Perché eravate in casa. Il cinema dell’orrore come reazione alla società occidentale

Perché eravate in casa.

Il cinema dell’orrore come reazione alla società occidentale

di Lorenzo D’Andrea

L’orrore ha sempre fatto parte della vita umana, in tutta la sua paurosa attrattiva, scatenando in superficie la repulsione, ma insinuandosi nelle nostre vite, rivelando la profonda curiosità macabra che fa parte di tutti noi. L’orrore nasce da una rielaborazione fantastica del banale, creando/dando una forma concreta, l’assassino, il mostro, il non morto, a quelle che sono idee decisamente più astratte come l’assenza, l’inesplorato, l’indefinito.

La repulsione lascia il passo al divertimento, creando un genere che ci intrattiene attraverso lo spettacolo della nostra debolezza, della nostra paura e come vedremo, anche dei nostri desideri e codici morali occidentali.

Non c’è da stupirsi quindi che il cinema dell’orrore, nell’accezione più fantastica, emettesse i primi vagiti mentre il cinema come arte era appena stato inventato.

È infatti già dai primi anni della Belle Époque che i teatri e le stanze buie e fumose, in cui Edison proiettava i primi film, iniziano a mostrare le prime opere orrorifiche. I primi maestri di questo genere sono in realtà i primi maestri del cinema: Melies, Wegener, Murnau, Lang, si sono cimentati tutti questo genere. Le prime opere cinematografiche dell’orrore risalgono al 1896 con il film di Melies Le Manoir Du DIable; per dare un’idea, i Fratelli Lumiere propongono un film per la prima volta al pubblico nel 1895 ed è già dal film, perduto, La Caverne Maudite del 1898 che, grazie a quel poco che rimane di trama, possiamo iniziare ad avvertire il codice morale dell’orrore cinematografico, che ci accompagnerà fino agli anni più recenti.

“We will go no further. Here begins the land of phantoms.”

Il cocchiere, Nosferatu

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L’infanzia del genere non è certo priva di capolavori, basti pensare al Golem di Wegener, diretto nel 1915  (andato perduto), con il suo prequel del 1920, passando per il celebre Nosferatu di Mornau (1921), Il Fantasma Dell’Opera di Julian (1925) ed infine Il Gabinetto Del Dottor Caligari di Fritz Lang (1920). Questi primi film fanno parte del movimento conosciuto come espressionismo tedesco e sono tutt’oggi dei film da consigliare, dato che la loro carica artistica non è certo venuta meno con il tempo.

La prima evoluzione delle idee espresse in questi film si ha con gli anni ’50.

Gli anni ’30 e ’40 sono stati gli anni della Universal, di Frankenstein, di Dracula, dell’orrore gotico dei romanzi, della semplice rielaborazione di idee e paure dell’800 in un altro media, in cui Dracula e l’uomo lupo non sono altro che accuse xenofobe contro l’immigrato, e la Creatura non è altro che un Golem moderno che sostituisce Dio con l’Uomo. Vale la pena citare il film Ho Camminato Con Uno Zombie, di Torneur (1943) e Refeer Madness del 1936, film moraleggiante contrario all’utilizzo della cannabis.

“When Man entered the Atomic Age, he opened the door to a new world. What we may eventually find in that new world, nobody can predict”.

 Dr. Harold Medford, Them!

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La fine della seconda guerra mondiale e lo spartiacque tracciato dalla scoperta della forza dell’atomo mutano l’orrore: i laboratori si sostituiscono ai castelli e gli scienziati ai vampiri; la tecnologia, con la sua energia inumana, e il grande avversario della Guerra Fredda, i Russi, diventano la paura. Si potrebbe dire che la società americana del Maccartismo sia terrorizzata, senza possibilità di divertimento, dai russi, che vengono quindi trasfigurati in alieni, come nel celebre L’invasione Degli Ultracorpi (1955).  Cosi come il terrore viene dalla Bomba Atomica, che viene mostrata come la porta che non si doveva aprire, ed ora che è spalancata, riversa su di noi una violenza senza freni, come in Them!, con le sue formiche giganti mutate dalle radiazioni è del 1954 e in come Godzilla, con il suo Dio vendicativo evocato dai bombardamenti atomici.

L’immigrato, la superstizione, il comunismo, sono riflessioni che la società non fa su se stessa. La tematica sociale in questi film non è affrontata molto, non c’è un codice morale in cui rifugiarsi, se non la gretta paura del nuovo, per cui il pericolo viene dall’esterno, e sarebbe invincibile se non ci fossero i sani valori della società e del progresso a fermarli. L’immigrato puzzolente che insidia le nostre donne viene sconfitto da un manipolo di gentiluomini acculturati, l’enorme scimmia balena deambulante nata da un’esplosione viene uccisa da un’implosione, frutto di un dispositivo tecnicamente più avanzato.

“So, at this point there is no really authentic way for us to say who or what to look for and guard yourself against.”

Il presentatore radio, La Notte Dei Morti Viventi

Ci vogliono gli anni ’60 e ’70 per portare alla luce la vera natura reazionaria del cinema d’orrore occidentale. La Notte dei Morti Viventi di Romero (1968) ci mostra un pericolo della società, ovvero la società stessa, la carica dello zombie, ormai del tutto disinnescata.

Lo zombie si riconosce immediatamente, è violento e si nutre dei vivi; un singolo non può molto, ma sono i milioni della maggioranza silenziosa che possono mettere fine al mondo come lo conosciamo. Chi è lo zombie? È il ragazzo scostumato, l’impiegato alla posta che ci tratta male, la vecchia che ci passa davanti durante una coda, è il nemico di una società nucleare, in cui non si ha più fiducia nel prossimo. Tutti sono i nostri nemici, e non resta che tornare ad uno stadio primitivo, in cui la violenza è l’unica risposta possibile, sia contro coloro che vedevamo come amici, ma soprattutto contro coloro che non vedevamo da vivi: gli emarginati, gli afroamericani, a cui non abbiamo dato ascolto da vivi e che ora tornano per vendicarsi da morti. La violenza che serbiamo contro chi è diverso da noi non se n’è mai andata, e appena cade l’ordine costituito della società questa violenza si sfoga senza remore, è emblematico che il climax de la Notte Dei Morti Viventi sia un omicidio a sfondo razziale, mentre il peggior nemico del seguito, Zombi (1978) non sia altro che una gang di motociclisti, rappresentanti di un nuovo ordine. Gli Stati Uniti iniziano a perdere fiducia nei loro valori morali, con le contestazioni razziali e pacifiste che minano i saldi ideali dei genitori di chi si ribella, della Grande Generazione che aveva vinto la seconda guerra mondiale che ora si trova ad affrontare la rivoluzione sessuale e il femminismo.

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“Did you know a young boy drowned the year before those two others were killed? The counselors weren’t paying any attention… They were making love while that young boy drowned.”

Mrs. Voorhees  , Venerdi 13

Negli anni ’80 vengono stabilite le regole reazionarie del film dell’orrore, le famose serie di genere Slasher, come Nightmare (1984) o Venerdì 13 (1980) sono le colonne portanti di queste regole.

Questi film sono discendenti diretti della favola macabra dei Grimm, i loro assassini e mostri non sono altro che giudici particolarmente severi delle nuove generazioni, le loro regole morali sono ferree ed imprescindibili e alla fine si salva solo la persona che la società dell’epoca considera pura e morigerata: la cosiddetta ”Final Girl”, che mostra infatti un modello morale, forte abbastanza da sopravvivere alla tentazione dei comportamenti libertini. I massacri sono sì di adolescenti, evocando il terrore di ogni genitore, ma sono adolescenti che fumano, si drogano, fanno sesso promiscuo, compiono peccati, siano essi personali o sociali, e vengono puniti.

A volte l’orrore stesso è moralmente corretto, come nel caso de l’Ultima Casa A Sinistra (1972), in cui i violenti giovani vengono puniti da un padre in cerca di vendetta per la morte della sua figlia, a sua volta colpevole di essere drogata.

Le folle che si sono divertite guardando questi film non hanno fatto altro che pagare un biglietto per osservare una casa dell’orrore bidimensionale di stampo cristiano, in cui ci si ritrova a tifare per il killer, che indossa una maschera da Hockey dopo aver trucidato due ragazzi colpevoli di aver fatto sesso prematrimoniale.

Il messaggio è implicito: queste sono le colonne d’ercole del buoncostume, oltre ci sono solo perdizione e dolore.

Alcune queste colpe sono fin troppo remote, come nel caso di ”The Shape”, il protagonista della serie Helloween, mosso da antichi riti pagani. A volte la colpa è semplicemente quella di essere troppo curiosi, di voler sperimentare qualcosa di diverso, come nei casi di Hellraiser di Clive Baker (1987) e Candyman (1992): in questi film riecheggia un monito che è presente già dall’infanzia dell’orrore cinematografico. Nightmare 2 di Sholder (1985), invece, porta la reazione della società conformista all’estremo, la cui unica colpa del protagonista infatti è quella di essere un omosessuale che non accetta il suo orientamento.

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“There are certain rules one must abide by in order to successfully survive a horror movie. For instance, number one: you can never have sex.“

Randy , Scream

Dopotutto chi meglio dei rappresentanti degli strati più sfortunati della società – un pedofilo reduce da violenti abusi familiari, un ragazzino abbandonato dai suoi custodi teenager, un ragazzo complessato e muto – possono mostrare quale violenza può scatenare la società contro le nuove generazioni che cercano di cambiarla? Queste regole vengono denunciate dallo stesso autore di ‘Nightmare, Wes Craven, all’interno di Scream, film del 1996, in cui lui si diverte a giocare con gli stilemi dello slasher e da Society di Brian Yuzna (1989), in cui alla fine il vero mostro non è altro che la società che divora i suoi figli per continuare a perdurare.

I film dell’orrore ci hanno mostrato le regole: dobbiamo accettare il costume, non essere troppo curiosi, farci gli affari nostri e tutto andrà bene; saremo cullati da una madre matrigna, che ci maltratta, ci tarpa le ali ma alla fine ci concede il dono più grande, quello della sicurezza.

“This whole night we’ve been worrying… there’s some dark version of us out there somewhere. What if we’re the dark version?”

Mike , Coherence

Con l’11 settembre e con la successiva crisi dei Mutui crollano gli ideali che erano durati per tutto il secolo breve, quello della potenza militare e morale degli stati uniti: migliaia di persone che si recavano a lavoro una mattina nel 2001, milioni di altre che avevano il sogno di farsi una casa nel 2008, sono morte o si sono ritrovate in condizioni di assoluta povertà. L’ossessione americana di trovarsi dalla parte del giusto viene ferita in modo fatale, creando danni nell’immaginario culturale pop che non potranno mai essere sanati. Se le regole sono state seguite, eppure la punizione è arrivata lo stesso, il cinema dell’orrore non può fare altro che rifugiarsi nel nichilismo.

Le colpe diventano inesistenti, come in Triangle (2009) o Coherence,(2013), le punizioni si concentrano più sulla crudeltà piuttosto che sul risultato, come nel genere Torture Porn, e i codici morali diventano parossistici e del tutto arbitrari, come in Saw, di James Wan (2004). I personaggi sono completamente abbandonati a loro stessi, e per salvare quel poco che hanno devono diventare lupi identici ai lupi che affrontano, come nei casi You’re Next (2011), Reversal (2015) o del già citato Triangle. In questi film l’elemento scatenante dell’orrore è sottile: un invito a cena, una giornata senza responsabilità familiari. Oramai è lontano il tempo in cui la vittima era colpevole a sua volta per la società, è proprio l’appartenere alla società che li rende colpevoli.

L’incomprensione profonda che ha generato lo scontro tra il singolo e la società vigente si mostra pienamente nei film dell’orrore odierni, come ”Get Out”(2016) o ”The First Purge” (2018): nel primo l’avversario non è altro che l’assimilazione culturale, in cui battaglie per il riconoscimento vengono parodiate in un club di ricchi facoltosi bianchi che si appropria dei corpi dei neri, un nuovo schiavismo, non per produrre cotone, bensì per produrre immagine.

Nel secondo, il quarto film di un franchise che ha intascato in tutto 400 milioni di dollari, è la società stessa che permette di sfogare la violenza sul singolo, sul debole, non c’è un vero spartiacque, il lupo e la vittima condividono lo stesso basilare desiderio di tornare a tempi migliori.

Strangers, di Bertino (2008), è una ordalia di violenza, di genere Home Invasion, in cui alla fine la sfortunata protagonista chiede al suo boia per quale motivo la sua vita è stata totalmente distrutta. Questa scena trasfigura un’intera categoria di persone incapaci di comprendere il perché debbano soffrire tanto: “Perché eravate in casa”, le viene risposto. Non c’è più un codice morale che ci permette di vivere bene se seguito, c’è solo una porta spalancata su un universo indifferente.

 

“Horror is a reaction; it’s not a genre.”

  Jonh Carpenter

Di tutti i generi fantastici, l’orrore è quello che ha mostrato negli decenni più resilienza, si è adattato allo zeitgeist della società ed ha fornito una chiave di lettura in ogni epoca, a volte anche anticipando il mondo in cui ci troviamo. Nel susseguirsi di azione della società e reazione del cinema, ci offre ancora oggi spunti di riflessione su noi stessi, dando una forma alle nostre inquietudini morali e immortalandole in film che troppo spesso vengono sottovalutati dalla critica, forse incapace di riflettere sui lati più negativi della società di cui fa parte.


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2 comments

  1. Hai fatto bene a nominare Get Out, perché è senza dubbio uno dei migliori horror degli ultimi anni (e infatti ha vinto un Oscar, evento rarissimo per un film di questo genere). Lo stesso vale per It follows: l’hai visto?

    1. Avrei voluto parlare anche di It Follows, ma l’articolo è già un fiume cosi, e’ uno dei miei film preferiti.
      Il mostro che ti insegue come metafora sul passaggio da adolescenza a età adulta è una metafora azzeccata, infatti come idea è venne usata anche dentro un video di Dye. Anche Raw, un horror dell’anno scorso ha questa idea di fondo.

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