Cronache nemediane: Spade senza metallo: la Spada Denti di Squalo

Articolo di Gabriele C. Zweilawyer, tratto dal sito Zhistorica.


Spada Denti di Squalo (SharkTooth Sword), il solo nome è capace di evocare immagini forse più vicine alla sfera della narrazione fantastica che a quella dell’indagine storica. Eppure quest’arma rappresenta un eccezionale esempio dell’ingegno umano (in particolare quando si tratta di uccidere i suoi simili).

Il Pacifico, da Tonga alla Hawaii, da Kiribati alla Isole Marchesi, non era un luogo tranquillo. Il mito del buon selvaggio ha stemperato la realtà storica, mostrandoci abitanti mansueti, pronti a danzare con una ghirlanda di fiori al collo; ma basta dare un’occhiata alla storia di questi popoli per comprendere come la guerra sia propria degli uomini e non dei tempi o dei luoghi. Al partire dal X secolo Tonga era riuscita ad ottenere una certa egemonia sulle isole vicine, Samoa compresa, tanto che alcuni storici hanno parlato a più riprese di Impero di Tonga.

L’impero iniziò a dissolversi già nel XV secolo, dopo fiumi di sangue versati dai guerrieri di Samoa, Tonga e delle Fiji. Anche l’Isola di Kiribati subì diverse invasioni da parte delle suddette popolazioni. Non c’era bronzo, non c’era ferro, né, tantomeno, polvere da sparo. Nel Pacifico la guerra era una cosa sporca, faccia a faccia, con armi di una violenza inaudita. Sarebbe interessante parlare di tutto l’armamentario di un guerriero locale (magari in futuro queste monografie verranno inglobate in articoli più ampi), ma per ora mi limiterò alla Spada Denti di Squalo (in copertina, il bellissimo esemplare custodito al Brooklyn Museum).

spada denti di squalo

Abbiamo visto come gli Aztechi, poco avvezzi alla metallurgia in generale, ed in particolare per scopi bellici, si fossero ingegnati con legno ed ossidiana.

A differenza degli Aztechi, le tribù del Pacifico non potevano contare neanche sulla tagliente ossidiana, eppure avevano a che fare con qualcosa di davvero affilato tutti i giorni: i denti di squalo. Vedere quei rasoi naturali, capaci di fare a pezzi un uomo in pochi secondi, portò inevitabilmente all’idea di poterli utilizzare nelle guerre sulla terraferma, quelle fra uomini. Probabilmente si iniziò con pugnali, mazze e lance, che mantennero la prevalenza negli scontri fino all’introduzione delle armi da fuoco, per arrivare infine all’arma d’elite, la Spada Denti di Squalo.

Catherine O’Riordan, della University College London (UCL), scrive: “C’era un uso comune e tradizionale della pelle e dei denti delle creature marine, in particolari quelle così pericolose come lo squalo, e questo implica chiaramente sia l’importanza e il significato del mare per le genti di Kiribati che la forza mitica che le creature marine davano a queste armi. L’uso di denti di squalo appare feroce e terrificante con la semplice associazione mentale alla brutalità dell’animale, oltre a essere in grado di infliggere ferite orrende. L’uso del pesce palla per gli elmi, oltre a farli apparire spinosi e pericolosi, mostrava anche la forza di un pesce capace di rilasciare tossine 1000 volte più velenose del cianuro.” 

La costruzione di una simile arma era teoricamente piuttosto semplice, ma in realtà serviva una grande abilità perché i denti rimanessero dritti per costituire i due tagli, e parimenti difficili era la scelta del tipo di legno. Bisogna infatti ricordare che la micronesia non è mai stata famosa per le sue foreste secolari, ma le popolazione che l’hanno abitata sono riuscite a spremere fino all’ultima goccia (per qualsiasi utilizzo) una delle piante più diffuse: l’albero di cocco.

PESCATI FINO ALL’ESTINZIONE?
Joshua Drew, biologo della Columbia University, ha analizzato oltre 120 armi con denti di squalo (provenienti dal Field Museum of Natural History di Chicago) e dedotto che nelle Isole Gilbert venivano cacciate ben otto specie di squalo da cui ricavare i preziosissimi denti. E’ interessante notare come due di queste siano state portate all’estinzione locale proprio dai micronesiani; ad oggi infatti, sia il Carcharhinus sorrah che il Carcharhinus obscurus non sono più presenti nelle acque delle isole.

La struttura fondamentale della Spada Denti di Squalo era costituita proprio da legno di cocco, dal quale si ricavava il manico e la “lama”. Come nella costruzione del Macuahuitl, era necessario trovare il metodo migliore per fissare i denti di squalo (o le lame d’ossidiana) alla base ignea. Gli Aztechi avevano trovato una discreta soluzione con le resine naturali, ma la stessa opzione risultò impraticabile per i micronesiani, che preferirono sfruttare la possibilità di praticare dei fori nel legno e nei denti di squalo, in modo che questi ultimi fossero inseriti nelle scanalature e poi legati con capelli umani e fibre vegetali per il fissaggio definitivo.

Le scanalature potevano essere ricavate direttamente nel legno o apposte sotto forma di asticelle di legno. I denti di squalo preferiti erano quelli di squalo tigre, abbastanza grandi e facili da reperire.

spada denti di squalo shark tooth sowrd
Guerriero kiribati, con spada denti di squalo ed elmo ricavato da un pesce palla, fotografato tra negli anni ’20 o ’30 dal reverendo George Herbert Eastman

Nella lingua di Kiribati, dove sembra che queste spade raggiunsero la massima diffusione, la spada con due file di denti veniva chiamata Rere, mentre quella con quattro file Wangea.

Quest’ultima aveva delle caratteristiche di utilizzo differenti, visto che era possibile usarla come una vera e propria mazza tagliente. Mi sono imbattuto anche in un esemplare con quattro file fino a 1/3 dell’asta di legno e solo due nei rimanenti 2/3. Evidentemente, c’erano varianti locali dovute all’abilità o al gusto estetico di guerrieri ed artigiani.

Sempre Joshua Drew, che ha letto i rapporti di alcuni missionari, ci descrive le modalità (o una delle modalità) di uso dell’arma:

“Two main combatants would have a duel using swords and dressed in armor made of tightly woven coconut cord and helmets of dried pufferfish. They would be joined by several assistants who would use the long lances to try to reach over their own combatant and attack his foe.”

“These thrusts would, in turn, be parried by the other combatant’s assistants, So while the two main men were fighting hand to hand, there was this sort of aerial combat overhead with the 10 to 15-foot lances.”

In pratica, ogni duellante aveva una sua squadra, armata di lance, che doveva essere neutralizzata dalla squadra dell’avversario.

All’interno della definizione Spada Denti di Squalo potrebbe rientrare anche una sua variante, probabilmente meno diffusa, riportata da Richard Francis Burton nel suo famoso libro The Book of the Sword (1884). Era costituita essenzialmente da un rostro di pesce sega, che forniva tutto il materiale senza bisogno di ricorrere a scanalature e legacci per fissare denti al legno. Purtroppo non sono riuscito a reperire alcuna fotografia, quindi dovrete accontentarvi dello scan dall’opera di Burton, il cui copyright, grazie a Dio, è scaduto da diversi decenni.

Resta da dire che i denti di squalo, come accennato prima, servirono a costruire diverse armi (una è finita anche nello scontro fra Maori e Monaco Shaolin in Deadliest Warrior), comprese mazze, pugnali e addirittura dei meravigliosi tirapugni (che ho visionato personalmente a Rarotonga, nelle Isole Cook, nel 2014).

dettaglio dall'Hunterian Museum & Art Gallery Collections
dettaglio dall’Hunterian Museum & Art Gallery Collections

La Spada Denti di Squalo fu un’arma davvero efficace, anche perché le protezioni corporee con cui doveva confrontarsi erano, nella maggior parte dei casi, praticamente assenti. Prendendo come esempio i test effettuati con il Macuahuitl, ritengo che anche la Spada Denti di Squalo non fosse capace di amputare un arto (forse un polso?), ma di certo poteva procurare delle ferite frastagliate capaci di causare infezioni ed emorragie.

Dopo i primi avvistamenti di canoe indigene nel 1616, da parte di Willem Schouten, seguito negli anni successivi da Jacob Le Maire e da Abel Tasman nel 1643, ci furono i primi scambi commerciali e culturali tra Europei e Tonga. Mentre, però, le lotte intestine continuarono ancora nel XIX secolo. Solo nel 1826, dopo lo scontro finale tra la vecchia famiglia regnante e quella che tutt’ora governa le isole, Tonga conobbe il vero significato di una pace duratura.

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