“RPGs are dead”, questo si sentì dire David Brevik nel 1994 quando propose il progetto Diablo a pressochè tutti i produttori presenti al Consumer Electronic Show del 1994.

Cresciuto a pane, Dungeons&Dragons e giochi di ruolo (che abbrevierò in GDR d’ora in poi) digitali come Ultima e Wizardry il progetto Diablo sembrava impossibile da realizzarsi in un mercato dove Super Mario e DOOM si dividevano il pubblico. Tanto più che il Diablo di Brevik era un amalgama di Rogue, X-COM: UFO Defense, Moria e Angband: un GDR a turni, con morte permanente e animazioni con pupazzi di plastilina; cioè tutto tranne il Diablo che noi oggi conosciamo.
Ma sempre al Consumer Electronic Show del 1994, dove con la sua casa di sviluppo Condor Games presentava Justice League Task Force per SEGA Genesis, Brevik venne a conoscenza che un altro studio aveva sviluppato lo stesso gioco per SNES e nel corso dell’anno avrebbe rilasciato Warcraft: Orcs & Humans, strategico in tempo reale per PC con ambientazione fantasy.

Brevik entrò quindi in contatto con la Silicon & Synapse dei fratelli Max ed Erich Schaefer, ora conosciuta come Blizzard Entertainment, che accettò di produrre il sogno di Brevik a due condizioni: doveva esserci il multigiocatore ed il gioco doveva essere un GDR in tempo reale.
Nel 1995 Brevik iniziò a lavorare sul neonato progetto Diablo, all’inizio facendo un po’ di resistenza sul ruolo preponderante dell’azione nel gioco, ma poi mouse alla mano si accorse che navigare il mondo, interagire con esso e smascellare orde di demoni e scheletri con un paio di clic lo elettrizzava.

A ciò si aggiunsero livelli procedurali, una maggiore attenzione per inventario, albero dei poteri, e nemici che culminavano nei titanici boss sempre più duri a morire, con il titolare Diablo come sfida finale.
Ma il Diablo che tutti noi amiamo non sarebbe stato possibile senza la volontà di Erich Schafer di allontanarsi dal fantasy di Tolkien e di Warhammer per sporcarlo con i tanti film gotici e di zombie (era un grande appassionato di Fulci!); senza nulla togliere alle musiche cupe e misteriose di Matt Uelmen e alla direzione artistica di Michio Okamura e Chris Metzen.


I risultati sorpresero così tanto Blizzard che nel 1996 acquistò la Condor Games di Brevik ribattezzandola Blizzard North che potè lanciare il 31 Dicembre di quell’anno uno dei capisaldi dell’industria videoludica, nonchè una delle punte di diamante della Blizzard che proprio con Diablo iniziò la sua scalata al successo.
Seguì poco tempo tempo dopo l’espansione Diablo Hellfire, sviluppata da terzi, perchè la Blizzard North negli ultimi 6 mesi aveva sparato tutte le cartucce, con i programmatori che ormai lavoravano giorno e notte e lo stesso Brevik nello speciale della GDC ricorda le notti passate insonne davanti al PC per “gli ultimi ritocchi”.
I 3 mesi successivi furono quindi di solo riposo e lettura delle tante recensioni sul titolo che continuava a riscuotere successo presso critica e pubblico, entrambi forieri di nuove idee e sogni nel cassetto per un nuovo titolo del neonato genere hack’n’slash.

Così iniziarono i lavori su Diablo II che rimane ad oggi la pietra di paragone per il genere per diversi motivi: le sequenze cinematografiche obbligarono Blizzard a costruire una storia più coesa e organica costituita di 4 atti, ognuno in un ambiente diverso (nel primo si era solo a Tristram e labirintiche caverne sotterranee); dalle 3 spoglie classi del primo capitolo (Guerriero, Ladro e Stregone) si passò ad una maggiore varietà sia dell’albero dei poteri (ora si potevano creare sotto-classi devastanti) che dei personaggi (Barbaro, Amazzone, Negromante, Incantatrice e Paladino); il nuovo motore di gioco in 2D poteva processare molti più nemici ed essere in linea con l’aspetto del giocatore (prima quando cambiavi arma o armatura il personaggio riamneva uguale!) ; la possibilità di modificare e potenziare armi e armature grazie alle gemme; ed infine un miglioramento totale della piattaforma Battle.net permise un affluenza di giocatori sempre maggiore, aprendo le porte al multigiocatore come noi lo conosciamo.

Diablo II fu un successo interplanetario (vendette 1 milione di copie nelle prime 2 settimane!) e uno dei videogiochi più giocati della storia, con una delle comunità più attive (al pari di quelle di id Software), che arricchì il gioco con mod e total conversion oltrechè patch perchè il gioco “continuasse a girare” sulle più recenti piattaforme.
Blizzard non tardò a replicare ed ecco uscire nel 2001 l’espansione Diablo: Lord of Destruction che tra qualche miglioria alle meccaniche di gioco e alle risoluzioni aggiungeva due nuovi classi (Assassino e Druido), nuovi oggetti, nemici e un nuovo atto.

Blizzard non poteva abbandonare la sua creatura tanto facilmente e così nel tardo 2001 stava già pensando ad un terzo capitolo, concentrandosi sempre di più sul Battle.net (si pensa sia stata l’influenza principale dietro a World of Warcraft, d’ora in poi abbreviato in WoW). Venne presentata anche una demo internamente ma “qualcosa non quadrava”, così si disfece tutto ed uscirono pressochè tutti i principali ideatori della serie: Max Schaefer, Eric Schaefer, David Brevik e Bill Roper tra i produttori dei primi capitoli.
Il successo di WoW obbligò Blizzard a mettere in pausa tutti gli altri progetti (Starcraft e Diablo in primis), fino a che in una conferenza del 2008 a Parigi annunciarono che Diablo III stava per tornare.
Questo terzo capitolo giunse nelle case di milioni di videogiocatori il 15 Maggio 2012, enfatizzava ulteriormente la flessibilità e la scelta del giocatori, che adesso potevano sperimentare, sbagliare e rifare tutto daccapo grazie alle rune, il tutto immersi in una storia godibile e impreziosita dalle sequenze cinematografiche di Blizzard, ormai al massimo storico.
Nonostante le critiche alla casa d’aste (in cui si potevano acquistare e vendere armi con valuta reale, poi eliminata nel 2014), e la protezione invasiva del DRM nel 2012 (se non sei connesso online non puoi giocare), Diablo III vendette 3, 5 milioni di copie nelle prime 24 ore (record), e 6,6 milioni nel giro di 2 giorni (altro record che diede non pochi problemi al reparto Battle.net invaso come non mai nella prima settimana).
Con l’espansione Diablo III: Reaper of Souls e Rise of the Necromancer Blizzard riuscì a migliorare notevolmente il gioco, ma ancora oggi rimane uno dei prodotti più divisivi nella storia dello studio californiano, visti i recenti atteggiamenti verso la comunità di videogiocatori (il pasticciaccio di Battle.net e Activision, e l’ormai infame caso Blitzchung) e soprattutto il trattamento delle sue proprietà intellettuali di cui si teme una svalutazione ad ogni angolo (qualcuno ha detto Diablo Immortal?).
Tralasciando queste ultime note amare, il passato è chiaro: Diablo è un capolavoro e chiunque apprezzi il fantastico deve assolutamente farlo suo e giocarci sino a spellarsi i polpastrelli!

Piccola chicca finale: potete giocare al primo Diablo in versione shareware su internet QUI!
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