Film is probably the closest art we have to real life.
-Aaron Moorhead
Il 2018 è stato un altro anno proficuo per il cinema dell’orrore meno commerciale.
Film come Hereditary, A Quiet Place e Apostle hanno egregiamente portato avanti lo stendardo del cosiddetto Prestige Horror, o Horror Elevato, mentre si sono registrati grandi ritorni, come Mandy di Panos Cosmatos, o Ghostland di Pascal Laugtier.
Il pubblico con una sensibilità più immediata o quello con velleità più artistiche, ha potuto godere di due film evento con cui si è concluso quest’anno, Birdbox di Susanne Bier e The House That Jack Built, l’ultima opera di Lars Von Trier.
In un anno cosi pieno di uscite che vale la pena ricordare ci si potrebbe dimenticare di una vera e propria gemma, The Endless, frutto della collaborazione di una coppia di registi che, sebbene ancora alle prime opere, mostrano già una padronanza del linguaggio del Cinema tale da aver reso ogni loro film un’opera da recuperare assolutamente. Aaron Moorhead e di Justin Benson firmano ogni opera come co-registi, con Benson che si occupa della scrittura e Moorhead della cinematografia.
Almost nobody saw Resolution. So if The Endless was marketed as a sequel to a movie you haven’t seen, you won’t want to watch it.
-Aaron Moorhead
Reduci dal successo di Spring, incrocio atipico tra storia d’amore e orrore lovecraftiano, e dallo suicidio della madre di Benson, Aaron e Justin chiamano la loro ultima fatica The Endless. Opera al momento mostra un fiero 95% di approvazione sull’aggregatore cinematografico Rotten Tomatoes, e su di lei sono state spese dalla critica e dal pubblico parole altisonanti come “Vero Capolavoro”, “Provocante” od “Unico”. Un film particolare, che non solo acquista pienamente senso se visto da solo, ma che trova una forza maggiore se accoppiato all’opera prima del duo, ovvero Resolution, del 2012, di cui The Endless potrebbe raffigurarsi prosaicamente come sequel, o più ideologicamente come dittico.
Non è necessario in alcun modo vedere e capire Resolution per apprezzare The Endless ma, il modo in cui i due film si compenetrano, punti indistinti sparsi sullo stesso nastro di Möbius, a volte offrendosi come contraltari uno dell’altro, offrono più punti di vista su tematiche che hanno sempre fatto parte del fantasy come genere, cinematografico e letterario, come la sulla natura del Racconto, sull’incapacità dell’essere umano di comprendere pienamente il mondo che lo circonda e sulla forza dei legami, siano familiari come in The Endless, sentimentali come in Spring, o amicali.
Can we try it another way?
– Michael
E’ proprio sfruttando il legame amicale come una leva su cui sollevare il film, i registi decidono di mettere al centro di Resolution due amici, Michael e Chris.
Michael riceve un email che mostra in un video il suo miglior amico, Chris, ridotto oramai ad uno stato di follia, passando il tempo a bere, drogarsi, e sparando agli animali all’interno di una zona sperduta tra le montagne. All’interno della mail, una mappa su come raggiungerlo, e Michael decide di andare a salvare il suo amico, assicurando la moglie che tornerà presto.
La situazione, una volta giunti nella baita sperduta in cui si svolte la maggior parte del film, non è tra le migliori, Chris è totalmente fuori controllo, e l’unica possibilità di Michael è quella di stordirlo e incatenarlo all’interno della casa, sperando che nella settimana che trascorreranno li riesca a far riprendere l’amico abbastanza da convincerlo ad andare in disintossicazione.
Nel corso di questa settimana Michael farà conoscenza con i vari abitanti della zona, come Justin e Aaron, interpretati dagli stessi Moorhead e Benson, che fanno parte di un culto new age sugli UFO, o Charles, la guardia indiana che pretende che il protagonista se ne vada subito dalla zona. La situazione inoltre non è priva di elementi di stress, in quanto alcuni spacciatori hanno lasciato a Chris della droga e la rivogliono indietro, con la violenza se necessario.
Michael, nei dintorni della baita, inizia a fare degli strani ritrovamenti, che peggiorano la situazione. Video, foto e libri sembrano essere stati messi li sono per giocare con la sua mente.
Nel corso del film la coppia si trova quindi trascinata in una storia sempre più assurda, come se qualcosa li stesse forzando per ottenere una storia da loro, e quindi si ritrovano forzati a combattere, intellettualmente e con i loro limitati mezzi, per ottenere un finale che soddisfi questo essere, che, a detta di uno dei personaggi, ha bisogno di un inizio, uno svolgimento ed una fine. Questa creatura è allo stesso tempo presente e assente per tutto il film, è invisibile, e il suo sguardo non è altro che quello della telecamera che li inquadra, tutto il film è svolto infatti dal punto di vista di questo essere che li manipola per dare un finale soddisfacente alla loro storia.
Messi di fronte, attraverso proiettori ed email ai vari finali possibili, tutti negativi, che questo essere esige da loro, la coppia, con l’astuzia, riesce a salvarsi la vita. Questo scatena l’ira della creatura, che in una soggettiva finale ruggisce di fronte agli amici, mentre Michael la implora di riprovare con un finale più soddisfacente.
I think it wants a story with an ending.
– Michael
La Creatura, senza nome, è quindi trasfigurazione dello spettatore, che si aspetta da Resolution la morte dei due amici, e i molti red herring di cui è sparso i film, gli alieni, la droga, le maledizioni indiane, non sono altro che valvole narrative con cui si spera di forzare la pressione della storia. Il gioco di destrutturazione degli elementi del cinema dell’orrore compiuto dai due registi in questo film non è dissimile da quello di Scorsese in Shutter Island, o da quello di Godard in The Cabin in the Woods. Tutti e 3 i film giocano con l’aspettativa e l’apofenia, il divertimento per lo spettatore è capire quanto la struttura di rimandi e citazioni possa tenersi su se stessa prima di crollare sotto il peso dei suoi stessi singoli elementi. Sono film che si basano sul finale, in quando è facile per uno scrittore infarcire la trama di cose sconnesse, ma è nel finale che la risoluzione deve essere appagante e, soprattutto, sanguinosamente catartica. L’espediente narrativo abusato attraverso cui la coppia di amici riescono ad avere salva la vita non sembra che essere un altro finale deludente da film thriller, ed è per questo che noi, attraverso la creatura, ci scagliamo contro la coppia. La nostra indole da appassionati dell’orrore pretende il sacrificio dei protagonisti, ed la nostra aspettativa è stata delusa, ma, come suggeriscono le parole finali di Michael, si può sempre provare di nuovo.
The oldest and strongest emotion of mankind is fear, and the oldest and strongest kind of fear is fear of the Unknown
– H.P. Lovecraft
Come Resolution già dal titolo tradisce la sua componente metanarrativa, The Endless tradisce l’influenza lovecraftiana, e il film, per non lasciare alcun dubbio, si apre con la famosissima citazione sulla paura dello sconosciuto ad opera del bardo di Providence.
Benson e Moorhead riprendono le omonime parti di Justin ed Aaron, i seguaci della setta UFO visti brevemente dentro Resolution. Sono passati oramai dieci anni da quando Justin convinse Aaron a fuggire dalla setta, per sfuggire ad un probabile suicidio di massa. I due vivono una vita spartana e vuota, dividendo la loro vita tra la società delle pulizie e le sedute di deprogrammazione dalla setta. La loro solitudine è fisica e sentimentale, e il mondo non sembra avere posto per loro.
E’ proprio quando Aaron, che a differenza del fratello ha solo ricordi piacevoli del culto, riceve un video di una loro vecchia compagna della setta, si convince a tornare nella comune, chiamata Campo Arcadia, e Justin decide di riportarlo indietro per un giorno.
Gli abitanti del campo riaccolgono i fratelli con gioia, non sembrano esserci tracce del culto della morte sugli UFO che ricorda Justin, ma stranamente nessun membro del campo sembra essere invecchiato di un solo mese, in questi dieci anni che i fratelli sono stati via. Il campo inoltre non è isolato dal mondo esterno, è presente una fiorente esportazione di birra, e i membri della comune non sembrano semplicemente interessati a tornare nel mondo civile.
Le giornate passano tra il lavoro, il consumo di una sostanza simile alla DMT chiamata Il Fiore e vari giochi di società e discussioni letterarie su autori fantastici del 900. Ognuno sembra avere un suo posto al mondo, e Aaron capisce quanto il fratello, nel tentativo di controllarlo, non abbia fatto altro che raccontargli bugie sulla vita ad Arcadia.
Aaron si trova completamente immerso nell’alternativa di vita offerta dal campo, mentre Justin inizia a notare le tensioni sotterranei tra i vari membri, e, come Michael nel primo film, inizia a investigare l’area, trovando video e foto.
Nella comune questi video sono ben accetti, a quanto pare venerano una creatura che comunica con di loro attraverso media visivi, e loro, grazie al consumo di droga, a volte riescono ad osservare la vera natura della realtà invisibile attorno a loro, come un orizzonte che sembra specchiarsi su se stesso, o varie lune nel cielo in diverse fasi di crescita.
Ognuno a modo proprio, entrambi i fratelli si renderanno conto di essere prigionieri del Dio alieno venerato dal culto, e forti del loro legame inizieranno a combattere questa presenza, rendendosi conto di non trovarsi altro che in un enorme parco tematico creato dall’Alieno, in cui coesistono decine, forse centinaia, di bolle temporali, in cui all’interno si ripetono dei loop narrativi. I due amici di Resolution sono prigionieri di questo loop, cosi come lo è la comune di The Endless e gli altri presentati nei due film, alcuni durano mesi, altri pochi secondi, alcuni sembrano aver avuto inizio durante la guerra civile, altri affondano radici in un passato atavico.
L’unica speranza dei fratelli quindi è quella di sfuggire al loop prima che le lune in cielo compiano la loro configurazione, per evitare di rimanere prigionieri nella bolla. Saranno anche costretti a fare i conti con le dinamiche del loro rapporto familiare, ed a trovare un punto d’incontro tra i loro ego.
Ritornano in questo film gli elementi fondanti delle due opere precedenti, le continue piste false, la creatura incomprensibile che comunica per video e foto e l’ambizione di voler sfruttare un film del’orrore come veicolo per l’espressione dei sentimenti più profondi che proviamo gli uni verso gli altri. La mitologia viene espansa, con i red herring che formano un’intricata rete di ipotesi su cui gli stessi registi costruiscono diverse implicazioni fatte di graffiti indiani, totem, statue dedicate ad antiche divinità senza nome e librerie piene di video.
The people come here, to look for aliens, ghosts, and cults, and gateways to hell, secret military bases looking into other dimensions. I think, if there IS something, it is not none of these things or perhaps all of them.
– Byron
La creatura Eldrichtiana, invisibile come The Dunwich Horror o formata da colori impossibili come The Colour Out of Space, questa volta non è una rappresentazione dello spettatore, ma è un vero e proprio orrore cosmico, che domina su quella zona da tempi immemori, con delle motivazioni che sembrano del tutto aliene se non quelle del semplice intrattenimento. Anzi, si potrebbe dire che la stessa visione metanarrativa di Resolution non è altro che un tentativo di spiegare la natura della Creatura di The Endless. Nel corso del film vari personaggi offrono diverse spiegazioni di cosa sia questo essere, attraverso l’arte, la letteratura o la matematica. Il Fiore, la droga che assumono i personaggi come la DMT non fa altro che espandere le porte della conoscenza, permettendo di riflettere su cose che non ci è stato dato potere di vedere. Alcuni personaggi arriveranno a contrapporre la visione di Tolkien a quella di Lovecraft, cercando di dare una forma, e quindi normalizzare, l’impossibile infinito che hanno di fronte. Quello che è certo è che questa creatura sia incline all’ira, che abbia un controllo quasi assoluto dello spazio tempo e che sia profondamente deleteria per gli esseri umani, ma anche questo essere sembra dover sottostare a delle regole, può controllare la percezione della realtà ma non ha il controllo totale sulle persone, può comunicare all’esterno della sua sfera d’influenza maggiore, attirando i personaggi dei film, ma in nessuno dei due film viene mostrato un culto che ne faccia le veci nel mondo esterno. La sua esistenza sembra limitarsi a quella di vampiro psicofisico.
Eppure la visione Lovecraftiana è solo una delle spiegazioni possibili, Camp Arcadia, come suggerisce il nome stesso, è un vero e proprio paradiso in cui si vive in armonia, e i suoi abitanti conducono una vita felice e bucolica, in cambio di una notte ogni qualche anno in cui la creatura li uccide, ma la mattina dopo possono, senza strascichi violenti, ricominciare il ciclo piacevole di Arcadia.
A detta stessa di Aaron, una persona potrebbe scegliere deliberatamente di vivere sotto questa creatura, in una simbiosi che è probabilmente la cosa più vicina al Paradiso cristiano che esista nel mondo materiale.
La Creatura potrebbe addirittura porsi in modo inquisitorio nei confronti delle varie situazioni del film, l’eterno ritorno delle varie capsule temporali di The Endless potrebbe non essere prefissato, i personaggi si trovano solo costretti in un meno rilassante Giorno della Marmotta. Nel film è espresso un lasso di tempo, quantificabile in un milione di ore, in cui bisogna esercitarsi in una cosa prima che riesca perfettamente, e forse si tratta solo questo, semplicemente di una prova, in cui i personaggi devono riuscire a compiere un determinato set di azioni per ottenere cosi un finale piacevole. Le equazioni espresse nel film allora non sarebbero altro che il numero d’iterazioni del loop prima della risoluzione.
La creatura si dimostra inoltre complice dei piacevoli passatempi del campo, e il suo comportamento in alcuni dei momenti del film non sembra nulla di diverso da quello di una guida che amorevolmente si prende cura della comune, spronando i vari componenti alla crescita interiore, all’accettazione di se stessi e al perdono dei torti subiti.
I know I messed up. I know I made mistakes but I hope I taught you about forgiveness.
– Justin Benson
Qual è quindi la motivazione di questo Essere? Aaron Moorhead e di Justin Benson non offrono una risposta univoca, ma mostrano come diverse persone possano giungere a conclusioni del tutto diverse. L’intelligenza del film sta in questo, ogni riflessione sull’intreccio narrativo è già stata contestualizzata nel film stesso e, forse, come dentro Spring e Resolution, l’unica conclusione che offre The Endless è semplicemente la consapevolezza che se siamo destinati ad affrontare l’ignoto che annichilisce l’essere umano, l’unica possibilità di salvezza si cela nel trovare qualcuno con cui affrontarlo insieme.
Secondo i registi ci saranno altri film che riprenderanno questo l’universo narrativo, ma intanto, il loro prossimo film, Synchronic, è atteso già per marzo di quest’anno al Toronto Film Festival.