Cronache nemediane – Prégent de Bidoux

Articolo di Gabriele C. Zweilawyer, tratto dal sito Zhistorica.


Pregént de Bidoux è uno dei tanti personaggi straordinari finiti del dimenticatoio della storiografia italiana. Guerriero, corsaro e uomo di grande intelletto, fu protagonista in famosi fatti d’arme (e non solo) del suo tempo.

Qualche anno fa lo citai nell’articolo sull’Assedio di Rodi del 1522, suscitando grande curiosità sulla sua figura (tanto che, nel 2013, fu oggetto di un meme di Feudalesimo e Libertà che riportava un passo del mio articolo). Prima di inziare a parlarvi di Pregeant de Bidoux, italianizzato Pregianni (il Guicciardini lo chiama “Pregianni Provenzale” nel libro V della sua Storia d’Italia), vorrei ringraziare lo staff del sito http://www.corsaridelmediterraneo.it, da cui ho attinto una parte sostanziosa delle informazioni necessarie alla stesura del pezzo. Oltre a spulciare le monografie dei vari corsari, vi consiglio di consultare anche la ricchissima bibliografia presente nel menzionato sito. Il lavoro che hanno fatto sulle fonti è impagabile e degno della migliore storiografia.

Il Pregianni nasce in Guascogna attorno al 1468 in una famiglia nobile. Tuttavia, fin da giovane mostra un’eccezionale propensione per l’avventura e la guerra per mare. La sua presenza è segnalata a Marsiglia nel penultimo decennio del XV secolo e a vent’anni circa gli viene dato il comando di una galea alle dipendenze dei Cavalieri di Rodi. La guerra di corsa diventa la sua vita.

 La Guerra di Corsa
Si definisce così “l’Azione bellica esercitata da privati, con l’autorizzazione dello stato, a dannodel naviglio mercantile nemico; si differenzia dalla pirateria che ha come unico scopo quello di depredare le navi assalite, a prescindere dalla nazione a cui appartengono. La guerra di corsaebbe inizio nel Medio Evo e rappresentò la difesa privata contro la pirateria.”

Nel marzo 1495 prende parte al fallito tentativo francese di conquistare Ischia ed è costretto a riparare a Genova. Sull’isola si è rifugiato Ferdinando II, Re di Napoli, il giorno successivo all’arrivo di Carlo VIII nella capitale del Regno.

L’azione si inserisce nel teatro bellico della Prima Guerra Italiana (1494-1495), che vede una proliferazione di scontri e scaramucce lungo tutta la penisola e si conclude con la studiatissima (visto che ancora oggi gli storici si accapigliano su chi ne sia uscito vincitore e chi sconfitto) Battaglia di Fornovo.

Nelle mani dei francesi rimane infine solo Gaeta, sottoposta a un blocco navale da parte di Federico I, succeduto al nipote Ferdinando II (cui prende parte anche il famoso Ettore Fieramosca). Pregianni, che comanda 3 galee, 2 galeoni e le galeazze Notre-Dame-Sainte-Marie e La Louise, prende il mare nell’estate del 1496 e raggiunge l’isola per portare viveri e soccorsi ai difensori.

Il blocco navale dell’isola è diretto da Domenico Malipiero, quasi settantenne provveditore della flotta veneziana (autore de Annali veneti dall’anno 1457 al 1500, stampato a Firenze nel 1843). Pregianni non si fa intimorire. Dopo essersi aperto un varco a colpi di cannone, fa sbarcare gli aiuti e poi torna a Marsiglia.

Un paio di mesi dopo l’impresa di Gaeta, Pregianni si trova di nuovo di fronte Domenico Malipiero. Questa volta la città da rifornire è Livorno, assediata da Massimiliano d’Austria e dai Veneziani.

Pregianni riesce ad aggirare le 27 navi di Malipiero. Sfruttando il vento, i suoi 26 vascelli sono fuori dalla portata dell’artiglieria veneziana. A Livorno arrivano quindi viveri e soldati.

Pregianni riprende il mare immediatamente e punta ancora su Gaeta, ma questa volta la spedizione non ha successo, e nel novembre 1496 la città finisce per capitolare. Nei due anni successivi, Pregianni si guadagna sempre più la fiducia di Carlo VIII. Nel 1497 salva Marsiglia dalla carestia sequestrando una nave genovese carica di grano, mentre l’anno successivo viene spedito dal nuovo Re di Francia (Luigi XII) a Roma, per ottenere una dispensa papale che gli permetta di sposare Anna di Bretagna, già moglie di Carlo VIII. Nel viaggio di ritorno, trova anche il tempo di portare Cesare Borgia da Ostia a Marsiglia, in vista delle sue nozze con Charlotte d’Albret.

cesare borgia
Cesare Borgia, uno dei tanti personaggi storici incrociati da Pregianni.

L’ultimo anno del secolo, il 1499, inizia la sua opera di contrasto della marina ottomana. Si unisce con 4 galee e 2 brigantini alla flotta veneziano-gerosolimitana comandata da Guy de Blanchefort, futuro Gran Maestro degli Ospitalieri.

Pregianni si distingue per l’enorme numero di azioni portate a termine con successo. Nell’estate dello stesso anno riesce a impadronirsi di dieci imbarcazioni ottomane in un sol colpo, e nella primavera successiva riesce a distruggere l’arsenale di Volo, dove sono stoccati 9.000 remi, dopo essere sbarcato con 600 soldati greci e albanesi.

Continua a catturare o distruggere imbarcazioni militari e commerciali ottomane per tutto l’anno 1500, che conclude con una sua partecipazione attiva all’Assedio di Cefalonia.

Fra 1501 e 1502 prende parte sia al fallito tentativo di strappare Militene al dominio turco (operato dal Gran Maestro Pierre d’Aubusson, che aveva difeso Rodi nell’Assedio del 1480) sia a quello, coronato dal successo, di conquistare l’isola di Santa Maura (Leucade).

I veneziani rimangono talmente impressionati dalle sue capacità da offrirgli il comando di una squadra navale e un ricchissimo stipendio, che Pregianni rifiuta.  Nei due anni successivi, di nuovo al servizio della Francia, mette a dura prova le forze navali spagnole che incrociano nel sud Italia. Riporta la sua prima ferita durante un abbordaggio: un chiodo gli trapassa un piede quando salta sul ponte di una nave mercantile.

Continua a concedere i suoi servizi alla Francia e, sporadicamente, ai Cavalieri Ospitalieri, di cui è membro.

La considerazione che Luigi XII ha nei suoi confronti lo porta a ricevere, nel 1507, l’importante incarico di fare in  modo che Luciano Grimaldi riconsegni alla Francia il Principato di Monaco. Pregianni ha poco tempo a disposizione (e riesce a ottenere solo una generica promessa di restituzione), poiché deve portarsi a Savona per essere maestro delle cerimonie durante l’incontro fra Luigi XII e Ferdinando II.

Dopo aver servito ancora la Francia contro Venezia, a Pregianni viene richiesto di spostarsi sulla costa atlantica francese (passa quindi dalla flotta di Levante a quella di Ponente), dove incrociano le navi dell’ammiraglio inglese Edward Howard.

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La Cordelière (francese) e la Regent (inglese) bruciano durante la Battaglia di Saint-Mathieu, nell’agosto del 1512.

Nell’aprile 1513, dopo una serie di operazioni navali davanti alla cittadina di Brest, Edward Horward punta dritto alla nave “La Générale” di Pregianni con 6 delle sue imbarcazioni. Il francese però colpisce duro, distruggendo a colpi di cannone due vascelli nemici. Gli inglesi riescono comunque ad abbordare l’ammiraglia di Pregianni, ma vengono massacrati ed i loro corpi gettati in mare.

Edward Howard muore nello scontro, ma Pregianni si rifiuta di consegnare il cadavere agli inglesi. Preferisce infatti farlo imbalsamare (!) e tenerlo per sé come grottesco ricordo della sua vittoria.

Nel 1514, divenuto il terrore delle città costiere inglesi, tenta uno spericolato raid su Brighton. Dopo essere riuscito ad incendiare un bastione, Pregianni viene ferito gravemente a un occhio da una freccia nemica. Riesce comunque a riparare a Boulogne, dove ringrazia la Madonna (in senso letterale, presso la locale chiesa di Notre-Dame) per aver perso solo un occhio.

Pochi mesi dopo, Pregianni torna a operare sulle coste mediterranee. Il suo nemico questa volta è Andrea Doria, il famoso ammiraglio genovese suo coetaneo.

Durante il loro primo scontro, davanti alle isole di Hyeres, Doria è costretto a battere in ritirata. A meno di due anni di distanza, Pregianni si trova invece al fianco di Andrea Doria e dello Stato Pontificio nella lotta al corsaro Curtogoli, che infesta il Tirreno.

Non riuscendolo a scovare, la flotta cristiana prende di mira le basi di ques’utlimo, situate presso Biserta, sulla costa tunisina. I cristiani però finiscono massacrati quando Curtogoli li coglie di sorpresa mentre sono a terra alla ricerca di bottino. I genovesi subiscono perdite pesantissime, mentre Pregianni riesce a mettere in salvo i suoi e a continuare le sue scorrerie sulla costa nordafricana.

Ritornato a Marsiglia, Pregianni sembra perdere parte del suo furore. Il nuovo sovrano francese, Francesco I, l’anno precedente lo aveva declassato a luogotenente (mentre prima era Generale delle galee del Levante) e sembra, in generale, apprezzarlo di meno rispetto ai suoi predecessori.

Decide quindi di ritirarsi a Sant-Gilles, capitolo degli Ospitalieri di cui è priore, e chiede a Francesco I il permesso di trasferirsi nell’isola governata dall’Ordine: Rodi. Il beneplacito del sovrano arriva nel 1517 e, nel 1518, Pregianni arriva a Rodi, dove viene preposto alla difesa dell’isola di Kos, di Calino e di Saria.

Gravure de la forteresse de Neratzia à Kos vers 1522
Fortezza di Neratzia a Kos nel 1522 (da http://dominicus.malleotus.free.fr/)

Pregianni non rimane in difesa statica delle isole, ma continua la sua attività di corsaro degli Ospitalieri, incrociando spesso nelle acque di Cipro. Come detto dal De Caro nel passo riportato qui sotto, Pregianni “amava la guerra e odiava i turchi”, ed è forse per questo che, richiamato in patria da Francesco I, preferisce rimanere a Rodi.

Qui, nel 1522, Solimano il Magnifico è pronto a far sbarcare 100.000 uomini e migliaia di operai per distruggere, una volta per tutte, gli Ospitalieri.

In uno degli assedi più incredibili del XVI secolo, Pregianni svolge un ruolo da protagonista.

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La descrizione di Pregianni fatta da Luigi De Caro in “Storia dei gran Maestri e cavalieri di Malta: volume II” (1853).

L’enorme flotta turca arriva il 26 giugno 1522, ma Pregianni riesce comunque a raggiungere Rodi e a entrare nella fortezza.

L’assedio si trasforma ben presto in un bagno di sangue. Decine di migliaia di turchi vengono massacrati sotto le mura, e Pregianni è sempre in prima fila. Assieme all’artigliere veneziano Gabriele Tadino di Martinengo, difende il baluardo di Sant’Atanasio.

La guerra di mina e contromina è devastante. Per 32 volte Gabriele di Martinengo riesce a piazzare bene la contromina e a far saltare il tunnel nemico, ma il 4 settembre i turchi riescono ad aggirare le difese sotterranee dei Cavalieri e fanno saltare in aria un bastione.

La battaglia che segue dura tutta la giornata. I Cavalieri si piazzano sulle mura diroccate e suoi bastioni caduti respingendo ondate di turchi.

Pregianni combatte con tanta furia da spezzare la lama del suo spadone. Continua a colpire prima usando il pomo come un martello da guerra, poi utilizza le pietre staccatesi dalle mura. Alla fine, un colpo di archibugio gli passa il collo da parte a parte. Pregianni stramazza sui cadaveri dei nemici uccisi.

pregianni

Incredibilmente, Pregianni è ancora vivo. Il colpo non ha toccato la giugulare e la carotide. In pochi giorni si ristabilisce e cerca di sopperire all’assenza di Gabriele di Martinengo, ferito all’occhio e costretto a letto.

Pregianni, considerato quasi immortale dai suoi uomini, sovraintende alla riparazione delle mura utilizzando i consigli di Martinengo.

Il 12 ottobre i turchi tentano una scalata notturna del bastione inglese. Pregianni e i suoi uomini li scoprono e li massacrano. Il giorno successivo Pregianni fronteggia un nuovo assalto in massa e infligge tali perdite ai nemici da convincerli a sospendere gli attacchi per qualche tempo.

Diventa però sempre più chiaro che i Cavalieri non possono resistere per sempre.

Dopo aver resistito ad altri assalti, all’inizio di dicembre il Gran Maestro decide di chiedere proprio a Pregianni e Martinengo, i due che si erano più distinti durante l’assedio, se sia il caso di trattare la resa.

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Sia i Cavalieri favorevoli alla resa, sia parte della cittadinanza temono che Pregianni e Martinengo siano pronti a consigliare al Gran Maestro L’Isle-Adam una strenua difesa, ma si sbagliano. I due infatti, dati alla mano, gli fanno capire che ci sono le condizioni per resistere al massimo a un solo assalto. Mancano munizioni, viveri e, soprattutto, mancano anche gli uomini per manovrare l’artiglieria.

Al contrario, l’Isle-Adam è deciso a far compiere a tutti i Cavalieri e all’intera città l’estremo sacrificio. Prevalendo il partito della resa, l’11 dicembre si aprono le trattative con i turchi e si scambiano gli ostaggi.

La tregua però viene interrotta dall’idiozia di un Cavaliere, de Fournon, che scarica un cannone su un gruppo di turchi inermi nei pressi delle mura.

Solimano risponde con l’ennesimo cannoneggiamento della città e un nuovo assalto generale, ma alla fine entrambi le parti decidono di porre fine al massacro e firmano le condizioni di resa concordate l’11 dicembre. Pregianni è fra gli ostaggi consegnati a Solimano.

Il primo giorno del 1523 i Cavalieri e i cittadini sopravvissuti, circa 5.000, prendono il mare alla volta di Candia, abbandonando per sempre Rodi. A guidare la nave del Gran Maestro c’è, ovviamente, Pregianni.

Nel 1524, il corsaro francese torna nella sua Marsiglia, e negli anni successivi lo troviamo a capo di un’ambasceria in Inghilterra presso Enrico VIII e a svolgere altri compiti militari e diplomatici.

La guerra ai turchi però rimane nel suo cuore, tanto che, nell’agosto 1528, decide di mettersi all’inseguimento di una galea ottomana avvistata nei pressi di Marsiglia. Nonostante i 50 anni, Pregianni guida l’abbordaggio, ma viene ferito gravemente.

I suoi lo portano a Nizza, dove muore.

La sua storia finisce qui. E inizia la sua leggenda.

Pregianni ha servito tre re francesi, due Gran Maestri degli Ospitalieri, e ha incontrato (il più delle volte “scontrato”) un numero impressionante di famosi personaggi storici. Da Ettore Fieramosca ad Andrea Doria, da Cesare Borgia a Enrico VIII, dal corsaro Curtugoli a Luciano Grimaldi, tutti hanno avuto modo di apprezzare le sua qualità diplomatiche e militari.

La storiografia italiana, Luigi De Caro a parte, non gli ha mai prestato grande attenzione, ma quella francese ha speso per lui grandi elogi.

Louis Nicolas, nella sua Histoire de la marine française (Parigi, 1961) lo definisce, a ragione, “Le plus grand marin du siècle”, “il più grande marinaio del secolo”.

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