Howard Andrew Jones commenta Conan: La Torre dell’Elefante

 

howard-in-chairItalian Sword&Sorcery è orgogliosa di ospitare Howard Andrew Jones, uno dei più importanti studiosi anglosassoni di sword and sorcery, autore di The Desert of Souls (The Chronicles of Sword and Sand), di svariati romanzi della serie di Pathfinder e da anni ormai colonna portante della rivista americana Black Gate.

Nella fattispecie, in questa sede verranno proposti gli articoli (inediti nel nostro Paese) in cui Howard Andrew Jones commenta, insieme a Bill Ward, i racconti della saga originale di Conan il cimmero, di Robert E. Howard, apparsi sul suo blog e tradotti per noi da Annarita Guarnieri.

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I racconti del ciclo originale di Conan commentati da Howard Andrew Jones:

  • L’Era Hyboriana (saggio)
  • Cimmeria (poesia)
  1. La torre dell’elefante
  2. Il dio nell’urna
  3. Intrusi a palazzo
  4. La figlia del gigante del gelo
  5. La regina della Costa Nera
  6. La valle delle donne perdute
  7. Colosso nero
  8. Ombre al chiaro di luna
  9. Nascerà una strega
  10. Ombre a Zamboula
  11. Il diavolo di ferro
  12. Gli accoliti del Cerchio Nero
  13. L’ombra che scivola
  14. Lo stagno dei neri
  15. Chiodi rossi
  16. Le gemme di Gwahlur
  17. Oltre il Fiume Nero
  18. Il tesoro di Tranicos
  19. La fenice sulla lama
  20. La cittadella scarlatta
  21. L’ora del dragone / Conan il conquistatore

Bill Ward e io stiamo lavorando alla collezione Del Rey “The Coming of Conan”, di Robert E. Howard. Questa settimana stiamo esaminando la quarta storia, La Torre dell’Elefante.

Howard: Se ascolti molto attentamente, verso la fine dell’ultimo verso del successo dei Beatles Hey Jude puoi sentire Lennon o McCartney (le versioni differiscono) gridare un “Whoa!” pieno di sorpresa, seguito un momento più tardi da “fot***a dannazione!” Una volta che lo si è notato non si può ai più fare a meno di sentirlo, una piccola nota stonata in una canzone altrimenti perfetta. Ho la stessa sensazione riguardo all’uso che Robert E. Howard fa della parola “gelidamente” o “gelido” ne La Torre dell’Elefante. Non l’ho notato alle prime quattro o cinque letture della storia, ma adesso NON posso fare a meno di vedere che lui usa quel termine forse un paio di volte di troppo.

E che io sia dannato se quel minuscolo particolare non è la sola cosa che trovo leggermente sbagliata in questa storia. QUESTO è Robert E. Howard al suo meglio assoluto, in completo controllo della narrativa, che conosce il suo personaggio meglio del suo migliore amico. Il suo articolo sulla storia hyboriana è stato scritto appena prima de La Torre dell’Elefante, il che ha senso perché lui conosce la storia e le diverse società tanto bene da menzionare con disinvoltura le diverse culture in modo tale da permetterci di intuire di cosa sta parlando.

Bill: Sì, in questa storia lo si può davvero veder attingere a quel background che ha appena delineato, sia nell’impostazione cosmopolita, sia in quel frammento di “storia profonda” che ci fornisce tramite le parole del Dio Elefante, verso la fine della vicenda.

Howard: Già. . . adesso sono contento che tu abbia insistito perché leggessimo prima quel saggio.

Adoro l’inizio di questa storia. Continuo a paragonare la descrizione fatta da Robert E. Howard all’impiego di una macchina fotografica, perché lui usa spesso un’inquadratura di ambientazione. Le sue parole illustrano la confusione, il viavai e l’atmosfera tanto di quella parte della città quanto nella taverna stessa.

E poi appare Conan. Noi, i lettori, sappiamo bene chi è anche se non viene menzionato per nome, e lui domina chiaramente la scena. E, da quel vero maestro che è, R.E.H. ci elargisce una serie di righe buttate là che sono incredibilmente rivelatrici riguardo al personaggio: “Il Cimmero si guardava intorno con occhi roventi, imbarazzato dal ruggito Tower 2di risate di derisione che aveva accolto quel commento. Non ci vedeva niente di particolarmente umoristico e conosceva troppo poco la civiltà per comprendere la sua scortesia. Gli uomini civili sono più scortesi dei selvaggi perché sanno che di norma si possono permettere di esserlo senza che nessuno spacchi loro il cranio.”

Bill: Qui Conan è un “Lupo grigio in mezzo a topi di fogna,” per parafrasare una delle grandi frasi di apertura. Lo è dal primo paragrafo di questa sezione, che traccia una vivida immagine del Maglio, il distretto dei ladri di Zamora dove le guardie sono state corrotte con “denaro insanguinato” perché lascino in pace i criminali, fino alla conclusione che lo vede uccidere l’uomo civilizzato incapace di comprendere che puoi pungolare. . . letteralmente, in questo caso. . . certi soggetti solo fino a un certo punto. Credo che questo esordio, e questa storia in generale, siano una delle migliori presentazioni di Conan, e probabilmente quella che metterei in mano a un novizio interessato a scoprire perché si parli tanto di questo personaggio.

Howard: Anch’io. . . di solito, è da qui che consiglio alla gente di cominciare a leggere. Una grande storia come questa è strapiena di una splendida scena dopo l’altra, in essa apprendiamo il parere di Conan sulla religione civile e lo seguiamo nella sua incursione all’interno della Torre dell’Elefante. L’azione è fluida, sorprendente ed eccitante. L’incontro con Taurus e lo stupore del ladro di fronte all’audacia del Cimmero sono perfetti. In un primo momento sembra che Conan sia surclassato, ma poi lui prolunga la Tower 3vita del ladro uccidendo il leone e facendo colpo in pari misura sullo stesso Taurus e sui lettori.

Bill: Sono gli istinti selvaggi di Conan che, in ultima analisi, si dimostrano di maggior valore della lunga esperienza di Taurus. Perfino il Principe del Ladri. . . un uomo con una cerbottana che emette gas velenoso, una super corda e una presa da strangolatore. . . non ha occhi sulla nuca come un barbaro che ha vissuto in luoghi selvaggi, sopravvivendo grazie alla sua astuzia. E tutta l’interazione fra i due è messa insieme in modo eccellente. . . basta provare a immaginare la storia senza Taurus per vedere che ne sarebbe emerso qualcosa di inferiore. Ma per quanto Taurus sia stupefacente, è Conan che, in ultima analisi, ci colpisce maggiormente, come hai detto tu, e questo solo perché abbiamo Taurus con cui confrontarlo.

Howard: Esatto su tutta la linea. Taurus ci permette di comprendere meglio quanto Conan sia impressionante, e non riesco a immaginare che la storia possa essere altrettanto piacevole senza di lui. La torre in sé stessa è splendida. Mi chiedo ancora cosa avesse in mente Taurus quando ha chiesto a Conan di rimanere indietro, dato che il suo personaggio è così ben motivato che mi trovo a domandarmi non tanto cosa R.E.H. avesse intenzione di fare, ma cosa stesse pensando il personaggio stesso. Hocking e io ne stavamo parlando, l’altra settimana, ed entrambi ci chiedevamo se Taurus avrebbe tradito Conan oppure se avesse davvero in mente qualcosa da fargli fare.

Bill: Giusto, anch’io ho dei dubbi. Taurus ha già stabilito di sapere molte cose che Conan ignora, non soltanto in generale su come si commettono furti (la discussione sul perché conviene lasciare in vista il corpo di una guardia morta invece di nasconderlo è una piccola scheggia di genialità) ma anche sulla torre in particolare. Così, quando si lancia là dentro prima di Conan si è stabilito un dubbio sufficiente a suggerire che forse sta agendo nel miglior interesse di entrambi. Vorrei però sottolineare che in ogni altra situazione di questa storia che coinvolge i suoi istinti, Conan reagisce in modo preciso, non “dubita dei suoi sensi” come farebbe un uomo civile, neppure quando si trova di fronte all’impossibilità costituita dal Dio Elefante stesso. E la sua iniziale reazione al fatto che Taurus sia entrato nella torre mentre lui effettuava una piccola esplorazione possibilmente inutile è di diffidenza nei confronti delle intenzioni del Nemediano.

Howard: E poi, dannazione, ci sono combattimenti contro ragni giganti e lo scontro con quella cosa nella stanza in cima alla torre. La sola lotta contro un ragno gigante che io abbia letto che sia allo stesso livello di quella si trova nel primo libro di Bard, di Keith savage-sword-24Taylor. Puoi vedere quel mostro e il suo veleno gocciolante, così aggressivo che lascia su Conan una cicatrice permanente. E non si tratta soltanto di un attacco che va a vuoto e dell’aggressore che viene schiacciato. Quella dannata cosa bracca Conan spostandosi sul soffitto. È una scena scritta incredibilmente bene, tanto che anche dopo aver letto la storia molte volte la trovo ancora eccitante. E inquietante.

Bill: Lo scontro è grandioso, ed è anche interessante quanto il ragno sia astuto. . . la mossa che usa per legare la caviglia di Conan è molto brillante. In effetti, le sole cose che arrivano vicine a uccidere Conan in questa vicenda sono creature che operano a un livello ancora più istintivo del suo.

Howard: Esatto! Finalmente arriviamo alla grande rivelazione, con uno dei miei momenti preferiti, non solo all’interno delle opere di Robert E. Howard o delle sue storie di Conan, ma di tutta la letteratura d’avventura, che è quello in cui Conan si erge sulla creatura mutilata.

“… lo sguardo di Conan vagò sugli arti stesi sul giaciglio di marmo, e lui comprese che il mostro non si sarebbe più alzato per attaccarlo. Conosceva i segni lasciati dal cavalletto e il marchio impresso dalla fiamma, e per quanto forte di spirito rimase sgomento di fronte alle devastate deformità che la ragione gli diceva essere state un tempo arti ben formati come i suoi. Improvvisamente, ogni timore e repulsione lo abbandonarono, sostituiti da un’immensa compassione. Non poteva sapere cosa fosse quel mostro, ma le prove della sua sofferenza erano così terribili e commoventi che si sentì assalire da una strana, dolorosa tristezza, senza saperne il perché. Sentiva soltanto che stava contemplando una tragedia cosmica e si ritrasse in preda a un senso di vergogna, come se la colpa di un’intera razza fosse stata scaricata sulle sue spalle.”

A quei tempi c’era l’abitudine di assegnare ai cattivi lunghi monologhi, o di spiegare punti della trama mediante le parole di qualche sapiente. Lo abbiamo già visto in alcune opere di Leiber, soprattutto nell’orribile Il Gambetto dell’Adepto, e lo abbiamo trovato in qualche misura anche in precedenti storie di Conan, così come appare in altre scritte dopo, ma QUESTO monologo è fatto così bene che scorre in modo naturale, e il momento è così affascinante che possiamo immaginare Conan lì in piedi, quasi incantato, a rifletterci sopra.

Bill: E la situazione critica in cui si trova lo straniero cosmico è la più forte condanna della civiltà di tutta la storia, che risale a quel tema che esisteva ancora prima dell’inizio. L’uomo vile che ha torturato quella creatura per carpirne i segreti non viene descritto Sanjulian_Conan_Tower_of_the_Elephantcome un mago o uno stregone, ma come un prete. . . in effetti, si tratta del Sommo Sacerdote della città, un uomo che il sovrano di Zamora teme e a cui obbedisce. Un ladro barbaro potrebbe tagliarti la gola, ma non ti schiavizzerebbe e torturerebbe per secoli per ottenere un sapere proibito. La torre che è la prigione del Dio Elefante è stata eretta con il potere a lui rubato, un uso molto costruttivo e civile di tale magia. Alla fine, è un altro straniero che non si ritrae di fronte alla vista dell’impossibile visitatore giunto dal pianeta Yag, che vede con chiarezza come si sia abusato di quella creatura e che uccide nel nome della misericordia e della vendetta. Mi è venuto da pensare che l’obbedire di Conan all’estremo desiderio del Dio Elefante sia dovuto a un qualche geas imposto al Cimmero, che il suo disgusto e il suo senso di giustizia possano non essere stati una motivazione sufficiente a spingerlo a rischiare tutto per affrontare il prete. Suppongo che a quel punto per Conan la sola via di uscita fosse fare quello che la creatura gli aveva chiesto, quindi non aveva effettive alternative.

Howard: Oh, io sono più che sicuro che lo fa per libera scelta, che percepisce la verità di quello che la creatura gli ha detto. Quanto meno, credo che questo sia ciò che R. E. H. vuole indurci a pensare. Noi, i lettori, siamo persuasi quanto lo era Conan.

Bill: Come in effetti lo sono anch’io. Una frase in particolare, riguardo al fatto che a Conan non passa neppure per la mente di non seguire le istruzioni, mi ha indotto a pensare che si possa in qualche misura sostenere che il Dio Elefante stia reggendo alcune fila del gioco, ma di certo è una cosa più sottile (al punto che probabilmente è solo frutto della mia immaginazione) di qualsiasi cosa troviamo ne La Figlia del Gigante dei Ghiacci. Mi piace però che possa affiorare una simile ambiguità, anche se non è per niente intenzionale, perché R. E. H. non sta attaccando la mente del lettore telegrafando le intenzioni di Conan. Dice qualcosa il fatto che un vagabondo senza una lira sia disposto a ignorare un tesoro inestimabile per vendicare un crimine mostruoso. . . un crimine contro una creatura molto più aliena di qualsiasi leone, ragno o uomo civile.

Howard: Infatti. In Conan c’è una certa moralità elementale che viene ignorata o esagerata.

Bill: Nel complesso, questa è una storia che fa tutto nel modo giusto e lo fa in modo magistrale. Conan è l’uomo che impareremo a conoscere in racconti futuri, il paesaggio hyboriano viene delineato in un modo che lo integra abilmente nella storia, e l’azione e l’immaginazione catturano il lettore e lo trascinano con loro fino alla fine. E sembra tutto molto semplice, per di più, finché non si torna indietro e non si guarda come collimano tutti i pezzi. . . è allora che ti rendi conto che la storia sembra soltanto semplice, perché è stata vergata da una mano esperta. È una delle migliori, per cui non c’è da sorprendersi che La Torre dell’Elefante sia una perenne favorita.

Howard: Certo lo è per me, ma del resto io sono un fan. Ritroviamoci la prossima settimana per un viaggio verso La Città Scarlatta.


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