VAI NON SO DOVE E PORTAMI NON SO CHE – IL SIGNIFICATO DELLA “QUEST”

La parola “quest” deriva dal francese “quête” e sta a indicare un preciso elemento tipico della letteratura medievale.

A partire da un secolo e mezzo circa dopo l’anno Mille iniziò a diffondersi in Europa la letteratura trobadorica. Il “trobador” era una sorta di aedo di greca memoria, immerso nell’atmosfera della corte medievale, che comprendeva molte figure di spicco nell’ambito politico e anche per quanto concerne il mondo dell’arte, un cantastorie la cui funzione non era soltanto quella di allietare i banchetti reali, ma anche di trasmettere conoscenze e tradizioni antichissime.

Generalmente il “trobador” raccontava storie per lo più legate al folklore popolare, le quali derivavano a loro volta dall’epica cavalleresca francese e anglosassone.

La “quest” più famosa è esplicata nel romanzo cavalleresco di Chrètien de Troyes “Le Roman de Perceval ou le conte du Graal” in cui vengono narrate leggende legate al ciclo bretone dedicato alla ricerca del Santo Graal.

Fu scritto all’epoca delle crociate, e ne fu il committente Filippo I d’Alsazia, conte di Fiandra.

La figura del “trobador”, il cantastorie garantì la diffusione del ciclo bretone e di altri cicli di leggende e racconti popolari francesi e spagnoli e il formarsi di un tipo di letteratura interamente dedicato al senso di ricerca e dell’immaginazione, l’invisibile che interferisce con la materia.

Perceval, eroe dei cicli arturiani anglosassoni, incarna il simbolo del cavaliere in cerca dell’oggetto magico – mistico.

La letteratura fantasy è fortemente influenzata da questo tema. Anche in epoca contemporanea, sono moltissime le opere della letteratura del fantastico in cui il protagonista parte per un viaggio sia esteriore sia interiore alla ricerca di un tesoro.

Esso può rappresentare qualsiasi cosa, un’ideale, una persona, un popolo, un luogo, una terra, ma, il più delle volte, si tratta di un oggetto fisico vero e proprio, che è poi il simbolo di una dimensione altra, che con la materialità ha pochissimo a che fare, ma interagisce con essa in maniera molto forte. Come per esempio il Santo Graal, archetipo della cristianità tutta e del senso di sacralità e misticismo della figura del cavaliere.

Perceval è infatti eroe incorruttibile e santo.

La “quête” si svolge in tre distinte fasi : la partenza del viaggio e la scoperta dell’obiettivo, le difficoltà del protagonista e il modo in cui le supera, sconfiggendole, e la conclusione della ricerca che nell’epopea cavalleresca medievale rappresenta sia un raggiungimento fisico del tesoro, sia un’acquisizione di uno stato spirituale e di coscienza superiore, oltre che appunto gloria, onorificenze e terreni dal sovrano.

Il Santo Graal nel romanzo di Perceval di Chrètien de Troyes va da sé che non si tratta solo di un semplice calice, ma di un calice che ha un valore non solo “magico”, ma anche religioso in questo caso.

Il senso di ricerca nell’animo umano coincide con la facoltà immaginativa

Il Romanticismo tedesco ha una parola per descrivere la condizione umana di “struggimento” nei confronti della ricerca dell’Assoluto : Sehnsucht. Significa appunto “struggersi, malinconia”, ma nei confronti di qualcosa di altissimo ed esteso all’infinito.

Nella fiaba di Aleksej Tolstoj “Vai non so dove e portami non so che”, il quale scrisse moltissimi racconti per ragazzi prendendo spunto dalla tradizione russa,  è protagonista un cacciatore, un arciere, che un giorno colpisce un uccello dallo splendido piumaggio colorato, che si trasforma in una fanciulla di nome Maria, dotata di un aspetto e di un’indole entrambe delicate, eteree, “bionda e bianchissima di pelle”, esteticamente impeccabili e tipiche dell’archetipo principesco.

Lo zar, invidioso di Andrej, l’arciere, decide di mandare il protagonista in luoghi sconosciuti, esotici e letali con lo scopo di assassinarlo indirettamente, e prendere in sposa così Maria, la fanciulla trasmutata da un uccello.

Gli incarichi sono man mano che la trama della fiaba si sviluppa sempre più difficili e impossibili da portare a termine.

Per prima cosa lo zar incarica Andrej di andare a trovare suo padre nel regno dei morti.

Il secondo compito consiste nel domare il gatto cannibale Bajun, e l’eroe, grazie alle conoscenze magiche della stessa moglie Maria, riesce a salvarsi la vita e a raggiungere il suo scopo.

Il terzo compito consisteva in un rompicapo logico, per cui Andrej doveva srotolare un gomitolo impossibile da districare.

Lo zar, vedendo che tutte le “quest” complicatissime, rischiose e impossibili venivano portare a termine con successo da Andrej raggiunge un grado altissimo di astrazione e gli ordina : “Vai non so dove e portami non so che”.

Questa frase è ben presente nell’immaginario russo come esempio di cosa assolutamente impossibile da compiere. E’ infatti un concetto che rasenta il paradosso.

Al suo interno, nell’intimo dell’ombra più scura di questo concetto fiabesco si trova il significato stesso di “quest”, ricerca.

La ricerca della ricerca. Il senso nel non senso.

Il trovare nel non trovare. Un vagabondare fine a sé stesso, che è metafora dell’esperienza dell’esistenza umana.

Nel romanzo di Chrètien de Troyes Perceval innanzi tutto trova qualcosa di superiore al Graal stesso, il senso mistico dell’essenza sacra che è rappresento dal calice.

E’ una questione di formazione interiore, così come raggiungimento esteriore di uno scopo, un senso di sé, che si estende attraverso un simbolo nel caso di Perceval preso dalla cristianità.

Nel caso della fiaba di Tolstoj il protagonista Andrej si reca da una vecchia maga, che gli dice di chiedere aiuto al “grande e potente” Naum, un termine russo preso dall’ebraico, infatti lo stesso Naum era un profeta giudaico, che indica genericamente un’entità superiore, un mediatore sciamanico tra questo mondo e altri, disposti idealmente non in un iperuranio platonico, ma bensì oltre un velo di Maya di tradizione induista.

Andrej riesce nel raggiungimento del suo obiettivo, e ovviamente la fiaba si conclude a lieto fine.

L’eroe di tradizione medievale necessita di una mediazione per raggiungere uno stato di cose non visibili e solo percepibili lontanamente. Si tratta di un mondo distante, che solo la facoltà dell’immaginazione riesce a rappresentare tramite immagini archetipiche e simbologie.

Dalla letteratura immediatamente posteriore al Mille, ai giorni nostri questo tipo di conoscenza e di ricerca ha assunto diverse forme e rappresentazioni, che sono cambiate nel tempo attraverso i mezzi di comunicazione e l’aumento dell’alfabetismo, l’invenzione della macchina da stampa e la diffusione di racconti e romanzi tramite riviste e giornali ha portato alla nascita spontanea di movimenti culturali come lo “Sturm und Drang” in Germania, che ha un’importanza storica fondamentale, in quanto riprende tradizioni e atmosfere che riguardano l’epoca medievale, mediatrice delle sapienze antiche mediterranee e, per quanto riguarda i popoli più a nord, druidiche, che nel substrato della collettività si sono mantenute intatte e salde, proprio grazie a opere come il romanzo di Perceval di Chrètien de Troyes o, per esempio, Ivanhoe di Walter Scott. La mediazione e la trasmissione continua anche e soprattutto con il Romanticismo tedesco e inglese, con autori come Samuel Taylor Coleridge e il suo esotico “Kubla Khan”, o il più tradizionale “The Rime of the Ancient Mariner”, e “Endimione” di John Keats, un poema in versi incisivamente ispirato alla lirica pastorale greca.

Il tema della “quest” è ben presente anche nel fantasy sword & sorcery, in quanto deriva da una serie di racconti contenuti nella rivista “Weird Tales” attorno ai primi decenni del Novecento, e da pubblicazioni di autori come Robert E. Howard e Clark Ashton Smith, o Michael James Moorcock che si ispirano fortemente al senso romantico del romanzo storico, aggiungendo elementi del tutto immaginari.

La “quest” assume quindi un senso duplice nell’esperienza del lettore : intrattenere tramite un esempio concreto e razionale, di una storia, un evento, una guerra, una battaglia, e una ricerca di un cosiddetto “tesoro”, e mostrare un esempio di raggiungimento di uno stato di liberazione e riscatto, anche interiore.

“The Hour of the Dragon”, di Robert E. Howard, l’Ora del Drago, è un romanzo breve pubblicato sul magazine “Weird Tales” che esemplifica questo tema.

“Del Leone lo stendardo incerto oscilla, cade

nell’orrenda tenebra di spettral sudario;

Frusciano le ali del gran Drago scarlatto, sull’impeto portato dal turbine fatale.

Ecco, aumenta il cumulo dei cavalier disarcionati,

uccisi là dove s’avventarono le lance crudeli.

In segreto, occulti entro monti infestati,

vegliano nelle tenebre, perduti, gli dei del nero abisso.

Muovon per l’ombra cupa, brancolanti le mani degli uccisi,

e su nel ciel per il terror si smorza

il vivo scintillare delle stelle.

Badate, scocca ormai l’ora del Drago,

quando insieme trionfano la Notte e la Paura!” 

Robert E. Howard

 

Conan, il protagonista, è in un sotterraneo infestato da mostri, un’ombra inconscia terrificante e spaventosa, detronizzato da Valerius, figlio del precedente re Numides.

I cospiratori utilizzando l’arte della necromanzia resuscitano Xaltotun, uno stregone dell’antico regno di Acheron.

Per sconfiggere l’avversario il barbaro parte per un viaggio alla ricerca del Cuore di Ahriman, e viaggia attraverso tutti i regni del mondo immaginario creato da Howard.

Questa “quest” rappresenta un raggiungimento di uno scopo materiale, riprendere il trono di Aquilonia e sconfiggere Nemedia, e insieme lo stregone di Acheron, l’elemento irrazionale collegato intimamente a livello archetipico al vuoto e alla perdita di coscienza di sé, a livello però non voluto, non ricercato, infatti lo stesso Conan è stato spodestato da una cospirazione e da un elemento che va al di là della fisicità, la morte stessa, inscenata dalla necromanzia e dal regno di Acheron, ossia lo stregone Xaltotun.

Il Cuore di Ahriman rappresenta l’elemento mistico, ma razionalizzante, in senso greco di logos che ordina il mondo immaginario del regno di Aquilonia,  consentendo a Conan di tornare ad essere re.

Esorcizzando e sconfiggendo così Xaltotun, lo stregone del regno di Acheron, elemento archetipico che simboleggia la necromanzia e la morte, e soprattutto, il reame del sovrasensibile, dell’ideale, dello Spirito.

Rispondi

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: