I grandi autori del fantastico: “Il vascello di Ishtar” di Abraham Merritt

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Dettagli

Titolo: Il vascello di Ishtar

Titolo originale: The Ship of Ishtar

Autore: Abraham Merritt

Copertina: Roberto Calò

Curatore e traduttore: Giuseppe Aguanno

Editore: Il Palindromo

Collana: I tre sedili deserti

Pagine: 472

Data di pubblicazione: 1924

Data di ultima pubblicazione italiana: 2018 (prima pubblicazione 1978, Fanucci)

Prezzo: € 26


 Sinossi

John Kenton, appena tornato a New York dall’esperienza devastante della Prima guerra mondiale, riceve uno strano oggetto rinvenuto durante una campagna di scavi in Medio Oriente: un blocco di pietra al cui interno è custodito un piccolo vascello di gemme intagliate. Kenton non lo sa ancora, ma il manufatto è uno stargate, la soglia per un’altra dimensione, un mondo dove il suo coraggio dovrà scontrarsi con l’acciaio delle spade e la potenza di ancestrali divinità in lotta, e in cui ritroverà la voglia di vivere sperimentando la passione di un amore fuori dal tempo.

Questo volume contiene la prima versione de Il vascello di Ishtar, pubblicata originariamente nel 1926 e inedita in Italia. Il romanzo è accompagnato dalle illustrazioni originali dell’epoca e da un ricco corredo di apparati critici.


Commento

Abraham-merrittAbraham Merritt, giornalista, romanziere, archeologo, chimico specializzato nella ricerca biologica, ideatore insieme a J. Weir Mitchell delle droghe sintetiche, nasce nel 1884 a Bervely (New Jersey, Stati Uniti d’America) da genitori di origine quacchera. Segue dei corsi di diritto e a diciannove anni comincia a lavorare come reporter per il Philadelphia Inquirer. Dopo aver assistito a grave fatto di cui non specificherà mai la natura, gli viene pagato un viaggio in Messico dove esplora la città Maya di Tulum e diventa un fratello di sangue di una tribù indiana[1].

Tornato negli Stati Uniti, la carriera di giornalista di Merritt inizia a decollare. Nel 1912 si trasferisce a New York per lavorare come redattore al Sunday Supplement[2]. Grazie al suo lauto stipendio può dedicarsi tranquillamente a scrivere e, con Il pozzo della luna[3] (Moon Pool), suo primo romanzo, pubblicato nel 1919 su All Story, ottiene un incredibile successo tra il pubblico sin da subito. La sua fama cresce di giorno in giorno tanto che molti altri autori di narrativa dell’immaginario seguiranno le sue orme e si ispireranno a lui.

Per quanto concerne Il Vascello di Ishtar[4], questo libro è stato pubblicato a puntate su Argosy All-Story Weekly nel 1924 e integralmente nel 1926 su G. P. Putnam’s Sons con il titolo Ship of Ishtar; mentre in Italia è uscito solo nel 1978, edito Fanucci.

Il Palindromo ci propone questa opera, tradotta e curata da Giuseppe Aguanno,6f3c21e67a1422c5223fc39e6f8b9eaf impreziosendola con un’introduzione di Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, una postfazione di Andrea Scarabelli, una nota bibliografica di Maria Ceraso, un glossario mitologico e, per la prima volta nel nostro Paese, le dieci illustrazioni realizzate da Virgil Finlay per il romanzo.

La vicenda ha come protagonista Kenton, un americano che da sempre è attratto dalle terre dimenticate, dalle civiltà estinte, dagli imperi perduti e pertanto finanzia una ricerca archeologica volta a scoprire reperti archeologici in Medio Oriente. Tuttavia non può partecipare alla spedizione poiché scoppia la Grande Guerra e deve partire per il fronte.

Ferito, infermo, umiliato nel corpo e nello spirito, Kenton torna a casa afflitto dal tedio e dalla sua condizione fisica. L’uomo ci viene descritto come:

“slanciato, di altezza non comune, il volto scuro e severo – con in sé un qualcosa del falco, in virtù del naso curvo e sottile –, gli occhi ben distanziati di un blu limpido e intenso, il mento con la fossetta, un poco aguzzo. E agli angoli delle labbra risolute, nelle profondità dello sguardo sincero, si poteva scorgere una punta di amarezza e di stanca disillusione: l’impronta della guerra.”[5]

In questo personaggio non è difficile riscontrare l’alter ego dello stesso Merritt.

Ma torniamo alla storia.

La monotonia viene interrotta quando Kenton riceve una lettera da Forsyth (il vecchio amico che ha provveduto a eseguire le opere di ricerca archeologica) in cui gli viene riferito il ritrovamento di un masso di color ocra, a sud di Qser. Incuriosito dalla missiva, Kenton si fa condurre dinanzi alla pietra da cui fuoriesce una strana luminescenza. Il protagonista comincia a lavorare sul blocco sino a quando non lo frantuma e da esso compare un piccolo oggetto simile a una nave. Immediatamente, il nostro viene catapultato su un vascello in un luogo sconosciuto, dove viene a conoscenza del fatto che Ishtar e Nergal, antiche divinità babilonesi, si combattono in un’eterna battaglia cosmica.

È bene ricordare che sul versante della tradizione il vascello rappresenta la sicurezza in una traversata pericolosa[6]. Può essere comparato a un astro che ruota attorno alla Terra e indica che per l’uomo è fondamentale trovare il suo centro[7]. Nell’antico Egitto esisteva la festa della nave di Iside che si teneva in marzo e rappresentava il simbolo del sacrificio offerto agli dei, al fine di ottenere protezione. In una leggenda nordica la barca indica la ricerca della fedeltà perpetua nell’amore che tuttavia è destinata a naufragare poiché irrealizzabile.

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In ogni caso, è possibile riscontrare un significato univoco nel fatto di interpretare la navigazione come mezzo per ottenere requie, o il nirvana[8]. Sull’arca dell’alleanza si manifesta lo Shekina, ovvero la presenza reale di Dio, che viene chiamato anche Grande Pace. Parimenti, nel Libro dei morti egiziano, le leggende delle società segrete ci riferiscono della traversata che conduce nella Città della Pace. Tale concetto è conosciuto anche nella religione cattolica in quanto la forma di guscio rovesciato delle navate delle chiese ricorda quello delle navi e la stessa barca di Pietro costituisce il simbolo della salvezza dato che in essa vi è il Cristo[9].

Tornando alla storia, benché in questa dimensione parallela agiscano forze soprannaturali e aliene, Kenton ne subisce il fascino a tal punto che, quando torna sulla Terra, prova immediatamente una forte nostalgia e un senso di repulsione per la vita ordinaria. Nonostante rischi la sua stessa vita in perigliose avventure, ormai non ne può più fare a meno e mediante l’intercessione di Ishtar riesce a tornare più volte sul vascello.

04_ishtar_finlay_bwOccorre considerare che il protagonista, benché infermo, è dotato di qualità non comuni ai mortali, atteso che ha il potere di accedere a un’altra dimensione, un mondo sconosciuto che può essere assimilato alla Terra di circa 6000 anni or sono. Come hanno sottolineato nell’introduzione Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco, Kenton assurge al ruolo di pontefice, ovvero quel peculiare soggetto in grado di mettere in contatto l’umano con il divino[10]. Questo titolo in antichità veniva attribuito all’imperatore romano e tuttora viene conferito al Papa, con il significato di costruttore di ponti e il ruolo di mediatore tra cielo e terra[11].

Non è peregrino affermare che il Merritt potesse avere conoscenza del valore effettivo del simbolo, anche se l’Autore si è sempre dichiarato un razionalista. Vi sono infatti molteplici riferimenti alla tradizione contenuti nell’opera. Ad esempio:

“Kenton comprese che la nave-ombra era l’imbarcazione vera, mentre il ninnolo foggiato sull’altare ne era il simbolo!

Capì che simbolo e realtà erano una cosa sola, vincolati da una saggezza ancestrale, creati da antichi poteri in modo che alle disgrazie e alle fortune dell’uno corrispondessero quelle dell’altro.

Una duplice forma: un simulacro e una realtà. Eppure uno!”[12]

Detto ciò, il romanzo scorre molto velocemente con repentini cambi di fronte, erotismo, amore, combattimenti all’arma bianca, donne bellissime e crudeli, guerrieri ferali; ovvero con tutti i tipici elementi della letteratura pulp degli anni ’30 del secolo scorso che hanno fatto e fanno tuttora innamorare milioni di lettori. Peraltro le valenze fantasy, weird, fantascientifiche e orrorifiche presenti ne Il Vascello di Ishtar consentono di attribuire a buon diritto ad Abraham Merrit il titolo di signore del meraviglioso[13].

NOTE

[1] AA VV, Maestri della letteratura fantastica, Epidem, Novara, 1983, p. 91.

[2] Quello che poi diventerà l’American Weekly.

[3] Abraham Merrit, Il pozzo della luna, Editrice Nord, Milano, 1974.

[4] Abraham Merrit, Il Vascello di Ishtar, Fanucci, Roma, 1978.

[5] Abraham Merrit, Il Vascello di Ishtar, Il Palindromo, Palermo, 2018, p. 25.

[6] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, BUR RIZZOLI, 2016, Milano, p. 1093.

[7] Ibidem.

[8] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, op. cit., p. 682.

[9] Ibidem.

[10] Gianfranco de Turris, Sebastiano Fusco, Fantascienza e mitologia, in Abraham Merrit, Il Vascello di Ishtar, Il Palindromo, Palermo, 2018, pp. 15-16.

[11] Jean Chevalier, Alain Gheerbrant, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, BUR RIZZOLI, 2016, Milano, p. 799.

[12] Abraham Merrit, Il Vascello di Ishtar, Il Palindromo, Palermo, 2018, p. 353.

[13] AA VV, Maestri della letteratura fantastica, Epidem, Novara, 1983, p. 92.


Autore

Abraham Grace Merritt, noto con la firma di A. Merritt (Beverly, 20 gennaio 1884 –merritt-pic.jpgIndian Rocks Beach, 21 agosto 1943), è stato un giornalista e scrittore statunitense.

Nato a Beverly in New Jersey nel 1884, si trasferì a Filadelfia nel 1894. Abbandonò il praticantato come avvocato per dedicarsi al giornalismo, prima come corrispondente e in seguito come direttore. Dal 1912 al 1937 è stato vice-direttore del The American Weekly, per poi diventarne direttore dal 1938 fino alla sua morte.

La sua produzione letteraria fu poco più che un’attività di svago, e ciò spiega il numero basso di sue pubblicazioni. Merritt era uno dei giornalisti più pagati della sua epoca, basti pensare che nel 1919 guadagnava $25.000 all’anno, fino ad arrivare ai $100.000 all’anno sul finire della carriera. Il suo successo economico gli consentì di viaggiare molto, specialmente in Giamaica ed Ecuador, luoghi in cui possedeva delle abitazioni e dove poteva dedicarsi alla coltivazione di piante esotiche, tra cui orchidee e marjuana.

Merritt si sposò due volte: la prima nel 1910 con Eleanore Ratcliffe, insieme alla quale adottò una bambina, la seconda nel 1930 con Eleanor H. Johnson. Nella sua casa di Hollis Park Gardens a Long Island accumulò collezioni di armi, sculture e maschere primitive raccolte durante i suoi viaggi. Inoltre, la sua personale biblioteca di libri dedicati all’occulto contava oltre 5000 volumi.

Morì a causa di un attacco di cuore nel 1943 a Indian Rocks Beach (Florida), dove era solito trascorrere il periodo invernale.


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