La sapienza di Eibon – Niente doni di Natale per Mithra

Da tempo, in occasione dell’approssimarsi delle feste di fine anno e più precisamente del Natale, assistiamo al riemergere di una curiosa polemica, per certi versi affine a quella che affligge con la sua verbosità la ricorrenza d’inizio novembre di Ognissanti; stiamo parlando della vexata quaestio sulle presunte origini “pagane” della celebrazione della nascita di Cristo.

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Paradossalmente, quello che per lungo tempo è stato argomento d’interesse solo all’interno della cerchia degli antropologi e degli storici della religione, è divenuto tema popolare; siamo forse di fronte a un diffondersi della passione per le discipline di cui sopra, o ad un approfondimento di percorsi teorici elaborati da insigni decani di qualche università ecclesiastica? Purtroppo no.
Il diffondersi di credenze neopagane artificiose di stampo New Age, oppure appena un po’ più datate come la Wicca, informate a una ricostruzione arbitraria di culti la cui conoscenza è spesso nozionistica e metodologicamente maldestra, si accompagna da tempo a ideologiche campagne anticristiane, e nello specifico anticattoliche. Se ciò è assolutamente legittimo, e in ambito anglosassone anche ampiamente prevedibile vista la tradizionale avversione alla Chiesa di Roma, l’operazione risulta meno accettabile quando si propone di tracimare nel campo della vera storia delle religioni.

dio+mitra

Se, per tornare al tema della discussione, è innegabile la presenza di celebrazioni e riti solstiziali in Europa e nel mondo, in diversi tempi e ambiti culturali, è altrettanto vero che ciò è insufficiente a costituire la base per analisi comparativiste spesso basate su mere assonanze, se non falsificazioni vere e proprie. Un conto è indicare lo stratificarsi, all’interno di un fenomeno, di influssi e contingenze storicamente rilevabili; un altro affermare, per spiegarne la nascita, la presenza pura e semplice di “sincretismo” o “sostituzione”.
Basti pensare al caso del dio egizio Horus, che alcuni sostengono essere un vero e proprio antesignano del Cristo in termini biografici e non solo: si parla di una sua nascita il 25 dicembre, da una vergine per giunta, di una sua morte in croce seguita da resurrezione, di dodici discepoli…
Ebbene, queste notizie – stranamente ignote agli egittologi professionisti – circolano ormai come verità assodate, e rilanciate on line. Ma quali sono le loro fonti? Una sola, il saggio ottocentesco “The Historical Jesus and The Mythical Christ” dell’autodidatta Gerald Massey, vera accozzaglia di parallelismi fra religione egizia e cristianesimo basata per lo più su errori di traduzione e voglia di stupire.

Massey, che trae le sue idee dall’interpretazione totalmente fantasiosa di testi geroglifici di Luxor, si guarda bene dal citare i veri miti lasciati dagli antichi riguardo Horus, e il perché è semplice: questi infatti risulta nato dalla dea vacca Hathor, oppure secondo un’altra versione da Iside e Osiride, e dunque Massey inventa di sana pianta la sua nascita da una vergine. Almeno, però, ciò sarebbe avvenuto in occasione del solstizio d’inverno? Niente affatto. Horus viene alla luce fra luglio e agosto, non ha mai avuto discepoli e non muore neanche in croce, bensì punto da uno scorpione. La sua “resurrezione”, poi, avviene tramite un rito negromantico della madre, la dea maga Iside, e non ha niente a che fare con il ritorno ontologicamente diversissimo del Cristo alla vita immortale.

HORUS DIO.jpgChe un simile guazzabuglio di inesattezze, deriso da tutti i conoscitori accademici di egittologia, possa avere avuto successo nell’ampio ambito degli “amatori” (e tra essi anche la famigerata Margaret Murray, che ne trasse ampio spunto) trova le sue ragioni più nella regione dove abitano la vis polemica e la fantasia che lo studio scientifico delle fonti.

Ma non possiamo, parlando di presunte aggiunte e/o coperture sincretiche del Natale, non parlare della sua teorizzata derivazione dai festeggiamenti solstiziali del dio Mithra, il cui culto, specie nei secoli II e III ebbe larga diffusione nell’impero romano.
La versione greco-romana dei misteri relativi a questo dio d’origine indoiranica ci è in parte nota, e può tranquillamente inserirsi nella linea concettuale che all’epoca univa neoplatonismo, culti astrali, e pratiche magiche di stampo gnostico. All’iniziato ai misteri, dopo un lungo percorso di progressive rivelazioni, era promessa l’apertura post mortem di una via celeste di ricongiunzione spirituale Mithra, ottenuta grazie ai meriti di una vita virtuosa e la conoscenza segreta di dettami esoterici in grado di liberare l’anima dall’influenza di arconti e divinità abitanti i sette cieli. Associato iconograficamente al Sole Invitto, Mithra porta una corona radiata e luminosa, e secondo alcuni sarebbe nato proprio il 25 dicembre, da una vergine, in una grotta. Ma è proprio così? E soprattutto: i cristiani avrebbero volutamente sovrapposto le celebrazioni del Natale alla festa di Mithra per scalzarlo simbolicamente dal suo trono? Anche in questo caso, i dati a nostra disposizione ci dicono il contrario.

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Le celebrazioni della nascita di Cristo infatti erano state indicate per il 25 dicembre già nell’anno 204, da Ippolito di Roma che, nel suo “Commentario su Daniele”, afferma di basare la sua affermazione su usanze già diffuse da parecchio nell’Oriente cristiano.
Già questo primo dato, dunque, smentisce chi voglia indicare nella data di dicembre un tentativo di “coprire” le festività stabilite per il Sole Invitto da Eliogabalo (212) e da Aureliano (274) in occasione della consacrazione dei templi da essi dedicati al nume solare. Esse avvengono chiaramente dopo la testimonianza di Ippolito, e non solo: sono sì dedicazioni di sacrari al dio solare, ma non a Mithra. Come accennato infatti, il dio porta sì la corona radiata del Sole, ma non è, il Sole. E’ invece proprio quest’ultimo nume ad affidare in segno di sottomissione il suo diadema al dio vittorioso, confermando così la sua signoria cosmica anche sulle potenze astrali.

La versione ellenistica del mito mithraico, infatti, colloca l’azione del dio in un piano superiore a quello degli dei planetari, in una certa misura inferiori, inserendola in un contesto universale collegato al fenomeno astronomico della precessione degli equinozi. Mithra è un Kosmocrator, il cui potere trascende l’ambito astrale in cui avviene il verificarsi del solstizio.

Inesistente, è poi l’asserita comunanza  di una nascita virginale per Cristo e Mithra. Questi, infatti, prende vita secondo il mito non dal grembo di una fanciulla illibata, ma dalla roccia vergine, cioè intatta, all’interno di un antro sotterraneo, alla maniera di molti altri dèi antichi. Un’ennesima somiglianza superficiale, facilmente verificabile.
Ma proseguiamo.

l.-domizio-aureliano.-busto-bronzo-iii-sec.-d.c.-ca.-brescia-museo-di-s.-giulia.jpgLa celebrazione del Sole Invitto esattamente il 25 dicembre è documentata per la prima volta solo nel celebre “Cronografo”, calendario risalente all’anno 354, e quindi come visto dopo le prime notizie di celebrazioni del Natale in tale data.
Oltretutto, durante il regno di Licinio – unico altro dato certo disponibile – la celebrazione si svolse il 19 dicembre, data forse più prossima al solstizio astronomico nel calendario allora in vigore. Come si evince, dunque, non sempre essa rimaneva fissa, né abbiamo altre fonti certe che ci dicano che “da sempre” i seguaci di Mithra festeggiassero il loro dio il 25 dicembre.
E’ anzi è il contrario: spesso, la forbice del calendario rituale era assai ampia, e veniva scelto il periodo compreso tra il 19 e il 22 ottobre ( si veda M. R. Salzman, New Evidence for the Dating of the Calendar at Santa Maria Maggiore in Rome, Transactions of the American Philological Association (111) 1981) o comunque altre date non sovrapponibili alla fine di dicembre (Cfr. l’iscrizione citata da Allan S. Hoey, Official Policy towards Oriental Cults in the Roman Army, Transactions and Proceedings of the American Philological Association (70) 1939).
Del resto, è opportuno osservare come i mithraisti, a differenza dei cristiani, non avessero precise autorità interessate a fissare un’unica data, ed essa restava quindi legata sopratutto a contingenze astronomiche.
Viceversa, nonostante alcune chiese orientali polemizzassero riguardo la data corretta da assegnare al Natale, e in effetti alcuni personaggi come Clemente di Alessandria indicassero giorni alternativi al 25 dicembre, possiamo affermare che già a metà del II secolo, almeno in Occidente e a Roma, fosse proprio la parte finale dell’ultimo mese dell’anno quella assegnata alle celebrazioni della nascita di Cristo.

FB_IMG_15741484244486345.jpgE’ quindi improprio, alla luce delle testimonianze documentali, parlare del Natale cristiano come “sovrapposizione successiva” alla festa del Sole Invitto: una già da tempo, almeno in metà dell’Impero, aveva una data regolare, l’altra invece per secoli non ebbe mai un calendario realmente fisso. Tanto meno, ha senso l’obiezione di chi parla di un tentativo di cristianizzazione non delle feste di Mithra, ma dei tradizionali Saturnalia romani più o meno coincidenti. Questi ultimi infatti non erano limitati a un unico giorno, non ricordavano alcuna nascita, e continuarono tranquillamente ad essere celebrati anche quando le feste natalizie erano già diffuse. Il loro significato antropologico di rito di passaggio può invece essere meglio accostato alle feste del Carnevale, che come periodo precede non a caso proprio la fine dell’antico calendario romano, che aveva il suo inizio a marzo, e non a gennaio.
E c’è di più: esistono studi effettuati negli ultimi anni che hanno indicato il 25 dicembre non solo come data tradizionalmente originale del Natale, ma anche come realmente storica della natività di Cristo.
Grazie alla scoperta di documenti relativi alla turnazione dei sacerdoti ebrei del Tempio di Gerusalemme, operati dalla studiosa Annie Jaubert, alcune datazioni evangeliche risulterebbero infatti confermate, confortate da testimonianze documentali indipendenti (Si vedano, a tale proposito: “Le calendrier des Jubilées et de la secte de Qumran. Ses origines bibliques”, in “Vetus Testamentum”, Suppl. 3 (1953) – “La date de la Cène, Calendrier biblique et liturgie chrétienne“, Études Bibliques, Paris 1957 e Tommaso Federci “25 dicembre è data storica“,30 Giorni, anno XVIII, novembre 2000).

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In conclusione: se lo studio dei significati delle ricorrenze solstiziali è un campo ampio e complesso, farne un calderone sovraccarico di spezie di dubbia origine risulta sminuente soprattutto per la dignità che invece ha il tema. Non è ovviamente possibile pretendere dal largo pubblico una conoscenza specialistica di culti e festività antiche, ma sarebbe almeno opportuno auspicare che certe inesattezze, se non vere e proprie falsificazioni, venissero indicate come tali, almeno per evitare lo stucchevole riproporsi di polemiche evitabili con la lettura di qualche buon saggio.

E non certo per decretare vincitore, nell’agone delle chiacchiere, questo o quel dio: dai loro seggi empirei, Mithra, Horus e gli altri numi, saranno infatti davvero grati a chi smetterà di turbarne ogni dodici mesi l’atarassica quiete.

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