Recensione: Beowulf

STORIA

Un mostro è arrivato nel regno dei Danesi. Per dieci anni ha portato rovina sulle loro terre, fatto strage di uomini e divorato donne e bambini. Fino a che dall’altra sponda del mare è giunto un eroe per salvarli: Beowulf.

Santiago García adatta tra assoluta fedeltà e una rivitalizzante modernizzazione il poema epico anglosassone più lungo di sempre, di ispirazione anche ad un certo professore di Oxford di nome Tolkien.

Giuntoci grazie al Cotton Vitellius, se ne sa ben poco di questo poema senza nome, ma sappiamo che il buon Santiago ci stava lavorando da più di 10 anni col grande artista Javier Olivares, la cui maniacalità ha fatto naufragare il progetto lasciandoci solo una manciata di tavole che potete vedere qua sotto (di questo parla anche nella postfazione del volume).

Ma dopo aver annunciato la morte del progetto il giovane David Rubin scommette di potercela fare e così García riadatta la sceneggiatura sui suoi disegni, mescolando la più classica iconografia eroica con il più febbricitante cinema d’azione degli ultimi anni proveniente più da Oriente che da Occidente.

Come detto però la storia, pur rimanendo fedele all’originale, è moderna per l’estetica della violenza, la narrazione secondo due linee temporali e per i pochi dialoghi che esprimono intere psicologie e motivazioni in una manciata di righe.

Il lavoro di García però culmina nel sotto-testo critico alla base dell’opera: il costo della gloria, dell’immortalità lo si paga con una vita in solitudine ed è la nostra arroganza a cacciare nei guai chi vuole vivere in pace e serenità.

Il parallelismo tra Beowulf, l’uomo che si fa eroe non per gli altri ma per puro egoismo, per trascendere la mortalità e divenire leggenda, e i mostri (Grendel, brutale e affamato di uomini, sua madre assetata di vendetta e il drago avido d’oro), è ben evidenziato dalla copertina che potete vedere in calce all’articolo.

Nel caso in cui siate interessati ad approfondire la questione vi consiglio due saggi: I miti scandinavi della luce. Riti e miti della Scandinavia di Gianluca Ligi e i due testi critici di Tolkien, Beowulf i mostri e i critici e Il Ritorno di Beorhtnoth figlio di Beorhthelm.

DISEGNI

Se la trama quindi ripropone il classico scontro tra l’eroe e il mostro, sono i disegni a cambiare completamente l’esperienza di lettura tanto da obbligare chiunque interessato a vedere con i suoi occhi le tavole del grande David Rubin.

Memore della lezione americana di Frank Miller e Jack Kirby, votata alla tridimensionalità dei corpi guizzanti e a una costruzione della tavola sempre attenta, dello stile giapponese fatto di linee semplici e graffianti in perenne movimento, e del grottesco segno di artisti indipendenti quali Mike Mignola, Paul Pope e Michel Fiffe, l’artista spagnolo forgia il suo capolavoro.

Una griglia libera e in perenne cambiamento che abbraccia sezioni a due pagine, mosaici di strisce orizzontali e verticali e riquadri “volanti”, il colore rosso a fare da filo conduttore dell’intera vicenda così sanguigno da macchiarvi le dita, il nero che ben eseplifica l’oscurità e la morte che aleggia in ogni pagina, e quel segno a metà tra l’innocenza e la perversione, confezionano un’esperienza visiva unica.

COMMENTO FINALE

Un gran bel volume, da acquistare ad occhi chiusi.

L’edizione della Tunuè si presenta come un cartonato di 208 pagine a colori, formato 19,5x27cm, al prezzo di 19,90€.

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