Lovecraft e le tradizioni del New England

Articolo di Pietro Guarriello, tratto da Antarès.


Nella storia delle prime colonie inglesi nell’America settentrionale c’è un evento, poco noto, che presenta una singolare affinità con l’opera di Lovecraft: ne parla dettagliatamente la studiosa Itala Vivan in un suo ponderoso (settecentocinquanta pagine!) saggio sulla stregoneria nel New England (1). Protagonista della vicenda fu Thomas Morton, un avvocato inglese di dubbia reputazione che nel 1622 sbarcò nella giovane colonia del Massachusetts, dove acquistò una piantagione per avviarvi una serie di attività losche, tra cui la vendita di alcolici e armi ai pellirosse. L’atto che più inquietò i suoi vicini puritani fu la creazione di uno strano e misterioso culto, affine ai riti della fertilità dell’Europa precristiana. Nella sua proprietà, denominata Merry Mount (Monte Gaio), Morton eresse un “Albero di Maggio”, vale a dire un lungo palo con due corna di cervo fissate sulla cima, intorno al quale venivano celebrati festini, orge e strane cerimonie. Il culto raccolse seguaci di tutte le etnie presenti nella colonia: europei, schiavi negri e nativi pellirosse. Alla fine, le autorità della colonia intervennero drasticamente: la comunità di Merry Mount fu dispersa e Morton venne rimpatriato a forza in Inghilterra.

A memoria di quanto avvenuto, la località venne ribattezzata Mount Dagon (Monte di Dagon). Ovviamente, il riferimento alla divinità più volte citata da Lovecraft è casuale: nella Bibbia, Dagon è il dio dei Filistei, acerrimi nemici degli Ebrei, e per i Puritani che colonizzarono il Massachusetts il suo nome doveva simboleggiare l’idea di un culto pagano e blasfemo, come quello appunto praticato da Morton e dai suoi accoliti (2).

A questo punto, però, sorge spontanea una domanda: il Maestro di Providence – che, come sappiamo, era un cultore e appassionato di antichità coloniali – era a conoscenza di questo evento, sicuramente tra i più oscuri della storia e del folklore del New England? Riteniamo di sì, come tenteremo di dimostrare in questo contributo, e non è da escludere che proprio tale episodio l’avesse indotto a utilizzare il nome dell’antica divinità per le sue storie.

Sappiamo che Lovecraft, come ci ha rivelato il critico Will Murray (3), visitò il sito di Mount Dagon negli anni Trenta, durante una breve visita nel territorio di Quincey (l’attuale nome di Merry Mount), e, vista la particolarità storica del luogo, si può ragionevolmente pensare che il suo retroterra di leggende a esso legato gli fosse sicuramente noto; Lovecraft avrebbe quindi potuto essere a conoscenza della storia di Thomas Morton, che, in effetti, citò anche in una sua lettera, seppure en passant (4).

Le fonti biografiche – almeno, quelle note – non ci dicono altro. Ma, se andiamo a esplorare a fondo la sua narrativa, vi troviamo illuminanti rivelazioni che gettano ulteriore luce sull’argomento.

Tra i suoi marginalia, infatti, troviamo un curioso micro-racconto, intitolato Of evil sorceries done in New-England of daemons in no human shape, scritto come un resoconto degli strani accadimenti che funestarono New-Plymouth, nel Massachusetts Puritano, all’epoca del Governatore Bradford (5). Ebbene, in questo frammento – pubblicato un’unica volta, così come HPL lo scrisse, sulla fanzine americana «Crypt of Cthulhu» (6) – appare tra i personaggi un certo Richard Billington, descritto come un losco figuro che attua strani commerci con gli Indiani ed erige nei boschi un luogo dedicato a Dagon. L’analogia con Morton non è solo evidente, ma palese.

Ad ogni modo, questa la traduzione (nostra) della versione integrale de Le demoniache stregonerie praticate nel New England su demoni di sembianze inumane: «Non mi dilungherò oltremisura su un argomento così terrificante, ma aggiungerò solo ciò che viene comunemente riportato riguardo a un fatto accaduto cinquant’anni or sono, a New Plymouth, sotto il Governatore Bradford. Si racconta che un certo Richard Billington, la cui istruzione si era formata in parte sulla lettura di alcuni Libri Proibiti, in parte sugli insegnamenti di un anziano taumaturgo appartenente a una selvaggia tribù di Indiani, si allontanò a tal punto dalla moralità delle buone costumanze cristiane che non solo fu così avventato da rivendicare l’Immortalità della Carne, ma addirittura eresse nel bosco un luogo dedicato al culto di Dagon, vale a dire un grande Circolo di Pietre all’interno del quale adorare il Demonio, qui praticando oscuri Riti Magici dichiarati abominevoli dalle Scritture. Quando tutto ciò giunse alle orecchie dei Magistrati, egli negò di essere responsabile di tali pratiche blasfeme; ma non trascorse molto tempo che, in privato, mostrò un grande timore nei confronti di una Creatura che egli avrebbe richiamato dalle profondità notturne dei Cieli.

«Ci furono, in quello stesso anno, sette brutali assassinii nei boschi confinanti con il circolo di pietre eretto da Richard Billington; le vittime risultavano esser state stritolate e semismembrate in una maniera totalmente estranea a qualsiasi altro caso conosciuto. Prima che si potesse prendere in considerazione l’eventualità di un processo, Billington scomparve, e non si udì più raccontare su di lui alcunché di coerente.

«Passarono due mesi allorché, una notte, un manipolo di uomini selvaggi appartenenti alla tribù dei Wampanaug fu sentito ululare e salmodiare nel bosco; sembrava che questi uomini stessero distruggendo il Circolo di Pietre e molte altre cose. Quindi il loro capotribù Misquamacus, lo stesso anziano taumaturgo da cui Billington aveva appreso le sue stregonerie, si recò velocemente in città e raccontò a Mr. Bradford alcune strane cose: disse innanzitutto che Billington aveva compiuto atti disumani e malvagi cui non si poteva porre un rimedio efficace e che senz’ombra di dubbio era stato anch’egli divorato dalla Creatura che aveva richiamato dal cielo. Aggiunse poi che, poiché non c’era modo alcuno di rimandare indietro la Cosa evocata, i più saggi tra i Wampanaug l’avevano catturata e imprigionata dove prima sorgeva il Circolo di Pietre.

«Essi avevano scavato nel bosco una fossa profonda tre braccia e larga due, e lì avevano attirato la Creatura, con un incantesimo che solo loro conoscevano; l’avevano poi ricoperta con delle grosse pietre e avevano posto in cima un masso levigato, su cui era scolpito quello che loro chiamavano il Segno degli Antichi. Su questo avevano quindi eretto un tumulo con la terra scavata precedentemente per creare la fossa, piantandoci sopra un grande pilastro, con inciso un messaggio di avvertimento.

«Il vecchio affermava come il tumulo non dovesse essere profanato per nessuna ragione, affinché il Demone non si liberasse, nel caso in cui la pietra con il Segno degli Antichi fosse stata rimossa dal suo posto.

«Quando gli fu chiesto di descrivere l’aspetto del Demone, egli diede una risposta assai curiosa e particolareggiata, dicendo che talvolta esso era una creatura solida e di ridotte dimensioni, una sorta di rospo della grandezza di un verro, ma altre volte assumeva le sembianze di un essere estremamente grande e indefinito, privo di forma alcuna.

«Il nome di questa creatura era Ossadogowah, che significa “figlio di Sadogowah”; quest’ultimo, stando ai racconti degli anziani, sarebbe stato un orribile Spirito sceso dalle Stelle e venerato da alcune tribù nelle Terre a Nord. I Wampanaug, i Nanset e i Nahigganset conoscevano il modo per richiamarlo dal Cielo, ma non lo avevano mai fatto per via della sua immensa malvagità. Essi sapevano anche come catturarlo e imprigionarlo, sebbene non fossero in grado di rispedirlo indietro da dove era venuto. Era però risaputo che le tribù primitive dei Lamah, che dimoravano sotto il Grande Orso e che in tempi remoti erano state disperse per la loro immoralità, fossero in grado di piegarlo al loro volere e dominarlo.

«Molti forestieri avevano la presunzione di conoscere quegli antichi Segreti, ma nessuno dette mai prova di questo. A detta di alcuni, inoltre, Ossadogowah spesso tornava indietro nel cielo senza esservi necessariamente rispedito; ma, in ogni caso, non avrebbe potuto far ritorno sulla Terra senza prima essere stato evocato.

«Tutto questo narrò il vecchio mago Misquamacus a Mr. Bradford: da allora il grande Tumulo nei boschi vicino alla gora a sud-ovest di New-Plymouth non è mai stato violato. Il grosso pilastro alla sua cima, nei vent’anni che sono trascorsi da allora, è andato in rovina, ma il tumulo è comunque riconoscibile perché nulla, né erba né alcun tipo di arbusto, riesce ad attecchire su di esso.

«Alcuni nutrono dubbi sul fatto che il malvagio Billington sia stato, come ritengono gli Indigeni, divorato da ciò che aveva richiamato dal cielo; nondimeno, esistono testimonianze attendibili su precedenti avvistamenti della Creatura in svariati posti, e, comunque, non prima delle mostruose stregonerie che erano state praticate nella contea dell’Essex nell’Anno 1692.

«Ma a riguardo di ancor precedenti ignominie di cui si abbia notizia non esiste resoconto più raccapricciante di quello riportato dalla signora Doten, vedova di John Doten di Duxbury, nelle Vecchie Colonie, riguardo a ciò che trovò nei boschi nei giorni immediatamente precedenti alla Candelora del 1683. Ella affermò, e così anche i suoi vicini, che era stato concepito un essere che non era né bestia né uomo, simile a un mostruoso pipistrello dal volto umano. Quest’essere fu bruciato per ordine dell’Alto Sceriffo, il 5 Giugno dell’Anno di Grazia 1684.»

C’è anche da dire che il frammento di Lovecraft, dopo la sua morte, fu rimaneggiato da August Derleth, che lo usò come spunto per la novella The lurker at the threshol (7), presentata come una sorta di collaborazione “postuma” (ma, stando a S. T. Joshi, delle cinquantamila parole di cui è composto il romanzo solo milleduecento sono di HPL (8)). La citazione è comunque utile ai nostri fini, dacché, come rileva ancora Will Murray, lo stesso Derleth era a conoscenza della fonte di Lovecraft (9). Questi non si limitò, infatti, a rielaborare il suddetto frammento, ma ne usò anche un altro (lasciato senza titolo), concernente alcune manifestazioni soprannaturali avvenute nel New England «nell’Anno di Grazia 1684», inserendolo nel suo romanzo a mo’ di citazione da un libro immaginario: Thaumaturgical prodigies in the New-English Canaan (Prodigi Taumaturgici nella Canaan della Nuova Inghilterra). Derleth non scelse questo titolo a caso. Esso richiama, infatti, quello di un volume reale, scritto in tarda età nientemeno che dallo stesso Thomas Morton! Si tratta di The New English Canaan (1637), composto come una sorta di memoria e apologia dell’episodio accaduto a Mount Dagon che lo vide protagonista. Una sua versione moderna, con note e apparati, è stata peraltro pubblicata di recente dalla Brown University di Providence (10).

«Un sentore soprannaturale – scrive Will Murray – permea l’intero libro di Morton», vergato in uno stile arcaico il quale, a quanto pare, fu «accuratamente copiato da HPL per il suo frammento Evil sorceries» (11). Se ne deduce che il Maestro di Providence dovesse averne letto almeno degli estratti, poiché ne padroneggiava i contenuti.

A questo punto, appare chiaro come Lovecraft conoscesse bene sia i personaggi sia i fatti relativi alla storia di Mount Dagon. Ma c’è un altro tassello che collega vieppiù questo episodio storico del New England coloniale alla narrativa di Lovecraft. Il culto pagano introdotto da Morton su Mount Dagon, le litanie e i poemi osceni recitati intorno all’Idolo, le ricchezze e l’oro che a Morton e ai suoi seguaci abbondavano, provenienti quasi per magia dalle montagne indiane, le attività orgiastiche che sottintendevano incroci e ibridazioni con i nativi e le altre pratiche innominabili del gruppo non possono non far pensare a uno scenario simile presente in un altro racconto di Lovecraft, The shadow over Innsmouth, dove Dagon e l’Ordine Esoterico che a esso fa riferimento (The Esoteric Order of Dagon) ricoprono un ruolo prominente. Di fatto, nel racconto, la storia del capitano Obed Marsh, che dall’Est porta a Innsmouth il misterioso culto di Dagon e qui commercia con le creature selvagge del luogo, traendone gioielleria e oro, ricorda molto da vicino quella di Thomas Morton e la sua vicenda dei traffici con gli Indiani. O forse, indagando ulteriormente le fonti storiche, la sua figura potrebbe essere stata ispirata, almeno in parte, da quella del leggendario capitano Wollaston, della cui Compagnia Morton faceva parte, che fu il primo a insediarsi nel famigerato posto cui diede anche il nome: Mount Wollaston, prima di diventare Mare-Mount, Merry Mount – rinominato poi Mount Dagon – e infine Merrymount (oggi Quincey) (12). Ma da qui in poi possiamo solo fare speculazioni…

Fatto sta che, se si comparano gli eventi della prima storia del New England con The shadow over Innsmouth o, meglio ancora, con le note sviluppate da Lovecraft per il racconto e con la bozza della trama, poi scartata (13), emergono somiglianze sorprendenti e analogie che non possono certo essere ignorate. Anche la figura in odore di stregoneria della moglie del vecchio Marsh, originaria di Ipswich, «che nessuno aveva mai visto», è stata probabilmente modellata sulla storica Rachel Clinton di Ipswich, che riportò la stregoneria nel New England dopo la fine della Caccia alle Streghe di Salem, o su quella di Eunice “Goody” Cole, la strega di Hampton, la quale, insieme al marito William, visse per alcuni anni… su Mount Dagon! Questo è solo un esempio, tra i tanti possibili, di come le suggestioni del folklore del primo New England abbiano avuto sottili ripercussioni nella narrativa di Lovecraft.

La vicenda di Thomas Morton non è l’unico indizio della “strisciante” presenza di Dagon nella Nuova Inghilterra dei Padri Pellegrini. È possibile trovare tracce di “dagonismo” (come Will Murray chiamava il nebuloso fenomeno) anche nei vecchi cimiteri del New England, soprattutto nelle zone di Portsmouth e Copp’s Hill, luoghi notoriamente deputati tra i preferiti di Lovecraft per i suoi vagabondaggi nell’entroterra, a caccia di antichità e siti ancestrali. Alcune lapidi, che oggi si presentano frantumate o erose dal tempo, esibiscono infatti l’immagine di Dagon nella sua concezione popolare di mezzo-uomo e mezzopesce, o di altre creature marine, tritoni, e così via. Nell’autorevole studio di Allan I. Ludwig Graven images: New England stonecarving and its symbols, 1650-1815 (Weslayan University Press, Hanover 1993) si legge come tali sculture di sirenoidi e dagoni siano presenti sulle «più enigmatiche e interessanti lapidi del New England» (p. 296). Non se ne conosce l’origine, si sa solo essere opera di un misterioso scultore, noto unicamente con le iniziali J. N. (14).

Dallo studio di Ludwig apprendiamo anche, con una certa inquietudine, che «alcune rocce intagliate alla maniera di J. N. sono state ritrovate nella località di Duxbury» (15). Ebbene, proprio a Duxbury sono collocate le vicende lovecraftiane del secondo segmento di The evil sorceries! Lovecraft visitò quella zona e il cimitero di Copp’s Hill nel 1926, durante un viaggio nel North End, e da “cacciatore” di leggende locali è plausibile pensare che non avesse mancato di notare le rappresentazioni di Dagon che apparivano sulle iscrizioni tombali.

Il mistero delle anonime sculture raffiguranti il dio dei Filistei e altre creature marine sulle lapidi del New England resta ancora oggi inviolato, così come un enigma rimane il misterioso J. N. che le incise; c’è tuttavia un fil-rouge che collega queste circostanze ai fatti accaduti a “Monte Gaio”, dacché l’uso di Dagon e di altre creature acquatiche rinvenute sulle tombe dei Puritani è probabilmente da associarsi al paganesimo professato da Thomas Morton e dalla sua banda. Così, infatti, afferma ancora lo storico Allan Ludwig (16).

Per aggiungere mistero al mistero, è enigmatico il fatto che le sculture di Dagon siano riprodotte sulle tombe dei morti tra il 1683 e il 1693, ovvero il decennio infame della Caccia alle Streghe a Salem. Cosa questo significhi non si sa e, alla luce delle attuali conoscenze, è possibile solo fare congetture. Murray, ad esempio, azzarda l’ipotesi – forse un tantino fantasiosa – che il misterioso J. N. fosse un membro segreto della banda di Morton, il quale, dopo la “pulizia” del luogo da parte delle autorità, si sarebbe arrangiato come scultore, firmando così la propria appartenenza al “culto”, dopo la sua messa al bando. Come nei migliori racconti di Lovecraft, verità e invenzione si mescolano indissolubilmente, per minare la sanità mentale dei poveri ricercatori…

Non addentriamoci, allora, in speculazioni che, come il serpente Ouroboros, si morderebbero la coda e da cui non sapremmo più uscire. La cosa certa è che l’ombra di Dagon percorre la storia del Massachusetts fin quasi dall’inizio del periodo coloniale, rimanendo un’impenetrabile presenza per almeno cinquant’anni. E non c’è dubbio che l’immaginazione di Lovecraft – da sempre affascinato dalle oscure radici della propria terra – fosse stata infiammata da tutto ciò, al punto da far risorgere, almeno nella sua narrativa, il semi-dimenticato dio dei Filistei.

È bene poi ricordare che l’episodio di Mount Dagon ispirò anche uno dei romanzi del mistero preferiti di Lovecraft: The place called Dagon di Herbert S. Gorman (1927), reputato essere una fonte riconosciuta dello scrittore di Providence (17). Inoltre, ai suoi tempi erano disponibili varie altre novelizations dell’evento, di cui la più nota è il racconto di Nathaniel Hawthorne The maypole of Merry Mount (18), che Lovecraft lesse nella raccolta Twice-told tales, di cui possedeva l’edizione del 1903 di Foresman & Co. (19).

Conoscendo il rapporto intessuto da Lovecraft con il suo beneamato New England, la sua passione per la genealogia e la storia dei Padri Fondatori, il suo costante interesse per il passato archeologico e la storia antica e regionale della sua terra, possiamo concludere affermando, con pieno supporto delle fonti fin qui attestate, che la scoperta e l’uso di una divinità minore come Dagon e la sua incorporazione nel ciclo dei Miti di Cthulhu debbano farsi risalire proprio a questo tormentato capitolo della storia delle Colonie Inglesi in America.

In ogni caso, nulla vieta che questa coincidenza possa essere ancora sfruttata a livello narrativo: se Thomas Morton se ne andò e il suo culto scomparve, Qualcosa potrebbe ancora giacere addormentato sotto Mount Dagon, in attesa dell’incauto che volesse risvegliarla…

Pietro Guarriello

  1. Cfr. Itala Vivan, Caccia alle streghe nell’America puritana, Rizzoli, Milano 1972; si veda, in particolare, il cap. Allegria, licenza e prevaricazione a Monte Gaio (pp. 243-257).
  2. Lo stesso Lovecraft scrisse in una sua lettera che «i vecchi Puritani avevano sempre occhi aperti per le analogie bibliche, e sovente traevano dalle Sacre Scritture i nomi e le nomenclature da dare a luoghi o persone» (Howard Phillips Lovecraft, Selected letters IV, Arkham House, Sauk City 1976, p. 259).
  1. Cfr. Will Murray, Dagon in puritan Massachusetts, in «Lovecraft Studies», n. 11, Necronomicon Press, West Warwick, inverno 1985, pp. 66-70.
  2. Cfr. Howard Phillips Lovecraft, Selected letters III, Arkham House, Sauk City 1971, p. 349.
  3. Il Governatore William Bradford (1590-1657) era il leader dei Puritani insediatisi nella colonia di Plymouth, in Massachusetts. Ha scritto un intero libro sulle vicende qui narrate, Of Plymouth plantation, dove si legge che Morton e i suoi accoliti «caddero presto nella licenziosità e nella dissolutezza, dedicandosi a numerose pratiche immorali. Morton divenne il Signore del Malgoverno e creò una sua Scuola di Ateismo (…). Essi innalzarono anche un “Albero di Maggio”, bevendo e danzando intorno a esso per giorni interi; invitavano perfino le donne indiane a unirsi alle loro perversioni, facendole danzare come fairies, o furie, e usandole per pratiche ancora peggiori, quasi come se stessero riportando in vita e celebrando i festini della dea romana Flora o le bestiali pratiche dei folli Baccanali. Morton componeva anche poesie pagane e versi scandalosi, che poi affiggeva sull’idolo» (William Bradford, Hystory of Plymouth plantation 1620-1647, a cura di Samuel Eliot Morrison, Rutgers University Press, New York 1963, pp. 205-206. Traduzione mia).
  4. Cfr. Howard Phillips Lovecraft, The fragments at the thresholds, in «Crypt of Cthulhu», n. 6, St. John’s Eve, 1982, pp. 19-21. I frammenti lovecraftiani appaiono qui nella trascrizione di S. T. Joshi, ripresa dai manoscritti originali custoditi nella John Hay Library della Brown University di Providence.
  1. Tr. it.: August Derleth, Il guardiano della soglia, Fanucci, Roma 1977.
  1. Cfr. Robert M. Price, Legacy of the lurker, in «Crypt of Cthulhu», cit., pp. 19-23.
  2. Cfr. Will Murray, Where was the place of Dagon?, in «Crypt of Cthulhu», n. 53, Candlemas, Mount Olive 1988, pp. 14-17.
  1. Cfr. Jack Dempsey (a cura di), New English Canaan by Thomas Morton of “Merrymount”. Text, notes, biography & criticism, Brown University Press, Providence 2000 (tr. it.: Nuova Inghilterra, Nuova Canaan, in Nuovo Mondo. Gli Inglesi: 1496-1640, a cura di Franco Marengo, Einaudi, Torino 1990). Il testo originale è inoltre disponibile nell’archivio digitale: https://archive.org/details/newenglishcanaan00mort.
  2. Cfr. Will Murray, op. cit., p. 15.
  3. Cfr. Francis Baylies, An historical memoir of the colony of New Plymouth, Hilliard, Gray, Little and Wilkins, Boston 1830. Il libro originale è stato digitalizzato nel 2010 dall’Università del Minnesota ed è interamente consultabile su Google Libri.
  4. Cfr. Howard Phillips Lovecraft, Discarded draft of the shadow over Innsmouth, in The shadow Over innsmouth, edizione critica a cura di S. T. Joshi e David E. Schultz, Necronomicon Press, West Warwick 1994, pp. 56-59. Le Notes di HPL al racconto si trovano alle pp. 53-55.
  1. Si veda il capitolo del libro di Ludwig intitolato The carver who signed himself J. N. (pp. 296-305).
  2. Allan I. Ludwig, op. cit., p. 296.
  3. Cfr. Allan I. Ludwig, op. cit., pp. 296-97.
  4. Cfr. S. T. Joshi, Afterword: Lovecraft and Gorman, in The place called Dagon, Hippocampus Press, New York 2003.
  1. Tr. it.: Nathaniel Hawthorne, Lalbero di maggio di Merry Mount, in Tutti i racconti, Feltrinelli, Milano 2013, pp. 328-337.
  2. Si veda l’ingresso n. 408 in Lovecraft library: a catalogue, a cura di S. T. Joshi, Hippocampus Press, New York 2002, p. 77. Altre famose drammatizzazioni della vicenda storica sono Merry-Mount, a romance of the Massachusetts colony di John Lothrop Motley (1849) e Merry Mount di Howard Hanson e R. L. Stoker (1934).

Rispondi

Scopri di più da

Abbonati ora per continuare a leggere e avere accesso all'archivio completo.

Continue reading