I racconti di Satrampa Zeiros: “Al cimitero” di Wojciech Jaskot

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Per la rubrica de I racconti di Satampra Zeiros, abbiamo il piacere di ospitare per la prima volta Wojciech Jaskot, giovane autore esordiente che ci propone Al cimitero, racconto fantasy di circa 12.000 battute spazi inclusi.

Buona lettura.


Al Cimitero

di Wojciech Jaskot

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Jarrud camminava sulle lastre di pietra del sentiero. Il suono degli stivali era talvolta secco e talvolta morbido, ciò era dovuto alla vittoria delle erbacce sulla zona circostante.
Il cancello divorato dalla ruggine giaceva frantumato all’entrata. Le lapidi erano tutte ospitavano numerose crepe e spaccature che rendevano impossibile stabilire i nomi dei seppelliti. Quasi tutte le cripte erano aperte e svuotate di ogni oggetto prezioso e nelle loro piccole cupole si annidavano solo i pipistrelli, ragni e altri parassiti. Le statue, quelle con la testa ancora integra, seguivano Jarrud con lo sguardo. Sculture con gli arti non staccati erano una rarità, minore rispetto a quelle coperte dai rampicanti.
La spada, ancora nell’elsa, era appoggiata sulla spalla sinistra. L’armatura, cotta di maglia con elementi di piastre, continuava a produrre un flebile suono del sferragliare del metallo.
Trin. Trin. Trin.
Di colpo il guerriero si fermò. Aggrottò lo fronte sul capo rasato e cosparso di tatuaggi dai motivi geometrici. Sollevò piano dalla spalla sinistra la spada e la estrasse dal fodero. Quest’ultimo cadde con dolcezza tra le erbacce.
La debole luce del disco solare che stava morendo nell’ovest illuminò la lama, mostrando come questa fosse coperta da lettere troppo piccole per essere lette. L’elsa era costituita da due corna rivolte in alto.
Jarrud assunse la posizione da combattimento con una gamba leggermente in avanti, ginocchia piegate e la spada rivolta di punta in avanti.
Si girò di scatto e vorticò la lama, colpendo qualcosa che atterrò tra i mattoni di una cripta in rovina con un tonfo.
La creatura si ritrasse ma il suo volto mostruoso urlò tutta la sua rabbia e l’odio nei suoi confronti. Il moncherino destro si ritirò, e gli artigli della mano intatta cercarono di colpire Jarrud alla spalla sinistra. Jarrud indietreggiò di un passo e si preparò al contrattacco ma dietro di lui sbucò un altro mostro che lo afferrò al petto. Riuscì a liberarsi solo dando una testata all’indietro, sentì come sulla nuca scivolavano pezzi di cartilagine schiacciati e il sangue freddo.
In questo momento la puzza di decomposizione si fece opprimente.
Scattò in avanti e pianto la punta della spada dritto nello stomaco dell’avversario monco. Rigirò la lama tenendo a distanza il cadavere che ringhiava e ululava, il volto di un uomo morto distorto dalle energie demoniache.
Estrasse la lama con tutta la forza che aveva, gli intestini putrefatti saltarono fuori come serpenti neri, e roteò colpendo alla tempia il non morto col naso schiacciato. La punta della spada liberò nell’aria sangue, capelli e materia cerebrale in una scia di colore marrone e cremisi.
Con la coda dell’occhio notò un movimento alla sua sinistra, qualcosa di più grosso stava correndo nella sua direzione.
Rigirò la lama tra le mani e posò la mano destra verso la punta, di piatto. Sulla spada si abbatté qualcosa di grosso e scuro. L’impatto fu così violento che colpì una statua con le spalle e quasi si morse la lingua. Sputò il sangue e fece qualche passo a sinistra.
Un macigno colpì in petto una statua femminile, spaccandole i seni scoperti.
– Era l’unica cosa bella, qui dentro – riuscì a elaborare la sua mente mentre dava una gomitata al mostro con gli intestini fuori. Colpì con il pomo sul collo con tutta la forza che aveva, sentendo lo suono delle vertebre che cedevano.
Tentò di farsi scudo con il non morto mentre il macigno volava verso di lui. Il cadavere volò contro una lapide. Jarrud si girò e finalmente riuscì a focalizzare la bestia.
Un altro dei morti viventi, ma privo dell’avambraccio. Al suo posto aveva un uncino al quale, tramite una catena, era attaccato un grosso macigno. Il cadavere che camminava era più grande rispetto agli altri e più muscoloso.
– Soldato o fabbro – sussurrò mentre avanzava con la spada sollevata. Aveva intenzione di colpire prima che il mostro riuscisse a sollevare il macigno. La lama si abbassò in un arco fulmineo, strappando l’orecchio, la guancia, molti denti e infine spaccando la clavicola destra.
– Riesce a schivare! – Pensò sorpreso Jarrud.
L’esperienza gli insegnò che quando si è sorpresi è meglio o continuare sulla strada intrapresa con maggior veemenza o ritirarsi e riconsiderare i propri piani.
Scelse la prima.
Il pungo serrato in un guanto di ferro si abbatte dritto sulla bocca del morto, mentre la spada si infilava all’altezza dei fianchi. Riuscì a impattare assieme al mostro contro la statua femminile. Colpì più e più volte con la testa del morto la spalla della dea.
Quando finì, il marmo bianco era immerso nel marciume, vermi e sangue nerastro. Abbandonò la presa e i frammenti della mascella caddero nell’erba. Il morto vivente si afflosciò e scivolò a terra.
Jarrud sentì dei passi dietro di sé. Si girò piano con la lama sollevata ma con la punta rivolta in basso. Vide avanzare un uomo in una semplice armatura a scaglie. Sul collo portava un lungo medaglione, decorato con delle monete di varie forme e denti umani. Tra le mani stringeva un’ascia dalla forma della lama più simile a un falcetto. L’elmo con una criniera fatta di punte d’osso rivelava un volto estremamente pallido e occhi simili a due gocce di acqua sporca. Le labbra, gonfie e violacee, assomigliavano di più a una coppia di vermi.
Quando fu abbastanza vicino, riuscì a scorgere il simbolo sul medaglione.
– Cultista di Tharkan. – Sentenziò e poco dopo sputò del sangue davanti a sé.
– Sacerdote. – Rispose quello, con la voce più simile a un uomo morente che uno di quella stazza. – Difficile trovare seguaci in una terra terrorizzata dai Giustizieri. – Si fermò a braccia aperte e volse con lo sguardo intorno al macello.
– Un gran lavoro, – complimentò Jarrud sorridendo, ma i suoi occhi tradivano rabbia – un gran fastidio. Dovetti faticare molto per trovare dei soggetti adatti. Gran parte dei cadaveri rifiutava il vincolo.
– Giustizieri, l’hai detto tu stesso. – Disse Jarrud senza distogliere lo sguardo dagli occhi del sacerdote di Tharkan.
– Di questi tempi non si sa chi finirà impalato. Io farei quella fine di certo.
– Non potevi nasconderti senza dare noia ai viaggiatori? La gentaglia che crede in Tharkan deve sempre avere a che fare con dei omicidi e con dei morti, altrimenti considerate la giornata sprecata. – Disse piano Jarrud, valutando la reazione dell’uomo.
Quello rispose con calma.
– I Demoni vincolati ai corpi non sono soddisfatti. Vorrebbero un involucro vivente, ma la possessione è molto, troppo complicata per la maggior parte di loro. Così attaccano e divorano altri esseri umani. Per questo mi aspettavo prima o poi l’arrivo di qualcuno.
– Peccato che io sia il “poi” – sussurrò Jarrud. Un gruppo di teste calde dai villaggi vicini raccolsero le armi dei loro nonni e arnesi da lavoro e marciarono sul cimitero. Non tornarono mai più.
– Poteva andare peggio, – disse quello facendo spallucce – potevano mandare dei armigeri veri e propri. O un Giustiziere – poi, pensieroso, aggiunse – o un gruppo di Giustizieri.
– Non considerarti così famoso in zona.
– Ah! – rise quello per un secondo. – Mi piaci. Peccato che forti personalità tendono a offrire cadaveri difficilmente vincolanti.
– I contadini avevano una forte personalità? – Chiese e strinse più forte l’elsa della spada.
– No, i Ghoul erano troppo affamati – il sacerdote strinse il manico dell’ascia nelle mani – non rimase nulla di utile.
In quel momento, circondato da un innaturale silenzio, il sacerdote caricò con l’ascia sollevata in alto. Jarrud si scostò di lato e sollevò la lama ma l’ascia roteò in aria. Solo anni di esperienza permisero a Jarrud di roteare la lama e i due pezzi d’acciaio cozzarono nell’aria là dove poco fa si trovava il fianco sinistro di Jarrud.
Il sacerdote saltò all’indietro e sollevò una mano. I suoi occhi si illuminarono di un azzurro spento e intorno alla sua mano comparve un anello di luce blu, circondato da una nebbiolina bianca.
Indicò con le dita Jarrud. Quello si tuffò dietro alla statua. Il ginocchio della dea esplose in un turbinio di marmo, ghiaccio e magia grezza. Là dove gocce bianche cadevano, l’erba e la pietra si congelava e scioglieva all’istante.
Jarrud sbucò dall’altro lato della statua ma il seguace di Tharkan era pronto. Un altro raggio sibilò pericolosamente vicino alla testa di Jarrud, che schivò quasi cadendo in ginocchio.
Si sollevò con tutta la forza che aveva con la punta della spada rivolta verso il nemico. Quello tentò di colpire la lama di lato ma Jarrud si fermò di colpo, avvicino la lama quasi alla punta del suo naso, la ruotò e tentò un colpo dall’alto.
L’ascia ruotò nell’aria e intercettò il colpo.
I due spingevano le proprie armi, uno verso l’altro, muscoli tesi al massimo. Il sudore copriva entrambi i volti.
– Senza la stregoneria non vincerai. – Sibilò il sacerdote tra i denti e poi cominciò a canticchiare qualcosa. Le vene sul suo volto si gonfiarono e diventarono di un viola scuro simile alle sue labbra. La spinta esercitata dall’ascia aumentò pian piano e Jarrud si ritrovò a dover indietreggiare.
– Allora guarda questo. – Chiuse gli occhi e chiamò nella mente l’unico alleato che si trovava a portata, l’unico alleato che così spesso odiava.
Le lettere si illuminarono di un rosso cupo. Lingue di fuoco vermiglio, più simili a delle catene, emersero dall’elsa. La spirale di fiamme circondò la lama.
Fiamme incredibilmente fredde.
Gli occhi del sacerdote erano pieni di stupore – E’ bellissima. – Disse pieno di sincera ammirazione.
– Forse, per quelli come lui, una cosa del genere è simile a una reliquia. – Pensò e dentro la sua testa un centinaio di voci risuonò.
– Mi lusinga.
Jarrud riuscì a liberarsi del sacerdote, sputandogli negli occhi e spingendo con la lama.
Avanzò, con una tempesta di colpi e stoccate fece indietreggiare il sacerdote.
Il fuoco freddo della lama continuava a bruciare, mentre la stregoneria svaniva piano.
Strisce nere, la dove la spada cozzò con l’ascia, ricoprivano l’arma del fedele di Tharkan. Frammenti, simili a granelli di sabbia, cominciarono a staccarsi.
– L’Altro Mondo non rimane mai troppo connesso con Questo. – Disse Jarrud, constatando un fatto ovvio.
– Così è. – Rispose il sacerdote, ansimante. – Almeno morirò ucciso da quello. Mi sento onorato. – aggiunse e sorrise.
– Quella si che è devozione! – Urlarono infinite voci che solo Jarrud poteva udire.
– Basta!
Mentre urlava, Jarrud riuscì finalmente con un colpo a far volare via l’ascia dalle mani del sacerdote. Quello, con le mani  rivolte contro il muro di una delle cripte, rimase rassegnato al proprio destino e accennò un debole sorriso.
Colpì al petto con la punta della lama. L’acciaio, aiutato da poteri sovrannaturali, perforò sia l’armatura che le ossa e i muscoli con enorme facilità.
Il sacerdote vomitò un fiotto di sangue e afferrò con le mani la lama. Le sue mani cominciarono a diventare del colore della cenere.
Sorrideva, i suoi occhi tremavano. Fissava qualcosa oltre Jarrud.
Quello lasciò l’arma e si tuffò a destra. Vide il macigno spiaccicare il volto ghignante del sacerdote, denti e occhi fuori dalle ossa ridotte a minuscole schegge in una nebbiolina rossa.
Si sollevò, estrasse la spada tagliò in un’ampia falcata a metà la testa del Ghoul. Il corpo cadde tra le erbacce schizzando sangue dalla ferita in ogni direzione.
– Fedeli e demoni in pasto. Poteva andare meglio. – Constatarono le voci.
– Zitti! – Quasi squittì di panico Jarrud.
Smise di tremare solo quando le fiamme rosse svanirono nel nulla e la spada tornò un normale pezzo di freddo acciaio.
Crollò inginocchiato, coperto di sudore e vomitando tutto ciò che poteva.
Si rialzò a fatica e per prima cosa andò a cercare il fodero.


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