Kids & Dragons è un progetto italiano che nasce con lo scopo di unire gioco da tavolo e gioco di ruolo, per avvicinare al mondo fantastico generazioni più giovani e fin troppo condizionati dai videogiochi e dagli stimoli elettronici di un mondo virtuale “social”, che svuota di fantasia ogni rapporto.
Ho intervistato Michele, il creatore del progetto, con cui ho parlato di come le nuove generazioni reagiscono di fronte a questo tipo di gioco.
Il progetto è raggiungibile al sito http://www.kidsdragons.com/
Ciao Michele, grazie per questa opportunità. Innanzitutto, cos’è Kids & Dragons? Qual è lo scopo della vostra associazione, quanti siete al momento?
Kids & Dragons è almeno un paio di cose. Da tre anni è una modalità per organizzare sessioni di gioco di ruolo rivolte a ragazzi e ragazze della scuola secondaria di primo grado (scuole medie). Grazie alla disponibilità di numerose associazioni sul territorio abbiamo organizzato quasi 40 repliche in varie località d’Italia coinvolgendo 450 ragazzi e ragazze.
La nostra associazione è composta, al momento, da 11 membri e sta alacremente lavorando alla seconda fase del nostro progetto: realizzare un gioco di ruolo completo utilizzabile anche da coloro che non hanno mai giocato di ruolo (inclusi i master).
Potresti parlarmi, anche in termini molto generici, di questo nuovo gioco che state preparando?
Si! Si tratta di una bella scommessa. Stiamo lavorando ad un gioco di ruolo che richieda zero preparazione. Un gioco che sappia fornire lo spettro completo dell’esperienza “ruolistica”, quindi non limitato esclusivamente ai combattimenti, ma che possa essere giocato appena aperta la scatola. Per farlo abbiamo scelto la strada di ibridare e prendere in prestito molte idee dal mondo dei bordgame con lo scopo dichiarato di sollevare buona parte del peso gestionale dalle spalle del Game Master. Non puntiamo a inventare nuove meccaniche di gioco per il semplice gusto di farlo, ma per dare una risposta efficace ed immediata alla domanda: “come può un genitore, un docente, un educatore o anche semplicemente un ragazzino, a giocare da subito senza essere costretto a leggersi un manuale lungo e complesso?”
Per questo motivo abbiamo incluso un sistema di plance e token che favorisce la verbalizzazione dei ragazzi rendendo esplicite dinamiche di turno e azioni. Abbiamo re-immaginato completamente l’esperienza di fruizione del “modulo di avventura” integrandolo con dinamiche da libro-game. Abbiamo ridefinito il flusso di creazione del personaggio posponendo alcune scelte a momenti in-game in cui il giocatore ha più confidenza con il sistema e l’ambientazione mettendolo in condizione, quindi, decidere in maniera più informata. Abbiamo fatto scelte nuove anche sui dadi, evitando quasi del tutto qualsiasi calcolo a favore dei ragazzi discalculici. Insomma, un bel lavoro che speriamo possa risultare utile e divertente da giocare.
Come nasce il vostro progetto, c’è una motivazione personale dietro, magari tua o di qualche membro dello staff o semplicemente avete notato un mercato vuoto in cui potersi inserire?
Kids & Dragons nasce a novembre del 2016 nel salotto di casa mia. Anche se come game master sono davvero scarso (non mi ricordo le regole, sbaglio i calcoli) sono sempre stato affascinato dall’aspetto narrativo e creativamente generativo del gdr. Per questo motivo ho organizzato alcune sessioni con mio figlio, che all’epoca aveva 10 anni, e i suoi amici. L’esperienza è stata talmente galvanizzante da farmi domandare: “e se coinvolgessimo anche altri ragazzini?” Ed ecco che, coinvolti altri master e grazie alla collaborazione del Comune di Chiaravalle, ad Aprile 2017 abbiamo organizzato la prima edizione di Kids & Dragons in biblioteca comunale, con oltre 30 ragazzi ai tavoli. Un’esperienza indimenticabile.
Rispondendo alla tua domanda, no, non abbiamo minimamente pensato al mercato, all’inizio. Anzi, non avevamo nemmeno idea che questo progetto potesse acquisire un’anima commerciale. La nostra scommessa era solo legata al riuscire a far giocare i ragazzi.
Il progetto, se non sbaglio, nacque come una modifica al gioco di ruolo Pathfinder, come mai siete partiti proprio da quello? Come mai non basarsi direttamente su D&D o su dei sistemi più modificabili come ad esempio GURPS?
Perché Pathfinder (cioè D&D 3.5) era, in quel momento, il sistema di gioco più conosciuto e ci garantiva le maggiori possibilità di trovare master in grado di collaborare senza diversi studiare un sistema di gioco nuovo. Pathfinder, in particolare, offriva uno starter set che ci permetteva di recuperare materiali di gioco a basso prezzo.
Puoi dirci qualcosa sulla trama del gioco?
Se ti riferisci all’arco narrativo della nuova edizione di Kids & Dragons, no … se parlo gli sceneggiatori mi fanno la pelle! 🙂
Quali sono state le modifiche maggiori che avete applicato al gioco per poter renderlo appetibile ad un pubblico così giovane? E quali sono state invece quelle dedicate appositamente per i ragazzi DSA?
Il motore di Pathfinder/D&D3.5 è stato alleggerito in alcuni punti, in particolare, per le nostre necessità, abbiamo semplificato la fase di creazione del personaggio e creato un albero di abilità acquisibili a fine sessione. Rispetto al ritmo di un Gdr tradizionale, vista la necessità di limitare l’esperienza ad un massimo di tre sessioni, abbiamo accelerato la “crescita” del personaggio fornendo ai ragazzi una serie di abilità da sbloccare e da scegliere. È capitato spesso che i ragazzi trascorressero i minuti di ricreazione scolastica tra una sessione e l’altra discutendo tra loro su quale abilità o potenziamento scegliere
Come si struttura una partita? L’avventura è una pregenerata di 3 sessioni, ma è comunque possibile una libertà nell’approccio della trama?
Si. Veniva garantita una certa libertà al master, l’importante era mantenere una serie di snodi narrativi predefiniti e di progressione in sincrono con gli altri tavoli. Quest’ultimo elemento rivestiva, durante l’ultima sessione, una certa rilevanza in quanto tutti i gruppi si sarebbero dovuto trovare nella stessa situazione dovendo affrontare un mostro “planare” che avrebbe rapito alcuni giocatori trasportandoli in una dimensione differente. E questa nuova dimensione era … uno degli altri tavoli! Quindi i giocatori si mescolavano tra di loro.
Al di fuori delle meccaniche, il giocatore giovane, sulla decina di anni, ha delle difficoltà particolari, nel giocare? Quali sono le differenze maggiori rispetto al giocare con gli adulti?
La differenza più rilevante è che i ragazzi non giocano di ruolo, ma interpretano loro stessi all’interno del mondo di gioco. Questo garantisce una maggiore immedesimazione, ma cambia alcune dinamiche. L’altra sorpresa è stato scoprire che “collaborare” non è l’opzione più immediata. Di fronte al loot, sopratutto all’inizio, i ragazzi tendono ad accaparrarselo evitando di suddividerlo equamente. Il mostro successivo gli avrebbe comunque fatto capire quanto il non collaborare fosse la strategia peggiore, ma è stato sorprendente accorgerci di questo aspetto.
Per quanto riguarda il mondo DSA ogni ragazzino ha una sua diagnosi, ma quelli che trovano maggiori difficoltà sono i discalculici per i quali anche l’atto di sommare i modificatori ai dadi è un compito non banale ed evitano di farlo per il timore di sbagliare il risultato.
La nuova versione di Kids & Dragons su cui stiamo lavorando utilizza un sistema di gioco del tutto nuovo ripensato da zero che parte proprio da queste (ed altre) esperienze fatte sul campo per offrire tecniche e meccaniche di gioco che siano ideali per questa fascia d’età e per i ragazzi disgrafici e discalculici.
Alcuni moduli di gioco, come ad esempio Vampiri, viene usato anche nell’aiuto psicologico per poter permettere a persone particolarmente introverse di poter comunicare, quanto pensi che possa essere utile l’inserimento del gioco di ruolo all’interno di un ciclo educativo?
Molto. O meglio … tanto, ma senza aspettarsi troppo. Nel nostro caso vogliamo che, prima di tutto, Kids & Dragons sia un gioco divertente, divertente sul serio. Vogliamo che i ragazzi si appassionino alle vicende dei loro personaggi e alle storie, tanto da aver voglia non solo di scoprire “come va a finire”, ma anche di scrivere delle loro avventure. Solo costruendo sulla base di un divertimento sincero, allora, credo che il gioco di ruolo possa avere una valenza forte in contesti educativi e relazionali.
Da questo punto visto la nuova versione di Kids & Dragons prevede tutta una serie di meccaniche e di materiali di gioco che favoriscono la verbalizzazione e evitano che i ragazzi introversi vengano messi in un angolo da quelli maggiormente protagonisti.
Hai degli aneddoti particolari? È mai capitato che un giocatore, proprio perché giovane e scevro dalla mentalità adulta, abbia applicato delle soluzioni particolarmente non conformi?
Beh, abbiamo sempre notato una quasi totale assenza di metagioco. I ragazzi, come dicevamo interpretano loro stessi, e quando la sessione comincia loro sono -nel- gioco. Questo porta a momenti di esaltazione, ma anche a situazioni sorprendenti. Per esempio una volta, al nostro master Jacopo, è accaduto questo: nell’avventura un contadino era circondato dai lupi. Una ragazzina giocatrice interpretava il mago. Chiunque, per risolvere la situazione, avrebbe lanciato una “palla di fuoco”, ma lei si alza in piedi, braccio puntato al master e dice: “Faccio una magia! Faccio apparire un coniglio così i lupi lo inseguono e il contadino è libero!”
A tua visibilità quanti ragazzi hanno poi continuato a giocare? Hai avuto notizie particolarmente piacevoli o delle delusioni relative a quanto speravi che i ragazzi continuassero a giocare sul lungo periodo?
Non moltissimi. Diciamo un 15%/20%. Perché? Forse perché qualsiasi sistema mainstream offre comunque una curva di apprendimento troppo ripida? Che va bene per coloro che sono già “orientati” verso questo tipo di giochi, ma per un quasi neofita rappresenta uno scoglio ancora troppo ripido.
In base alla tua esperienza nel progetto, quanto hai notato essere presente l’hobby del GDR nelle nuove generazioni? Nei telefilm, come Stranger Things ad esempio, vengono mostrati gruppi di ragazzi molto giovani che giocano ai GDR. E’ ancora presente questo hobby o oramai i videogiochi e altre forme d’intrattenimento moderne, lo hanno quasi del tutto rimpiazzato?
Dalla nostra esperienza abbiamo scoperto che il gioco di ruolo pen & paper e quasi totalmente sconosciuto a questa fascia d’età. Tutto il rilancio che questo settore sta avendo da quattro anni a questa parte avviene nel mondo dei giovani-adulti e adulti sorvolando completamente i ragazzi più giovani. Se a qualcuno che frequenta le scuole medie chiedi se conosce il “gioco di ruolo”, la stragrande maggioranza ti dirà di no, una bella fetta ammetterà di conoscerlo dicendo “c’ho giocato sulla play” e solo una piccola parte ne sarà a conoscenza perché ci ha giocato una volta con un familiare.
Una certa volgata popolare considera, ancora oggi, il gioco di ruolo come un hobby diseducativo e un ambiente frequentato da persone non proprio piacevoli, nella tua esperienza con Kids & Dragons ti sei mai trovato nella condizione di dover far cambiare idea a genitori o figure educative?
Mai. Nessun genitore ha mai sollevato il problema. Per fortuna, almeno da questo punto di vista, siamo oltre il fossato.
Tu parli di un rilancio che sta avvenendo da quattro anni a questa parte, da cosa lo noti? Sta cambiando il mondo del gioco di ruolo ultimamente?
Beh, a me sembra che questo ingresso nel mainstream da parte del gioco di ruolo sia sotto gli occhi di tutti. A partire da Vin Diesel fino ad arrivare a Stranger Things. C’è molta più attenzione verso questo mondo oggi, ma questa attenzione è decisamente trasversale. Molti di coloro che si stanno avvicinando al mondo del gioco di ruolo non sono così coinvolti da accettare di buon grado lo studio approfondito di manuali. Si vuole giocare, ma si vuole giocare presto. Si cerca un approccio simile a quello offerto da un gioco da tavola. Lo compri, lo apri, leggi un manuale veloce, inizi a giocare. Nel Gdr tradizionale anche solo l’ultima delle fasi precedenti è suddivisa in due: prima la “sessione zero”, cioè la creazione del personaggio e solo dopo arriva la “prima sessione”, il gioco vero e proprio. Queste dinamiche non possono risultare ne attraenti ne sostenibili per una bella fetta del nuovo pubblico. Per questo sono convinto che la risposta del mondo del Gdr a questa nuova domanda, passi anche attraverso un ripensamento della fase di on-boarding, cioè la fase iniziale.