Charlee Jacob, l’imperatrice del Literary Hardcore Horror

Già nei poemetti in prosa di Baudelaire, conservati nella silloge Lo Spleen di Parigi, trova spazio un’affascinante disamina dell’orrore: “Lo studio della bellezza è un duello in cui l’artista grida di terrore prima di essere vinto”

            Vita e morte sono da sempre forze contrapposte, nonché fautrici del perfetto equilibrio che accompagna l’universo da tempi immemori, ma ciò che plasma  nel profondo l’anima dell’uomo è il suo rapporto con l’arte, la bellezza e il dolore. Inequivocabilmente non posso non disquisire di una delle più belle raccolte di “horror”  di sempre, nonché tetra silloge che al suo interno nasconde magiche e, come direbbe Dante, “perdute” perle della letteratura dark.  Mi riferisco certamente  a I Giorni della Bestia di Charlee Jacob, primo libro pubblicato in Italia dell’autrice americana per i tipi della Independent Legions Publishing di Alessandro Manzetti; il testo è ottimamente tradotto dal nostro Nicola Lombardi, che a mio avviso è stato molto professionale nel trasporre la squisita prosa della Jacob in italiano.

            Forse dovremmo proprio partire dalla prosa per  presentare l’altissimo livello della Jacob, e de facto, giustificare l’aggettivo “literary”.

Ogni genere  è un genere letterario, ma non tutti i lavori presenti in queste nomenclature (per esempio romanzi fantasy, gialli, thriller) rientrano nel canone di testi letterari, intesi come enti dal potente valore culturale. Mi accodo perciò  alla definizione di suggestive horror dell’accademico americano Brian  Everson[1], che qui traduco per voi “ La nozione di un horror più suggestivo, che tocca lo spettro di una ingannevole elusiva realtà, risiede nel fatto che è più spaventoso di molte cose che vengono chiamate “horror”,  e molto più realistico di quelle cose  che appartengono al realismo”. Partendo da questo assunto possiamo credere  che il literary horror sia ugualmente terrificante quanto i racconti truculenti e grotteschi del genere, ma che tocchi delle corde ancora più viscerali dell’animo umano mediante l’uso di una prosa così raffinata da parlare alla nostra oscurità latente; perché infondo il diavolo ha frequentato le scuole migliori.  Certamente è quello che fa la Jacob, l’eleganza stilistica dell’autrice americana permea ogni racconto, ogni fraseggio è controbilanciato da un lirismo classicheggiante nonostante la crudezza della scena rappresentata. Charlee Jacob quindi ha lo scettro dell’imperatrice dell’horror letterario, primato  che condivide a mio avviso con un nostro orgoglio nazionale, ovvero Alessandro Manzetti (già autore vincitore del Bram Stoker, e attualmente candidato ad altre 3 premiazioni del suddetto premio) conosciuto meglio in Italia con lo pseudonimo Caleb Battiago.

            L’autrice inoltre è capace di mascherare i suoi racconti con squisite patine letterarie, adombrando ogni capoverso con citazionismi poetici e filosofeggianti che portano alla mente del lettore gli echi di Milton, Kant, Kierkegaard, Blake, Shirley Jackson (altra rappresentare di un horror-gotico di altissimo profilo letterario), Camus  e altri tributi classici, anche sul piano artistico come a Bosch e ai miniatori medievali di “inferni” gotici. Ma il lettore non si deve far ingannare, perché proprio dal lirismo semantico e prosaico derivano i più grandi orrori che  stringono il nostro cuore.  E proprio perché la paura è così vivida allora il racconto è più reale del realismo letterario stesso. L’intento della Jacob, che si realizza pienamente sotto tutti gli aspetti,  di creare un nuovo horror  distaccandosi da quello più commerciale, e senza le infantili etichette che il fruitore generalista (che non legge tale letteratura) affibbia casualmente ad ogni opera del genere.

            Charlee Jacob scrive letteratura, oltre il suo stesso genere,  e lo fa  tessendo un arazzo dove poesia e turpiloquio si fondono alla perfezione, così la più oscura perversione sessuale con la limpida innocenza di personaggi non del tutto abominevoli. L’alternanza dei registri linguistici, delle tematiche, della caratterizzazione sempre perfetta degli attori dei suoi racconti rendono la raccolta I giorni della Bestia  un must have per gli avventurieri delle tenebre più “preparati.

            Il voyeurismo che si evince dalla totalità dei racconti  è volto a rappresentare gli istinti più bassi della sessualità umana e le sue devianze mentali, (un personale plauso all’abilità dell’autrice di immedesimarsi facilmente nel corpo di un uomo), ma la Jacob non rende il suo operato un meccanismo triviale e fine a se stesso, bensì è un mosaico grottesco dell’autodistruzione umana. Molti dei racconti cadono  nella sofferenza fisica totale, fonte di inesauribile piacere sadico  ma non scadono mai in qualcosa di becero e rinchiuso tra le quattro pareti della prigionia qualunquista  dell’erotismo spinto, creato solo per “stupire” il lettore.

            La mia opinione è che la Jacob  non voglia proporre un’elevazione (ottica semplicistica) dell’horror classico, che si basa su scene forti e trame preconfezionate, bensì di indurre il lettore a “sporcarsi”. Siamo noi la Bestia, noi che attingiamo al materiale spettrale di Charlee Jacob e pian piano diventiamo una creatura che non vorremmo mai conoscere. Noi stessi. La nostra intimità viene violata, manipolata, sverginata e stuprata. Le metafisiche del caso vengono puntualmente decapitate dai sofismi degli IO dei protagonisti dei racconti, che sono un unicum imperante e volto a scardinare la nostra coscienza.  Siamo sporchi, insudiciati da viscere, feci, sangue, midollo osseo, organi in  putrefazione e nella totale perdizione psico-fisica non chiediamo altro di leggere ancora e ancora. Tant’è che ho finito la raccolta quasi in una notte.

            Si potrebbe entrare nel merito di ogni racconto, analizzarlo e proporre numerose riflessioni ma il mio invito è di lasciarvi rapire dalla bellezza distruttiva di questa prosa selvaggia e fiammeggiante come il volto di un cherubino.

             Così potrei  anche legarmi a una frase che apprezzo molto: “La bellezza non è altro che l’inizio di un terrore, che tuttora siamo appena in grado di sopportare, ne siamo così intimoriti perché serenamente non si cura di annientarci.”

Ogni angelo è terribile.

Rainer Maria Rilke

Per me la Jacob ha fatto qualcosa che la teologia non vorrebbe mai, che Blake ha scritto, ma lei stessa ha cementificato nella storia dell’horror.

Lei ha sancito definitivamente “Il matrimonio del cielo e dell’inferno”.


NOTE

[1]https://www.thewhitereview.org/feature/interview-with-brian-evenson/

1 comment

  1. Molto interessante.
    “Charlee Jacob scrive letteratura, oltre il suo stesso genere”: ciò che mi piace di un autore è anche il coraggio, oltre a esplorare sé stessi e il genere di cui si scrive, di andare oltre fino a toccare altri filoni letterari, del presente e del passato.
    Cercavo da tempo qualche narrazione horror e terrò in seria considerazione questo libro.

    Grazie per la segnalazione!

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