Omero, Iliade di Alessandro Baricco

Dettagli

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Titolo: Omero, Iliade

Autore: Alessandro Baricco

Genere: Prosa epica

Pagine: 163

Editore: Feltrinelli (2018)

Prima pubblicazione: 2004

 

Sinossi

Questo volume nasce da un progetto di rilettura del poema omerico destinato alla scena teatrale. Baricco smonta e rimonta l’Iliade creando ventun monologhi, corrispondenti ad altrettanti personaggi del poema e al personaggio di un aedo che racconta, in chiusura, l’assedio e la caduta di Troia. L’autore “rinuncia” agli dei e punta sulle figure che si muovono sulla terra, sui campi di battaglia, nei palazzi achei, dietro le mura della città assediata. Tema nodale di questa sequenza di monologhi è la guerra, la guerra come desiderio, destino, fascinazione, condanna. Un’operazione teatrale e letteraria insieme, dalla quale emerge un intenso sapore di attualizzazione, riviviscenza, urgenza, anche morale e civile.

L’Autore

Alessandro Baricco, torinese, è uno scrittore, saggista, critico musicale, conduttore televisivo, sceneggiatore e regista italiano, vincitore del Premio Viareggio nel 1993. Il suo esordio come scrittore avviene proprio con un saggio su Gioachino Rossini, Il genio in fuga’ (1988). Successivamente lo scrittore si afferma con il romanzo Castelli di rabbia (1991).Alessandro_Baricco_1.jpg

Alla letteratura Baricco affianca anche l’attività di conduttore televisivo – con le trasmissioni RAI L’amore è un dardo (1993), Pickwick, del leggere e dello scrivere (1994) e Totem (1998).

Tra le opere più note dello scrittore si ricordano, Oceano mare (1994), Premio Viareggio e Premio Palazzo al Bosco, il monologo teatrale Novecento (1994) da cui Giuseppe Tornatore ha tratto il film La leggenda del pianista sull’oceano, Seta(1996).

Nel 2006 ha pubblicato a puntate su La Repubblica il saggio I barbari.

Saggio sulla mutazione. Dal 1994, anno in cui l’ha fondata, presiede la Scuola di scrittura Holden di Torino.

Commento

 

1870. Heinrich Schliemann, accompagnato dalla moglie Sophia e da 150 operai, dirige i lavori di scavo nei territori corrispondenti all’antica Troade e porta alla luce una quantità di vasi, ceramiche e macerie che recano tracce di un incendio: ha con sé una copia dei poemi omerici di cui ha studiato fittamente tutti i riferimenti geografici.

Il suo sogno, scoprire le vestigia perduta della città di Troia [1].

Nel Giugno del 1874, due eccezionali scoperte. La prima, una torre immensa che Schliemann identifica, rifacendosi al Libro VI dell’Iliade, con la costruzione su cui salì Andromaca quando seppe che i Troiani erano sopraffatti dall’immensa forza degli Achei. La seconda scoperta è una casa dai muri in alcuni punti altri fino a tre metri che al proprio interno – scava personalmente, aiutato soltanto dalla moglie – disseppellisce un vero e proprio tesoro. Anelli, orecchini, diademi, bottoni preziosi oltre a 8750 frammenti d’oro. Come un profeta dei nostri tempi, Schliemann è sicuro di aver portato alla luce l’antica Ilio e il tesoro di Priamo.

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Foto di Sophia Schliemann con indosso gioielli del “Tesoro di Priamo”

In realtà, studi successivi dimostrarono che pur trattandosi di Troia, le scoperte di Schliemann avevano toccato gli strati più antichi della città: quella cantata da Omero, la città di Ettore, si trovava ancora sepolta nel sesto strato a partire dal basso.

Come sottolinea lo storico francese Gustave Glotz, l’importanza della scoperta storica di Troia risiede nel fatto che fino ad allora si aveva soltanto una conoscenza molto parziale della Grecia prima dei Greci. Di fatto, Omero (VII – VI sec a.C.) rappresenta l’erede di una tradizione storico-culturale tramandata oralmente e che affonda le radici nella civiltà minoica e micenea (II millennio a.C.), di cui Omero rielabora gli elementi per farne una delle espressioni più importanti della letteratura mondiale [2].

Quella cantata nell’Iliade è la guerra per antonomasia.

La guerra di Achille, di Agamennone, di Ulisse e del cavallo di legno. La guerra di Ettore, di Enea, di Paride e della bella Elena. Una guerra, quella dell’epica classica, la cui influenza condizionerà anche lo sviluppo della letteratura fantasy [3]. Fra le numerosi riproposizioni della storia tramandata dall’Iliade basti pensare al volume La Torcia (1987) di Marion Zimmer Bradley o, in ambito cinematografico, al colossal cinematografico Troy (2004) diretto da Wolfgang Petersen.

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Anche Alessandro Baricco, scrittore e fondatore della Scuola Holden, raccoglie la sfida di Omero e si cimenta in una narrazione in prosa dell’Iliade, simile a un aedo dei nostri giorni. Il paragone è più che calzante. Nella prefazione al volume, Baricco svela il retroscena del suo lavoro e la volontà di (ri)portare l’Iliade alla forma orale. Basandosi sulla traduzione di Maria Grazia Ciani, l’autore monta un racconto che si presti alla lettura in pubblico, operando al tempo stesso un confronto coraggioso con il testo originale. Sempre nella prefazione, Baricco enuclea i principi su cui è basato il proprio adattamento:

Narrazione essenziale. Baricco sforbicia un testo pieno di ridondanze senza cadere nel tranello del riassunto; piuttosto scrive riscrive intere sequenze basandosi sulle scene originali dell’Iliade.

Narrazione di uomini. Come un paziente artigiano, Baricco scalpella la complessa struttura della narrazione omerica epurandola degli interventi divini, lasciando alla luce il nucleo più vivido del poema, ovvero il gesto umano.

Narrazione in prima persona. Per aumentare l’efficacia della narrazione orale e favorire l’immedesimazione dell’ascoltatore, Baricco affida la narrazione a ventuno personaggi diversi.

Quello che l’Iliade non poteva dire ad alta voce. L’autore evidenzia in caratteri corsivi il materiale originale scritto di proprio pugno. Per lo più si tratta di poche frasi, di grande effetto narrativo, che hanno il fine di rafforzare la tematica del testo.

Il risultato finale di Omero, Iliade è un testo coinvolgente che riesce a riproporre una narrazione moderna, attenta alla caratura espressiva e al senso del ritmo, senza disperdere tutta l’epicità del testo originale. Ho apprezzato tantissimo la cura con cui l’autore riporta i numerosi nomi dei personaggi, anche quelli minori: «come cerco di spiegare ai miei attori, i nomi non sono una cosa noiosa da liquidare velocemente, litigando con l’accento, ma suoni eterni, che meritano rispetto. [4]»

Sul palcoscenico della pianura di Troia, ai piedi delle mura possenti, delle porte Scee, si muovono gli eroi, conducendo gli eserciti con movimenti ipnotici. Gli Achei invasori, fieri e bellici, sono ben riassunto dallo spirito con cui Agamennone, il Re dei Re, apostrofa il fratello Menelao: «Nessuno di loro deve sfuggire alle nostre mani, all’abisso di morte, nessuno, neppure chi è ancora nascosto nel ventre della madre, nessuno deve sfuggire, tutti periscano insieme a Troia, senza sepolcro e senza nome. [5]» Il condottiero greco è orgoglioso, ai limiti della follia ma gli uomini sono pronti a seguirlo, a trovare se stessi – l’onore e il senso della vita che sfugge rapido nel guizzo della morte.

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Fra le fila degli Achei risuonano i nomi degli eroi: Ulisse, Diomede, Nestore, Aiace. La narrazione in prima persona ravviva la voce di ognuno di loro. Come nel caso di Ulisse, di cui Diomede loda l’ingegno mentre stanno per inoltrarsi di soppiatto nel campo troiano per uccidere Reso, Re dei Traci: «Adesso tu pensa che cervello, quell’uomo, spostava i cadaveri, li nascondeva, perché già aveva pensato ai cavalli di Reso, erano appena arrivati in battaglia, non erano abituati a cadaveri e sangue, e così, tu pensa che cervello, lui gli liberava la strada per poterli portare via senza che si innervosissero. [6]»

Dall’altra parte, fra le fila dei Troiani, i guerrieri si stringono attorno a Ettore, unico baluardo attorno cui si erge l’intera resistenza di Ilio. Come nota Baricco, nel saggio in appendice al volume, per essere un testo scritto dai vincitori, l’Iliade mostra un profondo rispetto per i guerrieri troiani. La figura di Ettore risulta ben caratterizzata. Eroe volubile, capace di osteggiare Paride per la sua viltà, di rimanere sordo alle preghiere della moglie Andromaca, lo troviamo al comando dei Troiani, prossimo a soffocare gli Achei nel loro stesso accampamento: «E atterriti ne eravamo noi lì [della battaglia, n.d.r], affascinati ma atterriti, mentre Ettore ci trascinava avanti, come se non vedesse altro che quelle navi, laggiù, da raggiungere e distruggere. [7]»

Baricco riconosce che al centro dell’Iliade si pone l’esaltazione della guerra, la sua narrazione, l’ammirazione estetica di ogni gesto, di ogni dettaglio: il carro che travolge i nemici, il cadere dei guerrieri, la lotta per i cadaveri, lo spoglio delle armi. La guerra, nota Baricco, è come una luce che attrae l’uomo, fa parte del suo bagaglio. La guerra è fra gli strumenti che abbiamo perpetuato dall’inizio dell’umanità. Ha una sua bellezza, ammaliante e affascinante. Ma l’Iliade – e qui sta la potenza della narrazione – riesce ad andare oltre la semplice esaltazione della guerra. Così, fra le fila dei Troiani, si erge la voce tutta femminile di chi implora affinché le armi siano deposte: la Regina Ecuba e Andromaca, moglie di Ettore e madre di Astianatte, il figlio di Ettore che, nel massacro finale della città, sarà scagliato dall’alto delle mura di Ilio.

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I guerrieri mostrano un’umanità contesa fra il desiderio spasmodico di gettarsi nella mischia e il rigetto della stessa. Il ricordo delle proprie donne muove la nostalgia degli Achei strappati alle case per una guerra che, di notte, nell’accampamento greco, sembra perdere di senso. Allo stesso modo, il ricordo dei caduti strazia la memoria di chi, ancora un altro giorno, è riuscito a sopravvivere.

Notevole, in questo senso, è la figura di Priamo, Re di Troia, che dopo aver visto morire Ettore per mano di Achille si reca al campo degli Achei per riscattare il corpo del figlio su un carro pieno di doni, in compagnia soltanto di un vecchio servo: «Cadde ai suoi piedi [di Achille, n.d.r.],e abbracciò le sue ginocchia […] Abbi pietà di me, Achille, nel ricordo di tuo padre: se hai pietà di lui abbi pietà di me che, unico fra tutti i padri, non ho avuto vergogna di baciare la mano di chi ha ucciso mio figlio [8].»

Ed è proprio Achille la figura chiave che incarna meglio di chiunque nel testo omerico il dualismo della guerra. All’inizio della narrazione lo troviamo in disparte, adirato con Agamennone per avergli tolto la schiava amata Criseide. Assiste agli eventi, attendendo la caduta di Agamennone, rifiutando il tentativo di riconciliazione che il Re dei Re gli propone tramite le oculate parole di Ulisse, per poi scendere in battaglia quando Ettore uccide Patroclo. Ed è la più ruggente manifestazione della guerra lui, che è un semidio: falcia le fila dei Troiani, arrossando di sangue le acque del fiume Scamadro che si ribella al guerriero: «Lontano da me, Achille, va’ lontano da me se vuoi continuare a uccidere. Smettila di riversare cadaveri nelle mie acque bellissime, io non avrò forza di portarli tutti fino al mare. Mi fai orrore, Achille [9].» In contrasto con una ferocia che non conosce eguali, la compassione di Achille risalta nel testo nel gesto di accogliere nella propria tenda Priamo, di restituirgli il corpo di Ettore e, soprattutto, nelle parole che pronuncia all’ambasciata inviatagli da Agamennone: «Si possono rubare buoi, e grasse pecore, ci si può riempire di cavalli e tripodi preziosi, comprandoli con l’oro: ma la vita non puoi rapirla, non puoi comprarla. Ti esce dalla gola e non torna più indietro [10].»

Omero, Iliade di Alessandro Baricco è un testo completo, profondo che permette il lettore di riscoprire un testo classico, supportato anche dalle chiavi di lettura fornite nella prefazione e nel saggio d’appendice. Consiglio vivamente il libro, anche se ‘epurato’ di alcuni episodi che mi sarebbe piaciuto leggere (come il furto del Palladio a opera di Ulisse e Diomede). Baricco si dimostra capace nel portare in scena gli eroi della narrazione omerica, nel dare voce alle loro passioni, alle loro inquietudini: «Quella guerra la vincemmo con l’inganno, non con la lotta a viso aperto, leale, cavalleresca. E questo a loro, ai giovani, non piacque mai. Ma io ero vecchio. Ulisse era vecchio. Noi sapevamo che vecchia era la lunga guerra che stavamo combattendo, e che un giorno l’avrebbe vinta chi sarebbe stato capace di combatterla in un modo nuovo [11].»

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Note

[1] C. Dufay, La Civiltà Minoico-Cretese, pagg. 11-12. Edizioni Ferni (1976)

[2] Ibid., pag. 100.

[3] http://alfonsozarbowriter.blogspot.com/2014/03/le-origini-del-fantasy-2-lepica-greca.html

[4] A. Baricco, Omero, Iliade, pag. 10. Feltrinelli Editore (2018)

[5] Ibid., pag 46.

[6] Ibid., pag. 79.

[7] Ibid., pag 94.

[8] Ibid., pag.144

[9] Ibid., pag.131

[10] Ibid., pag 67

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