Le Spade di Lankhmar

Articolo di Davide Mana, tratto dal suo blog Strategie Evolutive.


13462Il dodicesimo volume della Fantacollana è Le Spade di Lankhmar, di Fritz Leiber, originariamente The Swords of Lankhmar, uscito in volume 1968, unico romanzo della serie di Lankhmar, quinto volume nella cronologia interna del ciclo.
Il racconto originale, Scylla’s Daughter, uscito nel ’62, era stato nominato al premio Hugo.

Ora, la mia venerazione per Leiber è agli atti, e quindi non aspettatevi nulla di troppo oggettivo: Leiber è un gigante, e Le Spade di Lankhmar è un romanzo esenziale nello sviluppo del fantasy moderno.
È quanto di più lontano si possa immaginare dal ciarpame pseudotolkienoide che oggi pare costituire l’unica modalità accettabile del genere sui nostri scaffali.
Molto probabilmente, il fan medio di fantasy nostrano, oggi come oggi, detesterebbe Le Spade di Lankhmar pagina dopo pagina.
I due terzi non riuscirebbero ad arrivare oltre un terzo del romanzo.
E coloro che dovessero riuscire ad arrivare in fondo, si troverebbero nella difficilissima posizione di dover scegliere, se rivedere radicalmente i propri gusti e le proprie opinioni, o semplicemente restare fedeli all’ortodossia, e odiare questo romanzo.

Perché il povero consumatore di elfi e dragoni difficilmente supererebbe il primo terzo del libro?
Perché c’è un punto – grossomodo a un terzo del libro – in cui compare sullathe-swords-of-lankhmar scena un serpente marino a due teste, cavalcato da un tizio a torso nudo, che indossa un casco da astronauta e parla in tedesco*.
E che discute brevemente di cosmologia coi protagonisti.

Questo semplicemenete non succede più nei romanzi che vengono spacciati al pubblico contemporaneo.
Così come non succede più che i nostri eroi siano pigri, svogliati, cialtroni e furfanti, più interessati alla discussione filosofica che alla pugna.
Così come non succede più che un romanzo fantasy abbia modelli per lo meno elisabettiani, e sia scritto in un inglese asciutto, preciso, elegantissimo, senza una parola di troppo, senza assurdi arcaismi, versi in alto elfico e altro pattume.
Perché non succede più che un romanzo si apra con un capitolo al fulmicotone in cui i nostri eroi devono affrontare creditori impazienti, usurai vendicativi, prostitute infuriate e stregoni mercenari.
Perché non succede più che un protagonista in un romanzo fantasy impieghi mezza pagina a porsi domande sugli otto capezzoli della sua attuale amante.
E non succede più che un romanzo di neanche 250 pagine sia tanto intelligente, stimolante, ben scritto e fantastico.
Ed elegante**.

La trama – di ritorno dalle loro avventure intorno al mondo di Nehwon, Fafhrd il barbaro e il suo degno compare Gray Mouser tornano a Lankhmar, la città dalla Toga Nera.
Risolte un paio di questioni in sospeso coi loro creditori, i nostri eroi vengono incaricati nientemeno che dal signore della città, di risolvere il problema di topi che affligge Lankhmar, cercando al contempo di riaprire la via ai rifornimenti di cibo via mare, che misteriosamente scompaiono da mesi.
I nostri eroi si mettono, per così dire, al lavoro.
La situazione si rivelerà molto più complicata del previsto.

Fafhrd e il Gray Mouser sono due personaggi colossali, con un lunghissimo pedigree letterario, ed un’ombra lunga che si staglia, netta e terribile, su tutto il fantasy successivo.
I personaggi altrettanto centrali nella definizione del genere, o capaci di dirsi all’altezza di fafhrd e del Mouser, si contano sulla punta dei pollici.
Ma parleremo più ampiamente di Fafhrd e del Mouser quando discuteremo della loro seconda uscita in Fantacollana.

Nel presentare questo romanzo al pubblico, ancora una volta la Fantacollana sembrava ben decisa a svolgere un lavoro didattico, non di definizione del genere, ma di esplorazione dei confini più ampi del genere.
Contemplarne la vastità anziché definirne i limiti.

Le Spade di Lankhmar è un romanzo straordinario che è invecchiato benissimo. La traduzione della Fantacollana è ottima, ma non c’è paragone a leggerlo in originale.
Leiber mette a pieno regime la propria esperienza di attore shakespeariano e costruisce un piccolo, straordinario gioiello – la gemma centrale di una collana che la Nord avrebbe presentato in altri tre volumi negli anni successivi.
Riparleremo di Fafhrd e del Mouser, ritorneremo anche noi a Lankhmar.

Sciocco dettaglio personale – questo era, davvero, uno dei grandi introvabili della Fantacollana negli anni ’80, e fu così che fu l’ultimo dei tre volumi Nord relativi a Lankhmar che ebbi modo di leggere – nell’edizione Mayflower, avvistata sugli scaffali della Libreria Sevagran di Torino, dove qualcuno l’aveva ordinata e poi non l’aveva ritirata.
Le feci la posta per settimane, ma alla fine, fu davvero come conquistare il Grail.
La mia copia Fantacollana la trovai, moltissimi anni dopo, su una bancarella. La copertina di Karel Thole è meravigliosa.

————————————

* Il motivo è noto – l’editor di Fantastic aveva pronta una copertina con il serpente a due teste e l’astronauta, e il titolo Scylla’s Daughter, “a novelet by Fritz Leiber”.
E Leiber, da buon professionista, scrisse la storia con quel titolo che si adattava a quella copertina.
Bello liscio.

** E badate, non si tratta di una commediaccia, di una farsa o di una parodia – si tratta di un romanzo serio, e con un finale col botto.
Semplicemente, è meglio di qualunque cosa possiate trovare domani sugli scaffali in libreria.
Rassegnatevi.

Davide Mana

Rispondi

Scopri di più da

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading