“Open up and let the Devil in!”
-O’Neil
A Field In England è un film
dell’orrore psicologico a sfondo storico, diretto da Ben Wheatley, regista dell’Essex che già aveva
raggiunto una certa notorietà per il precedente horror KIll List e per la commedia nera Sightseers.
Uscito in Italia con il meno evocativo titolo I Disertori, è un film che
vale assolutamente la pena vedere, per essere rapiti dalla bellezza di quello
che viene mostrato e nel modo in cui viene fatto.
Distribuito nel 2013, è stato girato in dodici giorni con un cast di sei attori
e con un budget di 350mila euro. Per molti versi sperimentale, è una esperienza
visiva e sonora che si distingue in modo netto e che sfida lo spettatore, invitandolo
prima di una divertente commedia nera in costume e poi immergendolo in un campo
di enigmatica psichedelia monocromatica.

Nel 1650, durante la guerra civile inglese, l’apprendista medico ed astrologo Whitehead è alla ricerca di un uomo, O’Neill, un irlandese stregone ex apprendista del maestro di Whitehead, e che ha abbandonato gli studi rubando documenti ed oggetti molto importanti.
Fuggendo da una battaglia, dopo aver attraversato una barriera di sterpi, Whitehead si ritrova in uno sterminato campo ed incontra tre soldati di fazioni diverse, Cutler, Jacob e Friend. I quattro decidono di mettere da parte le rivalità e incalzati da Cutler, si dirigono verso una birreria oltre il campo. Ma è una trappola, Cutler, al servizio dell’irlandese, utilizza dei funghi per drogare Jacob e Friend, riducendoli all’obbedienza. Il servo dello stregone costringe quindi il trio a tirare una fune fino a far uscire dalla terra O’Neill. Lo stregone tortura Whitehead fino alla sottomissione, per costringerlo ad utilizzare i suoi celati poteri divinatori per trovare un tesoro che, si racconta, si trovi in quel campo.
“I would rather die of the fucking
plague in the fucking fleet than spend another fucking minute in the
countryside.”
– Jacob
Il film ha
quindi una trama semplice e diretta, ma alla semplicità nell’intreccio viene
contrapposta una abilità cinematografica che coinvolge tutti gli elementi del
film, la scrittura, la musica, e la fotografia.
Per scelta della direttrice della fotografia, Laurie Rose, e dello stesso
Wheatley, il film è girato tutto in bianco e nero, con un montaggio
discontinuo, che unisce momenti incalzanti ad altri lenti, quasi immobili, per
generare un senso di straniamento nello spettatore. Durante queste sequenze passato presente e
futuro si confondono, si viene investiti da una scarica d’immagini di scene che
nel film sono già avvenute o devono ancora accadere.
A Field In England è figlio del
recupero della tradizione cinematografica sperimentale inglese degli anni 60 e
70. Questa corrente viene definita come Hauntology, ed è una realtà
multidisciplinare che fa della sua forza quello di non essere nuova, ma di
voler riportare alla ribalta l’occultismo anglofono di quegli anni, pregno di
filosofia new age ed uso di allucinogeni

Il film sottrae elementi per aggiungerli, sottolineandoli attraverso la loro
assenza.
La scelta del bianco e nero permette di vedere in modo più chiaro tutti i
particolari, liberati dall’opprimente presenza del colore ci si può concentrare
sulla suggestione di quello che viene mostrato, cosi come le casuali assenze di
suono e di movimento permettono di mostrare più chiaramente la forza degli
elementi che sono stati eliminati. Un urlo senza suono si sfoga violentemente
nella mente di chi guarda il film, cosi come l’assenza di movimento amplifica i
personaggi stessi, incapsulando l’essenza della loro situazione in una fotografia.
Più di una volta Whatley utilizza tecniche particolari, come quella del Tableau
Vivant, l’arte di utilizzare di attori per creare dei quadri viventi, o come la
rottura della quarta parete, in cui i personaggi si rivolgono direttamente allo
spettatore guardando nella telecamera.
Le immagini vengono quindi distorte, capovolte, ripetute fino a perdere di un
senso narrativo esplicito.
Il montaggio sembra voler evocare una forma d’ipnosi nello spettatore, e gli
sessi personaggi del film si trovano ad essere coinvolti nei caleidoscopi
visivi, nella loro discesa tra le visioni e le sensazioni date dai funghi,
dall’alcool, e dalla magia nera.
La colonna
sonora, ad opera di Jim Williams, autore del ben più famoso Raw, unisce
malinconici canti pastorali a marce marziali, fino ad arrivare a paesaggi
sonori di musica dark ambient o composti di sole grida. Le stesse voci dei
personaggi sono mixate per fare parte della colonna sonora, ad esempio il
mixaggio sonoro in un’occasione fa sentire come sussurrata una discussione tra
due personaggi che urlano, donando al film un’atmosfera spettrale ed
enigmatica.
Vale la pena evidenziale la ballata Baloo, cantata da Friend in momenti diversi
del film, per scandire i diversi capitoli. Una canzone malinconica che aggiunge
un tocco poetico, sia al film che al personaggio.
“I think I have worked out what God is punishing us for. Everything.”
-Friend
E’ nella
scrittura delle situazioni e dei suoi personaggi che si trova un altro punto di
forza dei film, ognuno caratterizzato in modo diverso e unico, ma tutti con una
dose d’ironia.
Jacob, nel suo atteggiamento picaresco, Friend, nella sua semplicità
esistenzialista da anima in pena, Whitehead, codardo e remissivo, incapace di
tradurre il mondo al di fuori dei limiti degli insegnamenti del suo maestro e
O’Neill, malvagio, egoista, uno stregone mosso solo dalla ricerca di beni
materiali.
Le loro differenze sono sia d’elezione, facendo parte di eserciti diversi, sia
psicologiche: ad esempio uno di loro è impegnato nello studio dei massimi
sistemi, mentre un altro ammette candidamente di non aver mai alzato gli occhi
al cielo, e di aver vissuto una vita semplice nella sua fattoria.
Le dinamiche tra i loro battibecchi continui mostrano, più che persone, modi
diversi d’intendere la vita, di tradurre il mondo e il periodo storico in cui
sono calati, mentre percorrono un campo che è chiaro essere metafora della
condizione umana.
Lo smarrimento e la confusione di cui sono vittime non è solo dettato
dall’utilizzo della droga, ma è derivato dallo scontro di valori avvenuto
durante la guerra civile, in cui venne messo a giudizio lo stesso diritto
divino del re di governare.
I due apprendisti dello stesso maestro, uno fedele, uno rinnegato, rievocano
fraterne suggestioni bibliche. La cristianità di uno viene fronteggiata dalla
magia pagana dell’altro. Il carattere docile di Whitehead di fronte al burbero
dominatore O’Neill è solo una delle rappresentazioni di un dualismo fin troppo
evidente, riassunto nell’immagine dello specchio divinatorio del maestro
spezzato in due.
La regia stessa del film rafforza questa visione dualistica del mondo, dal tono
monocromatico in cui il colore del cielo è uguale a quello della terra, fino
alla figura di Re Carlo che viene definito sia uomo di chiesa che re dei
diavoli. Tutto si mischia, si unisce, ed una cosa può essere se stessa ed il
suo contrario allo stesso tempo, come un gruppo che tira una corda ma allo
stesso tempo viene tirato a sua volta.
Siamo una cosa sola, dice il carnefice alla sua vittima.

Il dualismo di Whitehead ed O’Neill sfuma fino a ad eliminare i contorni tra i
due personaggi, nelle fasi finali del film vittima e carnefice sono ribaltati.
Attraverso due morti, quella fisica di O’neill e quella spirituale di
Whitehead, che da studioso remissivo decide di imbracciare un’arma ed essere finalmente
padrone di se stesso, le due metà dello specchio possono ricongiungersi.
Nel finale Whitehead è sopravvissuto ma profondamente cambiato, i suoi
movimenti sono più decisi, l’espressione meno debole. Dopo aver raccolto i
documenti del suo maestro decide di tornare verso la battaglia indossando i
vestiti dello stregone oramai morto.
Uscendo dalla campo per tornare indietro abbandona tutte le armi, ed
attraversato il confine di sterpi, che come confine del campo è a sua volta una
delimitazione del mondo reale da quello fantastico, si trova di fronte ad un
ultima incomprensibile visione.
Le stesse tematiche esoteriche e psichedeliche si mischiano, rendendo difficile distinguere chiaramente la fine di una dall’inizio dell’altra.
I sassi che Whitehead vomita, elemento presente nella magia celtica, sembrano indicare chiaramente la presenza di una forza sovrannaturale all’opera, cosi come i suoi poteri di rabdomanzia. Friend, lo sconsolato contadino costretto a diventare soldato , da prova più volte della capacità sovrumana della risurrezione, lo dice lui stesso, in una delle scene del secondo atto del film, di essere semplicemente troppo stupido per morire.
Nel corso del film viene spesso mostrato come i funghi siano delimitatori di confini, mostrati in cerchi, e questo, unito al fatto che O’Neil sia irlandese, potrebbe suggerire una spiegazione agli eventi del film di matrice folkloristica.
I cerchi fatati fanno parte della tradizione celtica del “piccolo popolo”, le fate irlandesi. Questi cerchi sono delimitati da sassi, disegni nell’erba o da appunto formazioni di funghi.
La leggenda irlandese narra che entrando all’interno del cerchio i malcapitati potrebbero essere rapiti dalle fate, e trasportati nel mondo del piccolo popolo, incapaci di uscire.
Quando i tre disertori tirano la corda per far uscire O’Neill dal cerchio, potrebbero a loro volta esserne stati attirati dentro. La seconda parte del film, quella più criptica, sarebbe allora totalmente svolta in una dimensione magica.

Si può, tuttavia, ricondurre tutto ad una spiegazione più terrena.
I funghi che i personaggi consumano hanno delle proprietà psicoattive, infatti, in inghilterra crescono molte specie diverse di funghi lisergici, come ad esempio il Gymnopilus purpuratus o il Pluteus salicinus, che sembrano essere quelli mostrati nel film. Gli stati fisici e comportamentali di Jacob e Friend sono analoghi a quelli di persone drogate di allucinogeni. Le visioni di immense formazioni geometriche nel cielo, o di caleidoscopi in cui il flusso del tempo non scorre naturalmente, che ha Whitehead sono effetti riconducibili a quelli dati dall’uso della famosissima Dimetiltriptammina, in gergo DMT, uno degli allucinogeni più potenti al mondo.
Non si può non notare come la leggenda delle visioni di fate ed esseri straordinari del folklore europeo sia quindi spiegabile attraverso la semplice costatazione che questi popoli erano a contatto con piante allucinogene .A volte le consumavano, anche in rituali dal sapore precristiano.
“Do not address me as friend and do not speak to me directly again. Otherwise I’ll turn you into a frog.”
-O’Neil
Ma anche questa spiegazione non è esaustiva di tutto quello che viene mostrato
nel film.
I poteri di Whitehead, sia di rabdomanzia, sia la suggerita capacità che mostra
nelle fasi finali, quella di poter controllare le parole di Cutler non hanno
una spiegazione.
Non la ha nemmeno la pipa di Friend, rubata all’inizio del film ma ritrovata
dentro la fossa che i personaggi scavano per trovare il tesoro di O’Neill.
Dentro quella fossa vengono trovati degli scheletri, e dentro quella stessa
fossa Whitehead seppellirà i corpi dei suoi amici, mostrando un passato ed un
futuro che si ricongiungono in un flusso temporale circolare.
Oppure, guardando il film attraverso una lente gnostica, tutti i personaggi del
film non sono altro che frammenti di una psicologia complessa, in lotta contro
se stessa per possedere una conoscenza forse proibita.
Tutti gli eventi del film sarebbero una rappresentazione visiva dei pensieri di
Whitehead, nella ricerca di qualcosa all’interno di se.
Il confine di
sterpi, in questa ottica, rappresenta la divisone tra due livelli diversi di
coscienza.
L’ultima scena del film, quella in cui l’ormai non più apprendista vede,
superato il campo, una trinità composta da Friend, lui stesso al centro con
indosso i vestiti di O’Neill e Jacob, rappresenterebbe quindi la piena maturità
del suo viaggio spirituale.
Ha unito le tre parti positive di se, sconfiggendo le parti egoistiche, e può
quindi passare oltre, in quel mondo oltre il campo che non viene mai mostrato,
ma che sembra essere in una guerra continua.
Lui abbandona tutte le armi, perché è armato della conoscenza.
“I’m not a big fan of exposition, I hate explaining. I think it’s really
boring.”
-Ben Wheatley
A Field In England è un capolavoro del cinema a basso budget, strabordante d’idee, un film intelligente che si offre a diverse spiegazioni, siano mondane, sovrannaturali o psicologiche. Nel corso dei suoi novanta minuti ci si può ritrovare come ubriachi, vinti dall’apofenia di tutto quello che ci viene mostrato e raccontato, in un uso del mezzo cinematografico da parte di Ben Wheatley sicuramente fuori dal comune.
Una visione quasi obbligatoria per ogni appassionato di fantastico ed esoterico.