Dei dell’Era Hyboriana Parte Tre: Gli Dei Antichi di Robert L. Yaple

Dei dell’Era Hyboriana

Parte Tre: Gli Dei Antichi*

Robert L. Yaple

*Tradotto, adattato e annotato da Giuseppe “Dark0” Franco

 

SET – IL VECCHIO SERPENTE[1]

Un tempo, quasi la metà del mondo conosciuto fu dominato da Set, “dio delle tenebre”[2]. Erano i giorni in cui Acheron non era ancora caduta e Stygia era padrona dello Shem.[3] Tuttavia durante l’Era di Conan, il culto del “signore squamoso delle ombre”, ai fini pratici, fu confinato nella Stygia e nelle aree sotto la sua diretta influenza – piccole zone meridionali dello Shem e probabilmente parti del Kush. I ripetuti sforzi da parte del culto di riportare la sua tirannia al nord fallirono tutti, sebbene alcuni furono molto vicini al successo. Le origini del dio risalgono all’epoca pre-Cataclisma, così come le piramidi di Stygia. Set fu un sopravvissuto al misterioso periodo pre-umano che precedette l’arrivo degli Stygiani dall’oriente.[4] (Il regno infatti, sgominato dagli invasori Stygiani, fu, molto probabilmente, del mondo conosciuto l’ultima enclave degli uomini-serpente.)[5]

Tuttavia si può supporre che l’immagine convenzionale di Set sia stata quella ispirata dal grande serpente iridescente che un tempo viveva nelle paludi meridionali del Mare di Vilayet[6] e nel quale si imbatterono gli Stygiani in una delle ultime tappe della loro migrazione verso occidente.

Il culto fu naturalmente bandito presso gli Hyboriani, che considerarono Set alla stregua di un arci-demone[7] e, da quando gli Stygiani iniziarono a tollerare meno la presenza di visitatori stranieri,[8] ben poco si conosce sugli effettivi dettagli dei loro rituali. In ogni caso essi furono raccapriccianti e misteriosi – sinistre processioni di sacerdoti mascherati,[9] sacrifici umani di massa,[10] innominabili rituali compiuti in profondi templi sotterranei illuminati dai bagliori verdognoli di nere candele tremolanti.[11]

Di sicuro molto del tetro esotismo del culto si riflesse nelle numerose architetture religiose della città di Khemi dalle Nere Mura, dove i sacri pitoni si muovono liberi tra i vicoli oscuri.[12] Molti – quasi tutti – i sacerdoti di Set sembrerebbero essere stati degli stregoni di un certo livello ma i più potenti e virulenti furono “gli orridi incantatori del Nero Anello, abisso del maleficio […] i suoi truci adepti, che praticavano abominevoli stregonerie nelle tenebrose cripte della Stygia e sotto le oscure cupole della maledetta Sabatea.”[13] e ai più alti ranghi appartennero Xaltotun, Thot-Amon dell’Anello e, probabilmente, Thugra Khotan (da notare che il “Nero Anello” fu molto diverso dal “Cerchio Nero” del monte Yimsha.[14])

Specialmente per i capi del Nero Anello, la quantità di sacrifici umani ebbe una pratica e specifica importanza poiché “il sangue aiuta i grandi incantesimi.”[15]

Le piramidi ebbero la funzione sia di templi di Set, sia di tombe per l’elite stygiane.[16] La mummificazione sembrò essere praticata anche durante la permanenza nel lontano oriente, secoli – forse millenni – prima del Grande Cataclisma.[17]

E fintantoché perdurò la credenza diffusa di un’altra-vita dopo la morte, per tutti i fedeli servitori di Set, nello stesso contesto, sembra probabile che questa altra-vita dell’elite (reali, nobili, clero) fosse concepita come qualitativamente superiore a quella delle masse.

Oltre a Set e Derketo (che in realtà furono divinità Shemite) non si conoscono i nomi e le caratteristiche di nessuna delle altre “odiose, per metà animalesche” divinità Stygiane,[18] a meno di non includere le sfingi[19] e la “mostruosità amorfa e senza nome” dell’Abisso, divoratrice dei vittime sacrificali a Kuthchemes.[20]

Si può assumere che le altre divinità siano probabilmente somiglianti alle più disgustose divinità Shemite, e che tutte furono subalterne a Set.

GLI DEI SHEMITI

La maggior parte dei culti Shemiti ebbero origine intorno ai riti della fertilità.

La più antica rappresentazione relativa a questi culti fu quella aborigena della “Grande Madre-Terra”, sovrana tra i primi agricoltori, i quali vivevano e pensavano intorno alla fertilità dei loro corpi, dei loro greggi e delle loro famiglie. Questa specie di divinità, tipicamente è affiancata da un giovane, ossequioso e decisamente sottomesso dio-maschio che le fa da amante e che muore e risorge annualmente seguendo il ciclo dei raccolti.

All’incirca 2000 o 2500 anni dopo il Grande Cataclisma, nei grandi pascoli, sopraggiunsero da oriente tribù selvagge di nomadi conosciuti come i “Figli di Shem”[21], che conquistando le terre, si mescolarono con gli stanziali aborigeni. Da questo incrocio discesero gli Shemiti occidentali e, così come si amalgamarono i popoli, così fecero le loro divinità.

La suprema divinità di ogni tribù nomade è un dio del cielo maschile. Considerato come un controllore del tempo atmosferico, e spesso simboleggiato come un toro, questa sorta di divinità diventa il compagno della locale Madre-Terra e, in alcune zone, il dominante tra i due. Pteor probabilmente si è evoluto lungo questa linea.

Molte delle divinità sono state rappresentate semplicemente e generalmente da osceni e panciuti idoli di bronzo, venerati con “riti bizzarri.”[22]

Attualmente lo Shem si è evoluto in una terra di città-stato rivali, ognuna politeista, ma ciascuna convinta di essere la patria di una singola e specifica divinità. Il patrono diventa così il simbolo della città (e l’identità collettiva dei suoi cittadini), pertanto assume un’importanza tanto politica quanto religiosa. (Questo aiuterebbe a spiegare l’esagerato dispendio in termini economici e di forza lavoro nella costruzione delle bianche e maestose ziqqurat.[23])

Ashtoreth, Derketo e Ishtar furono tutte varianti dell’archetipo Madre-Terra. Ashtoreth probabilmente fu la sua più pura versione shemita, mentre le altre due furono più o meno influenzate dal contatto con altre culture. Derketo venne venerata in gran parte nelle zone dello Shem, nelle terre dei neri – dove è conosciuta come la “Regina dei Morti” – e  presso un misterioso culto orgiastico a Luxor.[24]

I DEVOTI DI ISHTAR

Ishtar, comunque, fu l’unica divinità shemita riconosciuta in modo significativo da un gran numero di Hyboriani e altresì dai Kothiani e dalle tribù limitrofe.

Ci sono molte ragioni per cui nel Koth le divinità shemite rimpiazzarono Mitra – infatti molto della cultura Kothiana presenta influenze Shemite e perfino Stygiane. Inoltre, il sovrano del Koth fu il signore di gran parte delle terre dello Shem; c’è molto sangue Shemita che scorre nelle vene Kothiane e considerevoli contingenti della milizia Shemita tra le file delle armate Kothiane; altresì le rotte commerciali via terra, che rendono queste due terre – Shem e Koth – economicamente interdipendenti.[25]

In ogni caso, malgrado tutte le influenze straniere e il sangue misto, i Kothiani furono comunque Hyboriani, e molti di loro potrebbero non seguire pedissequamente i “riti bizzarri” degli Shemiti. Per questo motivo il culto di Ishtar fu molto occidentalizzato.

Senza dubbio quest’ultimo ha conservato molto dell’aspetto esotico nell’essere piacevolmente  misterioso, ma ha ridotto o eliminato gli aspetti più grossolani che avevano caratterizzato, per esempio, il culto di Derketo presso Shemiti, Stygiani e Kushiti. La Ishtar dei Kothiani, infatti sembra essere in parte la Madre-Terra Shemita e in parte una valchiria Hyboriana.

I santuari e i templi di Ishtar furono ricchi, spesso sfarzosi, e i riti a lei dedicati inclusero sacrifici di sangue – di animali e non di uomini – ed altre cerimonie propiziatrici. I suoi idoli di avorio combinarono la sensualità meridionale con il ritegno settentrionale.

Possiamo assumere che il pensiero di Astreas, lo studioso Nemediano, fu generalmente lo stesso tenuto anche delle classi privilegiate Hyboriane settentrionali: cioè che il culto di Ishtar, sebbene chiaramente inferiore al Mitraismo, fu ancora considerevolmente superiore al “culto diabolico” degli Shemiti e alle “divinità immonde” di Turan, Vendhya e Khitai.

Sebbene Astreas nella sua lettera non fu del tutto corretto nei confronti di Vendhya (da cui è fortemente attratto), è probabile che il suo modo di vedere non solo fosse tipico, ma anche, in generale, giusto. Altresì egli suggerisce che l’Ishtarismo possedesse anche un qualche significativo contenuto etico.[26]

Koth sembra avere avuto numerosi altri dei, ma Ishtar fu così importante che i nomi e gli attributi degli altri rimangono sconosciuti.

HANUMAN E ASURA

Hanuman, l’osceno dio-scimmia, può essere stato adorato in varie parti dell’est e del sud, ma l’epicentro del suo incredibile e disgustoso culto sembra essere stata Zamboula, dove la maggioranza degli ibridi ceti inferiori si inchinò a lui.[27]

(Per ciò che riguarda i ceti elevati, essendo essi stessi seguaci di Erlik e Set, Hanuman fu un abominio. Questo giudizio, sebbene corretto, si basò probabilmente più su un pregiudizio sociale e su una paura razziale che non su un’autentica indignazione morale.)

Si può dedurre che Hanuman fu la deificazione dei carnivori uomini-scimmia grigi (i cosiddetti “orchi delle leggende Hyboriane”[28]) che possono essere trovati tre le colline orientali del Mare di Vilayet, tra le montagne lungo il confine orientale di Zamora e nelle misteriose giungle meridionali senza nome.[29]

Asura fu la principale divinità di Vendhya, ma poca è la documentazione riguardante le cerimonie formali di questo culto, tranne riguardo qualche frammentario rituale di espiazione e purificazione (nei quali i sacerdoti, intonano litanie, suonano tamburi e gong nei templi, soffiano nelle buccine a spirale e si flagellano con coltelli di rame).

La loro teologia fu altrettanto vaga, sebbene credano ciecamente nel paradiso, nell’inferno e nel giudizio delle anime.[30]

Ad Aquilonia ci furono adoratori di Asura, ma i loro templi furono nascosti e i loro rituali segreti. Anche dopo che Conan il Grande garantì ufficialmente la tolleranza religiosa, il culto di Asura rimase nascosto a causa della grande paura e del rancore che hanno continuato ad avere nei loro confronti la maggioranza degli Hyboriani – che erroneamente credettero che gli Asurani furono degli cannibali adoratori di Set.[31] (Questa credenza, naturalmente, fu avallata dalla estrema segretezza degli Asurani e dalla loro abitudine a vestirsi di nero.[32])

Il grande fiume Khorotas potrebbe avere avuto qualche significato religioso per il culto, sembra siano esistite delle pratiche mistiche lungo di esso e vicino a esso. Di sicuro quando un Asurano di Aquilonia muore il suo corpo viene visto un’ultima volta dai non fedeli, essere trasportato lungo il fiume su una nera “barca di pellegrini” decorata da teschi, verso un luogo sconosciuto.[33]

Prossima puntata:

SEMI-DEI E DEMONI

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Note:

[1]L’appellativo “Vecchio Serpente” compare nel capitolo diciassette di Conan il Conquistatore: “Si diceva che, il Vecchio Serpente, l’antico dio Set,[…] si nascondesse ancora nelle ombre […]”.

[2]Nel capitolo ventidue di Conan il Conquistatore, Set è così evocato: “O Set, dio delle tenebre, signore squamoso delle ombre.”

[3]Nel primo capitolo di Conan il Conquistatore, Xaltotun, gran sacerdote di Set, è riportato in vita ai tempi di Conan dopo essere morto tremila anni prima. Questo dimostra come il culto di Set risalga ai tempi in cui l’impero di Acheron prosperava; nella prima parte de L’Era Hyboriana si parla dell’antica e misteriosa Stygia come di un regno in cui: “Lungo le sue frontiere orientali errano tribù selvagge di nomadi, già conosciute come i Figli di Shem.”; Nel capitolo sedici di Conan il Conquistatore si parla degli stygiani: “Molto tempo prima, il loro regno si estendeva molto a nord […] al di là delle pianure di Shem […]”.

[4]In una nota di L.S.DeCamp alla prima parte de L’Era Hyboriana si legge che: “La migrazione lemuriana che fondò il regno della Stygia si divise, in realtà, in due rami.[…] Il ramo meridionale creò la Stygia […]”; ne Il Dio nell’Urna si parla di un sarcofago che: “[…] è troppo vecchio per appartenere a un mondo umano, è una reliquia del tempo in cui Set camminava sulla terra in forma di uomo.”; nel capitolo diciotto di Conan il Conquistatore si dice che: “La Stygia era una terra antica; antichissima. Nessuno sapeva per quante ere i neri templi di Stygia avevano continuato a specchiarsi sotto le stelle.”

[5]Segni dell’antico popolo-serpente (i figli di Set) sono presenti nel racconto Il Dio dell’Urna, in cui l’antica reliquia “[…] trovata tra le tombe, molto al di sotto delle piramidi […]” porta incisi segni e geroglifici risalenti “[…] al popolo che abitava in quelle terre tenebrose prima che vi giungessero gli antenati degli Stygiani.”; Quando, alla fine del racconto, Conan incontra la creatura fuggita dal sarcofago, essa parla “[…] un linguaggio sconosciuto, dimenticato già prima che nascessero i regni dell’uomo […]”; e ancora: “Il pensiero di Set lo tormentava come un incubo, così come quello dei figli di Set che un tempo avevano dominato la terra, e che ora dormivano nelle loro caverne tenebrose, sotto le nere piramidi.”; A testimonianza dell’esistenza del popolo serpente, un intero racconto di Howard appartenente al ciclo di Kull di Valusia, Il Regno Fantasma, fa riferimento al popolo-serpente e al dio-serpente e ne spiega origini e scopi di conquista del mondo conosciuto.

[6]Nel capitolo cinque de Il Diavolo di Ferro, Conan si imbatte in un serpente gigantesco dai colori iridescenti che “[…] doveva rappresentare uno dei tremendi mostri della palude che in passato infestavano i canneti delle rive meridionali del Vilayet. Ma, come i leopardi dorati, anche quelli erano estinti ormai da secoli.”; Le rovine della disabitata isola fortificata di Xapur, fanno intendere che nel passato la presenza di “[…] qualche regno  preistorico perduto e dimenticato prima che i conquistatori hyboriani calassero al sud” potesse essere proprio quello fondato dagli antenati dei futuri Stygiani.

[7]Nel capitolo diciassette di Conan il Conquistatore è scritto che: “[…] l’antico dio Set, già da molti millenni cacciato dalle razze hyboriane […]; Conan ha a che fare con Satha il Vecchio, un gigantesco serpente millenario, nel racconto La Cittadella Scarlatta; Nel primo capitolo de La Regina della Costa Nera si parla ancora di Set (nel testo tradotto in italiano viene omessa la dicitura arci-demone che ho qui riportato dall’originale): “[…] l’Antico Serpente, arci-demone per gli Hyboriani, ma dio per gli Stygiani, si dice contorcesse le spire lucenti tra le schiere dei suoi adoratori”; mentre nel secondo capitolo è Belit che ricorda: “Ma anche gli Hyboriani temono Set”; Anche ne Il Dio nell’Urna la traduzione italiana fa riferimento al sostantivo arch-demon: “[…] nella Stygia, dove adorano ancora l’arcidiavolo Set, il dio serpente, che si avvolge tra le tombe, nelle tenebre […]”.

[8]Nel capitolo diciassette di Conan il Conquistatore è chiaro che: “Nelle città della Stygia gli stranieri non erano benvenuti […]” e ancora: “[…] gli stranieri non avevano il permesso di rimanere a terra dopo il calar del sole.”

[9]Nel capitolo diciassette di Conan il Conquistatore se ne fa riferimento: “In talune cerimonie i sacerdoti di Stygia portavano le maschere.” e ancora durante un rituale: “Dalla scala stava scendendo una fila di figure mascherate […]”.

[10]Lo ricorda Thalis a Conan nel primo capitolo de L’Ombra che Scivola: “Quando ero bambina, in Stygia, vivevamo sotto l’incubo di un sacerdote. Nessuno sapeva mai quando sarebbe stato trascinato sull’altare.”; Anche Shevatas nel primo capitolo di Colosso Nero: “[…] poteva scorgere le rovine della grande sala, dove centinaia di prigionieri incatenati s’erano inginocchiati nelle festività, per venire decapitati dal re-sacerdote in onore di Set, il dio serpente della Stygia”; Nel capitolo cinque de La Cittadella Scarlatta, Tsotha promette al suo dio: “O Set! […] dacci la vittoria e io giuro che ti offrirò cinquecento vergini di Shamar, morenti nel loro sangue!”; tra i piani di Xaltotun nel capitolo venti di Conan il Conquistatore si parla di “[…] un sacrificio umano talmente grande che il mondo non ne ha mai visto uno uguale.”; sempre Xaltotun nel primo capitolo invece ricorda che in passato: “[…] Molti barbari, uomini e donne, morirono urlando sull’altare, uccisi dalla mia mano. E vedevo le loro teste accatastarsi a piramide nella grande piazza di Python […]”.

[11]L’incipit di Conan il Conquistatore inizia proprio con uno di questi rituali dove: “[…] ciascuno teneva alta nella mano destra una strana candela nera che bruciava con luce sinistra di colore verde sporco.”; Oraste ritrova il sarcofago di Xaltotun “[…] in una cripta guardata da esseri demoniaci, nei sotterranei del cupo tempio di Set dalle ciclopiche mura, nel cuore della Stygia […]”; nel capitolo diciassette parlando dei templi sygiani si dice che: “in quegli oscuri luoghi di culto si svolgessero cerimonie misteriose e terribili.”

[12]Nel capitolo diciassette di Conan il Conquistatore: “L’architettura stygiana dava un senso di pesantezza sinistra, risultava soffocante e insopportabile”; in seguito si parla dei serpenti che “[…] venivano allevati nei templi di Set, e quando avevano fame potevano strisciare nelle strade e scegliersi la preda preferita. I loro truci festini venivano considerati sacrificio al dio serpente.”

[13]Il virgolettato è del capitolo quattro di Conan il Conquistatore; numerosi riferimenti ai sacerdoti-stregoni e alla loro potenza sono in questo racconto; nel capitolo quattordici: “[…] il marchio mortale dei tenebrosi sacerdoti di Set, ministri del culto che regnava nell’oscura Stygia […] la cosa non era più fantastica della nera magia che riusciva a uccidere un uomo armato con il semplice tocco di una mano aperta e vuota.”; nel capitolo diciassette: “[…] solo gli incantatori dei più alti livelli delle misteriose gerarchie del Nero Anello avevano il potere della mano nera […]”; nel capitolo ventuno: “[…] Thoth-Amon non è il solo signore del Nero Anello.” e ancora si parla di “[…] Thothmekri, alto sacerdote di Set morto tremila anni fa.”; nel primo capitolo de La Fenice sulla Lama è lo stesso Thoth-Amon che parla con amarezza di se stesso: “I miei antichi pari e rivali non crederebbero ai loro occhi se potessero vedere Thoth Amon dell’Anello ridotto a fare da schiavo a uno straniero […]”.

[14]Nel capitolo sei de Gli Accoliti del Cerchio Nero: “Lo Yimsha – bisbigliò – il monte dei Veggenti Neri!” e poi nell’ottavo: “Hai visto i Signori del Cerchio Nero: il tuo cuore andrebbe in pezzi se sapessi da quale lontananze li ho evocati […]”.

[15]Il virgolettato è del capitolo ventidue di Conan il Conquistatore.

[16]Nel capitolo diciotto di Conan il Conquistatore, Conan entra in una piramide accompagnato da cultisti mascherati: “Conan si chiedeva, inquieto, per quale scopo fossero state erette quelle moli colossali di pietra […]” incontrando “[…] una stygiana di famiglia nobile e antica […]” che si rivelerà essere la principessa Akivasha; nel capitolo diciannove gli stessi uomini: “Del gruppo, dieci erano sacerdoti […]”.

[17]Nel capitolo diciotto di Conan il Conquistatore è Akivasha a dire: “Io sono morta diecimila anni fa, per vivere per sempre!” nella stessa stanza che contiene il suo sarcofago. Nel capitolo diciannove invece è Thutothmes a parlare di mummificazione: “Questa cosa raggrinzita sull’altare fu un tempo Thothmekri, gran sacerdote di Set, morto da tremila anni.”

[18]Il virgolettato è del capitolo sette di Conan il Conquistatore, sebbene il termine inglese hideous, riferito alla traduzione italiana, parrebbe più appropriato se tradotto con orribile. Nel capitolo diciassette, Conan “Si trovava nel tempio di qualche divinità stygiana, e se non si trattava di Set certo era qualche altro dio altrettanto sinistro.”; Nel capitolo quattro de La Fenice sulla lama alcuni di questi “[…] erano scolpiti con le figure di antichi eroi e di dei semidimenticati”; alla fine del capitolo cinque: “[…] somigliavano all’ombra gettata da scimmiesche divinità acquattate su altari tenebrosi nei templi fiocamente illuminati nelle terre perdute della Stygia.”

[19]Nel capitolo diciotto di Conan il Conquistatore, vengono descritte come: “[…] leoni di pietra con la testa di donna, simili a incubi misteriosi e imperscrutabili cristallizzati nella pietra.”

[20]Virgolettato e riferimento sono al primo capitolo di Colosso Nero quando il ladro Shevatas si trova nei pressi della: “[…] fossa buia e spaventosa in cui le vittime urlanti venivano gettate in pasto ad una mostruosità amorfa e senza nome, che usciva da una caverna più profonda e diabolica.”

[21]Nella prima parta de L’Era Hyboriana si legge: “Lungo le sue frontiere orientali [il regno della Stygia n.d.C.] errano tribù selvagge di nomadi, già conosciute come i Figli di Shem.”

[22]Nel secondo capitolo di Colosso Nero si trova il virgolettato: “[…] i re dalle barbe nerobluastre e ricciute veneravano con riti bizzarri divinità panciute.”; e nello stesso capitolo Conan chiosa: “Con i panciuti idoli di bronzo che ha strappato alle città shemite?”; Nel capitolo quattro de I Gioielli di Gwahlur, Conan si imbatte in una statua del “[…]mostruoso e osceno Pteor, il dio dei pelishtim. Era forgiato in bronzo, e gli enormi attributi rispecchiavano la grossolanità del suo culto.”

[23]Nel capitolo sedici di Conan il Conquistatore si fa riferimento alle ziqqurat solo nella versione originale, la cui traduzione è: “i minareti delle città scintillavano pallidi nel sole”. Traducendo quindi l’inglese zikkurats con minareti. A rigore, la ziqqurat fu una struttura religiosa babilonese dallo sviluppo orizzontale, mentre i minareti sono simili a dei campanili con un prevalente sviluppo verticale.

[24]Nel capitolo due de La Regina della Costa Nera, Belit ricorda a Conan che: “[…] gli dei sono reali […] e su tutti ci sono gli dei degli shemiti… Ishtar e Ashtoreth e Derketo e Adonis.”; nel primo capitolo de I Gioielli di Gwahlur si pensa a una sistemazione dei tesori “[…] nel tempio di Zembabwei accanto ai tozzi idoli aurei di Dagon e Derketo […]”; nel primo capitolo di Chiodi Rossi, Conan dice a Valeria, indicando dei frutti: “I popoli neri del Kush li chiamano “mele di Derketa”. Derketa è la regina dei morti.”

[25]Nel capitolo due de I Tamburi di Tombalku si parla di una antica popolazione che abitò il Koth meridionale: “[…] cercarono di far rivivere il culto di Mitra, che i kothiani avevano abbandonato da lungo tempo […]” e sempre nello stesso capitolo, si parla di un’antica razza shemita, gli aphaki che: “[…] si spinsero nel deserto meridionale e diedero origine al regno di Tombalku. Essi si mescolarono con i negri del deserto, e il risultato fu una razza di pelle scura e dai capelli lisci […]; nel primo capitolo di Colosso Nero: “[…] i regni di Stigia e d’Acheron si estendevano molto più a nord del grande fiume, sui pascoli di Shem e sugli altipiani.”; nel primo capitolo di Nascerà una Strega si parla dei “[…] mercenari shemiti di Constantius, il voivode khotico delle Libere Compagnie.”; nella prima parte de L’Era Hyboriana: “[…] i popoli dello Shem hanno cambiato il giogo stigio con quello meno umiliante del Koth.”; e ancora: “C’è un forte ceppo shemita, o perfino stigio, tra i popoli del Koth […]”; nel primo capitolo de La Cittadella Scarlatta, si parla dell’esercito del re di Koth, Strabonus: “Gli arcieri shemiti di Strabonus avevano seminato la strage, […] mentre i picchieri kothiani si lanciavano a trafiggere i caduti.” e ancora, nel capitolo cinque: “Prima venivano gli arcieri shemiti, poi i picchieri kothiani […]”.

[26]La superiorità di Ishtar è ricordata a Conan da Belit nel capitolo due de La Regina della Costa Nera: “[…] su tutti ci sono gli dei degli Shemiti… Ishtar […]”; nel capitolo due di Colosso Nero, Yasmela ricorda che: “Ishtar era molto temuta, e anche tutti gli altri dei di Koth.” e continua dicendo che: “Le semplici abitudini degli hyboriani erano state notevolmente modificate dai costumi sensuali, lussuriosi e dispotici dell’Oriente.”; l’intero capitolo tre di Nascerà una Strega è una lettera scritta dal sapiente Astreas dove, tra le altre cose si legge: “[…] l’immagine eburnea della dea adorata da questi hyboriani orientali (e che, sebbene si inferiore alla vera religione di Mitra seguita da noi occidentali, è pur sempre superiore al diabolico culto degli shemiti)[…]”; nel capitolo tre de La Cittadella Scarlatta, il negromante Pelias è devoto alla dea e non perde occasione per ricordarlo: “Per i fianchi d’avorio di Ishtar […]” e ancora: “[…] per il petto d’avorio di Ishtar […]”.

[27]Nel capitolo due di Ombre a Zamboula, Hanuman viene descritto così: “Le grandi mani posate sul grembo, col palmo rivolto verso l’alto e le dita unghiute protese per afferrare. Nell’enfasi grossolana dei suoi attributi, nel ghigno del muso satiresco, si rispecchiava l’abominevole cinismo del culto degenere che l’aveva deificato.”; sempre nello stesso capitolo si parla del Gran Sacerdote di Hanuman: “I signori turaniani temono le sue arti nere e il suo ascendente sulla popolazione ibrida […]”.

[28]Nel capitolo cinque di Conan il Conquistatore: “Era una scimmia grigia, una di quelle terribili bestie antropomorfe che vivevano nelle foreste, […] Mitiche e orribili, quelle scimmie erano gli orchi delle leggende hyboriane […]”.

[29]Nel capitolo tre di Ombre al Chiaro di Luna: “Un uomo-scimmia grigio […] Muto e antropofago. Vivono tra le colline che costeggiano le sponde orientali di questo mare.” e ancora: “La scimmia grigia è cauta, nonostante la sua forza […]”; nel capitolo tre de Gli Intrusi a Palazzo: “Qualcuno lo definirebbe una scimmia, ma è differente da una vera scimmia quasi quanto lo è da un uomo. Il suo popolo abita nell’estremo oriente, nelle montagne che limitano le frontiere orientali della Zamora.” e ancora: “Abitano tra le alte rupi scoscese di montagne quasi inaccessibili e non sanno niente del fuoco […] tuttavia hanno una sorta di linguaggio […]”; nel capitolo quattro de I Gioielli di Gwahlur: “Il mostro non era una scimmia e non era neppure un uomo. Era un orrore generato nelle misteriose giungle senza nome del sud […]” e ancora: “Quando l’orrida figura dal grigio corpo lebbroso e dalla faccia di idolo inumano torreggiò davanti a lui […]”.

[30]Nel primo capitolo de Gli Accoliti del Cerchio Nero, alla morte del re di Vendhya: “[…] rimbombavano i gong del tempio e ruggivano le buccine […]”; e ancora si accenna ad altre ritualità: “[…] al rombo di tamburi lontani, – Quei sacerdoti con i loro frastuoni!”; “Un lungo lamento saliva dalla folla.”; e infine: “Fuori i gong e le buccine rimbombavano e risuonavano aspri, mentre i sacerdoti si sfregiavano il volto con i rituali coltelli di rame.”

[31]Nel capitolo dieci di Conan il Conquistatore si parla del culto ad Aquilonia: “I sacerdoti di quel culto avevano l’abitudine di nascondere accuratamente i loro templi. Il culto […] di Asura era ancora vivo, nonostante fosse bandito ufficialmente e avversato dal popolo.”; mentre una seguace di Mitra: “[…] provava un orrore irrazionale per i seguaci e il culto di Asura, instillatole nella sua infanzia e giovinezza da racconti di sacrifici umani e di dei antropomorfi striscianti in templi pieni di ombre.”; Hadrato chiarisce la loro posizione: “La gente dice che il nostro culto è una sopravvivenza dell’antico culto del dio serpente di Stygia. È una menzogna. I nostri antenati vennero da Vendyha, al di là del Mare di Vilayet e delle violacee montagne himeliane. Siamo figli dell’est […]”.

[32]Nel capitolo dieci di Conan il Conquistatore, Hadrato, sacerdote di Asura dice che: “[…] il nostro culto insegna a cercare al di là delle apparenze illusorie.”; e ancora: “Le persecuzioni avevano obbligato i seguaci di Asura a nascondere il loro templi con grande abilità […] e questa segretezza, a sua volta, evocava sospetti ancor più mostruosi […]”; e nel capitolo undici: “Era un uomo smilzo, con una tunica dal nero cappuccio. – Sei un seguace di Asura? – chiese Conan. L’uomo annuì.”

[33]Nel capitolo undici di Conan il Conquistatore si parla della barca così: “Lunga e sottile, con un’alta prua ricurva, era nera come l’ebano, con teschi bianchi dipinti lungo le murate.” e ancora: “[…] si trattava di una di quelle “barche di pellegrini” che portavano il corpo senza vita di uno dei seguaci di Asura nel suo ultimo misterioso pellegrinaggio […]”.

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