Prima di cominciare…
A partire dal prossimo luglio, con cadenza mensile, condividerò alcune note e considerazioni riguardanti i racconti di uno dei personaggi più celebri dello Sword&Sorcery: Solomon Kane.
Senza dubbio, il tetro spadaccino del Devon rientra in quel novero di personaggi letterari su cui, sia in passato che ai nostri giorni, sono stati versati i proverbiali fiumi d’inchiostro; l’essere stato superato in fama e fortuna da altri eroi anch’essi fuoriusciti dalla penna maestra di R.E. Howard come Conan il Cimmero o Kull di Valusia, non ha mai impedito al celebre puritano vagabondo di restare al centro dell’attenzione non solo di lettori appassionati, ma anche di numerosi critici, che ne hanno analizzato tanto le avventure esotiche quanto la psicologia severa e cupa.
La decisione di ripercorrerne i passi, racconto per racconto, comporta quindi il dovere di rispondere a ben preciso interrogativo: c’è qualcosa di nuovo da dire su Solomon Kane? Cosa si può analizzare ancora delle sue arcinote avventure, storie che hanno conosciuto riduzioni fumettistiche, cinematografiche, e i cui esordi sulle pagine del celebre Weird Tales risalgono ormai a novant’anni fa?
La risposta, inevitabilmente, va oltre la superficie pur brillante dei pulp in questione.
A rigor di filologia, la figura di Solomon Kane – il cui ciclo consta di 16 titoli fra racconti e liriche – è forse la prima in cui avviene la chiara materializzazione di quella che diventerà poi una costante di praticamente tutta la produzione howardiana: la brama inesausta dell’ignoto.
In tutte le vicende che coinvolgono il pallido spadaccino, sia quelle ambientate nelle nebbiose brughiere inglesi che in quelle oppresse dall’umidità delle inestricabili giungle africane, si agita sullo sfondo una continua ricerca di orizzonti sconosciuti, di un altrove misticamente identificato con immagini religiose. Nelle avventure che coinvolgono spettri, briganti, non morti e stregoni, Kane maschera con la sua ricerca monomaniacale di giustizia una ben più ardita Quest, quella oltre le porte dell’esistenza terrena che – sola – può saziarlo ponendo fine al suo girovagare.
E’ questo forse l’inevitabile fardello che il puritanesimo ha posto sulle spalle di un personaggio già di suo smosso da pulsioni senza nome?
Per qualcuno sì, e spesso si voluto identificare nell’avventuriero inglese una sorta di predecessore premoderno dei molti antieroi alienati di stagioni più recenti, inconsapevolmente avvinti da forze che non sanno riconoscere.
Si tratta però, a mio avviso, di una lettura parziale, che spero di poter superare quando sarà il momento di riassaporare le pagine di ogni singolo racconto. Sebbene non abbia sempre coscienza di sé, Kane non rifiuta – quando gli è concesso – di scrutare nel pozzo profondo del suo cuore, ed è proprio per questa ragione che la sua figura rifulge di una luce limpida e mortale. Lo vedremo presto.
Nota: per la mia rilettura utilizzerò il quarto volume del cofanetto che la Newton Compton ha dedicato a R.E.Howard nel 1995, a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco. Traduzione e attribuzioni redazionali faranno quindi riferimento a quella edizione.