SHINGEKI NO KYOJIN – USCIRE DALLE MURA, RECENSIONE E COMMENTO AL MANGA DI HAJIME ISAYAMA

Tradotto in italiano con il titolo di “L’Attacco dei Giganti” in inglese con “Attack on Titan” “Shingeki no Kyojin” di Hajime Isayama, prima come manga, fumetto, e poi come anime, cartone animato, segna l’inizio di un’epoca nuova per l’arte visiva e grafica giapponese.

Si pone infatti a metà tra il genere “shonen”, dedicato a una fascia d’età prettamente adolescente, e il “seinen”, ovvero un’opera riservata ad un pubblico unicamente adulto.

Indubbiamente influenzato da “Berserk” di Kentaro Miura, altro manga che si pone a metà tra lo “shonen” e il “seinen”, propendendo per quest’ultimo molto di più, inaugurando il genere dark fantasy, “Shingeki no Kyojin” trae ispirazione dalla mitologia norrena, prendendo a piene mani il mito dei giganti e plasmandolo ad hoc per dare un senso più profondo, archetipico e universale all’opera.

Anzi tutto va sottolineato il fatto che in Giappone i manga godono della stessa stima e considerazione del romanzo e di qualsiasi altra forma di opera scritta, e anche nella cultura occidentale ormai da più di trent’anni il loro valore artistico è ampiamente riconosciuto.

Si possono per esempio ricordare due titoli, due fumetti storici che esemplificano a pieno il valore che un manga ha per la cultura giapponese : “Lone Wolf and Cub” di Kazuo Koike e “Vagabond” di Takehiko Inoue. Il primo narra le gesta di Ogami Itto, antico kaishakunin, e il secondo del famoso samurai Musashi Miyamoto, che rivoluzionò la via del Bushido.

“Shingeki no Kyojin” non è un manga storico, è puramente fantasy, e ha molte caratteristiche in comune con la letteratura fantastica europea, in particolar modo con la branca un po’ più cruenta dello sword & sorcery, come già appunto fa lo stesso “Berserk” di Kentaro Miura, il cui protagonista Gatsu è un berserker e ricorda vagamente un Cimmero di howardiana memoria, dinamico e potente nei modi, e altrettanto forte e solido nelle decisioni e negli ideali.

L’umanità, ne “L’Attacco dei Giganti” si trova in una condizione di cattività, la terra tutta è popolata da giganti senza coscienza che attaccano e sbranano qualsiasi essere umano.

Eren, il protagonista della storia, vede la sua stessa madre divorata da uno dei giganti.

La storia si svolge in parte all’interno di una gigantesca città fortezza circondata da diverse cerchie di mura, e molto all’esterno delle mura in quanto i protagonisti, spinti appunto dal desiderio di rivalsa e dalla sete di sopravvivenza e conoscenza nei riguardi del nemico, entrano a far parte di un corpo militare speciale scelto che ha lo scopo di esplorare i territori al di fuori delle mura e di abbattere eventuali giganti durante il cammino.

Il valore delle mura assume un senso sempre più profondo e simbolico man mano che la trama si sviluppa.

Inizialmente le mura rappresentano la protezione, che si rivela comunque precaria in quanto esistono anche giganti (il Gigante Colossale) più alti addirittura delle mura stesse.

Nell’anno 845 compare un gigante alto circa sessanta metri che con un calcio crea una breccia nella cinta esterna del Wall Maria (ogni cerchia di mura ha un suo nome preso dalla cultura occidentale), presso il distretto di Shiganshina. I giganti sciamano al suo interno divorando quanti più umani possibile, mentre questi cercano inutilmente di difendersi e trasferire più gente possibile all’interno della seconda cerchia di mura; ma prima che gli uomini riescano a chiudere la porta interna delle mura, un gigante la sfonda con un colpo e gli umani sono costretti a ripiegare sul Wall Rose. In seguito tentano una disperata riconquista del territorio perduto, circa un terzo del totale, che fallisce miseramente.

Fra i sopravvissuti alla tragedia vi sono i tre protagonisti della storia: Eren Jaeger, Mikasa Ackermann e Armin Arelet. Nel giorno dell’irruzione dei giganti, Eren perde sua madre, che viene divorata davanti ai suoi occhi. L’accaduto genera nel bambino un odio verso i giganti superiore alla paura nei loro confronti, e giura a se stesso di sterminarne l’intera stirpe. Mikasa è un’orfana che dopo la perdita dei suoi genitori ha vissuto sotto l’ala protettiva della famiglia Jaeger, ma quel giorno — così come Armin, il miglior amico di Eren — anche lei perde tutto. A cinque anni di distanza dall’accaduto i tre amici sono cresciuti e sono entrati a far parte del corpo di ricerca, e i giganti appaiono nuovamente.

“Shingeki no Kyojin” condivide con l’heroic fantasy la linfa vitale, lo spirito.

Le mura, ad un certo punto della storia, diventano uno strumento per combattere, non solo un rifugio, un guscio, ma un punto d’appoggio, una base solida da cui partire per elaborare strategie e tattiche di guerriglia.

L’unico modo per affrontare i giganti è rappresentato da un dispositivo che funziona tramite una sostanza gassosa, verosimilmente vapore (e in questo l’autore si rifà a un altro genere altrettanto diffuso tra i manga e gli anime quanto il fantasy, lo steampunk), che svolge da propulsione per permettere ai combattenti di raggiungere l’altezza necessaria per sferrare un fendente di spada sulla nuca dei giganti, loro tallone d’Achille, recidendola.

A quel punto il nemico crolla a terra ucciso e sconfitto.

Durante il dispiegarsi della trama vediamo infatti spessissimo queste battaglie prive di gravità, con personaggi volteggianti nell’aria, che letteralmente saltano e volano da un albero all’altro e da un gigante all’altro, abilmente e velocemente, l’alternarsi di azione ed elementi dell’intreccio che poi l’autore svelerà solo verso la fine del manga, rendono la lettura, o la visione, piacevole,  nonostante le critiche svolte a “Shingeki no Kyojin” siano di non essere né del tutto un prodotto per adulti, né completamente un’opera disegnata e pensaa per un pubblico adolescente o comunque molto giovane.

La forza di questo manga consiste nell’uso archetipico di due elementi : i giganti e le mura.

I giganti rappresentano la natura matrigna. Le mura la protezione, che poi diviene base d’appoggio per le sortite del corpo di ricerca ed esplorazione, e poi divengono addirittura un limite da oltrepassare, in quanto Armin sempre ricorda ad Eren e a Mikasa l’esistenza del mare, questa distesa d’acqua mai vista da loro, in quanto vivono segregati in una città da sempre, e mai vista da nessuno dell’umanità ancora in vita, interamente salata, blu e immensa.

Armin è l’unico a credere all’esistenza del mare, e la sua ragione più profonda, la motivazione che lo spinge a rischiare la vita è la sete di conoscenza.

In un certo senso, nonostante Eren il protagonista si distingua da tutti gli altri e mantenga i suoi tratti impulsivi della personalità, l’eroe sword & sorcery per eccellenza è Armin, il co – protagonista che rischia il tutto e per tutto per una causa che non è materiale.

Eren e Mikasa sono invece guidati dall’odio cieco verso la stirpe dei giganti.

La storia si svolge tra colpi di scena, colpi di stato interni e battaglie massacranti e all’ultimo fiato all’esterno, svelando sempre più dettagli riguardo al mondo in cui gli uomini vivono, che si scoprirà essere molto distante rispetto all’idea e alla concezione che le persone comuni avevano sempre avuto di esso.

Le mura rappresentano quindi anche l’ignoranza, la non consapevolezza, la mancanza di raziocinio nell’affrontare un mondo selvaggio, imprevedibile e brutale ben presente al di fuori.

Uno dei precetti fondamentali della via del guerriero, il Bushido, afferma che “una vita vissuta a nascondersi come una tartaruga nel suo guscio non è vita” e lo sanno bene i protagonisti che rischiano sempre il tutto e per tutto per un’unica causa universale : la liberazione del genere umano, e oltre il verde delle colline, oltre la sabbia dorata dei deserti, vedere finalmente il mare, sconfinato, infinito, di una bellezza sconcertante.

Quando i personaggi principali raggiungono il mare Eren, il protagonista, molto saggiamente guarda ancora oltre e si domanda quale sarà il nemico oltre la distesa d’acqua che si stende fino all’orizzonte.

Questa capacità dei protagonisti di guardare sempre oltre, e di spingersi al di là dei propri limiti sia fisici sia psichici ed emozionali, è ben presente in tutta la trama del manga e ne è il vero e proprio motore.

Senza personaggi come Aren l’autore non sarebbe riuscito a rappresentare al meglio il bisogno umano di sì, sopravvivere, ma anche di conoscere e di contemplare.

Gli uomini dentro le mura si sentono sicuri solo in parte, e comunque vivono una vita misera, ancora più caduca e decadente di quanto la sia quella di coloro che rischiano sulla propria pelle tutti i giorni pur di esplorare le terre al di là delle mura.

Al di là dello sterminio dei giganti l’intento dei personaggi mentre l’intreccio si sviluppa e prende forma in un climax di eventi e di colpi di scena si rivela essere la conoscenza di loro stessi, oltre che del mondo al di fuori delle mura, delle loro paure e del loro coraggio, dei loro limiti e di come superarli, continuamente, sempre, mettendo a repentaglio la loro stessa causa.

Quest’opera è imbevuta di codice dell’onore del samurai.

 

E’ tuttavia anche molto occidentale, in quanto si rifà al fantasy europeo innanzi tutto per l’ambientazione medievaleggiante e in secondo luogo per l’uso dei costumi e degli stemmi che richiamano l’araldica medievale, come gli stemmi delle svariate cerchia di mura.

Gli intenti dei protagonisti di “Shingeki no Kyojin” sono gli stessi del fantasy cosiddetto “eroico” oppure di “spada e stregoneria”.

Nel manga l’elemento magico è esplicato dalla figura archetipica del gigante, simbolo della terra e della forza degli elementi.

Di fronte alla grandiosità dei giganti e della natura l’uomo, chiuso nella sua cerchia di mura, deve, se vuole raggiungere la consapevolezza e la pienezza di sé, abbandonare il suo attaccamento alla vita e a tutto ciò che è materiale, altro concetto molto orientale, e abbandonarsi all’istinto di sopravvivenza e al feroce desiderio di combattere.

L’opening theme dell’anime inizia con il verso “Noi siamo le loro prede? No, siamo i predatori”, in quanto i membri delle spedizioni al di là delle mura pigliano il nome tedesco di “Jaeger”, ovvero cacciatore.

La potenza energetica della scelta di non sottomissione alla natura, e il desiderio di conoscerla e plasmarla con mano, è tipico del fantasy sword & sorcery, e nonostante in “Shingeki no Kyojin” non vediamo mai uno stregone vero e proprio, vi è presente l’uso dell’alchimia e l’irrazionalità dei giganti si scontra e spesso ha la peggio nei riguardi dell’uso di strategie e tattiche di combattimento.

“Shingeki no Kyojin” ha in comune con l’heroic fantasy la linfa vitale, l’energia, l’immediatezza e la sofferenza e l’umana consapevolezza dell’oltre, del superamento dei propri limti, il coraggio di affrontare nemici più potenti senza esitazione, in quanto i giganti non sbranano gli umani per fame, poiché pare possano vivere senza risorse alimentari.

I giganti per i protagonisti del manga, fino a diversi punti di svolta nell’intreccio, sono un vero e proprio mistero, e rappresentano anche l’ignoto e la paura di esso.

Sono il simbolo vero e proprio della natura in quanto selvaggia e brutale, e l’intento dell’autore è quello di rappresentare storie di coraggio di uomini che per la libertà e per la sete di conoscenza sono pronti a sacrificare tutto di sé.

E’ un concetto molto sottile e si collega alla via del Bushido e ai precetti fondamentali dell’Hakagure di Tsuramoto Tashiro, di cui tratto più approfonditamente in un saggio intitolato “Bushido – i principi morali del guerriero secondo la cultura giapponese del buddismo zen”.

“Shingeki no Kyojin” è un manga / anime che ha colpito profondamente il pubblico per la sua capacità di esemplificare tramite gli elementi della letteratura fantastica concetti universali, come tutte le opere letterarie e non che lasciano un segno nella coscienza dei lettori o degli spettatori.

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