Speciale Spada, Stregoneria e Arte – Intervista a Francesco Saverio Ferrara

Francesco Saverio Ferrara è un illustratore italiano che collabora attivamente con diverse case editrici italiane e straniere. Ricopre il ruolo di Direttore Artistico per Zhistorica ed è l’illustratore principe del sempre più apprezzato Necrosword.

Per conoscere meglio Francesco Saverio Ferrara vi rimando alla sua pagina ufficiale su Facebook: Art of Francesco Saverio Ferrara.

1 Perché e quando hai cominciato a disegnare?

Spacchiamo il ghiaccio. Come tutti ho cominciato a disegnare all’asilo e, durante l’ora di disegno “spontaneo”, tutti disegnavano un quadrato (la casa), un fiore, una nuvola o un sole. Mi accorsi presto che quello non era il mondo che vedevo io e cominciai a disegnare alberi, ne indagavo le forme, disegnavo le foglie una per una. Per me era solo il modo corretto di rappresentarlo, l’albero è fatto di foglie e rami, non di un rettangolo e una nuvola. Ricordo che la suora metteva esposti tutti i miei disegni, cercando di lusingarmi, ma quello fu solo il mio primo atto di ribellione, il mio rifiuto a fare una cosa tanto per farla.

2 Quali sono gli autori ai quali ti sei ispirato e che hanno contribuito alla tua formazione artistica?

Leonardo Da Vinci. Ho cercato di fare della curiosità il mio motore e dell’osservazione il mio veicolo. Michelangelo Buonarroti. Delle sue opere ho studiato il linguaggio del corpo che assume un significato filosofico. Il protagonista del mio romanzo, Victor Usseldinger, è un mostro enorme perché affetto da gigantismo, ma i suoi muscoli non sono altro che l’incarnazione (tanta carne) della sua volontà e della sua forza.
Allen Williams,
Zdzisław Beksinski, C.D. Friedrich, Travis Lewis, John Howe, Wylie Beckert, Gustave Doré sono fonte di studio per la tecnica. Alphonse Mucha, Adrian Smith, Simon Bisley, Gustave Klimt e Francisco Goya sono per me maestri di espressività.
Molto devo al mio mentore Pino Latronico, per la dedizione ed il rispetto nei confronti del disegno. In laboratorio ripeteva sempre, tra mille altre perle, “è il segno che fa il disegno”, una frase che da sempre è il mio mantra e che può essere interpretata, ovviamente, anche in chiave esistenzialista.

3 Raccontaci una tua giornata tipo come illustratore/disegnatore.

Dopo il mio abituale latte di drago mi siedo alla scrivania e disegno cose a caso, specialmente i miei soggetti preferiti: alberi, camion, mostri, eroine scannazombie e, naturalmente, il mio Victor. Lo faccio per sciogliere i polsi ma soprattutto per liberare la mente. Mi dedico poi al lavoro, che sia la copertina di un libro, il progetto di una città subacquea o marziana, illustrazioni per un saggio di storia. Dedico ai vari progetti molte ore al giorno, ovviamente faccio anche numerosi break per azzannare carne elfica.

4 Quali sono i tuoi strumenti da lavoro preferiti e cosa ne pensi della deriva digitale del disegno? Per te è un supporto o un ostacolo?

Matita e pennello. Lavoro soprattutto come progettista, concept e character design, quindi bastano questi due. Sono anche incisore e parte della mia produzione consiste in disegni che imitano quelli medievali o rinascimentali, ed in questo caso la traditional art è d’obbligo. Il digitale lo uso per i ritocchi, mi piace giocare coi programmi ed applicare maschere e texture. Credo che la digital painting sia una deriva abbastanza dovuta: il pubblico è ormai abituato agli effetti speciali e l’arte deve rispondere usando la tecnologia moderna aggiungendo colori, luci ed effetti che coi pennelli è impossibile ottenere. So che esiste un acceso dibattito in merito ma, personalmente mi interessa molto poco, importa in primis che i disegni siano belli e che si riesca a riportare su qualunque supporto, con qualunque tecnica, uno spaccato di un mondo immaginario.
Il mio lavoro, e quello di tutti i miei colleghi, è di portare nel mondo reale (la carta ad esempio) gli infiniti mondi immaginari. Un compito importantissimo, oltre che divertentissimo, perché attraverso di essi facciamo sentire i nostri lettori a casa, qualora volessero fuggire da quella di mattoni, anche solo per qualche minuto.

5 Raccontaci il processo creativo dietro una qualsiasi delle tue opere.

I Padroni Dell’Acciaio è la mia avventura editoriale che, ad oggi, ha avuto maggior successo. Lavorando ad una illustrazione della biografia di Giovanni delle Bande Nere, scritta da Gabriele Campagnano, ho dovuto immergermi nella realtà di una battaglia, ho cercato di sentire il freddo dell’armatura e l’umidità della pianura, per poi sentire il calore dei miei compagni archibugieri che cercavano di farsi coraggio l’un l’altro mentre le sterminate schiere tedesche avanzavano verso di noi. Ho visto, così, lo sguardo di Giovanni oltre la celata un attimo prima di puntare la spada all’orizzonte e dare il suo ordine. Questo succede ad ogni illustrazione, cerco di essere presente e partecipe, capire gli stati d’animo dei protagonisti così che possa poi descriverli.

6 Cosa pensi dell’attuale situazione artistica italiana? Come illustratore di arte fantastica sei disprezzato, deriso, ignorato o rispettato e riconosciuto al pari di qualunque altro illustratore? Quanto spazio c’è per l’illustrazione fantastica in Italia?

C’è molto spazio, i giochi di ruolo hanno visto un’impennata di vendita negli ultimi anni e questo ha significato per me molto lavoro. Sono stato deriso molte volte ma col tempo ho capito che, in un modo o nell’altro, le persone cercano sempre di screditarti, e il più delle volte lo fanno per invidia. E questo mi fa sorridere.

7 Oltre ad essere un disegnatore, sei anche un consumatore di opere fantastiche a tutto tondo (fantascienza, fantastico, orrore)? Se sì quali sono le opere (libri, fumetti, film videogiochi) che più ti sono rimaste impresse e ancora oggi ti ispirano o ti angosciano?

“Il colore venuto dallo spazio” di Lovecraft è il racconto horror fantascientifico che più mi ha affascinato ed insieme angosciato. Adoro Stephen King, Clive Barker, J.R.R. Tolkien, Robert E. Howard per nominare i più celebri, ma il racconto fantastico che mi ha rapito in assoluto è l’ “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto.

8 La cultura di internet è cannibale, prende ciò che gli serve senza riconoscere il lavoro dell’autore. Qual è la tua posizione in merito e come ti tuteli nei confronti di questo atteggiamento?

Sembrerà strano che io lo affermi ma se internet “rubasse” un mio disegno per farlo consumare a migliaia di utenti io mi sentirei appagato, significherebbe che la mia opera ha del potenziale. Certo, quando non si cita l’autore è antipatico, io intanto mi tutelo apponendo il mio logo su qualsiasi cosa pubblichi.

9 Sfata il più stupido dei miti/luoghi comuni sulla tua professione.

Non ho mai fatto, e mai ne farò, uso di droghe.

10 Essendo il tuo segno molto versatile in quale altro campo dell’intrattenimento ti piacerebbe lavorare? Cinema? Serie animate? Videogiochi? Carte collezionabili?

Il progetto Victor Usseldinger è stato apprezzato da parecchi editori, di vario genere, sarebbe bello se da romanzo illustrato potesse diventare un videogioco o un gioco da tavolo. Ci sarebbe anche la possibilità di sottoporlo al cinema per cui non mi spiacerebbe far parte del team, progettare le ambientazioni e i costumi.

11 L’illustrazione alla quale sei più affezionato o di cui vai più fiero?

“La Battaglia della Foresta Nera”, oltre che per un fatto di orgoglio tecnico nell’ aver progettato un’ illustrazione con panoramica fish-eye, con più di 20 piani prospettici e circa 100 figuranti, interpreta il perno delle mie riflessioni. In questa scena è ritratto Victor Usseldinger che, sbucando dalla foresta in sella al suo amico bue Hermann, affronta una intera armata di fanteria pesante ed il suo urlo di guerra sembra piegare gli alberi e spazzare via le nubi. Victor è un uomo mostruoso senza volto vestito di nero che affronta uomini impauriti e vestiti di armature scintillanti. Ad un primo impatto la lettura è semplice: uno scontro tra il bene e il male, il mostro maligno ed i difensori dei giusti. Ma è proprio la complessità dell’illustrazione che costringe a dedicare più tempo alla lettura dell’immagine ed osservarne i dettagli, le vere chiavi di lettura, che ci obbligano a mettere in discussione la prima impressione che abbiamo avuto della scena.

12 Che cosa rappresenta per te l’arte fantastica in questo mondo contemporaneo, liquido e iperconnesso?

Sono contento che tu abbia usato la parola “liquido” in riferimento ai pensieri di Zygmunt Bauman, è un argomento su cui rifletto spesso. Per chi come me ha vissuto l’ “epoca lenta” è difficile rapportarsi col nuovo mondo, in cui la comunicazione è super veloce. Il mondo di oggi e dei prossimi anni lo guardiamo dal display del nostro cellulare e, noi che ci occupiamo di intrattenimento, abbiamo presto fatto i conti con questo. I disegnatori sono impegnati a registrare video time-lapse, sono nate parole come wip, il linguaggio dell’immagine si è modificato nel tempo. I disegni sono diventati via via più semplici e immediati, perché il disegnatore sa che l’utente quando usa il cellulare swippa, e lo fa su tutto, anche sui futuri partner amorosi, quindi si ha a disposizione una frazione di secondo per far sì che il disegno si pianti come una scheggia nella retina dell’osservatore. Tralasciando le inquietanti derive, come guardare il concerto a cui si è presenti attraverso il display (un tempo si alzavano le mani, oggi gli smartphone per fare la storia su Instagram), analizzare il fenomeno della “dipendenza da pixel” può far insorgere il timore che i messaggi che noi disegnatori mandiamo possano subire un appiattimento o una mortificazione. Una poesia ha bisogno di tempo per essere intesa, un quadro deve essere contemplato, un articolo vuole essere assimilato. La sfida, quindi, è appunto questa, riuscire a vendere il prodotto artistico in un attimo di osservazione mantenendone alta la qualità. Produrre arte fantastica in questo scenario, per me, significa creare un luogo di approdo in cui perdersi e trascorrere un tempo indefinito, abbandonandosi alle infinite successioni immaginifiche.

13 Quale consiglio daresti a un giovane disegnatore/illustratore desideroso di trasformare questo passatempo in un lavoro?

Studiare. Al mondo dell’editoria accedono i migliori o i furbi che hanno capito il trend del momento sui social. Consiglio di intraprendere il primo percorso, sebbene sia il più impegnativo, perché è quello più longevo per un professionista. Raccomando inoltre di non lasciare l’Italia anche se vivere di questo lavoro in Francia o in Inghilterra è più facile. Dante sarebbe d’accordo, il suo “bel Paese” ha bisogno di tornare “bello”, ripartendo dall’arte.

Ringrazio infinitamente il buon Francesco che ha dimostrato di essere non solo un artista dalla personalità multiforme, ma anche un attento spettatore della società contemporanea.

Onore e gloria a Francesco Saverio Ferrara!

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