
Dettagli
Titolo: Elric. La saga
Autore: Michael Moorcock
Editore: Mondadori
Collana: Oscar Draghi
Genere: sword and sorcery
Pagine: 864
Data di pubblicazione: 10 settembre 2019
Prezzo: € 23,80
Sinossi
Questa è una storia di emozioni mostruose e di ambizioni sfrenate. È una storia di sortilegi, di tradimenti e d’ideali onorevoli, di sofferenze e piaceri spaventosi, di amore amaro e di dolce odio. Questa è la storia di Elric di Melniboné.
Autore
Nato nel 1939 a Londra Michael Moorcock è tra i più prolifici e innovativi scrittori nel campo del fantastico, a suo agio tanto con la fantascienza che con il fantasy. Nel suo bagaglio culturale risaltano gli echi di altri grandissimi scrittori come Edmond Hamilton, Poul Anderson, Bertolt Brecht e Mervyn Peake ( di cui ha anche curato un’edizione del “libro della Domenica). Invece per contrapposizione altri scrittori di genere hanno influenzato la stesura di Elric di Melniboné, primi tra tutti Robert Howard e il professor Tolkien capisaldi eterni dell’heroic fantasy e dell’epic fantasy.
Il Nostos dell’imperatore albino, Elric di Melniboné, l’antieroe dell’isola del Drago.
Guida strategica per Millenials e non per scoprire una perla del fantastico.
di Cristiano Saccoccia
Sono già apparsi contributi notevoli in merito alla saga melniboneana di Michael Moorcock, perciò credo sia più funzionale e magari innovativo sottolineare gli aspetti principali dell’opus elriciano, per stilare una guida utile a tutti quei nuovi lettori che stanno cercando di orientarsi in questa “nuova” epopea fantasy.
Dalle pregevoli edizioni pubblicate dalla Nord nella celebre Fantacollana, a quelle più moderne della Fanucci Elric, si è sempre ritagliato una nicchia nel cuore degli appassionati dello sword and sorcery e del fantastico. Purtroppo tali edizioni sono state di ardua reperibilità, o le poche circolanti in commercio recavano dei prezzi troppo alti, scoraggiando i nuovi appassionati dall’acquisto.
In soccorso dei “poveri” acquirenti è giunta la Oscar Vault Mondadori che nella collana Oscar Draghi ha presentato un sontuoso volume a cura di Massimo Scorsone e arricchito da illustrazioni interne. Per quanto riguarda la traduzione ( a cura di Roberta Rambelli) ci sono stati dei doverosi accorgimenti, volti a emendare e a correggere il testo.
Fenomenologia degli Avatara del Campione Eterno: Se avete letto le Opere di Brandon Sanderson probabilmente siete entrati in contatto con una realtà metatestuale e extra-testuale, ovvero il Cosmoverso. Il Cosmovero è uno scenario gigantesco dove le trame (apparentemente disgiunte) di Brandon Sanderson prendono vita, per poi, inaspettatamente, entrare in contatto. Così mondi diversi incontrano mondi mai conosciuti prima, eroi di una galassia combattono al fianco di uomini che vivono lontani anni luce.
Ugualmente anche nelle saghe fantasy Moorcockiane nasce una macro-ambientazione chiamata Multiverso (I mondi si uniscono e si allontano da se stessi, spesso il “sogno” è l’unico medium per raggiungere un altro universo). All’interno di questo cosmo metanarrativo prende vita il Campione Eterno (poli) entità formata da diverse incarnazioni-identità che provengono da mondi e tempi differenti. I campioni eterni (che sono il Campione Eterno) sono perennemente in lotta per mantenere in equilibrio il Bene e il Male, la Legge e il Chaos. Quindi, siamo lontanissimi dagli eroi senza macchia e paura di matrice Howardiana e Tolkieniana, perché incontriamo anti-eroi e paladini decadenti e disillusi che si lasciano corrompere e maledire dal male, ma in questa fiaba dell’oscurità c’è anche bisogno dell’eterna notte.
Il vero terrore che aleggia nel Multiverso è quello che può scaturire dalla staticità del Multiverso stesso, ovvero la fobia di affogare in un universo retto solo da una Forza Primordiale. La supremazia della Legge o del Chaos porterebbe al medesimo risultato, ovvero immobilizzare il flusso cosmico del Multiverso, vivere in un’epoca cristallizzata del Bene o del Male. Per questo motivo i personaggi di Moorcock spesso sono dei cinici e oscuri paladini delle ombre, perché soltanto costoro possono respingere la Legge a favore del Chaos e ripristinare l’Equilibrio Cosmico, celebre è la massima dei signori del Chaos: «Noi viviamo per alimentare la lotta cosmica, non per vincere.»
Il Campione Eterno interviene quando una delle due parti prende il sopravvento, lui è il guardiano del Multiverso, nel bene e nel male.
Il Campione Eterno è fatto da mille incarnazioni. Tra i più famosi Campioni Eterni: ovviamente Elric di Melniboné, Corum e anche Orlando. Si quello della Chanson de Roland, esatto il nipote di Carlo Magno.
Elric l’ultimo imperatore dell’Isola del Drago: L’Impero Fulgido di Melniboné fu il terrore di tutti gli altri regni per secoli, poiché le sue armi più potenti erano draghi. Nella cosmogonia melniboneana le divinità intervengono in prima persona per interferire con le trame dei mortali, nel pantheon dell’impero fulgido I signori del Chaos, infatti uno dei “patroni” di Elric è Arioc, duca di spade del Chaos. Rispetto agli epigoni di Howard e Tolkien il personaggio di Moorcock è del tutto differente. Colto e gracile, elegante ma cagionevole, riflesso di una gloria passata. Lunga ombra di un impero morente. Elric rispetto ai suoi simili è un albino, a volte riesce anche a provare sentimenti buoni come l’altruismo e la pietà. Invece il suo corpo per sorreggere il peso di una battaglia deve fare affidamento a intrugli magici che gli donano vigore e forza. Elric impugna stormbringer la tempestosa spada nera che si alimenta con le anime di coloro che uccide e dona l’energia del defunto a colui che ha il coraggio di brandirla. Così Elric ha diversi stratagemmi per sopperire alla sua debolezza innata. Il vero leitmotiv dei romanzi elriciani è la malinconia che lo stesso imperatore albino prova, vittima indifesa di un destino ineluttabile, burattino manipolate dalle potenze delle tenebre o della luce. La sua intelligenza è tanto affilata quanto la sua spada nera, proprio una mente così articolata porta Elric a elaborare pensieri complessi e intricati, rendendolo un vero guerriero-filosofo che sentenzia in merito al Fatum e ai drammi connessi a una vita già decisa da potenze superiore. La sua fragilità fisica scorre parallela a una mentalità fulgida ma insicura, nostalgica e in perenne lotta tra la stabilità e la disgregazione. In netto contrasto con gli eroi del fantasy epico che non hanno mai dubbi, ansie e paure.
Il ciclo: Il volume Mondadori trasporta i principali romanzi del ciclo di Elric di Melniboné.
- Elric di Melniboné
- Veleggiando sui Mari del Fato
- L’arcano del Lupo Bianco
- La Torre Evanescente
- La Maledizione della Spada Nera
- Tempestosa
In appendice c’è un succulento articolo del 1964 apparso su Camber, una fanzine, sempre firmato Michael Moorcock: La vita segreta di Elric di Melniboné. Tradotto e annotato da Massimo Scorsone.
L’apparato iconografico: A Rendere questo volume una vera chicca per collezionisti, ma anche per i neofiti è un duplice apparato grafico a cura di grandi firme.
Le illustrazioni in bianco e nero: Mentre leggerete le gesta del nostro amatissimo imperatore albino incapperete, con sommo piacere, nei disegni di James Cawthorn (1929-2008) famoso illustratore che lavorò spesso in contatto proprio con Michael Moorcock. Segnalo per dovere di completezza il volume: James Cawthorn. The Man and his Art uno splendido volume illustrato con i contributi di Alan Moore, Michael Moorcock e Maureen Cawthorn Belll. Queste illustrazioni ci fanno assaporare in pieno il gusto pulp e vintage degli anni 60, e ci catapultano in una dimensione quasi fiabesca seppur nera come il male.
Le illustrazioni a colori: firmate da Robert Gould e Piotr Jabłoński. Queste illustrazioni, più “contemporanee”, invece ci ispirano un fascino del tutto irresistibile, un Elric quasi divino, figlio di una tenebra ineluttabile quanto suadente. Spicca la gloria di un imperatore morente condannato dal destino, figlio del Chaos e sommo branditore di Stormbringer. La spada nera della fine.,
Intervista a Massimo Scorsone, curatore del volume: Elric. La Saga. Per Oscar Mondadori Vault nella collana Oscar Draghi. Il quale lo ringrazio molto per la collaborazione e la sua gentilezza.
Come è stato lavorare con i libri di Michael Moorcock, ovvero curare questo volume “fantastico” dopo aver lavorato con altri testi e autori appartenenti alla cosiddetta “letteratura alta”? Quali sono le differenze e i punti di contatto tra un testo classico e uno che ora è un classico moderno della letteratura di genere?
Se me lo consenti, preferirei evitare di diffondermi – o di perdermi – in confronti tra letteratura alta e letteratura popolare, o comunque le si voglia chiamare, a scanso di ogni rischio di banalizzazione ma anche per non correre altri pericoli (essenzialmente, quello di ‘personalizzare’ troppo il mio ruolo di curatore che è, come a mio parere dovrebbe sempre essere, puramente ancillare). Ma, d’altra parte, non vorrei neppure essere troppo elusivo. Si potrebbe forse sciogliere qualunque nodo in partenza asserendo che ogni livello di produzione letteraria ha un suo canone. E che il creatore di Elric di Melniboné (e dei numerosi altri avatara del Campione Eterno) può già da lunga pezza essere considerato un autore canonico – ovvero anticanonico, secondo i punti di vista. Comunque sia, uno scrittore a suo modo“esemplare”.
Sotto questo rispetto, anzi, credo vada detto subito che, pure a petto dei più celebrati classici moderni del genere, Moorcock è un autore assai meno rozzo di quel che potrebbe parere a prima vista. Almeno, agli occhi di chi guarda a Tolkien, Eddison o C. S. Lewis come ad altrettanti modelli highbrow. Sicché anche la famigerata discendenza di Elric dal Conan howardiano dovrebbe essere fortemente ridimensionata. Moorcock è anzi, parlandone in termini più generali, un fantasista che condivide con altri della stessa risma – penso soprattutto a P.J. Farmer, ma anche a J.G. Ballard, fra gli altri – uno statuto e un’autocoscienza piuttosto contraddittori. È raffinato e volgare, complesso e monocorde al tempo stesso. Per una corsiva riflessione su questi aspetti un po’ antinomici della sua opera narrativa, già evidenti a grandi linee fin dai remoti esordi new wave, mi permetto di rinviare a “La vita segreta di Elric di Melniboné”: è una vecchia ma significativa riflessione-rievocazione a firma dell’autore stesso che, nuovamente tradotta e annotata per l’occasione, suggella il volume mondadoriano appena uscito in libreria. Però Mike Moorcock è uno scrittore che regge bene anche alla prova di ripetute letture – né dunque è un caso che fino a oggi sia riuscito a fidelizzare un suo pubblico, anche numericamente ragguardevole.
Questa nuova edizione è un’occasione proficua e inedita per le generazioni più giovani per entrare in contatto con la saga di Elric di Melniboné, sappiamo che negli ultimi anni è stato quasi impossibile reperire i volumi Nord/Fanucci a dei prezzi accessibili ma ora la Mondadori ci ha lanciato l’edizione definitiva. Cosa deve aspettarsi il pubblico più giovane e anche i veterani del fantastico da questo nuovo volume?
L’ambizione che ci ha animato è stata quella di presentare finalmente in Italia (ma non solo all’Italia, oso dire) la saga dell’eroe albino in una veste sotto ogni profilo degna di lui, anche a livello grafico – a preludio ideale di sviluppi che trovano piena espressione nell’ambito del graphic novel, o del gioco di ruolo, e simili, e che rappresentano una costante delle dinamiche di sovrapposizione di media e modi di questo genere di fiction. Abbiamo così deciso di fornire una sorta di glossa figurata alle vicende narrate ri-immergendole nel contesto visuale entro il quale la storia di Elric è maturata negli anni. A cominciare dalle fedeli illustrazioni prodotte negli anni ’60 a corredo dei romanzi iniziali del “ciclo melniboneano” da Jim Cawthorn (il poliedrico artista britannico che assieme a Moorcock ha contribuito in maniera non irrilevante alla genesi del personaggio Elric) per continuare con le tavole fuori testo di artisti contemporanei del calibro dell’americano Robert Gould e del polacco Piotr Jabłoński. Il volume che ne è risultato è un prodotto editoriale che mi piace immaginare come l’equivalente moderno di un codice miniato. Penso un po’ a certe lussuose ‘edizioni’ alluminate di romanzi cavallereschi che tanta fortuna conobbero in seno alle élites alfabetizzate dell’Occidente bassomedievale. Insomma, una sorta di Geste d’Elric, se mi si passa l’espressione, ad uso di un pubblico abbastanza smaliziato da poter apprezzare questo genere di proposte. Per una fruizione degna del raffinato Autunno della Modernità che ci troviamo a vivere, di buon grado o meno.
Cosa può aspettarsi il lettore dalla saga di Elric? Se mi fosse consentito continuare sul filo delle metafore, non direi certo la rorida freschezza dell’epos howardiano – dal quale pure il fantasy di Moorcock discende per li rami – ma una temperie più insistentemente tragica, anzi melodrammatica. Non dunque il serrato ritmo di ballata (o di western) proprio delle avventure di Conan, bensì una cadenza assai più scandita, regolata sulla comparsa in scena di tipi o maschere fisse che danno luogo a contrasti molto teatrali, per l’appunto,e che addirittura non rifuggono dal ricorrere frequentemente a ‘daemones ex machina’ i quali, come di consueto, intervengono a determinare l’andamento di una azione di cupa e ipnotica suggestione, e giocata su più piani – umano e meno che umano, divino e diabolico. Perché personalmente sento Mike Moorcock un po’ come l’epigono di certa cupa vulgata drammaturgica di gusto vagamente elisabettiano che, almeno in qualche misura, deve pur averlo ispirato, ad attestare anche in tal modo le sovrapposizioni e commistioni che caratterizzano la complessità di ogni prodotto culturale di questo genere. Vuoi che dica pop? Ebbene, lo dico.
Il miasma narrativo creato da Moorcock ospita diversi personaggi interessanti e controcorrente, a partire dal protagonista Elric e dalle divinità presenti nelle peripezie di quest’ultimo. Quanto è distante l’opera dagli altri testi classici del fantastico? Forse è proprio questo un suo punto di forza?
Vorrei precisare prima di tutto che non trovo la congerie narrativa creata da Moorcock né miasmatica – per carità – né magmatica, anche se so di dissentire così dal parere di amici autorevoli e certo più di me esperti nella critica di settore, che frequento da semplice dilettante. Vedo piuttosto i romanzi del ciclo elrichiano, ma allargherei il campo al complesso di vicende e personaggi che formano l’intera saga del Campione Eterno quale sfondo propizio agli infiniti crossover di eroi moorcockiani, come altrettanti romanzi impostati su un tema di fondo. Romanzi, dunque, se non programmatici almeno ben strutturati su una serie di rapporti e contrapposizioni simmetrici, e perciò non molto diversi per impostazione, almeno in astratto, da quelli che compongono la ‘subcreazione’ tolkieniana o addirittura il ciclo lewisiano di Narnia… Evoco a ragion veduta nomi di altri celeberrimi autori britannici, seppure appartenenti a tutt’altro milieu, considerati autentiche ‘teste di turco’ dal polemico Moorcock, che non mi pare abbia mai rinnegato le posizioni espresse in una per molti versi illuminante riflessione d’epoca. Ho l’impressione che si tratti, in definitiva, di altrettante fantasy teologiche, se così vogliamo dire, quantunque di segno diametralmente opposto. Perché si sente lontano un miglio che Moorcock (e dunque anche Elric e compagni, malgrado tutto) parteggia sotto sotto per Arioch e per gli altri principi degli Inferi anziché per le scialbe, sfocate divinità di una Legge che appare nella maggioranza delle occasioni inerte, impotente o indifferente ai casi dei mortali. Un po’ come Milton con il suo Satana, o Blake con Orc, se è lecito paragonare macrocosmo e microcosmo, anche Moorcock non può fare a meno di essere ammaliato dal fascino del Caos. Ed è forse questa sensazione ad alimentare l’aura sulfurea, the Wicked Halo, che s’irradia da un personaggio come Elric di Melniboné.
Quali sono, secondo lei, i riferimenti culturali, storici e extra-testuali che possiamo trovare nel testo? Elric sembra l’ultima vestigia vivente di un impero ormai sull’orlo dell’abisso, il parallelismo con gli ultimi imperatori romani e bizantini è evidente, ma i romanzi di Moorcock hanno diversi altri echi che possono evocare immagini e scenari che già conosciamo.
Resisterò alla tentazione anche in questo caso e cercherò di non cadere nella trappola che mi apri sotto i piedi… i riferimenti storici e metastorici sono molteplici, naturalmente, ma non credo abbia senso approfondirli in questa sede. Non più di quanto avrebbe senso passare in rassegna i più plausibili modelli storici della Ruritania dei romanzi di Anthony Hope o della Poictesme delle bizzarre allegorie di J.B. Cabell. Possiamo limitarci a quanto da te già corsivamente accennato nella tua domanda ammettendo che sì, la campitura di fondo della vicenda di Elric (al pari di quella impiegata da Howard nel tratteggiare l’ascesa dei suoi Conan o Kull di Valusia) può essere stata fornita all’autore da vaghe memorie di classici volgarizzamenti storiografici tuttora molto popolari nei paesi di lingua inglese. Primo fra tutti, il Gibbon della Decadenza e caduta dell’impero Romano. Tuttavia, detto questo, non mi pare che si sia guadagnato molto in termini di comprensione o di puro e dilettoso godimento del fantasy moorcockiano. Che è e rimane appunto una feerie, una storia di fate. Ma di fate nere e tenebrose, salutare antidoto a troppe melensaggini pseudo-tolkieniane, eppure anche ottimo correttivo a più recenti, rozze fiction che si vorrebbero spacciare per letteratura fantastica, e che di fantastico serbano però ben poco.
Molti della mia generazione, lettori nati dagli anni 90 in poi, non conoscevano l’opera, secondo lei, visti anche i gusti del pubblico contemporaneo, i giovani appassionati di fantasy troveranno un’opera ostica o del tutto fruibile a coloro che non sono pienamente legati al fantastico “vecchia maniera”?
Io sono pronto a scommettere su Moorcock e su Elric. Sarà una scoperta piacevolissima, e per molti risulterà una riscoperta ancora più gradevole.
E io spero che tutto questo incoraggi i lettori del fantastico all’acquisto, siano essi le giovani leve o i vegliardi spinti dalla più belle delle nostalgie. La letteratura.
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