Recensione: Shadow of The Colossus (2018)

STORIA

Come tutti i grandi capolavori che si rispettano, la trama è semplice, basilare, eppure nasconde un segreto, come le poesie che nella loro essenzialità e brevità sanno rivelarci nuovi universi emotivi e concettuali che mai avremmo immaginato.

Un giovane, galoppa in sella ad un cavallo nero in direzione di un tempio antico quanto il mondo, Il Sacrario del Culto, al cui interno 16 idoli di pietra lo scrutano immobili mentre poggia su un freddo altare una giovane, e una voce ci rivela tutto quello di cui abbiamo bisogno: “Quel posto… è nato dalla risonanza di punti di intersezione… sono ricordi sostituiti da entità e dal nulla e sono incisi nella pietra… sangue, giovani virgulti, cielo… e colui che ha la capacità di controllare gli esseri nati dalla luce… si dice che in quel mondo, se uno lo desidera, può riportare in vita le anime dei morti…ma sconfinare in quella terra è assolutamente proibito”.

Ma quel luogo non è desolato, un certo Dormin lo abita da tempo, come prigioniero. Il giovane si rivolge a quella strana entità e gli propone un patto: riportare in vita la ragazza e liberarlo dalla sua prigionia. Dormin accetta divertito di fronte a tanta determinazione e gli ricorda che il prezzo da pagare sarà molto alto.

Fumito Ueda sembra ossessionato dalla mitologia babilonese (il leitmotiv da ICO a The Last Guardian).

Dormin se letto al contrario è Nimrod, Re babilonese a cui si deve la Torre di Babele (che ricorda il Sacrario del Culto), e per qeusto suo voler assurgere a divinità venne ucciso e il suo corpo diviso in 16 parti (come il numero dei colossi) sparsi nei più remoti angoli del mondo.

In molti però sostengono che dopo la sua morte Nimrod sia diventato il Dio del Sole (Dormin parla da una fessura del tetto sempre illuminata dal Sole), ma non può più comunicare in un linguaggio comprensibile agli uomini in quanto è lui, con la Torre di Babele ad aver creato la divisione dei popoli e delle lingue (il nostro eroe e lo stesso Dormin parlano in un linguaggio incomprensibile).

I rimandi ad ICO poi si sprecano e lo stesso Ueda ha specificato che i due (tre con The Last Guardian) titoli condividono lo stesso universo cambiano solo spazio e tempo (il linguaggio è lo stesso, i vestiti e le costruzioni, le ombre, la spada ecc…).

Questa è la demo che Ueda ha presentato alla Sony per lanciare il progetto Shadow of The Colossus:

MECCANICHE DI GIOCO

Fumito Ueda è un genio.

Quali sono le due caratteristiche fondamentali che hanno contraddistinto i videogiochi dalla nascita ad oggi?

La presenza di nemici da sconfiggere, talvolta più grossi e resistenti del normale (boss di fine livello) e un percorso pieno di ostacoli, trappole ed enigmi da superare con prontezza di riflessi, intelligenza e una sana dose di fortuna e determinazione.

Pensateci su: dai cabinati con Pac-Man e Metal Slug, alle cartucce casalinghe di Super Mario, Castlevania, Super Metroid, Donkey Kong Country, Mega Man e Zelda Ocarina of Time, per poi passare ai più comodi CD di Metal Gear Solid, Doom, Final Fantasy, Deus Ex, Resident Evil, Starcraft, Half-Life, Planescape Torment, Tomb Raider, Duke Nukem, The Secret of Monkey Island, ai più capienti e multimediali DVD di Prince of Persia, God of War, Bioshock, Halo, Portal, Red Dead Redemption, Mass Effect, Dead Space, The Elders Scrolls, sino ai più moderni Blu-Ray e le piattaforme Steam e GOG e i loro The Witcher, Bloodborne, Uncharted, Gears of War, Oxenfree, Hacknet, Super Meat Boy, Hotline Miami, Bastion, Cuphead, gli elementi sono sempre quelli, è il genere che li “cucina e impiatta” in modo diverso.

Ueda è l’unico ad aver fuso questi due aspetti: ha reso i colossi dei veri e propri percorsi a ostacoli da scalare alla ricerca del punto debole su cui infliggere la nostra preziosa lama oscura e all’occorrenza montagna di frecce, scagliabili anche in sella al nostro cavallo che risulterà essere la chiave fondamentale nel vincere diversi colossi.

Vi sono differenze abbastanza sottili a livello di controlli rispetto all’originale (vi sono 4 mappature diverse, dalla più fedele alla più moderna e comoda, visto che il titolo su PS2 era un po’ legnoso e complesso), e di colori (l’indicatore di resistenza era lilla, adesso è oro, la barra della salute è più tenue ecc…).

Era valido quando uscì e rimane maledettamente valido ancora oggi. A testamento della sua realizzazione perfetta, equilibrata e profonda nel restituire al videogiocatore più inesperto e a quello iper-navigato la sensazione di fatica della più grande e trascinante avvventura in pixel della storia.

COMPARTO TECNICO E SONORO

Nel decennio dei remake, reboot, remaster e retro-wave, il tempo in cui regna il mercato della nostalgia, del riciclo continuo di grandi idee del passato o dell’esasperato salvataggio di film, serie tv, videogiochi, musiche, libri, fumetti spazzatura, i Bluepoint Games di Peter Dalton hanno “solo fatto il loro lavoro”: aggiornare il comparto tecnico di uno dei capolavori della PS2 (rimasterizzato per PS3).

Hanno preso il gioco originale, hanno ricostruito da zero gli asset e le animazioni, hanno aggiunto un po’ di effetti di luce, creando un ottimo gioco di luci e ombre che varia di area in area, hanno risolto il frame-rate ballerino, hanno aumentato i particellari, la profondità di campo e la risoluzione.

Anche i colossi hanno ricevuto un bel restauro, di cui segnalo solo il lavoro profuso nel rendere unica ogni pelliccia e pelle dei colossi che in questa nuova edizione risaltono subito come ultra-realistici, donando a queste strane entità ancora più credibilità e possanza.

Sul comparto audio c’è poco da dire: Fumito Ueda sta a Sergio Leone come Kow Otani sta a Ennio Morricone.

La colonna sonora di Kow Otani descrive con precisione i tanti stadi emotivi che il nostro eroe, e di riflesso il giocatore, vive nel corso di questa lunga cavalcata nelle Lande Proibite.

Non appena parte Revived Power, voi siete dentro al gioco, voi siete il guerriero che spinto da un’insaziabile ossesione sta scalando un colosso che gratta il cielo e si dimena peggio di un toro sbilanciandovi e rimettendovi al vostro posto di infinitesimo granello di sabbia in un deserto infinito che ben vi rappresenta emotivamente.

COMMENTO FINALE

Questa riedizione tirata a lucido di Shadow of The Colossus per PS4 si limita ad elevare il comparto grafico di uno dei capolavori assoluti della storia dei videogiochi, permettendo ad una nuova generazione di videogiocatori di vivere un’esperienza unica.

Ritroviamo tutti i pregi (le meccaniche di gioco che fondono organicamente enigmi ambientali e boss gargantueschi; le musiche che infondono ad ogni nostra azione un’epicità vertiginosa; una storia in sottofondo che si svela attraverso piccoli dettagli ed esplode in uno dei finali più memorabili di sempre), e i vecchi difetti, ormai risolti, (comparto tecnico limitato, frame-rate ballerino, controlli rigidi), che ci ammaliarono nel lontano 2005 e che hanno catapultato Fumito Ueda e compagni nell’Olimpo dell’industria dei videogiochi.

Un gioco da giocare almeno una volta nella vita o uno dei pochi motivi per acquistare una PS4.

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