Cronache nemediane: Boudicca: la Regina degli Iceni

Articolo di Gabriele C. Zweilawyer, tratto dal sito Zhistorica.


All’inizio, la storia di Boudicca probabilmente è simile a quella di tante altre donne britanniche che si ritrovano a passare sotto il giogo del dominio romano nel I secolo. In particolare,Boudicca ha la sfortuna di nascere nel 33, appena dieci anni prima dell’inizio della conquista romana della Britannia.

Secondo la storiografia maggioritaria suo marito, Prasutago, viene messo a capo degli Iceni proprio dai Romani, attorno al 47, come re vassallo. Ai Romani non dispiace lasciare sul trono i vecchi re o mettere dei “re fantoccio” che abbiano un buon controllo della popolazione. Come si suol dire, lo schiavo più felice è quello che non sa di esserlo, quindi una parvenza di libertà rende meno traumatica la fase di transizione verso la dominazione completa. Per rimanere sul trono dunque, Prasutago accetta anche di nominare, alla sua morte, l’Impero Romano come suo unico erede. Poco prima di trapassare però, Prasutago nomina co-eredi sua moglie e le due figlie.

I Romani non lo accettano.

Alla sua morte infatti, non danno alcuna validità agli ultimi voleri del sovrano degli Iceni e occupano i territori di questi ultimi. Boudicca cerca di opporsi, ma per tutta risposta, i Romani la catturano, la spogliano completamente e, alla fine, la frustano davanti al suo popolo. Alle figlie della donna accade di peggio (Boudicca ha, in quel periodo, 26 o 27 anni, quindi parliamo di due bambine), perché finiscono stuprate dai legionari.

L’umiliazione subita dalla regina manda in fiamme gli animi degli Iceni e quelli delle tribù vicine, fra cui i Trinovanti. Pur essendoci numerosi guerrieri e uomini rispettati in entrambe le tribù, per il comando militare viene scelta Boudicca, dotata di grande carisma e intelligenza.

L’alleanza di tribù britanniche che si forma sotto Boudicca ha una sola missione: spazzare via i Romani e i loro alleati dalla Britannia.

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L’esercito britannico (perdonatemi il sapore anacronistico del termine) attacca per prima Camulodunum, odierna Colchester. Si tratta della capitale amministrativa della regione, nonché di un ex castrum le cui mura sono state demolite o utilizzate come muri portanti di nuovi edifici. Senza mura e con una guarnigione di soli 200 soldati, cui vanno aggiunti forse un migliaio di veterani (quindi soldati in pensione), Camulodunum non riesce a fronteggiare l’impeto britannico. Viene completamente rasa al suolo e bruciata.  Tutti i cittadini, molti dei quali si hanno cercato di trovare rifugio nel tempio, vengono seviziati e massacrati nei modi più atroci.

Ad oggi, l’immagine di Boudicca appare deformata da alcune, tra l’altro perfettamente comprensibili, rielaborazioni femministe e nazionaliste inglesi, ma le fonti dell’epoca la descrivono (di certo anche per le  gravi umiliazioni subite) come una donna estremamente violenta. Ad esempio, nei testi relativi all’evo antico britannico, si sorvola spesso sulle torture che Boudicca permette di perpetrare ai danni delle matrone della città:

La crudeltà più atroce inflitta dai Britanni ai Romani fu questa. Spogliarono le nobildonne della città e le legarono, poi tagliarono loro i seni e li cucirono alle loro bocche, in modo sembrasse che li stessero mangiando. Poi impalarono le donne attraverso tutto il corpo…

(Cassio Dione; libro LXII)

Secondo Cassio Dione i morti romani (o, meglio, romano-britannici) causati dalla distruzione di Camulodunum, Londinium (Bizzarro pensare che oggi ci sia una sua statua equestre proprio nella città che fece bruciare dalle fondamenta!) – e Verulamium sono 80.000, mentre l’esercito ammassato da Boudicca, comprensivo delle famiglie dei guerrieri, può contare su 120.000 persone (è la cifra di Tacito, già poco attendibile, mentre Cassio Dione parla di 230.000).

mappa territorio iceni
in rosso il territorio occupato dagli Iceni

Ad intercettare le forze ribelli viene inviata una vessilazione della IX Legione, all’incirca 2.000 uomini, che finiscono annientati dalle soverchianti forze nemiche. Quinto Petilio Ceriale, comandante della Legione, riusce a mettersi in salvo con alcuni cavalieri.

La notizia del disastro giunge al governatore Gaio Svetonio Paolino, in quel momento occupato a massacrare druidi sull’Isola di Anglesey, e lo costringe a tornare sull’isola maggiore per fronteggiare la rivolta.

Il Massacro dei Druidi
Gaio Svetonio Paolino attraversò lo stretto di Menai nel 60 per porre fine all’esistenza dei druidi, molti dei quali si erano rifugiati lì trovando il supporto dei locali. I suoi legionari massacrarono tutto ciò che si muoveva e distrussero i luoghi di culto druidici. Di questi fatti rimane solo un breve resoconto di Tacito, un vero peccato!

A parte la sua legione, la X Gemina, Svetonio può contare su qualche altra vessillazione e su un pugno di ausiliari: in tutto le sue forze non superano le 10.000 unità. La dominazione romana sulla Britannia è appesa a un filo.

Intanto, Boudicca continuava a fomentare i suoi. Cassio Dione riporta un suo lungo discorso, la cui veridicità mi sembra come minimo sospetta, in cui la condottiera dice:

Non dovete avere paura dei Romani. Non sono né più forti, né più numerosi di noi. Certo, sono coperti da elmi, corazze, schinieri e sono muniti di valli e fortificazioni perché nessuno possa invadere i loro territori, ma in realtà usano simili mezzi per paura e perché non vogliono attaccare direttamente il nemico. Noi invece abbiamo talmente tanta forza che le nostre tende sono più sicure delle loro mura e i nostri scudi sono migliori di qualsiasi armatura.

Forse Svetonio avrebbe voluto temporeggiare un po’, aspettare i rinforzi, ma alla fine decise per la battaglia campale.  Le fonti romane dicono che i legionari, anche se disposti in un’unica fila, non avrebbero eguagliato il fronte d’attacco nemico.

Il Giovane Agricola
A servire come ufficiale di Svetonio c’era già Giulio Agricola, uno dei condottieri più illuminati della storia di Roma. Tacito, suo genero, è nostra fonte principale per quanto riguarda storia della britannia romana.

Vista la differenza numerica fra i due eserciti, Svetonio piazza i propri uomini in un canalone che termina nella foresta. Il suo primo interesse è evitare l’accerchiamento. Inizia così la Battaglia di Watling Street.

Boudicca lancia  i suoi in un attacco frontale scomposto, lasciando fra l’altro le famiglie dei soldati dietro un semicerchio di carri per assistere alla sfolgorante vittoria. I suoi soldati strepitano e portano grappoli di teste romane da sventolare davanti al nemico. Senza armatura, i britanni vengono prima investiti dai proiettili romani, poi da una tempesta di pila e infine accolti accolti da scudi e gladi. Come se non bastasse, le due ali di cavalleria romana attaccano ai fianchi facendo una strage.

Anche i carri dei britanni si sono dimostrati inutili, d’altronde i cavalli hanno un loro istinto di conservazione e lanciarli contro un muro di lame e scudi o farli galoppare con frecce e giavellotti infilati nel corpo risulta piuttosto difficile.

battaglia di watling street
Il livello mediocre delle protezioni corporee e degli accorgimenti tattici dei britannici li portarono alla sconfitta.

Ad ogni modo, la ritirata dei ribelli è devastante. Incalzati dai romani, si trovano bloccati dai loro cari (che invece di assistere a una vittoria finiscono, di fatto, con il nemico a pochi metri) e cercarono di difenderli, ma ormai è troppo tardi. I romani vogliono dare una lezione definitiva ai britannici. Si fermano solo dopo aver massacrato decine di migliaia di persone e preso altrettanti prigionieri.

Boudicca, per evitare ulteriori umiliazioni (che, non è difficile immaginarlo, sarebbero state peggiori di quelle subite in precedenza), si avvelena.  Su questo particolare, Cassio Dione dissente da Tacito, e sostiene che Boudicca, già malata, muore poco dopo la battaglia.

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