I mille volti del Campione eterno
di Salvatore Santangelo
Stormbringer (letteralmente: portatrice di tempesta) è il nome della spada brandita da Elric di Melniboné, il protagonista della omonima saga fantasy dello scrittore inglese Michael Moorcock.
Stormbringer è una spada senziente. La forma è quella di uno spadone a due mani, di colore nero, con rune rosse incise per tutta la lunghezza della lama; il potere più importante che possiede è quello di “risucchiare” le anime delle persone che uccide.
È da questa energia demoniaca e dall’uso di droghe che il protagonista della saga, Elric (altrimenti debolissimo), ricava la sua forza, ma egli paga a caro prezzo la relazione simbiotica con la sua arma. Infatti Stormbringer non esita ad uccidere, contro l’impotente volontà del principe, amici e amanti, condannandolo a un destino di morte e solitudine.
Fragile e disilluso, Elric è il debole principe albino di una civiltà raffinata e decadente: l’antichissimo regno di Melniboné, che ha governato tutto il mondo conosciuto per 10.000 anni. All’inizio della saga, da 500 anni sono sorti i “Regni Giovani”, che hanno confinato l’influenza imperiale alla sola sua patria: l’Isola del Drago.
Se è vero che il corpo di Elric è debole, la sua mente è però sorretta da una sensibilità e da un’intelligenza che non hanno eguali tra i rappresentanti del suo popolo; è questo che lo spinge a ripensare, a mettere in discussione la stessa cultura e le tradizioni che sostengono l’Impero melniboneano, delle quali egli stesso è frutto.
La degenerazione dei melniboneani minaccia di causare un’invasione dei popoli giovani e barbari.
I melniboneani, che hanno costruito la grandezza del loro regno sulla crudeltà e la ferocia, si stanno illanguidendo, e il cinismo ha lasciato spazio all’indolenza.
Soltanto i draghi, fedeli e secolari alleati, e l’appoggio delle divinità del Caos, consentono all’impero di reggere l’urto limitando i danni.
Lo stesso patrono di Elric è Arioch, noto come il “duca di spade”, o il “duca delle sette tenebre”.
Il mondo di Elric è dominato da uno scontro cosmico ed eterno fra le forze del Caos (legate alla magia, al cambiamento ed alla soggettività) e le forze della Legge (connesse alla logica, alla stasi e all’oggettività), la cui lotta non potrà mai finire: «Noi viviamo per alimentare la lotta cosmica, non per vincere».
Le regole di questo conflitto sono prescritte nell’Editto dell’equilibro cosmico.
In questo modo Moorcock reinterpreta il tema dell’eterna contrapposizione tra Bene e Male all’interno di una concezione relativistica, nella quale le stesse forze del Bene non combattono per la vittoria, ma soltanto per assicurare il mantenimento dell’equilibrio; il Caos costituisce un elemento ineliminabile, imprescindibile per la stessa esistenza del Multiverso.
La corruzione stessa è necessaria all’esistenza del Campione, come lo è al mantenimento dell’equilibrio che sostiene il Multiverso; ed Elric è, in tal senso, l’incarnazione dell’equilibrio, della sofferenza e dell’inevitabile travaglio connesso al suo conseguimento e mantenimento.
L’esito di ogni conflitto fra Legge e Caos deciderà le sorti del mondo successivo: più “legale” o più “caotico”, a seconda di quale delle due forze sarà risultata vincitrice tra le rovine del mondo precedente.
Tutti i cicli scritti da Moorcock fanno parte di un superciclo: The Tale of the Eternal Champion. Infatti tutti i protagonisti delle storie dell’autore inglese – compreso Elric – non sono altro che diverse incarnazioni, palingenesi dello stesso spirito, quello del Campione Eterno, l’entità che in ogni mondo e in ogni epoca costituisce il punto focale, l’ago della bilancia di questa lotta infinita. Il Campione Eterno è impegnato in un costante cimento, non solo contro le manifestazioni delle convenzionali idee di bene e male, ma anche per l’equilibrio tra la Legge ed il Caos.
Un archetipo disegnato secondo un’originale rilettura di un repertorio mitologico incentrato attorno alla morte, al sacrificio e alla rinascita: «Sono John Derek, vittima dei sogni di un mondo intero. E sono Erekosë, che nonostante fosse il Campione dell’Umanità distrusse l’intera razza umana. Ma sono anche Urlik Skarsol, il Signore del Castello di Ghiaccio che impugnò la Spada Nera. E Ilian di Garathorm, Elric l’Uccisore di Donne, Hawkmoon, Corum e mille altri»
Per Moorcock l’universo non sarebbe univoco, ma un vero e proprio multiverso, un cosmo multiprospettico: l’infinita, inesauribile realtà nella quale trovano posto tutti i mondi e le epoche esistenti, l’enorme palinsesto di realtà alternative, dotate ognuna di una propria caratterizzazione autonoma e – sebbene in modi del tutto diversi l’uno dall’altro – segnate proprio dall’eterno scontro universale tra la Legge e il Caos: «adesso sono giunto a comprendere quanto sia ricca, in realtà, la vita che conduco, quanto sia complesso il mondo da me abitato. Una complessità degna di essere apprezzata».
Ogni evento – la vita e la morte, la guerra e la pace, la sconfitta e la vittoria – ma anche ciò che a prima vista può apparire insignificante, nell’opera di Moorcock va ricondotto al tutto, riconsiderato alla luce di un ben preciso quadro metafisico e di una solida nervatura che percorre la totalità dei suoi scritti, restituendoceli come all’interno di una vasto puzzle, in cui ogni frammento deriva il suo significato da tutti gli altri.
Ma alla fine l’unico antidoto al suo pessimismo e la sola possibilità di sconfiggere il Caos non è che la possibilità, anch’essa nichilista «di pensare a un multiverso che non ha bisogno del sovrannaturale».