Sinossi
Tornato in patria dopo l’ennesima avventura, Kane rincontra per caso un vecchio nemico, e ha finalmente l’occasione di mettere la parola fine ad una vicenda sanguinosa iniziata molti anni prima, a bordo di un galeone in fiamme…
Commento
Il mese scorso si accennava alla possibilità di incappare, all’interno di saghe di lunga durata, in racconti meno ispirati, o che mostrino con troppa evidenza l’usura di certi spunti.
Se come evidenziato nell’appuntamento passato, La luna dei Teschi era riuscita con successo a scampare a questo rischio, ebbene, alcuni affermano che ciò sia avvenuto proprio con l’avventura successiva del ciclo di Solomon Kane, che ha per titolo Le lame della fratellanza.
Nell’accendere di disappunto l’animo fiammeggiante dei numerosi accolti howardiani, sempre pronti a difendere l’onore del loro autore preferito (e nel cui novero amo inserire anche me stesso) i critici si fanno forti di due differenti considerazioni.
Per prima cosa, anche Le lame della fratellanza è da inserirsi nel novero di quei racconti “spuri” di pubblicazione postuma, che sono passati cioè sotto la mano di revisori più o meno invadenti (in questo caso, John Pocsik) dopo la morte di Howard, tanto che il testo in questione ha visto la luce per la prima volta solo nel negli anni ’60.
In secondo luogo, la valutazione del racconto sarebbe inficiata – caso non raro in verità per le storie d‘ambientazione storica del bardo di Cross Plains – dalla mancanza nella trama dell’elemento soprannaturale, presente invece nelle storie dal blasone più rinomato.
Ciò detto, per verificare effettivamente la consistenza di queste obiezioni, gettiamo lo sguardo sulla trama del racconto.
Anche in questo caso, come in Ombre Rosse, ci troviamo di fronte a una storia di vendetta, avvolta da un’aura di cupa predestinazione. Anzi, si potrebbe dire che è il racconto in cui più osserviamo il nostro antieroe bruciare per la sua ossessione di giustizia a tutti i costi.
A differenza dei passati episodi, è il suolo familiare della vecchia Inghilterra l’ambientazione. Chissà quale vagabondaggio ha riportato Kane verso la terra natia! Forse, chissà, ha appena ricondotto indietro dalle selve africane la giovane Marylin…Non lo sapremo mai con certezza.
Quello che sappiamo, è che la sua strada incrocia nuovamente il pericolo, e non nuovo, se non per noi lettori. Coinvolto per mero caso nelle conseguenze di un duello, il nostro puritano incappa infatti in una vecchia conoscenza di cui apprendiamo solo ora nome e rilevanza, Jonas Hardraker, detto il Falco pescatore: pirata, assassino e razziatore. Importante, oltre il suo vistoso curriculum criminale, è il periodo in cui Hardraker ha incontrato Kane.
Si tratta di quegli anni nebbiosi della vita dell’avventuriero vestito di nero da cui solo raramente, e per poco, Howard solleva il velo sanguigno. Anni dimenticati in cui Kane ha viaggiato per mare, ha conosciuto la gloria e le infamie della Tortuga e ha visto le fiamme divorare i galeoni portoghesi e inglesi a largo del Mar delle Antille. Ogni sorta di efferratezza, intuiamo, è passati davanti agli occhi del puritano, eppure una l’ha segnato: una giovane – l’ennesima – era finita tra le grinfie del Falco, figlia di un vecchio amico ormai quasi dimenticato, ed era perita in maniera terribile senza che Kane potesse fare nulla.
Adesso, quasi per caso, le fiamme della vendetta che il tempo aveva forse in parte placato vengono riattizzate dal nuovo incontro con Hardraker, qui invischiato nelle trame di un nobile inglese mellifluo e crudele.
Inutile, a questo punto, dilungarsi oltre. Come il lettore affezionato avrà già capito, neanche un esercito di demoni potrebbe impedire a Solomon Kane di ottenere pur dopo estenuanti sforzi la sua vendetta. Vendetta che pure, da evento singolo, trascende nel finale a vero manifesto del personaggio, tanto che il puritano pone fine alla storia con un appassionato monologo che è il fulcro della narrazione, rivolto non tanto ai comprimari del racconto, quanto a sé stesso: “Io seguo la volontà del Signore. Fin quando il male prospera e i torti si moltiplicano, fin quando gli uomini sono oggetto di persecuzione e le donne di offesa, fin quando i deboli, uomini o bestie, vengono maltrattati, non c’è riposo per me sotto questi cieli…”
Si tratta a questo punto di evidenziare un passaggio importante.
Abbiamo detto più volte di come Kane sia, inconsapevolmente, un monomaniaco, un fanatico preda di istinti cui non cerca di dare, nella maggior parte dei casi, neanche un nome, confidando esclusivamente in un richiamo interiore che solo lui intende.
Ebbene, nella dichiarazione riportata, Howard dà finalmente voce a questo richiamo anche per il lettore. La sete estrema di giustizia che fino ad ora abbiamo visto per lo più all’opera, è apertamente posta come pietra di fondamento dell’eterno peregrinare di Kane. E’ una finzione? Un modo di mascherare anche con sé stessi una realtà indicibile? Forse, in parte. Ma certo non possiamo dare al puritano del bugiardo, proprio lui che sul piatto dove si gioca questa impresa senza fine, ha posto la sua stessa vita. In fondo, se pur credesse solamente di combattere per la giustizia, anche nell’illusione la sua lotta sarebbe in tutto vera.
E’ quindi vero che ci troviamo di fronte a un’avventura che – tutto sommato – esce dai canoni dello sword&sorcery per camminare sui binari del racconto di cappa e spada. Chi non ravvisa l’elemento magico o soprannaturale ne “Le lame della fratellanza ha certamente ragione.
Ma pur di origine spuria, il racconto esprime ottimamente la visione cupamente howardiana di un mondo dove il delitto e l’ingiustizia prevalgono nella maggior parte dei casi, e dove solo pochi eroi tormentati, forse espressione di una forza superiore, forse semplici fedeli a un’etica perduta, s’impongono di riparare i torti che incontrano sul loro cammino.
Soprattutto, aggiunge un tassello importante al passato di Kane, facendoci immaginare quali traversie possano aver condotto l’inglese fino ai mari del Nuovo Mondo, e donando ulteriore spessore a un personaggio che via via che i racconti si accumulano, acquisisce sfumature che contrastano positivamente con la monoliticità apparente che spesso gli viene attribuita.
Ah, se solo potessimo averle fra le mani, certe sue avventure mai scritte!