Impero: l’immaginario nell’antica Roma

Dettagli

Titolo: Impero. Antologia gladius & sorcery

Autori: AA. VV.

Curatori: Alessandro Iascy, Giorgio Smojver

Editore: Watson Edizioni

Genere: sword and sorcery / fantasy storico / weird fantasy / sandalpunk / retrofuturismo

Data di pubblicazione: 27 novembre 2018

Prezzo: € 17,10 Ibs


Sinossi

L’impero romano è moderno, razionale, solare, non si ha certamente idea di un’età oscura. Eppure c’è un’altra faccia dell’Urbe, e del mondo che dominò, quella notturna, fantastica, misteriosa. Gli autori dell’antologia vi offrono racconti di magia e coraggio, di legionari ignoti e condottieri celebri, di maghi, eroi e demoni. Storie che non furono ma che potrebbero essere state; un passato fantastico ma credibile, dalla magia arcaica della fondazione all’ultima decadenza. Con il genere che più si adatta al tema, lo sword & sorcery, le narrazioni sono caratterizzate dalla ricchezza di azione e dal ritmo veloce inseriti nella più bella e affascinante delle ambientazioni: il mitico Impero romano.

Impero: l’immaginario nell’antica Roma

Francesco La Manno

 

1.Fantasia eroica nell’antica Roma

In Italia l’esterofilia la fa da padrone in ogni ambito della cultura e della società, e ovviamente tale fenomeno riguarda anche la narrativa dell’immaginario. Anche i muri sono a conoscenza del fatto che per molti anni, svariati autori sono stati costretti a utilizzare pseudonimi inglesi che gli consentissero di dissimulare la propria identità, al fine di ottenere una legittimità da parte del pubblico e vendere più copie. E pensare che il nostro Paese ha dato i natali ad autori che ci invidia tutto il mondo come Dante Alighieri, Luigi Pulci, Ludovico Ariosto e Torquato Tasso (solo per citarne alcuni).

Per quanto ci riguarda, tale circostanza non può che indurre all’indignazione in quanto non si comprende come si possa credere che gli scrittori italiani non abbiamo pari dignità degli stranieri, dato in generi differenti dal fantastico come nel giallo, nello spionistico, nel noir, nel thriller i nostri connazionali hanno dilagato[1].

In secondo luogo, si è palesata nel tempo un’altra circostanza curiosa. Gli italiani infatti, in ambito di speculative fiction, hanno manifestato la tendenza a trarre ispirazione dalla mitologia norrena e celtica, dimenticando l’immenso patrimonio classico. Sul punto è quantomeno balzano che vi sia stato questo tipo di mentalità, quando proprio il nostro Paese è stato oggetto di numerose opere proprio degli scrittori anglosassoni, i quali hanno attinto a piene mani dalle nostre tradizioni per realizzare le magnifiche opere di gotico, come ci ricorda opportunamente Massimo Scotti[2].

L’Associazione Culturale Italian Sword&Sorcery si occupa da anni non solo di criticare questa situazione, ma anche di diffondere la cultura greco-romana e mediterranea attraverso articoli, saggi, interviste, conferenze, racconti, romanzi su giornali, riviste e libri.

Sul versante dell’heroic fantasy, non vi sono stati molti autori che abbiano utilizzato l’antica Roma per ambientare le loro storie.

Possiamo ricordare la saga di Olaf Spadarossa, di Henry Rider Haggard (Editrice Nord, 2000) e quella di Krispos (appartenente al più vasto Ciclo di Videssos), di Harry Turtledove (Editrice Nord, 1992) e all’inedito Ciclo di Oath of Empire di Thomas Harlan; ma questi attengono prettamente all’Impero bizantino.

Per gli italiani, abbiamo avuto Luigi De Pascalis con opere che risalgono agli anni ’60 e con Rosso Velabro (Editrice Irradiazioni, 2003); La legione occulta dell’impero romano di Roberto Genovesi (Newton Compton, 2010), Demon Hunter Severian di Luca Tarenzi (Acheron Books, 2014), Cesare l’immortale e Cesare il conquistatore di Franco Forte (Mondadori, rispettivamente 2016, 2017), Pirro il distruttore di Angelo Berti (Italian Sword&Sorcery Books, 2018), Mediterranea (Italian Sword&Sorcery Books, 2018), N di Menare (Lethal Books, 2018) e Byzantium di Andrea Gualchierotti e Lorenzo Camerini (Italian Sword&Sorcery Books, 2018).

Impero. Antologia gladius & sorcery, antologia a cura di Alessandro Iascy e di Giorgio Smojver, pubblicata da Watson a dicembre del 2018, segue questo filone che timidamente comincia ad affacciarsi sul mercato editoriale italiano. In essa sono presenti undici racconti, i saggi di Giorgio Smojver e di Zeno Saracino, e l’introduzione di Alex Voglino.

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2. La gloria di Roma

Storicamente, l’Impero romano è riuscito a soggiogare non solo i territori circostanti, ma si è affermato come assoluta potenza dell’Occidente, conquistando i regni del Mediterraneo, la Gallia, la Britannia, la Dacia, la Scizia e il Nord Africa, sino a giungere in Medio Oriente e sull’Eufrate con Traiano[3]. Tutto ciò grazie a una superiorità tecnologica, burocratica, giuridica che ha permesso all’Urbe di realizzare una vera e propria romanizzazione del mondo antico[4].

Il passaggio al Principato e all’Impero si è avuto con la crisi della tarda repubblica causata sia dalla conquista di Cartagine, della Grecia e di gran parte del mondo ellenistico, sia da profondi mutamenti economici, politici e sociali[5]. Proprio la seconda guerra punica viene utilizzata come spunto da Alessandro Forlani in Olocausto sul Metauro, il quale ci narra le gesta di Gaio Claudio costretto a rispondere all’invasione armata dell’Italia da parte di Annibale. Al comandante romano si presenta la possibilità di sconfiggere il nemico ma per fare ciò occorre approntare un sacrificio, che mette a rischio la sua sanità mentale. Anche la battaglia viene descritta con dovizia di particolari:

“I dieci mostri giganti grigi, l’agile e esigua cavalleria, si lanciarono, con impeto, contro le squadre di Marco Livio. Il barrito dei colossi e il grido orrendo del ferro e bronzo, il nitrito dei cavalli, l’omicidio ed il dolore, e il rimbombo del terreno e il fracasso delle lance. Salinatore arretrò, cedeva!: Gaio Claudio diede l’ordine.

I veliti ripiegarono dietro i ranghi dei legionari, che investirono il nemico con la grandine dei pila: le aste ferree trapassarono gli scudi lignei cartaginesi, e molti opliti si sbarazzarono di quell’inutile protezione. Gli africani e gli alleati gli sembrarono esitare, si serravano a difesa ma scattavano all’assalto, troppo aggressivi gli Ispani e Liguri troppo ferme le falangi.

Le centurie si spostarono sull’erta erbosa del fianco destro, sempre allerta di un attacco dalle bande Boi ed Insubri. I primi uomini che salirono, scompaginando le salde fila, soccombettero alle spade ed alle scuri di quei barbari[6].”

Tornando alla storia romana, a dispetto della vittoria nelle guerre puniche e delle grandi conquiste, non si pensi che tale periodo storico sia stato contrassegnato solo da successi, atteso che le lotte intestine per il potere hanno causato guerre e continue sostituzioni degli imperatori. Inoltre, non bisogna dimenticare che le pressioni delle popolazioni barbariche costrinsero alla costruzione di un impianto di fortificazioni, il limes, il cui obiettivo era quello di garantire un controllo senza soluzione di continuità lungo tutto l’Impero[7]. Andrea Gualchierotti in Concordia Augustorum mette in evidenza tali complotti immaginando che Arbogaste, magister militum dell’Impero romano d’Occidente, incarichi Licinio, un tribuno, di trovare un sacerdote etrusco che possa porre rimedio alle stregonerie poste in essere da Teodosio contro Valentiniano per spodestarlo dal trono:

“Lo abbiamo catturato su indicazione delle mie spie […] viene da Oriente, dalla Bitinia, una regione dove un tempo adoravano il dio serpente Glicone. Si era infiltrato tra i servi, e lo abbiamo scoperto mentre tentava di introdursi negli appartamenti imperiali per nascondere un tetro amuleto fra le coltri di Valentiniano. Prima che gli cavassimo gli occhi e strappassimo la lingua ha confermato più volte di aver agito su mandato di Teodosio. Anche l’eunuco che aveva corrotto con innominabili profferte per aver accesso al palazzo è stato scoperto, per fortuna[8].” Qui, si troverà dinanzi anche a creature mefitiche come lamie, vampiri e non morti.

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3. La religione romana

La religione dei romani può essere considerata un culto degli agricoltori con un rapporto stretto con la terra, che deve essere coltivata e preservata dai pericoli che possono cagionare nocumento alla vegetazione in ogni momento dell’anno[9]. Tale venerazione prevedeva di fornire i principi etico-giuridici volti a garantire i confini della proprietà, i rapporti personali e l’armonia tra uomini e dèi[10].

Ci sono stati ovviamente degli influssi esterni di altre popolazioni come quella degli Etruschi a cui si deve la triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), quella dei Greci che ha condotto all’inserimento nel pantheon romano di molteplici divinità elleniche (solo per citarne alcuni: Ares, Dioniso, Demetra ed Eracle); fino alla deificazione dell’imperatore, iniziata con Augusto, e al sincretismo religioso che ha permesso la tolleranza e l’assimilazione dei culti orientali; rendendo Roma una città cosmopolita[11].

In ogni modo, la mitica fondazione di Roma suggestiona ancora oggi l’immaginario collettivo e Andrea Carandini ci ha mostrato che la leggenda di Romolo e Remo ha un solido riscontro nei dati archeologici emersi durante gli scavi. Inoltre, il ricercatore ha provato che la città è nata molto prima del periodo a cui fanno riferimento molti studiosi (ovvero tra il 625 e il 550 a.C.), come del resto ci dice il mito[12]. Questa idea è stata utilizzata da Enzo Conti in Il signore di Rumon in cui abbiamo una trasposizione dello scontro fratricida descritto dalla tradizione per ottenere il dominio sulla Città Quadrata sul Palatino. Qui, troviamo l’azione soprannaturale di una carmenta e si manifesta anche Marte:

“Un tuono portò con sé lo stridere delle ruote di un carro da battaglia. La carmenta sollevò lo sguardo al cielo e un fulmine glielo mostrò tra le nuvole della tempesta. Le ruote cigolavano vorticosamente nel volo, i due cavalli divoravano spazio e bufera con agili falcate, le criniere infuriate di gioia, gli occhi sfolgoranti di pioggia. Sul pianale del carro a reggere la pariglia con mano di ferro stava ritto un uomo coronato di gloria, ammantato d’una sontuosa pelle di lupo. Condusse i cavalli fino alla carmenta e li fece planare al suo fianco. Timor e Pavor nitrirono un saluto arrestandosi a un palmo dal suolo, scuotendo criniere e finimenti. Il carro splendeva di fuoco divino[13].”

Al riguardo, la mitologia greca ci ha insegnato che Marte (che corrisponde ad Ares), figlio di Zeus e di Era, dio della guerra, crea continue discordie e gelosie per causare conflitti tra gli uomini[14]. Non è un nume che protegge una specifica città ma, di volta in volta, si schiera con gli uni e gli altri inebriandosi del truculento spettacolo procurato dalle battaglie[15]. È odiato da tutte le divinità, salvo dai suoi genitori, da Eris, da Afrodite e da Ade, che brama di accogliere nel suo dominio nuovi guerrieri[16].

Un altro tema da sempre presente nella storia romana, ma anche in quella di tutte le civiltà è l’immortalità, basti pensare che ne troviamo traccia anche nell’Epopea di Gilgameš. La leggenda ha come soggetto il quinto sovrano di Uruk (dopo il Diluvio), che è per due terzi divino e per un terzo umano, il quale pur avendo un potere smisurato che gli permette non solo di dominare in maniera draconiana i suoi territori ma di sconfiggere mostri come Humbaba, vuole impadronirsi del segreto che permette di vivere in eterno[17]. Ne Gli irriducibili, Max Gobbo ci parla proprio di questo tema, narrandoci la storia di Martin, un uomo della nostra epoca che durante uno spettacolo di magia, grazie all’ipnosi regressiva, viene catapultato in una precedente vita in Britannia, durante l’occupazione romana. Qui, apprende di essere Galerio, un tribuno costretto ad affrontare creature ributtanti come i licantropi governati da Cormak, un potente stregone in grado di mutare le forze della natura e di lanciare malefici, che rischiano di compromettere la sua sanità mentale e che richiamano I Miti di Cthulhu di H.P. Lovecraft[18]:

“Il popolo di giganti che edificò questa piramide, e che proveniva dalle profondità dello spazio, adorava le divinità oscure che signoreggiano sull’universo ancor prima che le più elementari forme di vita fuoriuscissero dalla melma primordiale[19].”

La decadenza romana viene descritta con grande maestria da Alberto Henriet in Eliogabalo dove ci propone una rivisitazione in chiave di fantasia eroica retrofuturistica del periodo in cui l’Impero era guidato da Marco Aurelio Antonino Augusto (218 al 222 d.C.). Nella fattispecie, apprendiamo le vicende attraverso il punto di vista di Andras, pretoriano della Pannonia, che ordisce un complotto per uccidere il sovrano. L’ambientazione, come avviene anche ne Le Cronache del Sole Mortale[20], presenta numerosi richiami esoterici e taluni elementi che fondono in maniera egregia stregoneria e tecnologia. A titolo esemplificativo, si consideri questa descrizione:

“Il trono poggiava su un piano rombico di ebano lucido, delimitato da una cornice argentea, e provvisto di maniglie d’acciaio, una per lato. Un gruppo di quattro automi femminili, costruiti in ottone leggero, e che funzionavano grazie a cristalli di energia negromantica, incastonati nei loro seni stilizzati e geometricamente perfetti, sollevò il piano ligneo che reggeva lo scranno, e si avviò attraverso la vasta sala imperiale verso un gruppo di sei stalloni bianchi, ornati da preziosi finimenti aurei. I cavalli erano in parte in carne, ossa e sangue, e in parte potenziati da placche di metallo.

Quando gli automi raggiunsero le cavalcature, posarono la base di ebano sul pavimento, e trasferirono il trono su un carro collegato ai sei destrieri[21].”

Storicamente Eliogabalo ha diffuso a Roma la religione di El-Gabal, divinità solare il cui oggetto di adorazione era una pietra nera caduta dal cielo e trasportata sul Palatino dall’Oriente, dove era stato innalzato in suo onore un tempio, l’Eliogabalium[22]. L’inaugurazione dell’edificio di culto ha visto mettere in atto festeggiamenti sibaritici, olocausti in sacrificio al nume, danze di ballerine siriane nude e addirittura una battaglia navale in un lago riempito di vino; circostanze che hanno provocato una profonda avversione da parte dei romani[23].

Sotto un profilo meramente esoterico Julius Evola sostiene che il sole può essere messo in relazione con il colore rosso e pertanto con il fuoco[24]. Mircea Eliade ci dice che il culto del sole non si è sviluppato in tutto il globo ma solo in Egitto, in Asia e nell’Europa arcaica[25], che può essere considerato il dio immortale che attraversa la notte, il regno dei morti e risorge l’indomani[26]. La sua funzione è anche quella di psicopompo uccisore e di ierofante iniziatico[27]. La venerazione del sole è stata introdotta a Roma in epoca imperiale tramite la gnosi orientale[28].

Per converso, il sole può avere anche valenze oscure, dato che Helios è in relazione con mondo tenebroso: la stregoneria e l’Inferno. Costui è padre di Circe e nonno di Medea, versate entrambe nella magia nera. Alla seconda viene fornito un carro tirato da serpenti alati; mentre la divinità è in possesso di un veicolo trainato da quattro cavalli. E proprio tali animali sono alle dipendenze del simbolismo funerario[29]. Peraltro, non possiamo dimenticare che l’ingresso dell’Ade veniva chiamato Porta del Sole, il quale simboleggia due fasi alternanti dell’unica verità[30].

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4. Cristianesimo

Un altro elemento contenuto nell’opera è il cristianesimo la cui diffusione nell’Impero romano ha provocato persecuzioni per i suoi praticanti a causa delle accuse di ateismo, pratiche delittuose, fanatismo, intransigenza morale, empietà e disfattismo[31]. I primi cristiani non accettavano il sincretismo religioso dell’Urbe e pertanto il loro culto ha sempre avuto come contrappasso sofferenze e martirio, e le pene comminate andavano dalla confisca dei beni, all’esilio, fino alla morte[32].

Donato Altomare fonde cristianesimo e paganesimo ne Le sorgenti del Nilo, dove ci parla di Publio Caelio Aufustale comandate romano a cui Nerone ha affidato la missione di trovare le fonti del fiume africano, per recuperare la ciotola contenente il sangue di Cristo, che si dice possa garantire l’immortalità. Secondo il narratore, la coppa era stata trasportata in questo luogo dai fedeli fuggiti dalle persecuzioni. I soldati pertanto si avventurano in un territorio irto di pericoli e di animali selvatici che cagionano la morte di numerosi uomini e mettono a repentaglio la missione. Tutto ciò, sino a quanto non giungono a una misteriosa piramide:

“La porta era in legno. A una sola anta non molto grande. Su di essa c’erano delle incisioni. Per la seconda volta il centurione romano sbalordì. Raffiguravano la crocifissione. Lui conosceva la storia

di quell’ebreo sovversivo che era stato condannato alla croce ma che era, secondo i suoi seguaci, resuscitato. Probabilmente gli stessi seguaci avevano rapito il suo corpo e sostituito con un sosia. Si avvicinò ma al portale e tolse la sabbia che si era ammucchiata sui bassorilievi. In primo piano una croce, mentre sullo sfondo, più piccole, altre due croci. Dovevano essere quelle dei due malfattori crocifissi col falso profeta. Ai piedi della croce grande si notavano alcuni uomini e donne in ginocchio. Uno teneva le braccia sollevate a reggere quella che sembrava una coppa o una ciotola. Quasi a raccogliere il sangue del crocifisso[33].”

È bene evidenziare che il Santo Graal è la coppa che contiene il sangue di Cristo e che è servito a Giuseppe d’Arimatea per raccogliere il medesimo insieme all’acqua, che sgorgava dalla ferita provocata dalla Lancia di Longino. Parte della tradizione sostiene che questa reliquia sia stata creata dagli angeli mediante uno smeraldo staccatosi dalla fronte di Lucifero, che richiama la perla frontale di Shiva nell’iconografia indiana e che pertanto simboleggia l’eternità[34].

La Lancia di Longino, con cui il centurione romano colpì Cristo sul fianco, è strettamente collegata al Santo Graal, poiché il sangue che scorre su di essa ha la capacità di guarire le ferite, proprietà posseduta anche dalla Lancia di Achille[35]. Presso i Romani, era un simbolo marziale e anche uno degli attributi di Atena[36]. Giorgio Smojver ci parla proprio di questa essa in Castrum daemonum, storia in cui la Terza Legione Gallica si trova ad avanzare tra i monti dell’Armenia, luogo nel quale gli Alani stanno cagionando devastazioni, oltre ogni dire. Ma la popolazione di cavalieri barbari non è il problema maggiore per i romani atteso che si troveranno ad affrontare un demone primevo, prigioniero nelle profondità telluriche e una schiera di mostri che sono al suo servizio. La vivida immaginazione dell’Autore ci presenta molteplici di queste creature, come ad esempio in questo caso:

“Il mostro alato teneva stretto Marco, eretto e fero, malgrado i polsi legati e i piedi trafitti da orrende piaghe. Attorno a loro, una coorte di incubi: pallidi uomini-insetto; esseri dal pelo grigio di ratti, con occhi enormi da pipistrelli e denti acuminati; empuse squamose dal busto di donna e la coda di serpente, idre a molte teste, enormi lucertole erette, con escrescenze bulbose e tentacolate in luogo di teste; e masse fluide indescrivibili che mutavano forma a ogni istante[37].”

Gli antichi culti e il cristianesimo si trovano nuovamente a fronteggiarsi in Ultimo Sole di Andrea Oliva, dove veniamo trasportati appena dopo l’editto di Tessalonica del 380 d.C. (emesso da Graziano, Teodosio I e Valentiniano II), quando il secondo viene dichiarato la religione ufficiale dell’Impero. Stilicone si reca a Ravenna con alcuni fedelissimi per recuperare una fondamentale reliquia il cui obiettivo è quello di dimostrare l’effettiva esistenza di una tradizione protoumana o preadamitica:

“Stilicone aveva sempre creduto negli dèi fatti di carne. Venivano da prima del diluvio, quando Atlantide di Platone e Iperborea di Erodoto esistevano davvero, il diluvio che sembrava avere colpito

anche Ravenna, inondandola di fango.

Gli dèi avevano già colonizzato l’Egitto, la Grecia e il mondo tutto. Erano luminosi, volavano ed erano potenti.

Come il Sole.

Rifondare Atlantide e Iperborea. Questo, il loro nobile scopo.

Adesso erano giunti a Ravenna? Forse cercavano vendetta contro

il Dio di Tessalonica.

L’età degli déi la chiamavano “Età dell’oro”, quando l’oro luminoso dello spirito risiedeva nei cuori raggianti, non l’opaca materia e la brama di morte e potere che muoveva ora i destini dei popoli

tutti[38].”

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5. Mostri

Un aspetto interessante dei i racconti presenti su Impero sono i mostri. Occorre ricordare che nella mitologia greca, oltre agli dèi e agli eroi, esistevano altri esseri che hanno poteri miracolosi. Si trattava di creature bizzarre che non dimoravano nell’Olimpo come sirene, ciclopi, satiri, centauri e sfingi. Benché si pensi altrimenti, dalla tradizione classica discendevano anche i vampiri, i licantropi, gli spettri, le streghe e i non morti[39]. Proprio questi ultimi vengono utilizzati da Francesco Brandoli come spunto per Gaio ghoul Cesare, racconto in cui il condottiero romano si trova a combattere in battaglia contro i cadaveri rianimati dei soldati periti in guerra, grazie alle magie dei druidi della Britannia. La conoscenza di questa stregoneria lo conduce a volersene impossessare per conquistare il mondo intero attraverso osceni rituali:

“La stanza era diventata qualcosa di distorto, al tempo stesso assomigliante sia a un macello, che a un bordello, che a un tempio: la stigia ed empia apparizione di un non luogo che aveva tratti tipici ad alcuni siti umani, fra loro inconciliabili eppure, in quel momento, fusi assieme in qualcosa di nuovo.

Fra cachinni e suoni di cembali, nella stanza si levò un oscuro vortice di fumo opaco, che sembrò distorcere lo spazio e il tempo e rivelare un mondo oltre al nostro, in cui strani esseri – miscuglio di

uomini, animali e altre forme aberranti – stavano accucciati immobili, iniziando a guardare verso i mortali.

Quindi, scivolando da quel varco, nella sala apparve un’entità dalle fattezze solo parzialmente umane: il volto era canino, mentre altre parti – come gli artigli di mani e piedi – sembravano una miscela di componenti umane e ferine[40].”

Tornando ai mostri, possiamo ritenerli un vero e proprio enigma poiché distorcevano il mondo classico e causavano nocumento e orrore nella popolazione. In cielo dimoravano le divinità olimpiche (felici e immortali); sulla Terra vivevano gli uomini (mortali e infelici). A metà strada vi erano gli eroi, potenti come i numi, ma sofferenti come gli uomini[41].

Occorre rilevare che in passato i Greci hanno tentato di effettuare una tassonomia di questi esseri chiamandoli a volte dei, altre volte demoni. Il significato di quest’ultimo termine è ancora oggi oggetto di discussione tra gli studiosi. Con il lemma daimon si intende “colui che divide”, o “che fa a pezzi”, ovvero “colui che illumina”[42].  

Con Platone, i demoni cominciano a differenziarsi dagli dei, dato che ci viene riferito che essi assumevano comportamenti malvagi, erano concupiscenti e domandavano in olocausto sacrifici umani. Siamo passati pertanto dal daimon al demonio e così è nata la demonologia, scienza che si è occupata di studiare questi peculiari fenomeni in epoca antica e medievale[43]; tema che troviamo in L’ultimo servitore di Zalmoxi di Mauro Longo. L’Autore ci narra le vicende di Luzio Saturnino Mauro, comandante della Centuria Nigra, reparto militare a cui vengono affidate le missioni più difficili e che per meriti viene affiancata alla Guardia Pretoriana. Il soldato si trova nelle profondità di una cloaca e ricorda di essere stato attaccato da un demone che uccide tutti i suoi uomini, in un crescendo di tensione claustrofobico che pone in netto contrasto le beltà dell’Urbe e la sozzura della sogna:

“Per miglia avete camminato, con il naso e la bocca coperta dagli stracci imbevuti di canfora dei manutentori, esplorando il passaggio principale e molti dei suoi tronconi, delle sue cisterne, delle sue condotte… La visione di quell’opera colossale, di antichità ciclopica, vi ha aperto gli occhi su una verità prima mai sospettata. Tanto grande è Roma, tanto fulgidi i suoi templi, i suoi palazzi, le sue strade lastricate, solo perché tutta la sozzura che vi si produce viene nascosta sotto di essa, canalizzata in basso, convogliata in un abisso baratro di immondizia senza fine, e infine trascinata via verso valle, a inondare il mare[44].”

Tornando al significato della parola mostro apprendiamo che:

“Monstrum, connesso al verbo monere, ammonire, richiamare alla memoria, è l’apparizione di qualcosa di straordinario, di eccezionale, che rinvia a un ammonimento divino, a un segnale soprannaturale. Monstrum, scriveva il grammatico Festo nel II secolo d.C., è ciò che travalica l’ordine naturale delle cose (naturae modum), come un serpente con i piedi, un uccello con quattro ali, un uomo con due teste[45].”

Il mostro pertanto era un prodigio, un’apparizione di una creatura fantastica che poteva palesarsi come maschio o femmina e poteva non solo causare nocumento agli uomini, ma creare problemi anche agli dei, come nel caso di Pitone che ha combattuto Apollo per contendergli il santuario di Delfi[46]. Tali creature avevano un ruolo preciso nella cultura classica in quanto incarnavano gli incubi e le paure di ogni uomo[47].

La mirabilia costituisce infatti l’elemento fondamentale de Il collezionista di sogni, racconto nel quale Luigi de Pascalis, ci parla conduce nell’Impero romano del 410 d.C., quando Alarico per la terza estate consecutiva metteva sotto assedio l’Urbe. Caio Flaviano Celso, aedelis della città, aiuta un amico a scoprire la strana natura di alcuni vasi nei quali sono presenti ossa, sangue rinsecchito, cervello, polmoni e altri visceri. Il mistero si fa più fitto, dato che viene informato da questi oggetti sono stati rinvenuti su una nave priva di equipaggio; ma, il maggiore stupore, si realizza nell’osservare che il suo sodale, nella sua dimora, presenta una collezione di creature mitologiche:

“Sotto ogni arco c’erano delle teche di spesso vetro azzurrino. In ciascuna d’esse, immerse in un liquido ambrato – solo gli dèi sanno se si trattava di olio o d’altro! – c’era una creatura di cui gli eterni, la Natura o il Caos s’erano presi gioco.

Intravidi un vitello a due teste, due neonati con un unico bacino, un nano con un cranio immenso, un vecchio dal cui ventre flaccido pendeva un sesso mostruoso, un drago alato grande il doppio di un coccodrillo del Nilo, un cavallo non più alto di un cane dal cui dorso spuntavano candide ali di cigno, un uomo immenso e erculeo con un solo occhio in mezzo alla fronte.

Per il Soma di Mithra, provo ancora meraviglia e disgusto![48]

La disamina dianzi esposta ci permette a buon diritto di affermare che Impero è un’antologia in cui viene magistralmente illustrato l’immaginario romano dai più importanti autori italiani di sword and sorcery. Costoro hanno dimostrato in maniera egregia come l’Urbe possa essere tranquillamente l’oggetto principale di un’opera di speculative fiction, permettendo al lettore di immergersi in un mondo antico ma allo stesso tempo accattivante. Inoltre, ognuno degli scrittori presenti ha messo in evidenza uno stile originale che risulta differente da quello di matrice anglosassone tanto in voga, oggi.

Ne discende che questo libro avvalora il fatto che la grande tradizione della letteratura fantastica italiana continua grazie alla buona volontà di persone che credono nella fantasia eroica mediterranea. Si tratta di un genere letterario che non è per nulla nuovo e che affonda le sue radici nel mito, cioè a dire storia sacra avvenuta in illo tempore che costituisce un modello esemplare per tutta l’umanità la quale, replicando i comportamenti di un dio o di un eroe, oppure raccontando le loro gesta, riesce a innalzarsi e a porsi oltre il mondo profano, effettuando un’integrazione nel tempo primordiale[49].

 

NOTE E BIBLIOGRAFIA

[1] Cfr. Gianfranco de Turris, Per una fantasia eroica italiana, in Francesco La Manno, Italian Sword&Sorcery. La via italiana all’heroic fantasy, Italian Sword&Sorcery Books, Casale Monferrato, 2018, edizione digitale.

[2] Massimo Scotti, Gotico Mediterraneo, Diabasis, Reggio Emilia, 2007.

[3] Cfr. Fernand Braudel, Memorie del Mediterraneo, Bompiani, Milano, 2016, p. 330.

[4] Cfr. Fernand Braudel, op. cit., p. 331.

[5] Cfr. Karl Christ, Breve storia dell’impero romano, il Mulino, Bologna, 2003, p. 117.

[6] Alessandro Forlani, Olocausto sul Metauro, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 36.

[7] Cfr. Karl Christ, op. cit., p. 114.

[8] Andrea Gualchierotti, Concordia Augustorum, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. pp. 247-248.

[9] Cfr. Nicola Turchi, La religione dei romani, in Enciclopedia Treccani, Rizzoli, Milano, 1929, p. 664.

[10] Ibidem.

[11] Cfr. Nicola Turchi, op. cit., p. 668.

[12] Cfr. Andrea Carandini, La fondazione di Roma raccontata da Andrea Carandini, Laterza, Bari, 2013, edizione digitale.

[13] Enzo Conti, Il signore di Rumon, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 17.

[14] Cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, Milano, 2012, p. 63.

[15] Ibidem.

[16] Ibidem.

[17] Cfr. Jean Bottéro, L’Epopea di Gilgameš. L’eroe che non voleva morire, Edizione Mediterranee, Roma, 2008, p. 210.

[18] Cfr. Howard P. Lovecraft, Teoria dell’orrore. Tutti gli scritti critici, Bietti, Milano, 2018.

[19] Max Gobbo, Gli irriducibili, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 94.

[20] Cfr. Alberto Henriet, Le Cronache del Sole Mortale, Italian Sword&Sorcery Books, Casale Monferrato, 2018.

[21] Alberto Henriet, Eliogabalo, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 94.

[22] Cfr. Antonio Spinosa, La grande storia di Roma, Mondadori, Milano, 2017, edizione digitale.

[23] Ibidem.

[24] Cfr. Julius Evola, La tradizione ermetica, Edizione Mediterranee, Roma, 2002, p. 60.

[25] Cfr. Eliade Mircea, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, Torino, 2007, p. 110.

[26] Cfr. Eliade Mircea, op. cit., p. 111.

[27] Ibidem.

[28] Ibidem.

[29] Cfr. Eliade Mircea, op. cit., p. 130.

[30] Ibidem.

[31] Cfr. Giuseppe De Luca, Storia della Chiesa: dalle origini al concilio di Nicea, in Enciclopedia Treccani, Rizzoli, Milano, 1929, p. 21.

[32] Ibidem.

[33] Donato Altomare, Le sorgenti del Nilo, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 118.

[34] Cfr. René Guénon, Simboli della scienza sacra, Adelphi, Milano, 2015.

[35] Cfr. Chevalier Jean, Alain Gheerbrandt, Dizionario dei simboli. Miti, sogni, costumi, gesti, forme, figure, colori, numeri, BUR RIZZOLI, 2016, p. 568.

[36] Ibidem.

[37] Giorgio Smojver, Castrum daemonum, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 118.

[38] Andrea Oliva, Ultimo Sole, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 217.

[39] Cfr. Giorgio Ieranò, Demoni, mostri e prodigi. L’irrazionale e il fantastico nel mondo antico, Sonzogno, Venezia, 2017, edizione digitale.

[40] Francesco Brandoli, Gaio ghoul Cesare, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. pp. 57-58.

[41] Ibidem.

[42] Ibidem.

[43] Ibidem.

[44] Mauro Longo, L’ultimo servitore di Zalmoxi, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. pp. 57-58.

[45] Cfr. Giorgio Ieranò, Demoni, mostri e prodigi. L’irrazionale e il fantastico nel mondo antico, Sonzogno, Venezia, 2017, edizione digitale, cit.

[46] Ididem.

[47] Ibidem.

[48] Luigi De Pascalis, Il collezionista di sogni, in AA VV, Impero. Antologia gladius & sorcery, a cura di Alessandro Iascy e Giorgio Smojver, Watson, Roma, 2018, cit. p. 213.

[49] Cfr. Mircea Eliade, Miti, sogni e misteri, Rusconi, Milano, 1990, p. 25.

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