Articolo di Christian Lamberti, tratto dal blog Il Crocevia dei Mondi.
Editore: Elara
Collana: Libra Fantastica
Data di pubblicazione: Gennaio 2016
Pagine: 490
Formato: Copertina flessibile
Prezzo di copertina: 18,50 €
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Dopo vari rimandi arriva anche in Italia il capolavoro del pluripremiato Jeff Vandermeer, La città dei Santi e dei Folli (City of Saints and Madmen, 2003), pubblicato da Elara nell’edizione definitiva. L’opera è un complesso mosaico sulla città di Ambergris, la cui struttura articolata ha richiesto all’editore un ingente lavoro di traduzione. Ecco spiegati i ritardi rispetto alle previsioni iniziali attestate intorno alla fine dello scorso anno.
La surreale Ambergris funge da ambientazione per altri due romanzi, finora inediti in Italia. Mi riferisco a Shriek: An Afterword (2006) e Finch (2009). Intanto godiamoci il gioiello de La Città dei Santi e dei Folli, un concentrato di New Weird (termine coniato dallo stesso Vandermeer) che ha fruttato all’autore due World Fantasy Awards e i più recenti Le Cagard cosmique in Francia e il Tähtifantasia Award in Finlandia.
“Qui si Presentano al Benigno Lettore le Cronache, le Tradizioni e gli Uomini Rimarchevoli di Ambergris, Città dei Santi e dei Folli ove la Più Grande Bellezza si Accompagna alla Più Acuta Crudeltà, i più Alti Ideali alle più Oscure Inclinazioni”.
Questo libro è di difficile inquadramento. Non lo si può definire semplicemente un’antologia, perché le singole narrazioni non sono tutte propriamente dei racconti. Questi sono legati tra loro da un filo conduttore che ne accomuna piccole sfumature, minuziosi tasselli che pazientemente vanno a comporre il complesso e variopinto mosaico di un intero mondo. Già, perché oltre ad Ambergris si fanno riferimenti ad altri luoghi, più lontani nello spazio e nel tempo, ciascuno con una politica e una cultura ben definita.
Vandermeer ha l’abilità di delineare – sovente con minuziosa cura, altre volte con fugaci cenni – un esotico panorama che progressivamente estende il proprio orizzonte, gettando luce sui tanti misteri che vi si annidano. Misteri che sebbene delle volte appaiono come beffarde stramberie, presentano sempre dei risvolti macabri i cui strascichi si ripercuotono sulle vite dei personaggi.
Prendiamo l’esempio del missionario religioso Dradin, protagonista del racconto di apertura Dradin, Innamorato. E’ sbarcato ad Ambergris per cercare lavoro, dopo un viaggio nelle esotiche e selvagge terre del Grande Oltre dove ha trascorso tre mesi di convalescenza a causa di una febbre micidiale che ha stroncato i suoi confratelli. Mentre cammina per strada Dradin rivolge per caso lo sguardo a una finestra dietro la quale una stupenda ragazza scrive a macchina, e se ne innamora. Non sapendo come conquistarla, il giovane decide di offrire un compenso al nano Dvorak Nibelung per aiutarlo nell’impresa. E credetemi, “impresa” non è esagerato.
Dradin, purtroppo per lui, è un inguaribile sognatore che rincorre la felicità che non ha mai avuto. Da bambino si è visto rinchiudere la madre in un istituto psichiatrico, mentre il padre affogava l’amarezza nell’alcol. Da adulto un’aleatoria vocazione ha condotto Dradin in veste di missionario nelle pestilenziali giungle dove ha patito le pene dell’inferno. Le cicatrici di quel viaggio se le porta ancora dietro, e gli ricordano con malevole intensità il perpetuarsi di un’esistenza sbandata da cui gli è impossibile svincolarsi. Dradin cerca disperatamente una redenzione, per questo si aggrappa alla prima ancora che incontra, in tal caso l’amore della sconosciuta alla finestra. Ma anche questa ricerca, tormentata e lacerante, non sembra prospettare un lieto fine.
Altro personaggio inquieto è l’artista Martin Lake (La trasformazione di Martin Lake), uno dei pittori più rivoluzionari di Ambergris la cui carriera ha subito una brusca impennata a seguito di un sinistro invito a una fesa in maschera. In quei giorni peraltro il clima di Ambergris è rovente per via della morte del famosissimo compositore Voss Bender, la cui influenza politica ha spaccato la popolazione tra chi lo rimpiange e chi festeggia la sua scomparsa. Tra le due fazioni fioccano rappresaglie e omicidi, rendendo le strade delle vere e proprie arene. In tale clima di dissesto sociopolitico si staglia il mistero di Martin Lake, un uomo sempre defilato e arrogante che cova nell’animo una lotta con i propri demoni. L’unico rimedio è esorcizzarli riportandoli su tela, sicché condividerli col mondo intero solleva Lake dall’estenuante lotta in solitaria.
L’aspetto più weird di questo racconto sono proprio i dipinti di Lake, le cui intense e opprimenti atmosfere materializzano la dimensione onirica dell’autore, perversa e inquietante. Una dimensione che congiunge, in uno stato di sogno lucido, le sponde del sonno e della veglia.
Che dire inoltre del misterioso X (Lo strano caso di X), uno scrittore sbattuto in isolamento a causa di un disturbo mentale che gli rende impossibile distinguere la realtà dai mondi immaginari che ha inventato. Egli si considera perseguitato da Ambergris, l’ambientazione di successo dei suoi libri (su tutti La città dei santi e dei folli), che a suo dire prende corpo nei suoi scritti in maniera del tutto autonoma. X è talmente ossessionato da tale anomalia che si ritrova perseguitato persino dai personaggi che ha creato. Realtà, o presunta tale, e finzione si rincorrono nella sua vita imbrigliandolo in un limbo esistenziale di perpetuo delirio. Del resto Ambergris è un tale susseguo di bizzarrie che solo il genio di un folle può trovarvi uno stralcio di sensatezza. Ambergris è la degenerazione dell’ordinario, e come tale plasma i suoi abitanti impossibilitati a razionalizzare un ambiente illogico per natura.
Una cospicua sezione de La Città dei Santi e dei Folli è dedicata alle tradizioni popolari su cui spicca l’animale simbolo di Ambbergris, il Calamaro Reale. Si tratta di una specie particolare che dimora nel vasto fiume Moth, lungo il quale sorge la città. Oltre a raggiungere dimensioni portentose l’animale denota un’intelligenza fuori dal comune, tanto da guadagnarsi un culto professato dalla Chiesa dei Figli del Calamaro. Come se non bastasse in suo onore viene celebrato il Festival del Calamaro d’Acqua Dolce che accende Ambergris di goliardia, ma soprattutto di una follia orgiastica e omicida (Dradin ne sa qualcosa). La causa, stando a qualche ricercatore, è da rintracciarsi nella Muffa Reale coltivata dai cappucci grigi che, introducendola nella carne del Calamaro Reale, rende più sensibili alle loro spore i cittadini che se ne cibano.
Siamo quindi arrivati alla piaga principale di Ambergris, i cappucci grigi appunto. Sono degli omuncoli orripilanti noti anche come abitanti dei funghi e risiedono in queste terre ben prima che vi si stanziassero gli uomini. Vivono in comunità nel sottosuolo e vengono impiegati come netturbini, visto che la spazzatura e le carogne sono per loro una prelibatezza. Li caratterizza un’indole malevola, tanto che diverse sparizioni improvvise sono a loro imputate, così come l’evento più traumatico della storia di Ambergris noto come il Silenzio. I cappucci grigi non hanno mai digerito l’intrusione degli uomini nel loro regno, motivo per cui la vendetta e la pianificazione di un ritorno al potere sono le loro motivazioni principali.
Mi fermo qui anche perché sarebbe ingiusto sviscerarvi tutte le particolarità del libro. Piuttosto lasciatevi condurre come un ignaro turista da questa guida zeppa di aneddoti, memoriali e resoconti riportati da una pluralità di testimoni coordinati dal talento di Jeff Vandermeer. Il risultato è una raccolta di scritti che pur incorniciando scorci disparati di Ambergris ripercorrono un itinerario estremamente coerente.
La Città dei Santi e dei Folli è un libro che potremmo definire barocco, al pari della stessa Ambergris, brulicante di orrori e stramberie, dove coesistono sfarzo e decadimento. In un primo momento si viene deliziati dalle esotiche meraviglie di un Nessun Dove di fine XIX secolo, per poi essere attanagliati da un pressante presagio di sciagura che assume, inesorabile, contorni sempre più definiti. E’ proprio quest’ultima la componente predominante di un volume che lascia estasiati per la maestria con cui riesce a sfumare le più ricercate meraviglie della fantasia in acuti deliri di distruzione. Non aspettatevi quindi un ritmo serrato. Anzi, dovete portare pazienza e soppesare ogni cosa vi viene raccontata se volete raccapezzarvi nel quadro d’insieme. Alcune parti effettivamente possono risultare leggermente pedanti, ma la qualità complessiva non ne risente affatto.
Non resta che augurarvi una buona suggestione a tutti!