Articolo di Gabriele Campagnano.
Tratto dalla rivista Zhistorica.
Nel XV e XVI secolo i Capitani di Ventura hanno grande rilevanza in Italia. Signorie, principi e vescovi li assoldano, assieme alle loro compagnie di mercenari, per combattere nello spropositato numero di guerre tenutesi sul suolo delle penisola in quel periodo.
Alla base dell’assoldamento (da “al soldo“) c’è un vero e proprio contratto, non troppo differente da quelli che capitano tutti i giorni sotto gli occhi degli odierni legali. Qualche tempo fa ho riportato il testo integrale del contratto sottoscritto da Francesco Sforza e Guglielmo di Monferrato, mentre ora ho intenzione di rendere fruibile un testo ancor più interessante, relativo all’esame cui Giovanni Battista Dal Monte sottopone i candidati papabili di essere assoldati da Venezia a metà del XVI secolo.
La mia fonte intermedia è, per l’ennesima volta, la monumentale opera di Ercole Ricotti sulle compagnie e sui capitani di ventura.
La prima parte dell’esame consta di cinque domande. Queste hanno lo scopo di raccogliere i dati essenziali del capitano di ventura e i suoi trascorsi, e sono prodromiche all’esame vero e proprio:
- Vi si chiede se voi siete mai stato in guerra, dove, e al servizio di chi, e per quali fazioni avete combattuto, come e quando, e dovete rispondere in modo veloce e certo.
- Vi si chiede se siete stato per la maggior parte del tempo capitano di ordinanze o di compagnia pagata, e in che modo avete mantenuto la disciplina fra i soldati e li avete addestrati alla professione militare.
- Vi si chiede in che modo avete reso sicuro l’uso di armi da fuoco da parte di soldati che non sapevano sparare, sia quelli facenti parti di ordinanze che i principianti delle compagnie mercenarie; come gli avete insegnato a mettere la corda in serpa, caricare, disarmare l’archibugio e appoggiarlo sulla spalla.
- Vi si chiede se conoscete tutti i segnali fatti con il tamburo, necessari al soldato per fare il suo dovere nelle varie situazioni; e quali sono.
- Vi si chiede se voi avete tutti i requisiti della richiesta (servita) fatta dal Principe, dal primo all’ultimo, e che li mostriate tutti, a luogo e tempo debito; e perché avete servito, con che carica, e quali sono stati il capitano, governatore, colonnelli nominandoli tutti a mente, così come i paesi, le terre e i castelli – sempre a mente – per confrontarli poi con i requisiti della servita.
Oltre alla domanda numero 3, che ci mostra quanto sia divenuto preponderante l’uso delle armi da fuoco – già nelle domande introduttive il Dal Monte chiede lumi su tutte le fasi di uso dell’arma -, è interessante lo sforzo mnemonico richiesto al candidato. “Tutti a mente“, ammonisce la domanda numero 5, che fa il paio con il “risponder con prestezza” della numero 1.

Prima domanda d’esame. Siete in campagna con i nostri soldati. Il nemico è nei pressi, ed è più numeroso di voi. Dovete salvarvi senza fuggire, ma fortificare una posizione in modo da poterlo affrontare. Intorno a voi c’è della campagna da un lato, un fiume dall’altro, un bosco e una collina. Quale posizione piazzereste il campo, in modo da poter attaccare il nemico rimanendo al sicuro?
Risposta giusta. Signori! A me sembra che sia difficile attraversare il fiume, poiché non ci sono ponti, o salire sulla collina e piazzare il campo lì, poiché il nemico, essendo più forte di me, potrebbe assediarmi. Mi sentirei più sicuro nel bosco, dopo aver fatto costruire delle buone trincee con i tronchi. In tal modo potrei difendermi e, se possibile, offendere il nemico. La notte poi, scoperta la via migliore per mettermi in salvo con i miei uomini, la prenderei nel modo più silenzioso possibile.
Seconda domanda d’esame Siete in un campagna piana con i nostri soldati e il nemico sta arrivando. Ha più uomini di voi e quindi siete costretto a ritirarvi verso una villa. Il nemico però vi insegue. Cosa fareste per raggiungere la villa, fortificarla e mettervi in salvo colpendo comunque il nemico? Cosa fareste per tenerlo indietro fino al completamento delle opere di fortificazione della villa, in modo che non vi arrivi addosso?
Risposta giusta. Per me il modo migliore di agire è continuare a combattere, ritirandosi piano piano e continuando a bersagliare il nemico con qualche archibugiata. Farei in modo che le retrovie continuino a impegnare la loro avanguardia in piccole scaramucce, e continuerei a far arretrare gli altri fronte al nemico, in modo che anche il nemico avanzi con i piedi di piombo, vedendo che rimaniamo faccia a faccia. Durante la ritirata, manderei un pugno di archibugieri alla villa, in modo da controllare che non sia una trappola e per fargli preparare le fortificazioni: carri, legname, botti, casse, tinazzi e tutto quanto possa essere messo intorno alla villa come intralcio per il nemico. Salverei così i miei uomini, e potrei comunque tirare sul nemico.

Terza domanda d’esame. Siete da qualche parte con i vostri, e vi si chiede di raggiungere una città per soccorrerla. Giunto sul posto però, trovate il nemico accampato nei pressi della città? Cosa fareste per entrare in città senza essere visto dal nemico?
Risposta giusta. Farei così: arriverei a poca distanza dalla città, in un luogo ben nascosto, senza fare rumore. Da lì cercherei di avere la miglior visuale possibile del sito e il posizionamento dell’accampamento nemico, cercando di capire da quale parte è possibile entrare traendo in inganno il nemico. Studiato bene il luogo, tornerei dai miei soldati e chiederei a uno dei miei ufficiali di porre in essere il diversivo. Sceglierei il più adatto all’incarico, promettendo una bella somma sia a lui che ai soldati assegnatigli per il compito.
Li manderei avanti due ore prima dell’alba, verso il punto studiato il giorno prima, con un tamburo, chiedendogli di scaricare gli archibugi sul nemico. Quest’ultimo, sentendosi aggredito, radunerà i soldati e si metterà in marcia per affrontare i miei uomini, che però saranno già andati via, lasciandomi così la possibilità di aggirarlo e di entrare in città. Così il nemico resterà burlato, non trovando nessuno [e ritrovandosi, però, forze fresche fra gi assediati].
Quarta domanda d’esame. Mettiamo che il nostro generale decida di inviarvi a portare munizioni e vettovaglie a una fortezza o a una città, e che questo implichi il dover passare per luoghi sconosciuti e pericolosi a causa della presenza del nemico. In che ordine fareste marciare il vostro contingente e dove mettereste quelle munizioni e vettovaglie, in modo che il nemico non possa prenderle? Come le portereste con voi in modo che non provochino disordine in battaglia e non intralcino i vostri soldati?
Risposta giusta. Nel dubbio, farei marciare i miei uomini in ordine da battaglia. Preparerei un contingente togliendo un certo numero di uomini da ogni manipolo (a seconda della quantità di soldati a mia disposizione) e lo utilizzerei come avanguardia, in modo da condurre le munizioni senza problemi. Io sarei nella retroguardia, facendo marciare i soldati con le munizioni nel mezzo quando non ci sia pericolo o battaglia imminente. Dovendo affrontare il nemico, serrerei le fila insieme, tenendo le munizioni nel mezzo, in modo da poter iniziare la battaglia senza problemi. Difenderei così le munizioni con tutte le forze. È quindi così che le condurrei verso la città.
Quinta domanda d’esame. Siete da un lato del fiume, mentre il nemico è dall’altro. In mezzo c’è un ponte e il nemico vuole attraversarlo per affrontarvi. Con quale schieramento lo affrontereste per impedirgli il passaggio e batterlo?
Risposta giusta. Mi pianterei ai piedi del ponte con una formazione a tre angoli. Il primo dovrebbe coprirmi, mentre gli altri due dovrebbero supportare e rinforzare la testa. Se non avessi dubbi sulle intenzioni del nemico o su altre variabili combatterei così.

Sesta domanda d’esame. Ora siete voi a dover passare il ponte, mentre il nemico è dall’altra parte e non si muove. Avete fretta di spostare gli uomini per ottemperare a un nuovo ordine. Con che ordine di battaglia provereste ad attaccare, in che modo avreste intenzione di passare il ponte senza scompaginare lo schieramento?
Risposta giusta. Se il ponte fosse abbastanza ampio da permettere a tutti i miei uomini di passare insieme, procederei così, altrimenti ne farei passare solo la metà o, nel caso fosse molto stretto, farei passare i manipoli (non può essere così stretto da non permettere il passaggio di un manipolo di cinque file da sette soldati ciascuna). Passati i manipoli, mi metterei in ordine da battaglia sull’altra sponda nel più breve tempo possibile.
Il documento originale riporta tutti i quesiti cui vengono sottoposti i capitani di ventura. Complessivamente, si tratta di un vero e proprio interrogatorio, che a volte scende in tecnicismi che solo gli studiosi di storia militare possono comprendere. È il XVI secolo, un periodo di guerre continue e violente (con grande approssimazione, possiamo dire che le guerre italiane continuano a squassare persone e cose, specie nel nord Italia, dalla fine del ‘400), e quindi al candidato è richiesta una preparazione (specie pratica) eccezionale.
I casi di scuola – e quelli risolvibili solo da chi è stato sul campo, ha imparato a obbedire ai comandi e a comandare a sua volta – sono di ogni specie. Abbiamo letto dell’attraversamento di un ponte con il nemico sulla sponda opposta, l’invio di aiuti a una città assediata, il corretto schieramento dei soldati, insomma, quando si tratta di guerra, bisogna essere molto preparati, altrimenti è meglio mettersi al servizio di una signoria con pretese minori della Repubblica di Venezia.
Oltre alle domande principali, i candidati devono rispondere a una serie di “Altri Principij o dimande“, alcune delle quali sono estremamente interessanti. Si chiede, ad esempio, in che modo sia necessario agire quando ci si trovi ad affrontare una carica di cavalleria con “400 o più fanti” in mezzo alla campagna rasa (senza fiumi, colline, rocce, boschi o altre possibili difese). In questo caso, la risposta migliore è dire che bisogna ritirarsi verso un luogo più protetto, proteggendo la ritirata con le solite archibugiate. Tuttavia, nel caso in cui non vi sia alcuna protezione, neanche lontana, la risposta da dare è questa:
Se avessi picchieri a disposizione, li metterei in ordine da battaglia a seconda della conformazione del sito, armando il fronte, la coda e i fianchi di archibugieri e moschettieri. Ne posizionerei il numero massimo che possa poi essere protetto dalle picche e qualche manipolo più lontano. Darei l’ordine di fare fuoco solo a quelli posti sul lato su cui stia per scagliarsi la cavalleria, in modo che gli altri possano difendere il loro lato in caso di bisogno. Stesso discorso per i picchieri: picche abbassate solo per quelli su cui sta per abbattersi la cavalleria.
Dell’importanza dei segnali sonori durante la marcia e la battaglia e della necessità di addestrare bene le truppe tratta un’altra domanda. In questo caso il capitano di ventura deve mostrarsi preparato sulle basi dell’addestramento e sulla conoscenza dei menzionati segnali. La risposta prevista è infatti questa:
Insegnerò loro [ai soldati] a capire i segnali con il tamburo, che sono nove: Chiamata, Bando, Ordinanza, Alto, Ritirata, Volta faccia, Serra-battaglia, Marchiata (Marcia) e Raccolta. Insegnerò loro a portare la picca in modo perfetto, tenendo la mano all’altezza della spalla e il gomito alto, con la mano destra al fianco o al pugnale; a camminare a passo sostenuto, e fare in modo che marciando il calcio della picca non passi la giuntura del ginocchio della fila avanti. Quando poi deve essere usata contro il nemico, ficcare bene il calcio in terra, in modo che sia più stabile e sicura.
Agli archibugieri insegnerò le stesse battute del tamburo, come tenere in mano l’archibugio, caricarlo, mettere la miccia nella serpentina senza errori, sparare appoggiandolo bene alla spalla e come posizionare i piedi, inoltre come togliere la miccia dalla serpentina e scambiare colpi con il nemico nel modo giusto.
Mi permetto di inserire la bellissima frase originale dell’ultimo capoverso, ovvero “come scaramucciar con garbatezza con il nemico“
Da sottolineare anche domanda relativa all’assedio, che presenta degli spunti molto interessanti:

Con poche parole e tempo a disposizione, il candidato descrive in modo perfetto le normali modalità di un assedio, dandoci quindi una fotografia perfetta di quell’arte a metà del XVI secolo. Leggendo le serie di articoli che ho dedicato all’Assedio di Malta del 1565 o a quello di Famagosta del 1571, troverete che le stesse tattiche (almeno in linea generale) furono utilizzate anche dai turchi.
Parliamo dello scavo delle trincee che, a poco a poco, si avvicinano alla fortezza. Il posizionamento delle artiglierie proprio per colpire la parte più debole delle mura e poi l’assalto. Non meno importanti sono l’opera di riempimento dei fossati – ricordiamo di quando Mustafà Pascià, per intimorire La Valette a Malta, gli disse che aveva talmente tanti soldati che, se avesse fatto gettare loro le scarpe nel fossato di Borgo, lo avrebbero riempito – e lo scavo di mine, ove necessario, per far crollare le mura.
In ultimo, per far presente come, ormai, il rapporto fra picchieri e archibugieri fosse di 1:1, segnalo la presenza di una domanda sul corretto modo di schierare 550 fanti: 275 picchieri e 275 archibugieri.
I Capitani di Ventura trovano quindi, nell’Italia del XVI secolo, una miniera di opportunità. I vari regni, ducati e principati italiani però sanno bene che ci sono in giro decine di impostori e bugiardi: affidare loro una campagna di incursioni in territorio nemico o la difesa di una città avrebbe potuto generare conseguenze catastrofiche. Di conseguenza, gli esami cui sono sottoposti dai consiglieri militari di ciascun governante sono sempre molto approfonditi. Quello riportato in questo articolo ne è un esempio lampante.