenza necessaria a sconfiggerli. Alla ricerca di un mecenate che possa mantenerlo agli studi Kvothe viaggia fino alla città di Severen la parte del viaggio, che comprende naufragi e pirati viene stranamente “sorvolata” laddove altri temi meno avventurosi venivano allungati e stiracchiati. Questo, ripeto, è il principale difetto di narrazione di Rothfuss che in due libri molto lunghi non ha minimamente dipanato il tema centrale della saga, ovvero il mistero dei Chandrian (che rimarrà appunto un mistero). Comunque, nel secondo romanzo Kvothe si metterà al servizio suo Maer (ovvero Governatore) di Severen, di cui diverrà consigliere salvandogli la vita e divenendo suo agente sul campo. Usando le conoscenze acquisite all’Accademia (ovvero l’uso istintivo del Nome del Vento e di altri Elementi come il Fulmine) Kvothe getterà le basi della sua Leggenda e inizierà a trovare i primi indizi sulle apparizioni distruttive dei Chandrian, scoprendo che hanno dei nemici giurati, gli Amyr, sorta di paladini guerrieri quasi Jedi, che potrebbero essere la chiave per avere la sua vendetta.
Questa, per sommissimi capi, la trama dei primi due romanzi. Che dire? In Rothfuss ho trovato numerose influenze, soprattutto di Jack Vance (e chi lo conosce troverà nella parentesi dell’avventura con Felurian una conferma di quello che dico). Non posso dire che la lettura di questi romanzi non sia piacevole, ma c’è un fastidioso senso di Deja Vu, accentuato dal fatto che lo sviluppo della storia è troppo lento e il personaggio principale è un po’ troppo bravo in tutto. L’amore tribolato con la musa Denna e lo studio, presso i mercenari di Ademre, delle Arti Marziali (molto orientali) del Ketan e del Lethani sono le parti migliori del secondo libro. Ribadisco, a mio modesto parere il problema della serie è proprio Kvothe, troppo bravo in tutto quello che fa e capace di eccellere in tutto, Il suo essere Leggendario, quasi Semidivino, è solo parzialmente mitigato dagli intermezzi legati al suo attuale stato, nascosto in una Locanda sotto mentite spoglie per sfuggire ai cacciatori di gloria (altra citazione molto Western, per chi come me ha apprezzato il Leoniano “Il Mio Nome è Nessuno”.
Un giudizio compiuto è impossibile, considerato che sono ormai cinque anni che i lettori aspettano un seguito alla storia e lo stesso Rothfuss ha affermato che il terzo libro della serie, THE DOORS OF STONE, non uscirà neanche in questo nuovissimo 2016.
Forzatamente il mio voto finale è 70, dove con 80 premio lo stile scorrevole ed alcune idee innovative sulla magia e le arti marziali (ma neanche lontanamente originali come quelle di MISTBORN di Brandon Sanderson) e 60 striminzito sull’originalità della trama e dei personaggi.
Giovanni Luisi
L’AUTORE
Patrick Rothfuss (Madison, 6 giugno 1973) è uno scrittore statunitense. È l’autore della trilogia Le Cronache dell’Assassino del Re (The Kingkiller Chronicles). Secondo il suo sito, Patrick Rothfuss è cresciuto leggendo una grande quantità di libri, anche a causa del cattivo tempo e dell’assenza della televisione. Iniziò a frequentare l’Università del Winsconsin nel 1991, prima studiando ingegneria chimica, per poi dedicarsi a psicologia clinica. Continuò in seguito a studiare ogni cosa catturasse il suo interesse, svolgendo strani lavori e nel frattempo continuando a scrivere una lunga storia intitolata The Song of Flame and Thunder (La canzone del fuoco e del fulmine). Dopo aver completato la storia, la propose a diversi editori, ma fu sempre rifiutato finché nel 2002 non vinse il concorso Writers of the Future con un estratto del romanzo. Dopo aver parlato con Kevin J. Anderson, riuscì a vendere il romanzo alla DAW Books. A causa della sua lunghezza, The Song of Flame and Thunder fu divisa in una saga di tre volumi, intitolata The Kingkiller Chronicle (“Le Cronache dell’Assassino del Re). Il primo volume della trilogia è stato pubblicato negli Stati Uniti nel marzo del 2007 col titolo The Name of the Wind (in italiano Il nome del vento, edito da Fanucci) ed ha vinto il Quill Awardper il miglior libro fantasy/fantascientifico del 2007.