Articolo di Gabriele C. Zweilawyer, tratto dal sito Zhistorica.
Dodici secoli dopo la famosa Battaglia di Canne, lo stesso luogo fu testimone di una seconda battaglia, meno famosa ma di grande importanza per il futuro dell’Italia meridionale.
Ci sono state diverse battaglie combattute dove già qualche altro esercito aveva pagato il suo prezzo di sangue. Una delle più sconosciute è la seconda Battaglia di Canne. All’inizio dell’XI secolo, in terra italica, Longobardi e Bizantini erano in conflitto semipermanente da quasi 450 anni. Chiedendo venia per l’esemplificazione di una situazione terribilmente complessa, possiamo dire che il Sacro Romano Impero dominava al nord, il Papato al centro, mentre ai Duchi di Benevento (in realtà il ducato si era diviso nei principati di Benevento e di Salerno) e al Catapano era rimasto solo il sud italia per guerreggiare (fra di loro, contro i musulmani, tutti contro tutti, ecc.).
In quel periodo l’Impero Bizantino stava vivendo una seconda (e ultima) giovinezza. Basilio II, uno dei più grandi imperatori di tutti i tempi, aveva letteralmente annientato i Bulgari (da qui il suo soprannome “Bulgaroctono”) e respinto l’Islam. Il suo desiderio però era un altro. Lo stesso che era passato per la testa di altri imperatori bizantini: riprendersi l’Italia.
Ne La insurrezione pugliese e la conquista normanna nel secolo XI (1864) di Giuseppe de Blasiis, leggiamo che attorno all’anno 1000 le aggressioni islamiche si erano attenuate:
La insurrezione pugliese e la
Da notare anche la critica a Michele Amari, reo di aver attribuito ai Bizantini ogni problema dellItalia meridionale nel medioevo.
Dal 998 al 1006 era catapano Gregorio Tarcaniota, che riuscì a resistere, grazie al fondamentale aiuto veneziano, all’assedio di un esercito islamico guidato da un rinnegato pugliese, Kaid Saifi. Al Tarcaniota era succeduto lo sfortunato Alessio Xifea, morto in battaglia contro dei ribelli dopo appena una anno. Ma le origini della storia che vi sto raccontando vanno ricercate nei fatti avvenuti durante il governo del catapano successivo, Giovanni Curcuas, trovatosi a dover affrontare, nel 1009, i ribelli guidati da Melo di Bari.
L’inverno del 1008-1009 fu gelido. Con i campi ghiacciati, gli animali morti per il freddo, la popolazione era ridotta alla fame e, ovviamente, fortemente adirata con il governo. Sebbene ci sia una discordanza di fonti sull’inizio effettivo della rivolta, sembra che fosse esplosa in tutta la sua violenza nel maggio 1009.
Al riguardo, Leone Ostiense ci dice:
I pugliesi insofferenti della superbia, dell’insolenza e della nequizia dei Greci, si levarono finalmente contro il loro giogo.
L’Estensione dei Domini Bizantini
Dopo un paio di secoli all’arrivo dei Longobardi, l’Esarcato bizantino scomparve. L’ultimo Esarca, il povero Eutichio, morì nell’ultimo assedio di Ravenna da parte dei Longobardi, nel 751. A partire da quell’anno, i possedimenti bizantini in Italia si erano ridotti alla Sicilia e ad una porzione del sud. E l’Islam stava per bussare alla porta. La Sicilia e Bari (l’Emirato di Bari durò 30 anni) caddero in mano musulmana, e a quel punto a Bisanzio non rimaneva granché: la Puglia, la Calabria, piccole porzioni di Basilicata e qualche boccone di Campania. Poco prima dell’anno mille, il dominio bizantino in Italia era stato messo a dura prova dalle incursioni di Ottone III, mentre all’inizio del secolo il pericolo di nuovi attacchi dei sovrani germani era passato.
Come il precedente, anche il catapano Curcuas fu ucciso nel giro di un anno dalla nomina, fra la fine del 1009 e l’inizio del 1010, anche lui mentre combatteva i ribelli.
Alla guida dei ribelli c’era Melo di Bari, che i cronisti contemporanei chiamano Ismaele (facendo presumere che fosse di stirpe ebraica o, forse, musulmana). Melo iniziò la rivolta probabilmente fuori dalla città e si scontrò per la prima volta con i Greci nei pressi di Montepeloso (oggi Irsina, vicino al confine longobardo).
Melo riuscì a prendere Bari proprio nel corso del 1010 e iniziò a governarla con il titolo di Duca. La sua rivolta aveva infiammato gli animi di altre città pugliesi e ai Greci non rimase altro da fare che arroccarsi nelle città fedeli e attendere gli aiuti.
Il De Blasiis riassume così la situazione istituzionale di Puglia e Calabria.
Melo rinforzò le proprie posizioni prima dell’arrivo del nuovo catapano, ma dopo qualche mese le truppe di Basilio Argiro, composte da qualche migliaio di soldati macedoni, arrivarono alle porte di Bari. Dopo qualche successo iniziale ottenuto da Melo, il 20 aprile Bari fu cinta d’assedio. La città stava resistendo all’assedio, ma dopo quaranta giorni Melo , venuto a conoscenza di una congiura, da parte dei suoi oppositori, per far cadere la città, si diede alla fuga. Basilio Argiro riuscì quindi a riprendere la città e a massacrare i ribelli. Il figlio, la moglie e il fratello di Melo furono spediti a Costantinopoli come ostaggi, mentre Melo e il cognato Datto trovarono rifugio ad Ascoli, da sempre insofferente alle influenze di Costantinopoli. Temendo di essere raggiunti anche lì dai Greci, i due ripararono poi a Benevento, Salerno e a Capua.
Ad ogni modo, Melo non aveva intenzione di desistere. La sua figura torna negli annali italiani pochi anni dopo, nel 1016, quando avvenne il suo incontro con gli avventurieri normanni guidati da Gilberto Drengot e dai suoi quattro fratelli (Rainulfo, Asclettino, Osmondo e Rodolfo). Le fonti in realtà non concordano su chi fosse il capo della spedizione (alcune parlano di Rodolfo), ma per evitare una lunga disamina delle stesse, ho scelto Gilberto, che negli anni successivi emerse come capo indiscusso. I normanni si erano recati ad adorare San Michele sul Gargano, ma avevano fatto tappa presso Roma, dove Benedetto VIII li aveva ben indirizzati contro i Greci. Incontrarono Melo a Capua, che non se li lasciò sfuggire. Il Muratori ci narra così il primo incontro:
… appena egli ebbe adocchiati questi uomini, bella e nerboruta gente… li invogliò di seco intraprendere guerra in quelle parti contra del dominio greco…
Bisogna precisare che, da qualche anno, Benedetto VIII aveva inoltre iniziato un’offensiva contro i saraceni in Italia (guidò egli stesso l’esercito pontificio alla Battaglia di Luni) e a favorire i principi longobardi e gli esuli pugliesi in funzione anti-bizantina. Nel 1014 aveva anche incoronato a Roma l’Imperatore Enrico II, quindi la scelta di inviare i normanni in Puglia risulta quindi piuttosto chiara.
Forte dei nuovi alleati, Melo si unì ai ribelli fuggiti dopo la precedente rivolta. Dopo alcuni scontri minori, Melo riuscì a battere Leone Tornicio, nuovo Catapano d’Italia, il 22 giugno 1017. Basilio II, infuriato per la mediocrità militare e la fuga dal campo di battaglia di Leone, decise di sostituirlo con Basilio Boiannes.
Come i Normanni, anche Basilio II adorava la spremuta di lacrime e sangue rappresentata da San Michele
Basilio II aveva affidato a Boiannes un bel numero di uomini, un enorme quantitativo di oro, l’aiuto del patrizio Abalauzio e un distaccamento della Guardia Varangiana. Come dice un cronista dell’epoca, Amato di Montecassino:
[Basilio II] Egli offrì il suo tesoro e trovò cavalieri nei monasteri e combattè contro i forti Normanni. I Normanni vennero senza numero e furono tanto numerosi, che il campo di battaglia fu pieno dell’esercito dell’Imperatore. E le lance sfoderate sono viste come le canne che sorgono nel luogo in cui nascono […] la folla dell’esercito imperiale si sparse per il campo come le api, quando sciamano
Melo riuscì a sconfiggere anche gli uomini di Boiannes e altre città provarono a sollevarsi; a Trani ad esempio, Ligorio Toperita massacrò i ribelli senza pietà.
Melo comunque non trovò l’appoggio dei principi longobardi, che anzi sembravano spaventati dal potere che stava accumulando, ma i suoi normanni riuscirono a far arrivare rinforzi dalla madrepatria, sollecitati anche dal Papa.
Un Impero in Guerra
Bisanzio era già impegnata su tre fronti di maggiore importanza rispetto all’Italia. Georgia, Bulgaria e Medio Oriente erano infatti veri e propri pozzi senza fondo per le finanze ed i soldati dell’Impero.
Gli eserciti delle due fazioni giunsero allo scontro finale nell’ottobre del 1018, nei pressi di Canne. Non abbiamo notizie precise relative al rapporto di forze, ma sappiamo che l’esercito di Boiannes era molto superiore nel numero e che la sua spina dorsale era costituita da temibili fanti russi. L’esercito ribelle fu letteralmente annientato, tanto che dei tremila normanni impiegati ne sopravvissero solo cinquecento.
Melo riparò in Germania, presso Enrico II, togliendo a Boiannes la possibilità di vendicarsi. Il Catapano decise quindi di corrompere i longobardi per permettergli di passare sui loro territori e raggiungere la roccaforte di Datto, il cognato di Melo, che fu fatto prigioniero.
Datto entrò a Bari il 15 giugno, in groppa a un asino e pronto alla morte. Boiannes lo fece chiudere in un otre e immergere lentamente in mare.
bari normanna
L’iniqua pena di Datto
Melo di Bari, fiaccato nell’animo e nel corpo, morì poche settimane dopo in Germania, e quindi non partecipò alla spedizione di Enrico II in puglia di un paio di anni dopo.
La considerazione più rilevante rispetto all’intera vicenda riguarda però i normanni, che giunsero per la prima volta in meridione proprio per combattere con Melo e non tornarono mai più alla terra natia.
Anzi, ne continuarono ad arrivare molti altri, come soldati e avventurieri.
Alla fine del secolo, il sud italia era di loro proprietà.
Bibliografia:
Giuseppe de Blasiis, La insurrezione pugliese e la conquista normanna nel secolo XI, 1864.
Jules Gay, L’Italia meridionale e l’Impero Bizantino dall’avvento di Basilio 1. alla resa di Bari ai Normanni (867-1071), 1917.
Le Beau (traduzione Marco Fassadoni), Continuazione della Storia degl’Imperatori Romani, 1778.
Évelyne Patlagean, Un medioevo greco: Bisanzio tra IX e XV secolo, 2009.
John Julius Norwich, The Normans in the South 1016-1130, 1967.
Ringraziamenti:
– Zosimos. I suoi suggerimenti sono stati molto utili per limare il testo.