“Dico dunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di Mille e Trecentoquarantotto, quando nell’egregia città di Fiorenza, che noi diciamo anco Firenze ed era allora la più bella di ogni altra città italica, pervenne la mortifera pestilenza dei Trapassati Redivivi.”
Autore: Mauro Longo | Autore: Decameron dei morti | Editore: Origami Edizioni | Data di pubblicazione: Marzo 2015 | Pagine: 392 | Formato: Solo digitale | Prezzo ebook: 4,99 €
La letteratura fantastica made in Italy è spesso oggetto di pregiudizi, in quanto vittima di stroncature avventate: “In Italia nessuno scrittore del fantastico è bravo come quelli esteri”. Questo è sostanzialmente il senso della gran parte dei commenti dei lettori italiani. Ebbene, c’è da ammettere che molte pubblicazioni vengono spacciate dagli editori come “Il George Martin italiano” e altre etichettature inappropriate quanto fuorvianti. Ogni Paese ha scrittori da cestinare e altri da esaltare. Sebbene in Italia il fantastico non sia il genere letterario prediletto dagli autori, vi sono casi di veri e propri gioielli che per subdole esigenze commerciali e editoriali non godono della ribalta che meritano. Si tratta di autori che non hanno nulla da invidiare a molti rinomati colleghi d’oltreconfine in fatto di tecnica narrativa e inventiva. Se si scava a dovere nel marasma di pubblicazioni, scartando abbagli editoriali e slogan tanto altisonanti quanto ingannevoli, anche in Italia si scovano delle perle che fugano ogni dubbio sulla validità dei nostri autori.
Oggi vi parlo di un altro talento, Mauro Longo (che ho anche intervistato), e del suo Il Decameron dei Morti. L’alba dei Trapassati Redivivi, disponibile solo in ebook. Il titolo richiama palesemente Il Decamerone di Boccaccio, con cui condivide il contesto storico, la struttura narrativa e il lessico. Il genio di Longo sta nell’aver rielaborato in chiave horror l’opera di Boccaccio. Anche in questo caso infatti, la storia ci viene presentata come una cronaca veritiera dell’epoca, co-stilata da un fantomatico fratello di Giovanni Boccaccio, tale Francesco. “Dico dunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di Mille e Trecentoquarantotto, quando nell’egregia città di Fiorenza, che noi diciamo anco Firenze ed era allora la più bella di ogni altra città italica, pervenne la mortifera pestilenza dei Trapassati Redivivi”.
Siamo nel 1348, quando la peste nera ha messo in ginocchio l’Europa. Il morbo però si rivela qualcosa di ancora più spaventoso: appena morto l’appestato sbianca, la pelle diventa coriacea e stirata sulle ossa. I suoi organi e il suo sangue si liquefano in un icore nero che lo trattiene nel limbo di un’esistenza parziale e che ne inibisce l’intelletto. Solo la brama famelica viene accentuata ed è l’unico istinto che lo muove. L’essere umano che era si tramuta in uno zombie, un Redivivo.
Il romanzo si concentra su Firenze, i cui abitanti si accorgono troppo tardi del reale pericolo, e la città si trasforma in un mattatoio a cielo aperto. I pochi superstiti cercano di organizzare contromisure adeguate, in base alle esigue risorse di cui dispongono, ma la calamità sembra impossibile da arginare e le file di non-morti continuano a rinfoltirsi di appestati.
“Firenze era caduta.
Metà di essa parea orma un unico rogo e io scorgevo tra le vie lontane Morti incendiati che correvan dietro ai vivi e genti in gran numero cercar scampo al fiume o sugli spalti delle mura. L’aria era irrespirabile. Dal cielo tinto di nero cadevan polveri di fiamma che mi si posavano sulle vesti e sulla fronte e il vento trascinava scintille per ogni dove”.
Francesco Boccaccio raccoglie le testimonianze dei suoi dieci compagni di ventura impegnati a presidiare, per volere del duce Malatesta, una torre lungo la cinta muraria di Firenze. Ciascuno, al termine di ogni giornata, narra le proprie esperienze sulla pestilenza, rivelando sconcertanti segreti sulle cause e le conseguenze del morbo dei Redivivi. I fatti riportati da questi testimoni spaziano dai resoconti di terre lontane e esotiche, da cui si pensa provenga il morbo, passando per avventure rocambolesche per sfuggire agli Afflitti, fino a operazioni militari per ripulire dai Redivivi zone chiave di Firenze. Al termine di ogni novella apprendiamo informazioni utili sulla catalogazione degli zombie, sulle tecniche per ucciderli, sulle contromisure urbanistiche per arginarli, e molto altro. Il tutto scritto nel lessico tipico dell’epoca.
Ebbene, qui scocca un altro applauso scrosciante alla genialità di Mauro Longo. Scrivere un romanzo così lungo, in un perfetto italiano volgare del XIV secolo, è un’impresa eroica. Sembra di avere per le mani un antico testo eretico, che dopo tanti secoli getta luce su uno sconcertante episodio di cui nessuno finora sapeva nulla. L’effetto “immedesimazione” è quindi assicurato. D’altro canto è indubbio che la lettura richiede impegno e concentrazione, sebbene risulti sempre comprensibile.
“Oh, gran bontà dei cavalieri antiqui! Se il più giovane e imbelle di tutti noi ci offre questi esempi e ragionamenti, allora come possiamo noi decider di restare indietro? Serriamo dunque le cinture e le armi, indossiamo anche noi cappe e mantelli e partiam tutti insieme per questa avventura”.
Molti personaggi incarnano lo spirito cavalleresco dei romanzi cortesi. Uomini d’arme senza paura che si ergono a difesa di Firenze contro le forze del male. Nei loro riguardi si sprecano le lodi e si esalta continuamente il loro ardimento. Le figure femminili invece si discostano dai canoni di questo filone letterario. Non assumono atteggiamenti delicati e dimessi, ammantate in un’aura quasi sacra. Al contrario, dimostrano spirito intrepido e non esitano a sporcarsi le mani se la situazione lo richiede. Tra gli antagonisti non ci sono solo non-morti, ma anche loschi individui come il capo dei Beccamorti, e figure misteriose quale il Mietitore, i cui ruoli nella trama sono alquanto imprevedibili.
La prosa di Longo presenta dialoghi lunghi e ricchi di precisazioni. Così come le descrizioni, accuratissime e particolareggiate. Questo aspetto, alla lunga, rischia di gravare sulla fluidità della lettura, al pari della ripetitività di alcune situazioni. Superata la metà del volume infatti, le novelle mi sono sembrate meno variegate e più prevedibili. Poi con l’ultimo racconto la storia riacquista mordente, scorrendo nuovamente vivida e avvincente verso il finale di notevole impatto.
Il Decameron dei Morti è un romanzo insolito, impegnativo, spettacolare per concepimento e resa. Gli amanti degli zombie, e del genere apocalittico in generale, non possono prescindere da questa lettura. Tutti gli altri fautori del fantastico che cercano qualcosa di unico, mai realizzato finora, sanno dove rivolgersi. Infine, tutti i detrattori di corte vedute della letteratura fantastica made in Italy troveranno pane per i loro denti, ammesso che abbiano la virtuosa umiltà di prenderlo in considerazione.
Christian Lamberti
Mauro Longo (1978) è nato a Messina, Sicilia – Italia. Editorialista, giornalista, archeologo, esperto in gestione dei beni culturali, scrittore, editore ed esperto di social media.