Se la civiltà egizia è ritenuta, a buona ragione, quella più misteriosa ed affascinante, per trovare qualcosa di equivalente, dobbiamo fare un salto continentale.
Lo sviluppo delle civiltà mesoamericane e sudamericane concede spunti affascinanti, pur, talvolta, nella povertà più assoluta di documentazioni.
È questo il caso delle civiltà preincaiche, finanche agli inca stessi.
Di queste straordinarie popolazioni non esiste materiale documentale della loro storia, della lingua e delle tradizioni. Tutto quanto ci è permesso, o supposto, di conoscere, ci è stato tramandato da una tradizione olografa e soprattutto dai cronisti della conquista Ispanica.
Tracce a volte indecifrabili si hanno dal reperimento di manufatti tessili e ceramici, soprattutto in ambienti sepolcrali.
Primi reperti vengono fatti risalire al XIII sec. A.C., ma quelli che sono stati ritenuti riconducibili ad una civiltà, la Chavìn de Huantar, risalgono al IX secolo.
Sembra che lo sviluppo di queste civiltà sia stato più lento di quello delle culture Mesoamericane, tanto che sono supposte influenze Olmeche alla civiltà Chavìn.
Le decorazioni ritraggono protagonista delle pratiche religiose il Dio Giaguaro: non una divinità zoomorfa nello stile egiziano, quanto la rappresentazione del divino insito nella natura: la natura stesa è divina.
Nella Stele Raimondi splendido esempio di arte figurativa, con caratteristiche di assoluta unicità e modernità, insieme ai tratti di serpenti, la figura del Dio Giaguaro si complica in un grandioso gioco di sottili linee incise e rilievi, con fantasiosi becchi e zanne feline sporgere ai lati della testa mostruosa.
L’uomo è approssimato, tracciato sommariamente, comprimario e non protagonista, se non quando ritratto in battaglie, tra teste mozze, e supplizi, forse religiosi, come “l’uomo squartato”. Immagini crude, nette, asciutte, molto “Martin(s)iane”!.
Si comincia a distinguere il sole come divinità principale, rappresentato dal Dio Giaguaro o dal Condor grifagno, mentre la luna è simboleggiata dal Puma, pur simile al giaguaro.
Grande stimolo fantastico è stato dato da queste civiltà, non tanto da una inesistente letteratura, quanto dalla grandiosità misteriosa di alcune opere.
Prime su tutte quelle delle civiltà Nazca.
Il fantasioso insieme di linee, il cui disegno è ben chiaro solo da una certa altezza, racchiude uno dei misteri più grandi della storia.
Non si sa se attribuirle a riti religiosi, osservazioni astronomiche o altro.
Peraltro la loro stessa difficoltà di esecuzione, nel riprodurre con linee lunghe fino anche a otto chilometri, disegni geometrici, spirali, rettangoli, quadrati, trapezi, ma soprattutto nello stilizzare ragni, balene, uccelli, alberi, tutti tracciati su fondo desertico, alimenta supposizioni che hanno prodotto una notevole letteratura fantascientifica.
Ma l’eccezionale non si limita a questi fenomeni, peraltro maggiormente noti: risulta visibile solo dal mare, un gigantesco graffito lungo 192 metri, inciso sulla parete di un alto promontorio arenoso a picco sull’oceano.
Ancora più stupefacente è il complesso di alberi a colonna o biforcuti presso Cahuachi, definito, da qualcuno, la “Stonehenge di legno”. Una selva artificiale, costituita da simmetriche file ordinate a distanze ed intervalli fissi: al centro dodici file contano dodici tronchi ciascuno, probabilmente, all’epoca, coperta.
Certamente affascinante, anche se di epoca più tardiva anche la mitica Machu Picchu, sulla cui reale funzionalità, ancora oggi si discute.
La tardività di certe scoperte e, soprattutto, della loro divulgazione non ha permesso che influissero la letteratura Fantasy “storica”.
Ma oggi, immaginare un palazzo di Elfi Silvani, peraltro legati alla natura come vorrebbe la religiosità inca, con le caratteristiche della “Stonehenge di Legno”, non sarebbe per niente difficile ed anzi piuttosto intrigante.
Di epoca preincaica è la prima mitologia, come riportata dai cronisti spagnoli del ‘500. Una mitologia profondamente legata alla storia, dove si narra la fondazione del regno di Chimù, da parte di un popolo venuto dal mare sotto la guida di Naym-Lap, che alla sua morte salì al cielo, tra tuoni e fulmini … come Romolo!
Abbiamo, in questo periodo, anche la prima definizione grafica di figure umane zoomorfe, con la testa di uccello.
Gli Inca sono una cometa impetuosa che travolge e assorbe tutte le svariate realtà distribuite lungo la Cordillera, per un periodo storicamente brevissimo, “grazie” alla conquista spagnola.
L’origine degli Inca è assolutamente ignota: non si sa se sono evoluzione e se tale da quale popolo.
Abbondano, in compenso, miti e leggende che caratterizzano la fase cosiddetta “Leggendaria” dell’Impero Incarico, a cui seguirà la fase “Storica”.
Due possono essere considerate di maggiore rilevanza:
La leggenda del Lago Titicaca e la Leggenda dei Fratelli Ayar, entrambe incentrate a spiegare l’origine del popolo Inca.
Il sovrano Inca è personificazione divina con discendenza dal Dio Sole e molta “letteratura” è rivolta a loro imprese, quasi tutte con fondamenta storiche.
Primo tra tutti la figura di Manco Capac – primo sovrano Inca e uno dei Fratelli Ayar.
L’Inca aveva anche una profonda cultura della progenie, che si rispecchiava nella concezione molto naturalistica dell’uomo.
L’antenato era a volte concepito in forma animale, ma più spesso veniva identificato in qualche oggetto, come una roccia o un lago o, con connotazioni certamente più stimolanti da un punto di vista fantasy, una grotta!
Cito il Metreaux:
“La religione degli Inca, nella misura in cui la conosciamo, si presenta come un amalgama di culti naturalistici, di feticismo primordiale, di credenze animistiche, di riti magici”. Questi ultimi strettamente connessi alla medicina, come per gli Egizi.
Come per gli Egizi, le divinità sono sopra l’uomo ed uno solo ne è l’incarnazione: il sovrano. Ma la folla di divinità e la loro collocazione (monte Hanah Pacha) fa più pensare ad un Monte Olimpo.
Nonostante la mancanza di scrittura, la cultura della tradizione orale ha permesso di tramandare una specie di patrimonio letterario.
Per potere essere meglio ricordata a memoria si ricorreva alla metrica o a versi.
La poesie aveva connotazioni liriche, drammatiche, ma anche epiche.
Il componimento più significativo in lingua Quechua è l’Ollantay, una storia di amore e di guerra, ma c’è il fondato dubbio che non sia propriamente un dramma Incaico, avendo subito influenze posteriori nella sua trascrizione.
In ogni caso anche per gli Inca, l’assenza assoluta di una letteratura scritta, ha impedito che altri elementi della loro mitologia attraversassero gli oceani per giungere fino a noi.
Qualsiasi documento redatto dai relatori spagnoli, ha la presunzione di narrazione storica o di analisi degli usi e dei costumi di quel popolo, e forse solo alcune di queste abitudini possono avere alimentato qualche barlume nella totalità della letteratura fantastica.