L’epos visivo di Jakub Rozalski

Temprato dal gelido clima polacco l’artista digitale Jakub Rozalski è un talento da scoprire e ammirare.  Il suo stile è visceralmente radicato nelle sue origini. I ricordi di infanzia, legati a quel microcosmo-villaggio dove il focolare domestico era l’unica fonte di calore tra le conifere ammantate di neve, risaltano  in un’estetica singolare e simbolica, in bilico tra la paesaggistica nordica (Vasilij Dmitrievič Polenov, Ivan Ajvazovskij, Caspar David  Friedrich), la scuola realista  intenta a ritrarre la quotidianità e un sentimento post-romantico dedito al revival fanta-medievale e retro-futuristico della storia polacca; il risultato è un fulgido ritratto di un’epoca remota eppure così vicina, a cavallo tra i poemi nordici (le Byline russe o i racconti dei cosacchi e boiardi) e una narrazione steampunk.    

   

Il punto di forza dell’artista polacco è la capacità di fondere il dipinto con lo storytelling, partorendo così un quadro-racconto, l’arte non si limita a ispirare sentimenti e emozioni bensì spinge il fruitore dell’opera a scoprire una storia nascosta capace di narrare un “non detto” dal sapore mitologico, fantastico, weird e allo stesso tempo “realista”.

Il connubio  miscellaneo che oscilla tra diverse correnti immaginifiche è  il frutto di una ibridazione tecnica, dove la vecchia scuola del pennello e del colore si sposa con la digitalizzazione: il risultato è un design unico e virale.

 Le sue opere sono usate per ambientare diversi prodotti ludici, come “1920+”, “Scythe”  gdr che lasciano trapelare un’ambientazione nordica dallo stampo ucronico, tra fantascienza e weird-fantasy. Colossali cavalieri teutonici che mietono vittime, robot sovietici che serpeggiano tra le campagne e gli scorci rurali, licantropi che accerchiano il boiardo solitario, mech sofisticati che emergono dalla tundra, belle fanciulle attanagliate dall’oscurità demoniaca, sono soltanto alcuni dei variegati soggetti nati dal tratto di Rozalski.

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