“Io viaggio di notte”
di Robert R. McCammon, Independent Legions Publishing (2017)
Sinossi: nell’America del XIX secolo, un soldato sudista viene colpito dalla maledizione del vampirismo per opera di una congrega di non morti. Solo ritrovandoli potrà porre fine all’incubo, prima di perdere del tutto la sua umanità.
Terminata la lettura di “Io viaggio di notte”, non ho potuto fare a meno di constatare un ineludibile senso di perplessità. Mi era piaciuto? Beh, sicuramente non mi aveva annoiato: l’avevo iniziato e finito in un pomeriggio. Era ben scritto? Certo; uno stile un po’ troppo asciutto, forse, per i miei gusti, ma assolutamente adatto al tipo di narrazione, tipicamente americana anche (e non solo) per la sua ambientazione di western gotico.
Eppure, una volta di fronte alla domanda fondamentale “Lo consiglieresti?”, ecco ritornare il medesimo imbarazzo di prima.
Sgombriamo il campo da equivoci: non si può imputare al romanzo di R.R. McCammon nessun peccato grave; siamo pur sempre di fronte ad un nome importante del genere horror e se il 90% dei libri che affollano gli scaffali si posizionasse sullo stesso livello, avremmo di che rallegrarci , e potremmo brindare con serenità a tante sane letture. O quasi.
Il problema che si incontra leggendo “Io viaggio di notte”, è purtroppo il suo continuo mirare basso.
La storia del tormentato vampiro Trevor Lawson, della sua lotta per restare umano mentre vaga per le macabre desolazioni del Sud degli Stati Uniti di fine ‘800, avrebbe tutte le potenzialità per intrigare. E questo al netto dei cliché cui pure la vicenda ricorre. Poco male, anzi: alcuni capisaldi delle storie di vampiri sono tali proprio perché funzionano, e riproporli col dovuto mestiere ha sempre il suo effetto. In questo caso però assistiamo all’equivalente dello scarto che si verifica quando si produce una pellicola per il cinema vero e proprio oppure si lavora ad un “film per la tv”.
La professionalità è la stessa, la cura magari anche, ma qualcosa ci dice chiaramente che il regista – in questo caso l’autore – era consapevole di non mirare agli Oscar, e che si è accontentato di un buon compito, di una sufficienza piena. Il classico “è intelligente, ma non si applica”.
Non bastano occasionali descrizioni d’atmosfera e scene d’azione a coinvolgere appieno il lettore, e anche quando la vicenda raggiunge il suo culmine…beh, lo sospettiamo tutti che il protagonista non morirà davvero, no?
In conclusione, dovendo rispondere alla fatidica domanda iniziale, mi salverei con un salomonico: “Sì, ma…” dove il “ma” è davvero grande.
“Io viaggio di notte” può rivelarsi una lettura piacevole anche più di quanto queste righe possano lasciar intendere, ma rimane un romanzo dedicato solo ai veri aficionados dei vampiri, o ai cultori degli scenari western weird. Tutti gli altri faranno meglio a dirigersi verso altri lidi, senza troppi rimpianti.