Il ritorno dello sword and sandal – Sword and Sandal o il Peplum

Sword and Sandal o il Peplum

un revival classicista dal cuore fantastico e italiano

di Cristiano Saccoccia

 

 

Il repentino successo degli spaghetti-western, genere cinematografico made in italy in voga tra il 1964 e il 1978, determinò il lento tracollo di un’altra nicchia del grande schermo, il genere fantastico-mitologico peplum o detto, con una venatura pulp, sword and sandal.

          Invece tra il 1950 e il 1965 l’attenzione dei registi e del pubblico  si rivolse a riassaporare il passato mitico e storico delle proprie origini o a rivivere  un’inedita religiosità biblica patinata dall’epos eroico. Perciò i soggetti di queste pellicole dei cantieri di Cinecittà  vanno ricercati nella storia greco-romana, nei poemi epici o nel vicino Oriente delle Mille e una Notte e dell’Antico Testamento. Per compensare una povertà di mezzi e fondi  il genio italico ricorre a una sfavillante immaginazione e a una fruttuosa fantasia,  grazie l’inventiva e a un repertorio formidabile di effetti speciali, economici ma di effetto, i risultati sono equiparabili alle produzioni miliardarie dei kolossal americani.  Per sopperire ad altre mancanze gli sceneggiatori architettano  trucchi e sotterfugi per far sembrare numerosissime le comparse, così da mettere in mostra eserciti di guerrieri o folle di popolani  davvero realistici; inoltre l’arma principale di questi film risiede nell’ironia e nella leggerezza nostrana, capace di confezionare un prodotto di qualità senza tronfie pretese intellettualistiche alle spalle.   Un altro degli elementi molto apprezzato dal pubblico nelle sale è di confrontarsi visivamente con eroi blasonati, ma  interpretati da culturisti e bodybuilder, a inaugurare questo tropo del cinema avventuroso e fantastico (ancora radicatissimo nei nostri giorni) fu Pietro Francisci che arruolò nel cast de Le fatiche di Ercole (1958) il Mister Universo del 1948 Steve Reeves.  Il ritmo calzante e adrenalinico è supportato da questi super-uomini dalle corporature massicce e edulcorate cinematograficamente, con trucchi e riprese ad hoc, i quali gettano i prodromi di un gusto estetico  che contempla una bellezza maschile iperbolica e machista; del resto è tutto coerente con l’ambientazione fantastica e mitologica che prevede la presenza di esseri umani semi-divini o eroi soggetti a maledizioni o benedizioni ultraterrene, effetti che si riscontravano nella fisicità del guerriero mitico.

            Come già accennato anche le tecniche e le scenografie si evolvono e migliorano la resa del prodotto cinematografico, siamo in quegli anni dove in scena viene utilizzato per la prima volta il polistirolo espanso  per creare oggetti o decorazioni pittoresche, la fotografia mette in risalto il paesaggio quanto le fattezze virili degli attori o la bellezza delle attrici in abiti succinti e dai capelli cotonati. 

            Nei giorni pioneristici di questo moda cinematografica, lo sword and sandal riscosse poco successo presso la critica italiana, bensì  catalizzò l’attenzione dei cultori di cinema francese, infatti nella rivista Cahiers du cinéma (oggi la più famosa e apprezzata dai lettori d’oltralpe)  ci fu un articolo incentrato  sul cinema mitologico-fantastico italico,  i curatori della rivista coniarono anche il termine “alto” con cui etichettare quei film che in America venivano chiamati “Spada e sandalo”, ovvero il peplum, termine per indicare la corta veste greco-romana indossata tipicamente dagli eroi delle pellicole.  Urge sottolineare, nuovamente, l’importanza della fisicità maschile, senza la quale il pubblico non sarebbe rimasto così fortemente affascinato, basta citare alcune famose opere, come: Ercole e la regina di Lidia un film che ha gli echi delle tragedie di Sofocle ed Eschilo ma mette anche in scena il gigante Anteo interpretato dal pugile Primo Carnera, o Ercole al centro della Terra con un energico Reg Park (battezzato per tre volte Mr. Universo ed ex calciatore) nei panni dell’eroe protagonista, l’Ulisse del 1954 di Camerini che trasforma Kirk Douglas nell’eroe omerico  e il “tardivo” Ercole a New York (1970) con l’esordio sul grande schermo della quercia austriaca… Arnold Schwarzenegger.

            Il successo e la conseguente portata commerciale di questi film tramutarono Cinecittà nella Hollywood sul Tevere, una prestigiosa alternativa “mediterranea”  agli studios d’oltre oceano.  L’Italia e il suo principale interlocutore economico-culturale, l’America, riuscirono a contaminare le tendenze estetiche e tematiche di altri paesi del globo,  tant’è che anche i protagonisti delle Mille e una Notte o del folclore orientale entrarono nella schiera degli eroi del peplum, permettendo così la facile penetrazione in diverse zone geografiche (Maciste alla corte dello Zar,  Golia alla conquista di Bagdad, Ercole contro i tiranni di Babilonia).

            Un altro topos  del cinema peplum è la presenza dei “malvagi” o dei villain interpretati esclusivamente da finissimi attori di livello che provenivano dalle grandi scuole di recitazione teatrale italiana.  Infatti se l’eroe-culturista “recitava” con la sua presenza scultorea e con dialoghi essenziali, il sadico  antagonista, invece,  sciorinava monologhi  paradossali e densi di ironia e divertimento.

            Le trame ricalcavano i grandi poemi epici dell’antichità o venivano inventate ex novo pur ambientando le vicende in zone esotiche o storicamente famose. Il fantastico entrava in scena grazie agli effetti speciali, per esempio  negli Argonauti del 1963  (il mio primo film peplum visto da ragazzino) come nel poema ispiratore di Apollonio Rodio (Argonautiche), Giasone deve affrontare gli Sparti, ovvero soldati scheletrici nati dal suolo della terra. Grazie alla intelligente direzione di Don Chaffey e soprattutto alla collaborazione di Ray  Harryhausen, autore degli effetti visivi e della celebre tecnica cinematografica “a passo uno”, Todd Amstrong nei panni di Giasone duella con questi morti vivente estremamente realistici per un film di cinquantasei anni fa.  L’animazione in stop motion, la creazione di mostri fantastici con miniature di plastica o modellini verosimili, permisero alla pellicola di Chaffey di guadagnarsi  il successo che meritò. Il fantastico subentra ulteriormente nel leitmotiv della magia e della stregoneria, dove l’eroe  vacilla fisicamente ma viene tratto in salvo da intrugli misteriosi  o incantesimi portentosi (come fece Medea per aiutare Giasone), per questo la narrativa sword and sorcery ispirò fortemente queste pellicole, travestite malamente in film “storici”, tanto da coniare inizialmente la nomenclatura sword and sandal; de facto abbiamo gli stessi stilemi ricorrenti sia nel prodotto letterario che audiovisivo, ovvero duelli e colpi di spada con creature bizzarre o uomini malvagi, ambientazioni mitiche e esotiche, interventi divini o magici, la conquista di un oggetto prezioso  o salvare un personaggio (spesso le formose e avvenenti donzelle in pericolo) dalle grinfie di un tiranno, un sacerdote- stregone invasato o dalle fauci di un abominio mitologico.

            Del resto il “manifesto” dei film peplum fu proprio quello di unire il passato classico e meraviglioso con l’ avventura di cui il pubblico italo-americano era perennemente in cerca, una ri-creazione di mondi fantastici incentrati nella realtà mediterranea; così Italian Sword and Sorcery con le sue pubblicazioni, i suoi interventi e contributi cerca nuovamente di rielaborare quel retaggio  cinematografico e  di tradurlo in prodotti narrativi e divulgativi, senza mai dimenticare il ruolo del mondo classico e degli ascendenti che ha esercitato nel fantastico.

 

Bibliografia parziale:

Catalano, A. Lazzeretti, G. F, Pizzo., Guida al cinema Fantasy, Bologna, Odoya, 2017.

Della Casa, Peplum, in Enciclopedia del Cinema, http://www.treccani.it/enciclopedia/peplum_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/ , 2004.

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