L’antologia dell’editrice Ailus, nata sotto gli auspici del movimento Italian Sword&Sorcery, si compone di una presentazione, otto racconti e due saggi, tutti opera di autori italiani. Completano il libro sei illustrazioni di quattro diversi artisti. La presentazione di Donato Altomare apre il volume spiegandone il senso: recuperare e far conoscere una tradizione fantastica troppo spesso ignorata dai lettori più giovani. Questo filone non è solo rappresentato dai grandi dei pulp magazines americani della prima metà del ‘900; autori come E.R. Burroughs, Abraham Merrit, Clark Ashton Smith, Fritz Leiber (l’inventore del termine Sword&Sorcery), C. L. Moore e R.E. Howard, ma è anche quello del fantastico italiano, che ha avuto un periodo di grande vivacità soprattutto tra gli anni ’70 e ’80. In seguito, anche a causa di politiche editoriali forse troppo tese a rincorrere le mode cinematografiche del momento, si è teso spesso a identificare il genere fantasy (soprattutto quello scritto da autori del nostro paese) con forme di letteratura per ragazzi che si limitano a volgarizzare l’opera di J.R.R. Tolkien.
Il fantasy italiano però non è mai morto: grazie all’esempio della sua prima generazione e al contributo delle nuove leve è ben vivo e torna a lottare insieme a noi, avvalendosi delle due collaudate armi della spada e della stregoneria. Altomare non si limita a spiegare ciò in maniera gradevole e mai presuntuosa, ma trova anche il modo di fornire un decalogo di consigli fondamentali per chi si voglia cimentare con la narrativa fantastica, senza contare che molti punti si possono applicare a tutti i generi.
I racconti inclusi nell’antologia sono piuttosto diversi tra di loro per stile, ambientazione e personaggi. Si va dall’antico scenario mediterraneo di L’uomo dal pugnale d’oro di Mauro Longo, in cui il lettore si sente trasportato di peso nell’epoca dei popoli del mare, al futuro post-apocalittico di L’orrore volante di Paolo Motta, passando per il rinascimento fantastico di Il marchese decollato di Max Gobbo, che omaggia Il Visconte dimezzato di Calvino e l’ambientazione palesemente ispirata all’Italia medievale ma ricca di incantesimi e diavoli del racconto Il canto dell’ultima primavera di Donato Altomare.
Troviamo poi mondi che non hanno legami ovvii con la nostra Terra come nel caso dell’universo Moorcockiano di Ridi, Luttuosa, e io verrò da te, di Francesco Brandoli, o che richiamano per nomi, costumi e situazioni alcune epoche storiche reali ma che non si possono identificare con il nostro mondo. È il caso di La cripta dell’arcimago di Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini, Vittime Imperiture di Andrea Forlani e Il Tempio di Premaliuk di Francesco La Manno.
Come nella miglior tradizione Sword&Sorcery le novelle sono tutte basate su uno o due protagonisti, a volte veri antieroi alla Kane o alla Cugel, non estranei a crudeltà e spietatezza, altre volte semplicemente eroi furfanteschi e pieni di difetti, sulle orme di Conan il Cimmero, di Fafhrd e del Gray Mouser. All’interno di vicende spesso classiche per temi e svolgimento, troviamo quasi sempre spunti originali. Ci sono quindi interpretazioni personali della figura del campione eterno di Michael Moorcock, insoliti narratori e colpi di scena accanto a maledizioni, terre sconvolte dalla guerra, sacerdoti disumani e cripte stregate.
Uno dei consigli dispensati da Danilo Altomare nell’introduzione è di non banalizzare le figure femminili, limitandosi alle solite streghe da bruciare o fanciulle in pericolo. Gli autori (in questo caso tutti uomini) hanno seguito il suggerimento. Apparentemente lo stesso Altomare sembra contraddirsi all’inizio del suo racconto, in cui un figlio tenta di salvare la madre destinata al rogo, anche se andando avanti con la lettura si scopre che la situazione è un po’ più complessa di come sembra. Solo una delle novelle ha delle vere e proprie protagoniste femminili, ma in quasi tutte le donne hanno un ruolo importantissimo nella vicenda e sono poste su un piano di parità con gli uomini. Questo non significa che le relazioni tra i due sessi siano idilliache: una donna può essere una grande alleata quanto un’avversaria temibile, come nel racconto di Mauro Longo, e può essere benissimo protagonista e eroina lei stessa. Le donne della Sword&Sorcery, come insegnano i grandi del genere, da Howard a Leiber, non sono necessariamente esseri fragili e bisognosi di protezione.
I saggi sono Il Signore della Tempeste, di Stefano Sacchini e Med-Fantasy – Ricapitolando, di Francesco Coppola.
Il primo è dedicato a The Storm Lord, libro della scrittrice Tanith Lee, primo capitolo del ciclo delle Wars of Vis, di cui gli altri due volumi non sono stati mai tradotti in italiano. Tanith Lee, prematuramente scomparsa nel 2015, è stata una grande autrice, capace di creare opere fantastiche ispirate e personalissime, tanto che sarebbe stato interessante leggere un articolo dedicato alla sua intera produzione. Qui però lo spazio è stato evidentemente tiranno, e ci si deve accontentare di due pagine in cui Sacchini recensisce (peraltro ottimamente) il volume, informandoci sulla storia editoriale del ciclo di Vis e descrivendo in modo efficace lo stile unico della scrittrice.
Coppola invece porta alla nostra attenzione lo scenario del fantasy mediterraneo,. Oltre a presentare la storia di questo filone l’autore spiega in una lunga analisi le trasformazioni che il mercato del libro e il genere fantastico hanno subito dal 2000 in poi. Il fantastico ambientato intorno al Mare Nostrum ha una lunga e onorata tradizione, rappresentata da autori di lingua italiana e inglese (basti citare Gianluigi Zuddas, Mariangela Cerrino, Avram Davidson e Fritz Leiber, la cui novella Adept’s gambit, primo capitolo del ciclo di Fafhrd e del Gray Mouser, nella sua versione originale, poi parzialmente modificata, è ambientata a Tiro) sta attraversando una fase piuttosto felice nel nostro paese. Ne è testimone l’ottimo racconto L’uomo dal pugnale d’orodi Mauro Longo, che apre l’antologia con una vicenda avventurosa e godibilissima che ricorda in parte lavori di Davidson, fatta di predoni del mare, agguati in vicoli bui, sacerdoti malvagi e profezie criptiche, in cui emergono le profonde conoscenze storiche e archeologiche possedute dall’autore, che però non disdegna di strizzare l’occhio all’estetica dei videogame e dei giochi di ruolo con i suoi scontri mirabolanti, incantesimi stupefacenti e sotterranei paurosi.
Il volume è infine completato dalle illustrazioni di Serena Binotto, Maria Cristina Denicolai, Mauro Dell’orto e Marco F. Caporale. Le opere in questione non sono precisamente riconducibili ai racconti, tranne nel caso del cavaliere senza testa di Caporale, che illustra bene la novella di Gobbo. Si tratta immagini classiche di guerriere, scheletri e castelli, alcune forse realizzate in maniera un po’ ingenua, ma (è doveroso sottolinearlo) senza scadere mai nello sgradevole. Degna di menzione è inoltre la copertina di Marco F. Caporale, che presenta un’illustrazione che fa un uso sapiente del colore, i cui toni horror sono vicini alla tradizione della Sword&Sorcery più oscura, che va dalle opere di Clark Aston Smith alle avventure di Kane di K.E. Wagner.
Yuri Zanelli