Presentazione
Per la rubrica de I racconti di Satampra Zeiros, abbiamo il piacere di ospitare Gilbert Gallo, collaboratore dell’Associazione Culturale Italian Sword&Sorcery, che ci propone Ori e dolori, ottavo capitolo del romanzo sword and sorcery Shalirat, di circa 17.000 battute spazi inclusi.
Buona lettura.
PRIMO CAPITOLO – LA MORTE DEL MULO
SECONDO CAPITOLO – I PREPARATIVI
QUINTO CAPITOLO – LA FURIA DEL LUPO
SETTIMO CAPITOLO – LA RESA DEI CONTI
Sinossi
Daeron e Iwan sono due fratelli un po’ barbari che fanno parte di una compagnia rivoluzionaria al seguito di un capo misterioso chiamato “Il Falco”. Daeron è rapido, furbo ed ha acquisito dei tratti lupeschi in circostanze misteriose. Iwan invece è massiccio ed ha con sè una enorme ascia con la quale ha un rapporto “particolare”.
I due vengono mandati in missione per indagare su tale chiamato “il mulo” che potrebbe avere informazioni in grado di ricattare il misterioso “Falco”. E’ in ballo la sopravvivenza della compagnia rivoluzionaria, ma ciò che li attende è ben al di là delle loro aspettative…. Anziché un intrigo politico, i due fratelli si ritroveranno a fronteggiare minacce ben più grandi di loro armati solo del loro coraggio, della loro intesa in battaglia e soprattutto della loro scapestrata avventatezza.
Autore
Come ogni aspirante supereroe che si rispetti, anche Gilbert ha una doppia identità. Di giorno regala sorrisi grazie ai suoi superpoteri di guarigione mentre di notte crea fantastici universi nei quali si muovono personaggi incredibili che vivono mirabolanti avventure. Si dedica da svariati anni alla scrittura di manuali, settings e avventure per giochi di ruolo. Al momento collabora con numerosi editori Italiani ed Esteri come freelance e sia nell’ambito dei giochi di ruolo che in quello dei giochi da tavolo. Nell’ambito dei giochi di ruolo è autore di più di 20 titoli pubblicati in varie lingue (Italiano, Inglese, Polacco), fra i quali ricordiamo: Editori Italiani Cyberpunk V3 edizione Italiana (Stratelibri, 2008) Sole d’Acciaio – mini-setting per Musha Shugyo (rivista IoGioco #5 2018) Darkmoor – regolamento e setting originale (Acchiappasogni, 2015) Mythos – regolamento e setting originale (Rose and Poison, 2007) Editori Esteri Buccaneer: Through Hell & High Water (Yellow Piece and Fabled Environments, 2017) Olympus Inc. – (Fabled Environments, 2017) Mythos – versione E.G.S. (Mystical Throne Entertainment, 2015) Mythos – versione Savage Worlds (Mystical Throne Entertainment, 2013) Voodoo Pirates – (GRAmel, 2015) Kung Fu Adventurers! – (GRAmel, 2016) Oltre a numerosissime avventure e svariati setting books, ha creato diversi sistemi di gioco “originali” per giochi di ruolo tabletop. Due sono stati pubblicati (Mythos edizione Italiana e GilDar di Wip Edizioni) e gli sono valsi il primo del GDRItalia contest del 2007.
SHALIRAT
Capitolo 8: Ori e dolori
Gilbert Gallo
La fasciatura sembrava a posto. -Speriamo che regga!- pensava fra sé Iwan, zoppicando verso i due aiutandosi con l’ascia.
-Kommander!- gridò Lenethil, al colmo della gioia, -Faccia presto, venga a vedere!-
-Arrivo, arrivo…- rispondeva Iwan, che non riusciva a comprendere il motivo di tanta fretta. Giunto dinanzi al grande buco, anch’egli si arrestò stupefatto. Un metro più in basso, la luce delle torce rischiarava un grande incavo nel quale splendevano mille e mille tesori. Montagne di pietre preziose sfavillavano accattivanti accanto a mucchi di perle, collane e diademi degni di un re. Alcuni teschi, sfuggiti alla cieca distruzione di Iwan, contrastavano nettamente con lo splendore di armi e scudi ingioiellati che risplendevano come stelle nella notte senza luna. Ed i miseri resti di quella che un tempo era una grossa teca di cristallo sfiguravano dinanzi al tappeto di grossi dobloni e talenti d’oro massiccio che ricopriva il pavimento. Persino l’occhio del più esperto dei ladri non sarebbe stato in grado di discernere, in quell’immensa moltitudine di tesori, quale oggetto fosse di maggior pregio.
-E’… un tesoro immenso!- disse a fatica Iwan, abbagliato da tutto quel rifulgere di metalli preziosi.
-Chissà… forse non è stato poi così inutile venire fin qui…- fece Daeron, col suo sorriso ironico.
-Attenzione, però- disse Lenethil -Finora, ciò che ha detto Lisbas si è incredibilmente verificato. Bisogna dunque aspettarsi che il tesoro sia maledetto!-
-Già- aggiunse Iwan, e citò un vecchio proverbio dei Mari del Sud: -“Appena trovi un tesoro, ti ritrovi pieno di amici…”-
-“Ed i veri amici…”- aggiunse Daeron, completando con enfasi il proverbio: -“Sono come le donne caste e pure!” Hai proprio ragione, fratello. E’questa, la maledizione di tutti i tesori!-
Un profondo ruggito che sembrava provenire dall’oltretomba troncò ogni ulteriore riflessione filosofica. I tre si voltarono appena in tempo per vedere la grossa torre di cristallo o di chissà quale sconosciuto materiale girare su sé stessa mentre la terra cominciava a tremare violentemente. Malgrado i loro sforzi, Daeron, Iwan e Lenethil caddero per terra mentre grosse fenditure si aprivano sul terreno traballante. Piano piano, videro le macerie della torre inabissarsi completamente in una enorme voragine dalla quale fuoriusciva un sinistro bagliore rosso, simile all’interno di una fornace. Terrorizzati, i tre non potevano far altro che tentare di evitare di sprofondare in una delle grosse crepe che si formavano continuamente sotto i loro piedi, mentre sentivano risuonare sopra le loro teste la sadica risata di Kalgor.
Dopo lunghi, interminabili minuti il terremoto cessò ed i tre alzarono lo sguardo verso Kalgor, che fluttuava a più di dieci metri sulle loro teste. Il suo volto era contratto in una smorfia isterica ed i suoi occhi brillavano del lume della pazzia. Questa volta non levitava più all’interno della rossa sfera traslucida, bensì le sue vesti seguivano l’andamento del vento come se stesse realmente volando. Stranamente, il Vescovo non aveva con sé il bastone col cranio di caprone. D’istinto, Lenethil cominciò a ricaricare la balestra. Iwan e Daeron lanciarono contro Kalgor i loro ultimi due pugnali, ma il Vescovo era troppo in alto perchè potessero colpirlo. Incurante delle pesanti imprecazioni che i due fratelli gli stavano lanciando contro, il Vescovo volò sicuro fin sopra la voragine dai rossi bagliori.
-Ascoltami, Ktonion!- gridò Kalgor, come se dinanzi a lui ci fosse stata una platea con milioni di spettatori -Oggi è un giorno di grande dolore e tristezza per tutti noi. Ho già avuto la mia parte di dolore… Trovo quindi giusto che anche voi abbiate la vostra!- e scoppiò in una fragorosa risata.
-Quello è pazzo da legare!- disse Iwan, scuotendo il capo.
-Già- rispose Daeron, sfoderando la spada corta cesellata di fattura Thorgar -Bisogna fermarlo, prima che sia troppo tardi!-
-Donna…- chiese Iwan a Lenethil -Pensi che quel maledetto abbia in serbo per noi qualcosa di poco piacevole?-
-Non lo so e non ci tengo a saperlo!- rispose Lenethil, affrettandosi a ricaricare la balestra.
-Trema, Continente!- gridò Kalgor alzando le braccia al cielo, -Poiché sta per emergere colui che succhia il midollo dalle ossa, che si bea del do/ore, che schiaccia le teste del suoi nemici, il signore del pianto. principe della paura, imperatore della violenza!– Poi, chinò la testa verso il basso e disse:-Nel nome di Colui che Beve il Dolore io ti invoco, Ghul-Sha-Kor. Vieni Ghul-Sha-Kor e sazia la tua sete di sangue con i miei nemici…-
Un sordo ruggito, ma questa volta molto più vicino e terrificante di prima, rispose alle invocazioni del Vescovo, facendo raggelare dal terrore i tre. Una grossa mano scura ed artigliata sorse dalla voragine e con un tonfo si aggrappò al bordo dell’enorme buco facendo tremare la terra. Mentre sentivano il sangue martellare le loro tempie per la tensione, i tre guardarono esterrefatti dapprima una seconda, poi una terza ed infine addirittura una quarta mano seguire la prima ed aggrapparsi al bordo della rossa voragine. Kalgor, isterico, sghignazzava con gli occhi sbarrati. I paurosi artigli di quelle dita squamose penetrarono la solida roccia come se fosse stata morbido burro. Per un attimo, l’unico suono che si udì fu un lontano e flebile coro di urla strazianti che sembrava provenire dai misteriosi recessi di quel rosso abisso.
I muscoli delle grosse dita si tesero e dalla voragine fuoriuscì una massa infuocata di colore blu, all’interno della quale era possibile distinguere i contorni di un gigantesco teschio caprino nelle cui mobili fauci scheletriche si agitava senza speranza una dilaniata figura dai contorni umani. Lenethil avrebbe voluto urlare tutto l’orrore che le attanagliava le viscere, ma il grido le morì nella gola, strozzata dal nodo col quale la paura aveva avvinghiato le sue delicate e melodiose corde vocali.
Iwan e Daeron indietreggiavano cautamente con le armi in pugno, tentando disperatamente di mantenere la calma dinanzi ad un tale spettacolo.Continuando il suo orrido pasto, l’infernale creatura continuò ad emergere, mostrando le sue quattro potenti braccia squamose con il suo rosso torace dall’aspetto umanoide ma coperto di appendici coriacee e sproporzionatamente muscoloso. All’altezza della vita, un’immonda fila di occhi di varia forma e dimensione cingeva tutt’intorno i fianchi di Ghul-Sha-Kor. Infine, la terra tremò sotto il peso del gigantesco demone, alto oltre dieci metri, non appena le sue estremità inferiori dall’aspetto caprino ebbero percosso il terreno più volte sciogliendo le rocce, sotto gli zoccoli fumanti, in pozze di liquida lava. Terminato il suo pasto, il demone dispiegò le sue quattro braccia, inspirò profondamente ed emise un potentissimo ruggito che fece tremare la fortezza fin dalle fondamenta, mentre nere colonne di fumo s’innalzavano dalle fiamme blu che avvolgevano il suo macabro teschio. La sua bitorzoluta coda nera, simile a quella di un titanico scorpione, fendeva l’aria sibilando. Le quattro braccia di Ghul-Sha-Kor si tesero verso il cielo, seguite da in disumano urlo di piacere.
I tre indietreggiarono terrorizzati dinanzi a tanto orrore. Solo Kalgor, ebbro dalla gioia, si arrischiava a restare a poca distanza dall’enorme demone, alto più di dieci metri, recitando frasi arcane e riti immondi. Quando Ghul-Sha-Kor ebbe riabbassato le braccia, si ritrovò al centro di un enorme pentacolo pulsante di energia rossa. Infuriato, il demone si mosse alla rinfusa urlando la sua rabbia come un animale in gabbia, ma una arcana forza gli impediva di uscire dal centro del pentacolo. Mentre i suoi occhi si illuminavano di tetri bagliori, Ghul-Sha-Kor si rivolse verso Kalgor aprendo e chiudendo le sue quattro mani artigliate, come il leone che aspetta il momento opportuno per assalire la preda. Ad occhi chiusi, Kalgor continuava a recitare formule e frasi arcane cercando di vincere la volontà di Ghul-Sha-Kor, mantenendo una calma davvero invidiabile mentre la sua mente veniva attaccata dalle forze del demone. Lenethil aveva finito di ricaricare la balestra, ma non aveva il coraggio di alzare gli occhi verso quell’orrore demoniaco, mentre tremava come una foglia con la balestra in mano.
-Dalla a me, Lenethil!- disse Daeron facendosi coraggio -Ci penso io!-
Lenethil, con mano tremante, passò la balestra a Daeron chiedendosi ancora una volta perchè mai non fosse rimasta a cantare nel Tempio.
Iwan, ripresosi dal momento di panico, esclamò: -Sei pazzo, Daeron? Il demone non se ne accorgerà nemmeno, di quel dardo!-
-Il demone no…- rispose Daeron, prendendo la mira, -Ma chi so io sì…-
Gocce di freddo sudore imperlarono la fronte di Daeron mentre il dito sfiorava il grilletto del meccanismo.
Iwan fissò Ghul-Sha-Kor: era davvero temibile, ma lui avrebbe combattuto ugualmente, e fino alla morte. Guardò la sua amica di cento e cento battaglie: Kvinnar. Gli sembrò che risplendesse di una luce cremisi, mentre le rune intarsiate sulla lama avevano strani riflessi azzurrini. Sapeva bene che la sua ascia era particolare, per cui preferiva non farsi domande, ogniqualvolta cambiava colore. L’importante era che, ancora una volta, avrebbero combattuto insieme, anche se le speranze di vittoria, come sempre, sembravano esigue.
Con un rapido scatto, il dardo partì, carico di tutte le speranze che in quel momento albergavano nei cuori dei tre, che lo seguirono col fiato sospeso…
Fu questione di un attimo: l’urlo di Kalgor, l’affievolirsi del pentacolo di energia, la rapidissima frustata della coda del demone, la cascata di sangue dalla bocca di Kalgor trafitto in pieno petto dall’enorme pungiglione e l’impatto delle quattro grandi mani del demone sul fragile corpo del Vescovo, ridotto ad una poltiglia sanguinolenta prima ancora che potesse accorgersene. Ruggendo di piacere, il demone leccò il sangue sulle sue mani, mentre numerosi occhi multiformi fissavano le tre future prede…
Lenethil rimase come imbambolata, mentre caotiche immagini di indicibile dolore ed atroce sofferenza si affollavano nella sua mente.
Daeron fissò la scena, terrorizzato. Ed ora? Chi mai avrebbe fermato quell’orrore? Si girò, e vide il fratello esaltato e pronto a battersi strenuamente, con la sua ascia sfavillante in pugno.
-Daeron!- gridò Iwan, mentre i suoi occhi s’illuminarono del piacere della battaglia, -Vuoi forse vivere in eterno?-
Daeron sguainò la spada corta cesellata. Non c’era dubbio: toccava a loro.
Ghul-Sha-Kor spiccò un grande salto con le sue zampe caprine verso le sue prossime prede, pregustando il sapore del loro sangue. Dall’alto, cadde sibilando sui tre una letale pioggia di artigli lanciati dal demone con un ululato tenebroso. Le armature che proteggevano i due fratelli si rivelarono molto utili, giacché i pericolosi artigli non riuscirono a penetrare le protezioni. Lenethil, invece, fu ferita al braccio sinistro ed il dolore la fece tornare in sé.
Vedendosi spacciata, estrasse il pugnale di preziosa fattura elfica dalla cintura e lo scagliò, con la forza della disperazione, verso l’orrore che stava per piombarle addosso. Il pugnale si conficcò all’altezza della vita del mostro, al centro di un grande occhio di pesce. Con un ruggito di dolore, il mostro cadde rovinosamente al suolo, facendo tremare violentemente il terreno. Lenethil, spinta dalla forza dell’impatto, rotolò di lato e finì in una delle grosse crepe che si aprirono nel terreno, aggrappandosi al bordo con tutte le proprie forze mentre sentiva il cuore in gola batterle all’impazzata. La terra tremò sotto i piedi di Iwan che, malauguratamente, mise un piede in fallo e cadde sulla gamba fasciata, riaprendo così la ferita. Le fiamme attorno al cranio caprino di Ghul-Sha-Kor si fecero di color rosso e, con un ruggito d’ira, il demone si alzò in piedi portando due delle quattro mani sull’occhio trafitto.
Daeron, mentre tentava di aiutare Iwan, vide il demone girare attorno il cranio caprino, come se lo stesse cercando. Poi, ruggendo nuovamente, Ghul-Sha-Kor tese le mani in quattro differenti direzioni e lanciò i suoi artigli alla rinfusa, mentre la sua pericolosa coda nera fendeva l’aria inutilmente.
-Non ci vede!- disse Daeron -Attacchiamo ora! Se sanguina, può morire!-
-Maledetta gamba- disse Iwan -Non riesco a muovermi…-
-Allora andrò da solo- disse Daeron, lanciandosi verso il mostro.
Iwan guardò il fratello correre da solo incontro al mostro: ora si che era diventato un vero guerriero! Provò ad alzarsi in piedi per raggiungere suo fratello e condividere la sua sorte, ma fu tutto inutile.
Daeron, intanto, giunto a pochi passi dal mostro, balzò agilmente su un grosso pezzo di muro crollato e spiccò un lungo salto con la spada corta di fattura Thorgar in mano. Ghul-Sha-Kor udì la sua presenza e cominciò a menare colpi alla rinfusa con le sue potenti braccia. Ma il salto di Daeron era stato calcolato alla perfezione e l’astuto uomo del Sud, balzando, aprì un grosso squarcio sul fianco del mostro all’altezza della vita, tranciando di netto altri tre piccoli occhi di lucertola. Il grande dolore causato, però, tradì la sua posizione al mostro che, di riflesso, assestò un potente malrovescio a Daeron con una delle sue braccia, facendolo volare dieci metri più avanti nella grande buca traboccante di tesori. L’agile Goran tentò disperatamente di controllare la caduta, ma sbatté la testa contro una grossa gemma rossa perdendo i sensi. Rimase così sepolto sotto una cascata di monete d’oro.
Accecato e dolorante, il demone perse l’equilibrio e cadde rovinosamente per terra, scuotendo le rocce così come il vento sbatte le onde quando il mare è in tempesta. Lenethil imprecava, mentre una pioggia di sassi le cadeva addosso e sentiva la sua presa farsi sempre più debole…
Il fiammeggiante cranio caprino del demone era a pochi passi da Iwan, tanto che si sentiva il puzzo di carogna che questo emanava. Il Kommander allora strinse il manico della sua enorme ascia e la sollevò al cielo, mentre Kvinnar, avvolta da una forte aura di luce cremisi, fremeva quasi d’impazienza nelle sue mani. Il demone, di scatto, sollevò il cranio fiammeggiante da terra, mentre fili di nero fumo fuoriuscivano dalle sue scheletriche fauci, digrignate in un macabro sorriso.
I forti muscoli di Iwan, tesi fino allo spasmo, lanciarono con tutta la loro forza la nera ascia contro quella demoniaca figura fiammeggiante.
-Vola, Kvinnar!- gridò Iwan con tutto il fiato che aveva in gola, ben sapendo che in lei risiedevano le sue ultime speranze…
L’ascia roteò con eleganza e, cantando con la sua consueta voce lamentosa, si conficcò fra i due occhi del cranio di Ghul-Sha-Kor. Per un istante, calò il più assoluto silenzio. Iwan respirava affannosamente, fissando la sua ascia ed il demone che sembrava pietrificato.
Improvvisamente, Ghul-Sha-Kor spalancò le sue fauci e la sua cavernosa voce proruppe in una sadica risata mentre le sue vuote orbite oculari sembravano risplendere come tizzoni ardenti. Iwan, terrorizzato, comprese che il demone non aveva risentito minimamente del colpo. Si sentiva perduto, avrebbe voluto fuggire, ma la sua gamba gli impediva persino di alzarsi. Le roventi fauci di Ghul-Sha-Kor avanzavano inesorabili verso di lui, pronte a stringerlo in una morsa mortale. Strisciando disperatamente all’indietro mentre la risata del mostro rimbombava ancora nelle sue orecchie, Iwan fissava quell’immondo scherzo della natura, figlio di chissà quale mente diabolica, e la sua ascia, conficcata al centro di quell’immonda cosa fiammeggiante.
-Almeno…- pensava -Gli lascerò il mio segno…-
Le fetide fauci del demone erano ormai ad un metro da Iwan quando Ghul-Sha-Kor si arrestò improvvisamente. Iwan notò alcune crepe partire dal punto d’impatto di Kvinnar e solcare crepitando l’enorme cranio caprino. Una grossa pozza di liquido verde corrosivo fuoriuscì dalle fauci del demone che tremava violentemente mentre la triste melodia di Kvinnar si espandeva nell’aria notturna. Incredulo, Iwan vide le fiamme attorno al teschio caprino diventare sempre più flebili fino a sparire del tutto, mentre l’enorme corpo del demone ancora pulsava, allargandosi e restringendosi, con un ritmo sempre più frenetico.
Fasci d’intensa luce bianchissima fuoriuscirono dalle orbite oculari e dalle fauci di Ghul-Sha-Kor mentre il demone alzava al cielo un nero urlo di dolore. Infine, un’enorme esplosione dilaniò il corpo del demone, investendo in pieno Iwan prima ancora che potesse accorgersene.
Le mura della fortezza, che avevano resistito sino ad allora agli attacchi del tempo, crollarono al suolo come precari castelli di carta. Il fuoco, nella sua furia distruttrice, bruciò ogni singolo filo d’erba ed annerì le pietre col suo fervore indomabile. Rosse colonne di fumo s’innalzarono altissime fino al cielo tingendo di sangue persino le nere nubi mentre il sereno volto di Kardon fu offuscato dalle scure ceneri che sembravano piovere dal cielo come castigo divino.
Quel luogo, innalzatosi nel suo orgoglio per secoli, era stato abbattuto in una sola notte.
Quel luogo, dimora di esseri immortali, bruciava adesso sulla sua pira funebre.
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