Dare forma agli esseri immaginari

Articolo di Luca Siniscalco, tratto dalla rivista Antarès.


I grandi maestri del pensiero e dell’arte fungono da medium del regno de­gli archetipi. I quali, ancorché occultati, mai tramontano. Jorge Luis Borges ha attinto a piene mani alla zoologia dei sogni, dedicando un’opera indubbiamente moderna, per sti­le e fruizione, al mondo delle creature immaginarie, che di moderno hanno ben poco. Il suo Manuale di zoologia fan­tastica (1957) inizia l’impresa completata, con diverse inte­grazioni, ne Il libro degli essere immaginari: compilare un manuale (certamente non esaustivo) per dare nuovamente voce alle creature dell’immaginazione. Il testimone di que­sta impresa è stato oggi impugnato da un giovane pittore, Alessandro Bulgarini, autore di una serie d’illustrazioni ispirate all’opera borgesiana. «Indagine sopra gli esseri immaginari» dichiara lo stesso Bulgarini, «è un ciclo di disegni pensato proprio per omaggiare Borges, che all’e­poca del Manual de zoología fantástica era già quasi completamente cieco.» L’intento dell’artista è chiaro: fornire una rappresentazione iconica e figurativa di quelle creature che nello scrittore argentino hanno esistenza letteraria. Se l’arte, come la coscienza europea dovrebbe sapere almeno da Platone, è tale quando realizza una dimensione anago­gica, connettendo particolare e universale, immanente e trascendente, percezione e immaginazione, l’opera di Bul­garini s’inserisce nel solco di una tradizione che nemmeno le estetiche più sperimentali e materialiste riescono a spegnere. Accostarsi con il pennello agli esseri immaginari significa gettare uno sguardo nel Mundus Imaginalis, rapportarsi con una sapienza simbolica che invoca la vigenza del mito. Ma anche, più semplicemente, interrogarsi su quanto la mo­dernità ha guadagnato o perduto. Significa, per Bulgarini, connettere la propria opera pittorica – da sempre incentrata su tematiche mitico-simboliche – a quella di un’auctoritas. Cioè, di un autore vero. Se, infatti, siamo nani sulle spalle di giganti, ci rimane la libertà di scegliere su quali spalle issarci per mirare l’orizzonte.

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