Howard Andrew Jones è uno dei più importanti studiosi anglosassoni di sword and sorcery, autore di The Desert of Souls (The Chronicles of Sword and Sand), di svariati romanzi della serie di Pathfinder e da anni ormai colonna portante della rivista americana Black Gate.
Su Italian Sword&Sorcery verranno proposti gli articoli (inediti nel nostro Paese) in cui Howard Andrew Jones commenta, insieme a Bill Ward, i racconti della saga originale di Conan il cimmero, di Robert E. Howard, apparsi sul suo blog e tradotti per noi da Annarita Guarnieri.
Nella fattispecie, il noto critico si occuperà di analizzare Il Dio nell’urna, secondo racconto del ciclo di Conan, che è stato pubblicato dopo la morte del grande maestro di Cross Plains, ovvero solamente nel 1952, con il titolo The God in the Bowl.
In Italia è stato uscito la prima volta nel 1976 nel libro Conan!, della casa editrice Nord.
I racconti del ciclo originale di Conan commentati da Howard Andrew Jones:
- L’Era Hyboriana (saggio)
- Cimmeria (poesia)
- La torre dell’elefante
- Il dio nell’urna
- Intrusi a palazzo
- La figlia del gigante del gelo
- La regina della Costa Nera
- La valle delle donne perdute
- Colosso nero
- Ombre al chiaro di luna
- Nascerà una strega
- Ombre a Zamboula
- Il diavolo di ferro
- Gli accoliti del Cerchio Nero
- L’ombra che scivola
- Lo stagno dei neri
- Chiodi rossi
- Le gemme di Gwahlur
- Oltre il Fiume Nero
- Il tesoro di Tranicos
- La fenice sulla lama
- La cittadella scarlatta
- L’ora del dragone / Conan il conquistatore
Bill Ward e io stiamo lavorando alla collezione Del Rey “The Coming of Conan”, di Robert E. Howard. Questa settimana stiamo esaminando la terza storia, Il Dio nell’Urna. Ci auguriamo che vogliate seguirci in questo viaggio.
Howard: Anche se mi rendo conto che si tratta di un tipo di storia diverso per Conan, e che è interessante analizzarla al microscopio per capire come si è sviluppata la scrittura di Howard, sto valutando questi racconti mettendo avanti a tutto un criterio di lavoro molto semplice: queste storie mi piacciono come tali e realizzano ciò che sono strutturate per ottenere? In questo caso ritengo che la risposta a entrambe le domande sia un no. I motivi per cui il racconto non mi piace sono strettamente legati ai miei sentimenti riguardo al suo fallimento tanto come mystery che come horror. La soluzione viene trasmessa chiaramente al lettore quasi dall’inizio, non lasciando molto di misterioso alla storia, e se da un lato essa presenta toni squisitamente orrifici, ritengo che manchi della tensione necessaria per essere un vero racconto horror (in contrapposizione a un racconto CON dell’horror in esso).
C’è anche una certa confusione riguardo a chi sia il protagonista. . . il barbaro carismatico che si guarda intorno con occhi roventi e proferisce fredde minacce o l’astuto Demetrio, la cui scaltrezza è tanto elaborata da diventare irritante? Demetrio è il solo che porti avanti (lentamente) la trama fino alle splendide scene d’azione in cui Conan prende il sopravvento e la storia torna, troppo tardi, a essere interessante.
A metà della narrazione, Robert E. Howard scrive a proposito di Demetrio che “trovava queste scene stancamente monotone”. Purtroppo, questo è esattamente ciò che provo riguardo alla maggior parte di Il Dio nell’Urna. Ciò non significa che il racconto sia del tutto privo di merito, perché presenta un horror finemente realizzato e ci sono alcuni momenti d’azione davvero grandiosi, ma quei momenti non ne fanno un successo, sono come ascoltare una canzone davvero orecchiabile mentre si deve sopportare un lungo e noioso saggio musicale a scuola di tuo figlio.
Bill: La prima metà o due terzi della storia è quasi uno scherzo, con Conan in panchina mentre altri personaggi parlano. Poi sopraggiungono ancora altri personaggi. Credo però che siano i potenti momenti finali di Il Dio nell’Urna che lasciano al lettore una migliore impressione complessiva del racconto.
Howard: Probabilmente hai ragione. Permettimi di evidenziare quello che piace DAVVERO a me. Credo che cominci con un notevole impeto per poi arrivare in fretta ad arrestarsi del tutto. Di per sé, la conclusione. . . a cominciare dall’ingresso dell’aristocratico che nega di aver assoldato Conan per la rapina. . . è splendida. Con il suo sopraggiungere otteniamo dialoghi davvero incalzanti, seguiti dall’esplosione di violenza fra Conan e le guardie e infine dallo scontro con il mostro, che arriva a 11 su una scala di atmosfera e di angoscia da uno a dieci. Lo stesso Conan sembra carico al massimo, l’inarrestabile macchina di distruzione che conosciamo e amiamo. Ho studiato frammenti di scritti di Howard, prime stesure che vale la pena di leggere solo per l’incredibile sequenza di azione offerta con vigore e inventiva pulsanti. Si può sempre fare affidamento su Robert E. Howard quando si tratta di scene d’azione.
Bill: Sì, materiale notevole. Il combattimento è rapido, brutale e vivido. . . Conan strappa perfino un occhio a una guardia in onore di Crom. . . cosa che è veramente la benvenuta dopo che siamo rimasti lì ad ascoltare tutte quelle chiacchiere. Il Dio Serpente stigio, dono del nostro vecchio amico Thoth-Amon a un prete rivale (adoro il modo in cui a questo punto il destino di Conan e quello di Thoth-Amon sembrano intrecciarsi, considerato che questo incontro si verifica all’inizio della carriera di Conan), è davvero eccellente e mi ricorda il modo in cui un abile regista cinematografico mantiene il mostro misterioso e nascosto all’occhio del pubblico. Quelli sono anche i miei momenti preferiti. . . insieme, come tu dici, al modo in cui un Conan che è al suo meglio risponde alle domande e all’arroganza degli interrogatori civili con la sua caratteristica calma audacia.
Altra cosa da sottolineare è che questa storia rappresenta la prima apparizione di Conan abbigliato in quello che diventerà il modo standard di vestire dei barbari di tutti i tempi nell’ambito del fantasy. . . in sandali e un perizoma!
Howard: Ah! Un punto a favore di sandali e perizoma.
Potrò sembrare molto duro nei confronti di una storia scritta da uno dei miei autori preferiti e contenente uno dei personaggi che amo di più, ma in essa manca quell’elemento che adoro più di ogni altro nelle opere di Robert E. Howard: la scorrevolezza. Di solito si può fare affidamento su Howard perché dia a un suo racconto un ritmo serrato, ma questa storia è tanto prolissa che invece di avvertire la tensione comincio a chiedermi quanto ci vorrà prima che i personaggi si mettano a menare le mani.
La tensione risulta ulteriormente diluita perché Conan non ha molta parte in causa nella soluzione del mistero. . . le guardie comunque cercheranno di trascinarlo via. Possiamo solo stare a guardare mentre quest’uomo d’azione sta lì ad ascoltare tutto quel parlare, parlare, parlare, parlare. Demetrio pensa a voce alta e svariati personaggi secondari entrano per riferire informazioni che aggiungono dettagli a cose dette da altri personaggi secondari. Come hai suggerito, è un po’ come guardare una noiosa commedia.
Si potrebbe obiettare che sto giudicando un’opera di un altro tempo secondo i ritmi della nostra epoca, un errore commesso da molto lettori moderni nell’affrontare vecchia fiction d’avventura, però questa non è affatto una cosa tipica dello stile di Robert E. Howard. Una delle cose che amo delle sue opere è lo splendido ritmo cinematografico, tanto diverso da quello dei suoi predecessori e perfino dei suoi contemporanei. Se qui stava sperimentando un qualche diverso stile narrativo, nel farlo ha inavvertitamente accantonato uno dei suoi massimi punti di forza.
Forse, se avessi letto per la prima volta questo racconto da ragazzino non avrei intuito in anticipo la conclusione. Non posso saperlo, posso solo reagire a ciò che ho provato nel leggerlo per la prima volta a vent’anni, e allora mi è apparso chiaro dagli indizi forniti dallo stesso Howard che il mostro era un qualche tipo di grosso e cattivo serpente, con la sola sorpresa (davvero raccapricciante) della sua faccia agghiacciante. Se mi focalizzo sull’aspetto orrifico, immagino ci si aspetti che io cada preda dell’angoscia per aver compreso la natura di un pericolo di cui i personaggi sono all’oscuro e mi chieda come faranno a sopravvivere. . . ma questo richiederebbe che a me importasse di più di uno di loro.
Mi dispiace, R.E.H., continuo a pensare che tu sia un autore meraviglioso, lo giuro, ma capisco perché Farnsworth Wright ha respinto questo racconto, e forse lo avevi capito anche tu, perché contrariamente a quello che hai fatto con altri racconti che non eri riuscito a vendere, non hai mai cercato di revisionare questo, o di proporlo su un mercato diverso.
Bill: Il Dio nell’Urna è simile a La Fenice sulla Lama nel senso che sono gli altri personaggi a portare avanti la trama mentre Conan reagisce alle loro azioni. In entrambi i casi si tratta di storie che contrappongono Conan alla Civiltà, mentre ne La Figlia del Gigante dei Ghiacci lo troviamo del tutto fuori dal suo elemento. Credo che in nessuna di queste storie Conan sia ancora assurto al suo pieno ruolo di protagonista e di motore primo dell’azione. . . dopo tutto, ne La Figlia del Gigante dei Ghiacci lui è essenzialmente sotto l’effetto di un incantesimo e di certo non sta facendo scelte di sorta. Esaminando soltanto Il Dio Nell’Urna e La Fenice sulla Lama, mi sembra quasi che R.E.H. abbia sentito il bisogno di focalizzarsi sui personaggi civili e sui loro complotti come un modo per scoprire per contrasto chi fosse davvero Conan. Dopo queste prime tre storie, però, Conan è saldamente al timone per la maggior parte del resto dei racconti a lui dedicati.
Howard: Nelle storie successive, Howard mette in moto gli eventi mostrandoci quello che sta succedendo prima che Conan arrivi a sconvolgere ogni cosa. Suppongo che in qualche modo questo succeda anche qui, ma non in maniera particolarmente interessante. Vorrei che Howard avesse riscritto questa storia per snellirla e accelerarne il ritmo, perché la conclusione è grandiosa e ci sono parecchi tocchi notevoli sparsi in tutto il racconto. . . il cavo che desta giustamente i sospetti di noi lettori, parecchi piccoli incisi rivelatori sul conto di qualche personaggio e così via. Sì, ci sono momenti buoni per gli altri personaggi, ma non li trovo abbastanza affascinanti da poterli guardare mentre occupano tanto a lungo la scena.
Bill: Credo che entrambi possiamo facilmente immaginare una versione migliore di questo racconto, e non c’è motivo per non sottolinearne le pecche.Ritengo che il problema del ritmo ingigantisca a una rilettura perché non c’è più neppure la curiosità riguardo alla conclusione ad alimentare l’interesse. Da qui in avanti le cose però cambiano, Conan e R.E.H. trovano un ritmo comune e immortali storie di sword-and-sorcery cominciano a scaturire da Underwood.
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