L’OSCURITA’ E L’OMBRA NEL FANTASY CONTEMPORANEO – DUE OPERE A CONFRONTO : “BERSERK” DI KENTARO MIURA E “LE CRONACHE DEL GHIACCIO E DEL FUOCO” DI GEORGE R. R. MARTIN
Samuele Baricchi
“Berserk” è un manga di Kentaro Miura, che prosegue ormai da quasi trent’anni, sebbene a rilento, e sebbene incompiuto, l’autore ha saputo svolgere una rappresentazione del tema dell’oscurità, sia umana, sia sovrannaturale, nell’ambito del “fantasy”.
“Le cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin iniziano, col titolo originale di “A Song of Ice and Fire”, nello stesso periodo del manga “Berserk” di Kentaro Miuria, nel pieno degli anni ’90.
“A Game of Thrones” è il primo romanzo della saga, tutt’oggi incompiuta di George R. R. Martin, iniziatore, sebbene riconosciuto tardivamente, di una sorte di “rinnovamento” del fantasy spada e stregoneria, in quello che viene definito “grimdark”.
L’oscurità e l’ombra rappresentano nell’immaginazione collettiva qualcosa di ben presente e concreto in ogni storia, in ogni estetica raffigurazione dell’io. L’eroe combatte per la luce, per illuminare le tenebre, ravvivare la fiamma di Prometeo, la conoscenza, e razionalizzare l’inconscio popolato da demoni.
Jung elaborò per primo la teoria dell’ “ombra”. “Dentro di noi c’è qualcuno che non sopportiamo e che non ci piace affatto”. Con questa frase lo psicanalista svizzero tedesco, riassume la teoria dell’ “ombra”, o “Doppelganger”, alter ego. Il nostro lato più irrazionale e selvaggio viene continuamente messo a tacere dall’ego, che ordina e razionalizza il buio dell’inconscio, tuttavia se l’ombra si allunga troppo, e se non viene accettata dall’individuo come parte fondamentale e vitale di sé, come forza motrice del proprio io, essa rischia di essere più consistente della personalità dell’individuo stesso, compromettendo addirittura la sua sanità psichica.
L’ombra, per Jung, è la parte dell’uomo che lo spinge a vivere, ma anche a distruggere, ogni cosa ha un dualismo profondo e intrinseco, quasi di sapore taoista, dottrina orientale.
La teoria di Jung è portata alla guarigione di un paziente affetto da nevrosi, nulla ha a che vedere con speculazioni di tipo filosofico.
Tuttavia l’ombra è ben presente in ogni tipo di opera immaginativa. Ogni autore sembra mettere il “peggio”, o forse il meglio, di sé, dentro i suoi lavori, in una sorta di catarsi autoindotta.
L’artista sa esprimere al meglio la sua ombra, magnificandola, rendendola più splendente di qualsiasi luce della fredda razionalità.
“Berserk” è un manga turbolento, truculento, a tratti violentissimo, e dai contenuti molto forti. Se “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin sono divenute famose, anzi tutto, non tanto per lo stile dello scrittore, che si presenta scorrevole e fruibile, ricco di minuzia nella descrizione dei particolari e dei dettagli, permettendo al lettore di immergersi in un certo tipo di atmosfera storica risalente a una sorta di Medioevo posteriore all’anno Mille, ma piuttosto per la “mancanza di moralità” dei personaggi, il manga di Kentaro Miura riserva atmosfere cupe, molto cupe.
La perizia dei dettagli nello stile di George R. R. Martin impallidisce di fronte alla minuzia certosina del disegno del manga “Berserk”.
Il protagonista è Guts, in giapponese “Gatsu,” per via della pronuncia, tramite la quale ogni nome proprio occidentale viene adattato aggiungendo una vocale alla fine di una parola tronca.
“Guts” significa “viscere, interiora” ed è stato chiamato così perchè nato da una madre morta per impiccagione, al momento dell’esecuzione della stessa, Guts è quindi, nell’ottica di Kentaro Miura, a tutti gli effetti figlio di un cadavere.
Questa premessa riporta alla mente il ciclo di “Zothique” di Clark Ashton Smith, terra di necromanti e di tenebre fitte, profonde, abissali.
Guts incontra, all’inizio della trama dell’opera di Kentaro Miura, Griffith, capitano in carica della Squadra dei Falchi, un manipolo di mercenari, che con l’avanzare della storia diventa sempre più numeroso, e battaglia dopo battaglia, sempre più ricco e potente.
Lo stesso re di Midland, terra immaginaria dove si svolge “Berserk”, un richiamo a “Midgard”, la terra di mezzo tra demoni, uomini e dei, la terra degli esseri umani, nell’Edda poetica della mitologia norrena, ingaggia Griffith e i suoi per vincere l’assedio della città di Doldrey.
Le forze di Griffith, veloci e letali nel combattimento, soprattutto grazie a Guts, definito più volte “macellaio”, che utilizzando uno spadone a due mani, riesce ad uccidere, messo alle strette con Casca, valoroso membro dei Falchi e primo personaggio femminile del manga, e probabilmente anche il più importante, anche cento uomini in una volta sola.
Presa Doldrey, Guts decide di andarsene. Griffith è un personaggio etereo, dai capellli argentei, come Daenerys Targaryen e la dinastia dei draghi de “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin, eppure, dietro un’apparente purezza e incorruttibilità, si rivela essere il personaggio più oscuro della storia.
L’elemento della magia è fondamentale per un’opera “fantasy”.
Ne “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” vediamo la magia del sangue, la magia del dio del fuoco, un culto legato a sacrifici umani di sapore antico, proveniente da un mitizzato “Essos” continente orientale anche a “Westeros”, continente occidentale. “A Game of Thrones” presenta entrambi gli scenari, raffigurando un oriente esotico e selvaggio ed un occidente ben ordinato e diviso in regni sotto un’unica corona e sotto il Trono di Spade, “Iron Throne” in originale.
Midland è un reame corrotto, e la corruzione dei regnanti è un elmento comune a tutte le due opere. L’elemento magico, che è poi il centro vitale della letteratura e delle opere fantasy”, è del tutto dissonante.
“Le cronache del ghiaccio e del fuoco” presenta un mondo razionalizzato, in cui i draghi sono divenuti poco più che leggende e e favole, e la minaccia dei non morti, provenienti dai freddi ghiacci del Nord, per lo più inesplorato, viene vista come una superstizione durante lo svolgersi della trama, ma l’elemento magico non solo non è razionalizzato o portato a un’applicazione razionale, nei romanzi di George R. R. Martin la magia e la stregoneria ci sono, ma sono relegate a un tempo antichissimo e praticate soltanto, e con scarsi successi, dalle sacerdotesse votate al dio del fuoco, o nell’estremo e profondissimo Nord dove Bran Stark, uno dei protagonisti si spinge e incontra i figli della foresta, creature legate al mondo dell’immaginazione e del folkore, e il Corvo con Tre Occhi, un antico sacerdote unitosi con un albero, e con l’essenza della terra.
Mentre George R. R. Martin mantiene l’elemento magico distante dal centro della storia, “Berserk” di Kentaro Miura lo rende centrale nella storia e nell’espressione artistica ed estetica.
Griffith, capitano della Squadra dei Falchi, sacrifica i suoi compagni a entità metafisiche malvagie, durante un’eclissi, usando il Behelit, o Bejelit, l’Uovo del Re Dominatore, un talismano che gli consente di trascendere allo stato di divinità a tutti gli effetti, una divinità oscura, facendo un patto con gli Apostoli, dei del male di un mondo che si trova appena oltre il velo di Midland, appena oltre l’apparenza delle cose sensibili.
Dopo questo sacrificio, Guts, Casca e pochissimi altri riescono a sopravvivere, vi è una svolta nella trama, e Guts inizierà la sua “quest”, riportare Casca alla sanità mentale, impazzita per essere stata violentata da Griffith stesso e dalla sua natura demoniaca, espressa visivamente con il contorno demoniaco e le tinte scure che meglio rappresentano la violenza e l’oscurità al di fuori dell’essere umano, ma, soprattutto, all’interno di esso.
Griffith è infatti simile a un semidio greco, valoroso ed esteticamente stupendo, dai lunghi capelli argentei e dai boccoli serafici, quasi efebico nel suo fascino magnetico. Per contrapposizione, una volta usato l’Uovo del Re Dominatore, mantiene la sua bellezza, che una prigionia nelle segrete del re di Midland per aver posseduto la figlia del sovrano Charlotte, gli aveva deturpato, privandogliela completamente e riducendolo a un’ombra di se stesso, a una versione mutilata e indebolita del suo antico valore, della sua antica bellezza, un dio decaduto.
Guts incarna l’archetipo dell’eroe “sword & sorcery”, perennemente in ricerca di qualcosa, di se stesso, non gli basta mai nulla, vuole sempre di più, e la ricerca e l’avventura stessa per Guts sono continua ispirazione e ragione di vita. Quando la Squadra dei Falchi raggiunge la gloria e il denaro, sconfiggendo Doldrey, Guts se ne va, partendo senza specificare bene dove.
Dopo l’eclissi e il sacrificio della Squadra dei Falchi effettuato dal loro stesso capitano, Griffith, Guts rimane marchiato a vita sul collo col segno dei demoni, che attira in continuazione mostruosità e creature tenebrose che lo inseguono per tutta Midland, mentre, insieme ad altri compagni d’avventura, Farnese, Isidoro, il folletto Pak e Serpico, ai quali si aggiungerà la maga Shilke.
La Mano di Dio è un gruppo di arcidemoni che risiede nella zona più profonda del mondo degli spiriti, esecutori in Terra dell’entità maligna conosciuta come “Il dio non creato dagli uomini” o “Il dio degli abissi”. Inizialmente il gruppo è composto da quattro elementi, Boid, Slan, Ubick, che diventano cinque quando Griffith accetta di unirsi a loro diventando Phemt.
L’elemento magico, seppur “nero” e oscuro, è ben presente in “Berserk”, Guts, infatti, ha in sé lo spirito del “Berserker”, e l’armatura incantanta dalla quale viene posseduto, entrando nello stato della “Berserkergang”, concetto preso dal folklore e dalla mitologia scandinava e norrena.
Il “Berserker” era un guerriero più massiccio e più potente del resto della fanteria semplice, che entrava in uno stato che è stato definito in molti altri ambiti “febbre da battaglia”, un meccanismo di autodifesa della psiche umana durante l’azione del guerreggiare e durante l’esperienza del campo di battaglia. Per aiutarsi e per “uscire fuori da sè” completamente nella cosiddetta “febbre da battaglia”, che taluni riuscivano a sfruttare a proprio favore, altri venivano semplicemente colti da un immenso senso di confusione, per non far sopraggiungere un panico peggiore, usavano funghi allucinogeni che crescevano sullo sterco dei bovini, facendone una vera e propria pozione che bevevano prima di iniziare a combattere.
In uno stato allucinato ed estatico, il “Berserker” combatteva con una foga e una forza che spesso spaventava gli avversari, costringendoli alla ritirata, vedendo davanti a sé un uomo divenuto demone, un demone divenuto dio..
L’Ombra ha una duplice funzione nel manga “Berserk”, è sì quello che fa sprofondare la Squadra dei Falchi nell’oblio e nel totale sfacelo e distruzione, ma è anche il meccanismo di difesa più efficace, istintivo e immediato di Guts, il protagonista.
Nella letteratura fantastica, secondo l’impostazione Tolkieniana, vi è una dicotomia molto forte tra “bene” e “male” tra “luce” e “oscurità”. George R. R. Martin sostiene più volte di ispirarsi a “Il Signore degli Anelli”, romanzo di cui è grande conoscitore. La dicotomia bene / male tuttavia, nell’opera dell’autore de “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” non riguarda l’interiorità dei personaggi, ma l’esteriorità, e dalla Guerra dei Cinque Re, conflitto interno al continente di Westeros, si passa alla paura dell’invasione dei non morti dal profondo e sconosciuto Nord, da un conflitto tra i bruti, agglomerati di tribù barbare a nord dei confini del mondo di George R. R. Martin, e i Guardiani della Notte, ordine cavalleresco il cui compito è difendere i Sette Regni di Westeros dalle minacce del Nord, i cosiddetti Estranei, in inglese “White Walkers”, camminatori bianchi, vagabondi bianchi, si passa alla dicotomia “bene” e “male”, ma il male non è rappresentato dall’uomo, ma dal sovrannaturale.
Questo porta a uno svilimento del concetto del “dark”, l’oscurità, nella letteratura fantastica. Se la magia è altresì insolita e complessa, profonda, arcana, nelle terre del mondo di “Berserk”, essa è soprattutto mossa dall’ombra interiore della teoria junghiana.
Non vi è alcuna lotta per la sopravvivenza di un mondo, come nel fantasy tolkieniano, ma vi è una lotta ancor più profonda, la ricerca interiore, dello stesso Guts, che nonostante Caska sia impazzita, prova in ogni caso prima a violentarla lui stesso, dopo Griffith, e poi a salvarla, portandola nella terra degli elfi, i quali vivono in un ancestrale foresta sacra, e forse solo la loro sapienza magica può guarire Caska dai demoni che le hanno portato via il senno.
Guts è un personaggio triste, tormentato, seppur forte nelle sue decisioni, sterminando orde di demoni con la sua “Ammazzadraghi”, una spada delle dimensioni di un uomo. Il vero combattimento è quello con sé stessi, è l’accettazione della propria Ombra interiore, del proprio “Berserker”.
“Le cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin danno un quadro politico interessante, simile e ispirato alla Guerra delle due Rose in Inghilterra. La lettura è molto scorrevole e ricca di particolari descrittivi. “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” sono la rappresentazione più esemplificativa del “fantasy” in funzione dell’estetica contemporanea.
HBO, noto network televisivo, che si è occupato di serie tv sulla seconda guerra mondiale come “Band of Brothers”, un’ottima trasposizione delle testimonianze di un gruppo di paracadutisti americani dopo lo sbarco in Normandia, per arrivare a produrre serie thriller di spicco come “True Detective”, e diventando il promotore ufficiale del fenomeno mediatico “Game of Thrones”. Il mezzo di comunicazione della “serie tv” sarebbe anche un mezzo appropriato per la trasposizione di un romanzo fantastico, se il romanzo fosse completo e se le scelte degli sceneggiatori siano manovrate dai sondaggi e dalle ricerche svolte sui social network.
Quando si parla di “Game of Thrones” bisogna sempre ricordare che si tratta di una serie tv basata su di un’opera lasciata per ora incompleta. Ha dato il via a un’ossessività e una possessività da parte dei lettori e dell’audience della serie veramente singolare. Le persone si sono appassionate alle storie dei singoli personaggi, sentendole loro, infatti più che in un mondo medievale i protagonisti de “Le cronache del ghiaccio e del fuoco” si muovono in orizzontale su di una mappa che di medievale e di folklore ha solamente l’aspetto, la manifestazione estetica, Westeros è molto moderna, e i giochi di potere sono simili a quelli della guerra tra York e Lancaster in Inghilterra, temi che sono facilmente fruibili e adattabili all’uomo moderno, teso verso una realizzazione personale puramente esteriore.
I personaggi si evolvono durante “Game of Thrones” e cambiano in continuazione, macchiandosi di assassini e tradimenti con la frequenza con cui Guts, invece, rotea la sua Ammazzadraghi tagliando a metà i nemici.
“Le Cronache del ghiaccio e del fuoco” di George R. R. Martin si presenta come un’opera, incompiuta tanto quanto “Berserk”, e figlia dello stesso mondo e della stessa epoca, quella contemporanea, così priva di senso dell’Assoluto e di senso dell’interiorità, imbevuta di occidentalizzazione, imbevuta di “intrattenimento”, non di “arte”.
L’artista svolge la funzione della “sorcery”, la stregoneria, l’azione alchemica sul reale, ma soprattutto sul lettore. George R. R. Martin intrattiene. Kentaro Miura, non ha paura di scendere al di là dell’apparenza e di sprofondare nella catabasi della Squadra dei Falchi e di far scomparire il Sole con l’eclissi durante la quale Griffith usa il Behelit, o Bejelit, l’Uovo del Re Dominatore, per usare la “sua” Ombra interiore come difesa e come arma per trascendere al mondo dell’invisibile, diventando un demone con l’aspetto di un dio.
L’oscurità non è tutto ciò che è ignoto al di fuori di noi stessi, ma tutto ciò che è vitale e energetico, all’interno di noi, tutto ciò che smuove Guts, lo spirito del “Berserker”, rappresenta l’istinto vitale umano, e non dev’essere relegato a una visione semplicistica della dicotomia tra “bene” e “male”, quando vediamo Griffith, una creatura stupenda, affascinante, sacrificare senza esitazione i suoi compagni di mille battaglie, e Guts, rozzo e duro nei modi, rischiare la vita ogni giorno per portare in salvo Caska, nella vera “quest”, il raggiungimento della quiete interiore, e la sconfitta dei demoni che affollano i luoghi più profondi della psiche umana.